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Autore: Ode To Joy    20/03/2016    4 recensioni
(Miyuki x Sawamura)
"Non potrò venire alla cerimonia per il tuo diploma. Prima, però, c'è una cosa che voglio darti, Eijun..."
Concluso il suo ultimo anno a Seido, Eijun ritorna a casa per alcune settimane in compagnia di Haruichi, Furuya e Kanemaru.
Kazuya non è con lui, è in America per un allenamento speciale ma, prima di partire, ha lasciato qualcosa ad Eijun per ricordargli che la loro partita è appena cominciata.
"Dove andrai, una volta lasciato questo posto, ci sono io. Da adesso in poi, tutto quello che dovrai fare sarà guardarmi e lanciare."
"E questo cosa vorrebbe dire?"
"Che, nonostante due titoli nazionali, la tua stupidità è ancora al posto giusto!"

Almeno, fino al suo ritorno...
(FuruHaru e KuraRyou in sottofondo.)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eijun Sawamura, Haruichi Kominato, Kazuya Miyuki, Satoru Furuya, Shinji Kanemaru
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Aim For The Stars And Shine Like A Diamond'
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Note introduttive:
Eppure, lo giuro, gli anime sportivi da bambina non mi piacevano ed ora alla mia veneranda età passo da quelli alle storie assolutamente tragiche.
Detto questo, buonsalve fandom! Prima volta che faccio capolino qui e mi sembra opportuno presentare un poco questo esperimento prima di farvelo leggere. Sì, perchè ogni qual volta che mi affaccio ad un fandom, l'esperimento è inevitabile.
Prima di tutto, come spiegato nel summary siamo qualche tempo avanti rispetto alla story-line dell'anime-manga. Eijun ha appena finito il liceo, insieme a tutti i compagni del suo anno e Kazuya è già all'università. All'interno di questa one-shot, inoltre, sono presenti alcuni elementi dello schema Alpha/Beta/Omega (comunissimi in inglese, meno in italiano) ma non in modo tanto esplicito come avviene spesso nelle fanfiction di questo genere. La questione ha più un valore sociale che sessuale, per intenderci ed è inserita come mero sottofondo. 
Inutile dire che qui è tutto MiyuSawa (più le altre coppiette nominate nell'introduzione)! Una piccola nota per quanto riguarda la situazione familiare di Miyuki Kazuya: molto si è detto, poco si è visto ma qui ho deciso di dare un interpretazione all'assenza di una figura materna nella sua vita decisamente diversa da quella approvata generalmente dal fandom.
Ultimo e non ultimo, in questa storia sono presenti questioni che vengono volutamente lasciate un poco in sospeso: dovrebbe essere parte di una serie ma, come da esperimento, staremo a vedere.
Grazie mille dell'ascolto e buona lettura!

 
You Are Like A Roller Coaster

 
 
“Non potrò venire alla cerimonia per il tuo diploma.”
In principio, non aveva capito.
“Non sarò in giro per un po’, a dire il vero.”
Poi, aveva capito nel modo peggiore.
“Non fare quella faccia, stupido! Starò via solo sei settimane, non me ne sto andando per sempre!”
Non lo sopportava quando faceva così! Perché non c’era ragione di dubitare che non lo avesse fatto a posta a dirglielo con quell’espressione scura per il puro gusto di fargli prendere un colpo, prima di rendere l’atmosfera di colpo più leggera.
“Prima, però, c’è una cosa che voglio darti, Eijun.”
 
 
***
 
 
Qualunque dignità avesse mai avuto, Sawamura Eijun l’aveva persa da qualche parte durante il suo ultimo week end nel dormitorio del liceo di Seido, appena cinque giorni prima la cerimonia del diploma e non c’erano dubbi sul fatto che Miyuki Kazuya, entrato furtivamente come soleva fare da almeno un anno, ne fosse il solo ed unico responsabile.
“Ti dispiacerebbe farla finita?”
Per la prima volta da quando erano partiti, Eijun allontanò lo sguardo dalla sua mano sinistra per concedere la sua attenzione al ragazzo seduto al suo fianco. Dalla sua espressione, Kanemaru sembrava bloccato a metà strada tra un attacco di vomito ed una crisi d’imbarazzo.
Eijun, con tutta la delicatezza di cui era capace, non poté evitare di ridergli in faccia.
“Smettila subito, idiota!” Esclamò Kanemaru divenendo più paonazzo di quanto non fosse. Non sapeva da quanto tempo fossero saliti su quel treno ma era certo che quel viaggio stesse diventando più lungo di quanto realmente dovesse essere e Kanemaru biasimava Sawamura Eijun e la sua mano sinistra per un simile disagio. Sbuffò. “Finirai per consumarlo quell’anello a furia di fissarlo,” commentò esasperato.
Fu il turno di Eijun di arrossire e lo fece con l’espressione indignata di chi è stato accusato di qualcosa ingiustamente. “Non lo sto affatto fissando!” Esclamò negando l’evidenza ed infilandosi le mani nelle tasche della felpa in modo da nascondere l’oggetto galeotto di quella discussione.
Kanemaru evitò di fargli notare che aveva praticamente passato l’intera cerimonia della consegna del diploma a controllarsi la mancina ad intervalli regolari di due o tre minuti, come se avesse paura di perdersi il piccolo tesoro che portava al dito senza nemmeno rendersene conto. Considerando il suo livello di distrazione medio, Kanemaru non poteva biasimarlo per una simile paranoia ma questo non toglieva il fatto che fosse irritante da guardare, specie quando quell’idiota negava l’evidenza con tanta spudoratezza.
Haruichi scelse quel momento per ricomparire dal fondo del vagone affiancato da Furuya e Kanemaru non fu mai tanto felici di vederli.
“Tutto bene, Harucchi?” Domandò Eijun sinceramente preoccupato.
Haruichi emise un sospiro stanco e sorrise all’indirizzo dell’amico, mentre riprendeva posto davanti a lui. “Falso allarme, ho ancora tutto nello stomaco.”
Era già la seconda volta da quando erano partite che Haruichi si alzava dal suo posto con una mano premuta contro la bocca e Furuya al seguito per assisterlo ma Eijun cercò di convincersi che, evidentemente, non era nulla di serio. “La colazione che abbiamo mangiato in stazione non era il massimo,” ipotizzò con una scrollata di spalle. “Devi avere dei problemi a buttarla giù del tutto.”
Haruichi forzò un sorriso. “Sì, è probabile.”
Eijun lanciò un’occhiata veloce a Furuya valutando se potesse essere responsabile in qualche modo del malessere del suo amico ma il suo eterno rivale stava trafficando con lo zaino appoggiato sul porta bagagli sopra le loro teste e, quando ebbe finito, si accorse che ne aveva tirato fuori una bottiglietta d’acqua. “Tieni,” disse Furuya col suo solito tono quieto passandola a Haruichi. Questi accettò l’offerta ed Eijun, suo malgrado, sorrise nel vedere i due compagni di squadra di sempre essere completamente in sintonia l’uno con l’altro.
Eijun non aveva ancora ben capito come Haruichi fosse finito con quell’essere amorfo di Furuya ma sapeva che non sarebbe arrivato a capo del mistero a breve, così si limitava a dirsi che, perlomeno, il ragazzo che gli aveva impedito di essere un asso per tutti e tre gli anni del liceo (tranne un'estate) era quanto di più vicino ci fosse ad una brava persona e Haruichi non si meritava niente di meno.
Dopotutto, nella loro condizione trovare un compagno degno di tale nome era una fortuna da tenersi stretta. Certo, questo a Furuya non lo avrebbe mai detto, nemmeno sotto tortura e neanche al sarcastico ed enigmatico bastardo di cui portava il dono al dito.
Eijun abbassò lo sguardo ed estrasse la mano dalla tasca della felpa quel tanto che bastava per poter guardare ancora una volta quell’anello, come se non avesse fatto altro da otto giorni a quella parte.
“Sawamura!” Esclamò Kanemaru esasperato.
Eijun sobbalzò e fece aderire la schiena al proprio sedile, mentre l’altro lo guardava in cagnesco. Ricambiò l’occhiataccia. “Ma cosa vuoi? Sei solo di cattivo umore perché Hideaki non è venuto con noi!”
Questo gli fece guadagnare un ceffone sul retro del collo. Haruichi cercò di riportare la calma tra una risata e l’altra, mentre Furuya, come suo solito, li ignorava deliberatamente.
Alla fine, Eijun si arrese, estrasse il lettore mp3 dalla tasca dei jeans e puntò gli occhi fuori dal finestrino del treno alzando il volume al massimo.
 
 
"So come a little closer
There is something I can tell yeah
You’re such a roller coaster
And a killing queen you are."
 
 
***
 
 
Kazuya aveva imparato che Eijun soleva essere insolitamente quieto dopo aver fatto l’amore. Da parte sua, non era molto diverso: gli piaceva la serenità di quel silenzio ed era un sollievo non dover pensare assolutamente a nulla in quelle occasioni. Tuttavia, quella notte, Kazuya avrebbe voluto udire qualche parola uscire dalle labbra di Eijun, tanto per fare un’eccezione.
“Non dici nulla?” Domandò abbassando lo sguardo ed i capelli castani del ragazzo appoggiato alla sua spalla gli solleticarono la bocca ed il naso. Eijun se ne stava disteso sulla schiena e Kazuya aveva perso il conto del tempo che era rimasto con la mano sollevata a mezz’aria, muovendo appena le dita, come per assicurarsi che quel piccolo dono che portava all’anulare non sarebbe scivolato via non appena avesse voltato lo sguardo altrove.
“Non so cosa dire...” Ammise Eijun e Kazuya udì chiaramente l’emozione nella sua voce. Sorrise ed in parte fu per nervosismo. “È una novità...”
Eijun si rigirò tra le lenzuola restando sollevato sui gomiti per poterlo guardare negli occhi. “È una novità anche che tu mi chieda di dire qualcosa,” gli fece notare, sorrideva. “Di solito, fai di tutto per farmi stare zitto.” Parlava con lui ma gli occhi non volevano abbandonare le dita della sua mano sinistra.
Kazuya si umettò le labbra. “Posso dire lo stesso di te!” Esclamò con quel suo sorrisetto sarcastico che, di solito, non falliva mai nel fare saltare i nervi ad Eijun ma lui nemmeno lo guardava e quel suo sforzo si rivelò del tutto inutile. Quel silenzio si era tinto di qualcosa di sospetto, come se fosse uno di quelli in cui Eijun cercava di nascondergli qualcosa.
“Ehi...” Kazuya gli pizzicò appena la punta del naso ed Eijun si lamentò più di quanto fosse necessario. “Ti ho appena messo un anello al dito, non puoi restare a fissarlo ed ignorarmi per il resto della serata.”
Suo malgrado, Eijun sorrise e nascose il viso contro il petto di Kazuya per nascondergli le guance ormai rosse. “Scemo...”
 
 
***
 
 
Se ripensava quanto a lungo Kuramochi gli aveva stritolato la mano fissando atterrito la prova materiale di quel che Kazuya doveva avergli confidato in anteprima, ad Eijun veniva ancora da ridere. Probabilmente, il ricevitore doveva aver informato l’amico delle sue intenzioni con quel suo solito sorrisetto sarcastico che avrebbe impedito a chiunque lo conosceva bene di prenderlo sul serio e Kuramochi doveva aver sorvolato sulla faccenda. Successivamente, aveva accompagnato Ryou alla cerimonia del diploma del fratello minore ed all’anulare sinistro del suo vecchio compagno di stanza aveva trovato la conferma di quanto quel maledetto bastardo di Kazuya fosse stato serio.
Prima di andarsene, Ryou lo aveva avvicinato commentando di non aver mai visto Kuramochi fare un’espressione tanto traumatizzata da quando lo conosceva. Da parte sua, Eijun non aveva potuto fare altro che sorridere con solarità per tutta la durata della scena, le guance appena colorate per l’emozione.
Eijun era semplicemente felice e, come per tutte le emozioni che gli animavano il petto, non aveva ragione di non esternare quella sua felicità con tutta la sua naturale spontaneità.
Kazuya non era lì per sfruttare la cosa a suo vantaggio, comunque!
“Hai detto nulla alla tua famiglia?”
Eijun sollevò di colpo lo sguardo dall’anello che aveva ripreso a fissare senza neanche rendersene conto. Haruichi lo guardava con un sorriso gentile ma un po’ stanco. Furuya aveva abbandonato le file da tempo ed anche Kanemaru si era lasciato prendere dalla stanchezza degli ultimi giorni, mentre il treno si svuotava gradualmente. Eijun sorrise e scosse la testa. “Non ancora, voglio fare loro una sorpresa! Non hanno mai saputo nemmeno di Kazuya, sarebbe stato un po’ complicato spiegare tutto per telefono.”
Viste le sue condizioni ed il modo in cui la sua famiglia aveva reagito quando si erano rivelate, Eijun non aveva trovato opportuno farli preoccupare più di quanto già non facessero informandoli che stava perdendo l’innocenza un poco alla volta sotto le mani di un Alpha. Poco importava che fosse il ricevitore della sua squadra.
“Nemmeno i miei sanno di Satoru,” disse Haruichi guardando il ragazzo addormentato al suo fianco.
Eijun sbattè le palpebre un paio di volte. “Ma tuo fratello...”
“Ho fatto promettere a mio fratello di non dire niente,” spiegò Haruichi pazientemente. “Di contro, lui si preoccupa abbastanza per loro e per se stesso e mi dispiace ma, hai ragione, per quelli come noi non è facile spiegare certe cose al telefono, lontano da casa.”
Eijun prese a giocherellare con l’anello che aveva al dito. “Non so perché Kazuya mi ha dato questo ma il mio è un paese di campagna, danno peso a queste cose più di quanto i fatti reali lo permettano. Spero che, perlomeno, la mia famiglia la veda come la rassicurazione di cui hanno bisogno, ecco tutto.”
“Non credo che Miyuki farebbe un gesto simile superficialmente,” lo rassicurò Haruichi. “Anzi, a sentire mio fratello che, a sua volta, ha parlato con Kuramochi, penso lo si possa considerare un evento.”
Eijun arrossì appena ma non smise di sorridere. “Sono successe tante cose negli ultimi tre anni,” disse con una nota di malinconia nella voce. “Di sicuro, non mi aspettavo di tornare a casa dopo il diploma con uno di questo al dito.”
“Immagino che molte cose non siano andate come ce le aspettavamo,” aggiunse Haruichi scrollando le spalle. “Tuttavia, alla fine, siamo cresciuti comunque.”
Cresciuti...
Che parola complicata. Troppo per Eijun, comunque.
Come fosse passato dal capire come lanciare una palla da baseball abbastanza bene da essere un degno membro della squadra di Seido ad imparare a baciare, era una cosa che non aveva del tutto chiara nemmeno lui e, tantomeno, ora che aveva raggiunto la fine di quella strada ed una di gran lunga più dura lo aspettava dietro l’angolo.
“Cresciuti...”
Haruichi aveva ragione.
Se Eijun aveva imparato ad accettare i suoi limiti con serenità senza smettere di lavorare per migliorarsi e Kazuya si era arreso al fatto che poteva capitare che delle emozioni lo toccassero senza per forza abbatterlo, dovevano essere cresciuti per forza.
 
 
 
***
 
 
”Sei settimane negli Stati Uniti d’America!” Esclamò Eijun stiracchiandosi. Kazuya lo guardò mentre si spostava tra le coperte per sedersi a cavalcioni su di lui e si sentì sollevato nel vedere che quel sorriso sfrontato era tornato al suo posto, su quelle labbra arroganti. “E senza di me!” Concluse con un broncio che era un po’ per stizza ed un po’ per invidia.
Kazuya rise sollevando la mano destra per toccarlo ma Eijun la incontrò a metà strada con la sua e le loro dita s’intrecciarono a mezz’aria con una naturalezza che non sorprese nessuno dei due. “Sei geloso in anticipo?” Domandò il ricevitore muovendo appena le dita lì, dove il bordo dell’anello rendeva quel contatto un poco estraneo.
“Voglio allenarmi anche io con i giocatori americani!” Si lamentò Eijun, come se Kazuya gli stesse negando qualcosa volontariamente.
“Non hai ancora messo un piede fuori dal liceo,” gli ricordò Kazuya. “Un passo alla volta, Eijun.”
“Ma io non posso più aspettare!” Esclamò Eijun lasciandosi ricadere sul letto e Kazuya sentì improvvisamente freddo dove la loro pelle non si toccava più. Fu il suo turno di muoversi tra le lenzuola ma Eijun aveva ancora quel broncio bello in vista quando si spostò sopra di lui. “Pazienta, Eijun,” gli disse ed abbassò il capo per posare un bacio veloce sulla sua mano sinistra. “Quando imparerai ad essere paziente?”
Eijun si aggrappò alle sue spalle e vi fece leva per posare un bacio a stampo sulle sue labbra. “Mai?”
Kazuya lasciò andare una risata. “Sei un idiota...”
Eijun lo guardò indignato. “Ehi!” Ma qualunque protesta venne zittita dalle mani di Kazuya che si erano spostate dove sapeva che il lanciatore soffriva il solletico più che in altri posti. Eijun lasciò andare una serie di risate incontrollate cercando di raggomitolarsi su se stesso. “Smettila!” Esclamò cercando di afferrare le mani dell’altro ed allontanarle da sé. “Smettila, Kazuya!”
“Convincimi a farlo, Eijun!” Kazuya tirò le coperte fin sopra le teste di entrambi.
Le risate di Eijun si fecero più acute delle precedenti per alcuni istanti, per poi zittirsi di colpo.
Il silenzio che calò nella stanza venne appena interrotto da una serie di mormorii le cui parole non sarebbero mai appartenute al mondo, interrotte solo da una serie di baci che si fecero più lunghi istante dopo istante.
Il suono successivo che uscì dalle labbra di Eijun fu qualcosa di molto più intimo di una risata.
 
 
***
 
 
Erano passate poco più di tre ore da quando avevano lasciato Tokyo ma scendendo da quel treno, Kanemaru ebbe come l’impressione che stessero viaggiando da giorni. “Ci sono un sacco di ciliegi in fiore qui,” commentò mentre uscivano dalla piccola stazione.
Eijun sorrise. “Sì, qui il cemento è ridotto al minimo. Non troverai nessun edificio che sia troppo alto per soffocare un albero!”
“Ah, non siamo davvero più a Tokyo,” aggiunse Kanemaru con un poco di esasperazione.
“Cos’è questo cambio di tono?” Domandò Eijun indignato. “Siamo in vacanza, divertiamoci!”
“Sento già le zanzare ronzarmi nelle orecchie di notte,” si lagnò Kanemaru, mentre Eijun lo superava con la sicurezza di chi sa esattamente che direzione prendere.
“Non è ancora abbastanza caldo per le zanzare, Kanemaru,” disse Haruichi con ridendo appena.
Al suo fianco, Furuya si tolse il berretto da sopra la testa e lo usò per sventolarsi con un sospiro stanco. Il ragazzo dai capelli rosati lo guardò sorpreso. “Non è abbastanza caldo nemmeno per questo, Satoru!”
Eijun si voltò ed il sorriso sembrò più luminoso del sole di primavera. “Ehi, non rimanete indietro! Casa mia è vicina ma ci aspetta comunque una bella passeggiata!”
 
 
 
Alla fine, Kanemaru decise che non avrebbe lasciato che Eijun cominciasse la sua vita universitaria senza prima affinare la sua conoscenza del termine passeggiata. Dopo più di mezz’ora di marcia, l’idiota non dava segno di voler indicare loro l’ambita meta e se ne stava davanti a camminare e chiacchierare con Haruichi con la tranquillità di chi è abituato a sfinirsi con una ruota attaccata alla vita. Da parte sua, Kanemaru aveva dovuto caricare in spalla anche lo zaino di Furuya e si stava trascinando dietro ben due valigie per evitare che il lanciatore collassasse sul marciapiede nel bel mezzo del nulla. Eijun non aveva mentito riguardo all’assenza di cemento nella zona.
Tre anni a Tokyo e poter guardare il cielo azzurro senza sagome di edifici nei paraggi sembrava quasi un effetto speciale.
Al trentunesimo minuto di cammino, Furuya ebbe la bella idea di collassare contro la spalla di Kanemaru ma Eijun scelse quel momento per fare a tutti il tanto atteso annuncio. “Eccola! Quella in fondo al vialetto sterrato è casa mia. Eh? Furuya!”
Haruichi si voltò allarmato ma sospirò nel comprendere che al suo compagno non era successo nulla di diverso dal solito. “Satoru, saranno al massimo venticinque gradi stabili, avanti!”
Eijun si adoperò per aiutare Kanemaru a sostenere il ragazzo che, nonostante il titolo di asso che aveva conquistato a metà del suo primo anno al liceo, non era mai riuscito a superare quei limiti fisici che gli avevano sempre impedito di essere il lanciatore perfetto.
“Ehi, Furuya! Non fingere di dormire, non ti porteremo in spalla!” Esclamò Kanemaru con ancora gli zaini di entrambi addosso e due valigie alle mani.
“Satoru!” Lo richiamò Haruichi schiaffeggiandolo gentilmente.
“Furuya!” Lo chiamò Eijun con rabbia. “Ehi! Non sei un vampiro! Il sole non può ucciderti, sveglia!”
 
 
 
Fu Haruichi a suonare il campanello di casa Sawamura. Eijun era due passi dietro di lui a sorreggere Furuya, mentre Kanemaru si trascinava dietro le valige di tre persone imprecando a bassa voce.
Ad aprire la porta fu una donna il cui viso ricordò a Haruichi immediatamente quello di Eijun.
La signora Sawamura lo guardò confusa per alcuni istanti. Haruichi cercò di parlare ma inciampò sulle sue stesse parole per troppo imbarazzo.
“Mamma!” Esclamò Eijun sollevando un braccio per attirare la sua attenzione. Solo allora, sua madre sbirciò da sopra la spalla di Haruichi e lo riconobbe. I suoi occhi si riempirono immediatamente di emozione e superò il ragazzo dai capelli rosati come se non fosse affatto lì. “Eijun!” Esclamò felice correndo ad abbracciare suo figlio.
Furuya venne sbalzato a terra nel processo ma Eijun si preoccupò solo di ricambiare l’abbraccio di sua madre, mentre Kanemaru si chinava quel che poteva per assicurarsi che l’ex asso della loro squadra fosse vivo e Haruichi s’inginocchiava a terra per cercare di fargli riprendere i sensi. “Satoru, avanti!”
“Sei a casa,” Eijun sentì mormorare sua madre. “Finalmente, sei a casa...”
Lui si limitò a sorridere, si guardò la mano sinistra senza che nessuno se ne accorgesse e decise che si sarebbe tenuto quel piccolo tesoro per sé ancora per un po’. “Sì, sono tornato.”
Era Tokyo la sua casa, ormai ma, per il momento, decise di lasciarsi abbracciare da sua madre e basta.
 
 
 
“E pensare che quando sei partito per Tokyo non avrei mai sperato che saresti tornato con un diploma!” Esclamò suo nonno dandogli una potente pacca sulla spalla che gli impedì di rispondergli a tono. “E come campione nazionale per ben due volte!”
Eijun lo guardò con un sorriso sorpreso. “Stai per piangere, nonno?”
“Assolutamente no!” Esclamò subito il vecchio Eitoku incrociando le braccia contro il petto e drizzando la schiena. “Sono un uomo tutto d’un pezzo! Non mi lascio dominare dalle emozioni!”
Kanemaru rise ed accettò volentieri un bicchiere di bibita fresca che la madre di Eijun aveva servito loro nel salottino in stile tradizione. “Improvvisamente, non mi chiedo più da dove sia saltato fuori,” commentò e, accanto a lui, Haruichi rise. Furuya era troppo occupato a reidratarsi per poter partecipare in qualche modo alla conversazione.
“È bello conoscere i compagni di squadra di Eijun,” disse la signora Sawamura inginocchiandosi accanto al basso tavolinetto al centro della stanza. “Lasciate che vi ringrazi per esservi presi cura di mio figlio in questi tre anni. So che può essere complicato, alle volte.”
Eijun divenne paonazzo. “Mamma!”
Haruichi e Kanemaru risero educatamente.
“Nessun problema,” rispose Furuya per loro e gli altri due lo guardarono.
“Come se tu avessi mai aiutato nella gestione del caos che provocava ovunque andasse,” commentò Kanemaru ma Furuya continuò a bere come se non avesse affatto parlato. “Non ignorarmi!”
Eitoku chinò la testa di colpo facendo sobbalzare tutti i presenti. “È un onore poter ospitare in casa nostra i campioni nazionali del campionato di baseball liceale!”
Eijun lo guardò indignato. “Sono un campione anche io!” Esclamò. “Non ti sentì onorato di avermi come nipote?”
Eitoku gli assestò un altro colpo sul retro del collo per zittirlo e sollevò di nuovo lo sguardo. “Le mie scuse in ritardo per qualsiasi vergogna o seccatura mio nipote vi abbia causato in questi tre anni!”
“Smettila di parlare come se non fossi qui!” Sbraitò Eijun massaggiandosi la parte colpita. Sua madre si limitò a ridere sommessamente segretamente felice che la casa fosse di nuovo animata dalla presenza di suo figlio e dei suoi amici. Era difficile abituarsi al silenzio quando si cresceva un bambino come Eijun. Sorrise all’indirizzo di suo figlio ma Eijun era troppo occupato a fissare suo nonno con aria annoiata per accorgersene. Lo vide sospirare con fare esasperato, poi allungò la mano sinistra per afferrare uno dei bicchieri pieni lasciati al centro del basso tavolino.
Uno strano scintillio colse la signora Sawamura completamente impreparata. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte e seguire la mano di suo figlio mentre sollevava il bicchiere e se lo portava alla bocca per capire che cosa fosse il piccolo oggetto che aveva attirato la sua attenzione. Il respiro le mancò per alcuni istanti ma decise di rimanere quieta.
Eijun finì di bere e riportò il bicchiere ormai vuoto al suo posto. Dovette accorgersi di essere osservato perché sollevò di colpo lo sguardo ed incrociò gli occhi di sua madre. Impiegò un istante di troppo, prima di accorgersi che la sua mano sinistra era ciò che aveva attirato la sua attenzione. La nascose velocemente sotto il tavolo e riportò gli occhi sui tre amici seduti dal lato opposto del tavolino.
Sua madre comprese ed entrambi parteciparono alla conversazione come se nulla fosse successo.
 
 
 
“Lasciate che vi ringrazi per esservi presi cura di Eijun in questi tre anni, sa essere un ragazzino difficile da gestire la maggior parte del tempo,” disse il signor Sawamura quella sera a cena.
Eijun divenne paonazzo per l’ennesima volta in poche ore, mentre Kanemaru e Haruichi ridevano. “Sei solo la terza persona a dire loro una cosa del genere!” Esclamò Eijun. “Grazie, papà!”
“E permettetemi di chiedervi scusa in ritardo per tutto...”
“È stato detto anche questo, papà!” Lo interruppe Eijun.
Haruichi e Kanemaru continuarono a ridere.
“Non c’è problema,” rispose Furuya con tono apatico senza vergognarsi di fissare con una certa insistenza i capelli del signor Sawamura. Haruichi lo guardò sospirando, Kanemaru, invece, lo fissò storto. “Non sai dire altro, Furuya?” Domandò. “Ti ricordo che parte di quei guai erano colpa tua!”
Furuya replicò girando il viso di lato come se non avesse sentito nulla.
“E non ignorarmi!”
Il vecchio Eitoku sospirò. “Almeno sono potuto vivere abbastanza per vedere mio nipote tornare da Tokyo con qualche risultato tra le mani, a differenza di suo padre, mio figlio.”
La signora Sawamura divenne paonazzo con la stessa velocità di come spesso accadeva ad Eijun. “Stavo inseguendo il mio sogno!”
“Divenire una rock star partendo dalla campagna con una chitarra scordata ed uno zaino è più un suicidio che un sogno!”
“Papà!”
“Almeno, Eijun è partito con un’ammissione per merito sportivo ad uno dei licei più prestigiosi di Tokyo, anche se ancora fatico a spiegarmi il perché!”
“Nonno!” Sbottò Eijun.
“Adesso capisco i capelli,” disse Furuya col suo solito tono apatico e sia Haruichi che Kanemaru gli lanciarono un’occhiata di rimprovero.
La signora Sawamura si sollevò e ritirò a tutti i presenti i piatti ormai vuoti. “Eijun?”
Il lanciatore sollevò gli occhi su sua madre. “Mi aiuti con i piatti?” Domandò lei con un sorriso gentile. Eijun capì che non era del suo aiuto che aveva davvero bisogno ma decise di accettare l’invito e si alzò in piedi. “Sì, mamma.”
Come lui e sua madre sparirono nella stanza accanto, suo padre e suo nonno si lanciarono uno sguardo complice ed un gran album di foto comparve improvvisamente al centro del tavolo.
“È arrivato il momento delle imbarazzanti foto di Eijun!”
Kanemaru fu il primo a sporgersi per dare un’occhiata ma nemmeno Furuya si fece pregare. Haruichi si concesse un’istante per voltarsi verso la stanza in cui il suo migliore amico era sparito al fianco di sua madre.
“Ehi, Kominato, guardo un po’ qui!” Esclamò Kanemaru indicando una foto in cui Eijun non poteva avere più di due anni.
Haruichi sorrise con ottimismo ed augurò la buona fortuna al suo migliore amico senza dire una parola.
 
 
 
In principio, vi fu uno strano silenzio tra lui e sua madre ed Eijun, per un istante, sentì venire meno tutto l’entusiasmo con cui era tornato a casa. “Sei silenzioso,” cominciò sua madre continuando a lavare i piatti con un sorriso leggero sulle labbra. “Non ci sono abituata,” rise appena ma Eijun non si sentì meno rigido di prima. Sua madre gli passò il primo piatto e prese ad asciugarlo con lo sguardo basso.
“Immagino non sia una cosa recente,” aggiunse lei rendendosi conto che suo figlio non avrebbe pronunciato una parola in quello stato. “Almeno, quello che hai al dito non è un dono che si fa al primo appuntamento.”
Eijun appoggiò il piatto sullo sgocciolatoio e ne prese un altro dalle mani di sua madre. “Non credevo fosse una cosa di cui parlare per telefono, tutto qui.”
“Sei tornato a casa altre volte in questi tre anni.”
Eijun scrollò le spalle. “Era troppo complicato da spiegare.”
Suo madre rise di nuovo. “Ti ho messo al mondo io, Eijun,” gli ricordò. “Non mi sono mai aspettata niente di semplice da te.”
Eijun arrossì appena ma gli angoli delle sue labbra si erano sollevati almeno un poco.
“Come si chiama?” Domandò sua madre con gentilezza ed ebbe la discrezione di non guardarlo negli occhi mentre lo faceva: non voleva farlo sentire più imbarazzato di quanto già non fosse.
“Kazuya,” rispose Eijun senza pensarci troppo. “Miyuki Kazuya.”
Sua madre si bloccò e sollevò lo sguardo su di lui. “Quel Miyuki Kazuya?”
Eijun si sentì smarrito per alcuni istanti. “Ne esistono altri?” Domandò quasi timoroso. Non osava immaginarlo un mondo con più di un Miyuki Kazuya in giro.
Sua madre rise. “Tuo padre e tuo nonno sono divenuti fanatici del baseball da quando sei partito. Hanno un album con dentro tutti i ritagli di giornale in cui si parla di Seido e quelli in cui è citato il tuo nome sono anche evidenziati.”
Eijun sorrise. “Davvero?” Sentiva sempre il cuore improvvisamente leggero quando qualcuno riconosceva le sue abilità in qualche modo.
“Il nome Miyuki Kazuya compare in tutti quegli articoli,” spiegò sua madre. “Ci sono anche dei servizi interamente dedicati a lui. È apparso anche in televisione, da quando frequente l’università.”
Eijun scrollò le spalle. “Sì, qualche volta,” disse come se non fosse nulla d’importante. Non poteva ammettere che era stato proprio un articolo di giornale con tanto di foto a dargli l’ultima spinta verso Tokyo e la squadra di baseball del liceo di Seido. Una volta, aveva compiuto il grave errore di confidare quel dettaglio al ricevitore in questione ed ancora capitava che Kazuya usasse quella cosa a suo vantaggio.
“È un Alpha, Eijun,” concluse sua madre con tono decisamente più quieto.
Eijun smise di lavare il piatto che aveva tra le mani per qualche istante, poi riprese come se non l’avesse udita. “Mi hanno accettato alla sua stessa università per meriti sportivi,” disse di colpo.
“Lo so,” replicò sua madre. “Me lo hai detto al telefono il mese scorso, ricordi?”
“Già... È vero.”
“Non evitare il discorso, Eijun.”
Eijun appoggiò un altro piatto sullo sgocciolatoio e poi sollevò lo sguardo sul viso di sua madre. “È un Alpha, sì. Questo, però, non significa niente.”
“Sei un Omega, Eijun...”
“Questo a lui non interessa,” replicò Eijun cercando di non farsi trascinare nel vortice delle sue emozioni. “Non nel modo in cui temi, comunque. Se sono divenuto un campione nazionale, nonostante la mia natura, lo devo anche a lui.” Non era mai stato così sincero con Kazuya, nè con nessun altro. Troppo orgoglio, probabilmente.
Sua madre lo fissava in silenzio.
“Ehm, Harucchi... Haruichi... Ehm, il ragazzo con i capelli rosati di là è come me,” le disse per rassicurarla. “Il tipo con i capelli neri... Quello che era il nostro asso, con la faccia da tonto, è il suo compagno. È un Alpha anche lui e... È un idiota, oltre ad una compagnia generalmente spiacevole ma è un bravo ragazzo.”
Se Furuya fosse mai venuto a sapere di quella conversazione, avrebbe negato fino alla morte di aver pronunciato simili parole. Sua madre, però, era troppo preoccupata perché si potesse permettere di escludere prove a suo favore per semplice orgoglio.
“Miyuki Kazuya,” ripeté sua madre e riprese a lavare i piatti con relativa tranquillità. “È rispettoso con te?”
Eijun si concesse un istante per riflettere. Era necessario che confessasse tutte le volte in cui Kazuya si prendeva gioco di lui per suo semplice diletto e tutte quelle in cui Eijun dimenticava con assoluta naturalezza di portargli un briciolo di rispetto? No, sua madre poteva vivere benissimo senza saperlo e, comunque, dubitava che la sua domanda si riferisse a simili parentesi quotidiane.
“Sì,” rispose arrossendo appena: non credeva che avrebbe mai dovuto affrontare simili discussioni quando aveva messo piede fuori di casa, figurarsi con sua madre e riguardo un altro ragazzo.
“Bene,” rispose lei. “Tu sei felice?”
Eijun trattenne il fiato e si umettò le labbra. “È questo che ti preoccupa?”
Sua madre gli rivolse quel sorriso che era stato per lui fin da quanto era un bambino. Eijun non ne aveva mai avuto conferma ma aveva la sensazione che fosse quel genere di sorriso che avevano un po’ tutte le mamme. “Che altro potrebbe mai preoccuparmi, Eijun?”
Eijun si sentì improvvisamente piccolo e smarrito per alcuni istanti, poi sorrise, un poco nervosamente, riprendendo ad asciugare i piatti che lei gli passava. “Sì,” rispose e non era mai stato convinto di qualcosa in tutta la sua vita. “Sì, sono felice, mamma.”
“Bene,” rispose lei con voce più serena di quella con cui si era rivolta a lui per tutto il giorno. “Non dire nulla a tuo padre e tuo nonno, per adesso.”
Eijun divenne paonazzo e scosse la testa immediatamente. “Non ne avevo alcuna intenzione.”
“Ci penso io,” aggiunse sua madre. “Lascia fare a me, so come prenderli. Non devi preoccuparti di nulla, Eijun.”
Eijun accennò un sorriso ed annuì. “Mi fido, mamma.”
 
 
 
***
 
 
 
“Cose da matti, senpai, riesco a vedere le lucciole dalla finestra della mia stanza,” disse Kanemaru fissando il campo scuro all’esterno. “Le lucciole!”
Alle sue spalle, Furuya era occupato a sistemare i due futon sul pavimento della camera per gli ospiti. Kanemaru lo guardava inquietato: lo conosceva da anni, eppure non si era ancora abituato a cosa volesse dire condividere uno spazio con la sua silenziosa presenza.
“No, no, Haruichi dorme con Sawamura,” disse poi. “Furuya è con me.”
L’ex asso della squadra di baseball di Seido sollevò lo sguardo nel sentir pronunciare il suo nome.
“È Kuramochi-senpai,” chiarì Kanemaru coprendo per un istante il ricevitore del cellulare con la mano libera.
“Oh,” fu la sola replica di Furuya.
Kanemaru sentì Kuramochi riferire l’informazione a qualcuno che doveva essere il maggiore dei fratelli Kominato. Non udì cosa questi rispose ma dal tono della sua voce dedusse che gli faceva piacere sapere che Furuya non avrebbe passato la notte a mezzo metro di distanza da Haruichi.
“No, non so nulla di quella questione,” rispose Kanemaru quando Kuramochi gli chiese notizie di Eijun. “Se ha detto qualcosa alla famiglia, non si è confidato con noi. Potrebbe dire qualcosa a Haruichi, non lo so! Posso assicurarti che l’idiota non fa che fissare quell’arnese dall’alba al tramonto, comunque!”
Furuya aveva smesso di mettere a posto il suo futon, si era seduto sulle coperte e lo fissava. Kanemaru lo fissò storto, mentre Kuramochi diceva qualcosa sul loro vecchio Capitano oltreoceano. Poi si ricordò di un altro dettaglio divertente che sarebbe stato esilarante condividere. “Abbiamo anche preso in analisi un album di fotografie in cui un Eijun Sawamura dagli uno ai tre anni mostra il suo culetto al mondo senza vergogna.”
Dall’altro capo del telefono, Kuramochi si lasciò andare ad una risata stridula. “Prova a dire a Miyuki Kazuya il culetto di chi hai preso in analisi e vedremo come la prenderà bene.”
Kanemaru divenne improvvisamente paonazzo e prese a balbettare rivalutando quanto aveva visto e scuotendo la testa per impedire alla sua immaginazione di fare il resto. Dall’altro capo della linea, Kuramochi continuò a ridere.
Seduto sul suo futon, Furuya reclinò la testa da un lato ed osservò la scena senza capire che cosa stesse succedendo.
 
 
Nella stanza accanto, Eijun era steso sul suo letto, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo rivolto al soffitto. Le labbra erano piegate in un sorriso sereno.
“Hai parlato con tua madre, quindi?” Domandò Haruichi sedendosi sul suo futon.
Eijun si girò su di un fianco e gli sorrise. “Sì.”
“Sembri soddisfatto,” commentò Haruichi accomodandosi sotto le coperte ed appoggiando la testa al cuscino. “Sei riuscito a rassicurarla, quindi.”
“Mi ha chiesto se sono felice.” Spiegò Eijun. “Dice che era l’unica cosa a preoccuparla, anche se ho evitato di dirgli che questo non è un anello di fidanzamento come potrebbe sembrare da queste parti.”
Haruichi non smise di sorridere. “Io continuò a ripetere che non dovresti prendere quel regalo con così tanta leggerezza.”
Eijun scrollò le spalle. “Kazuya non mi ha promesso niente,” replicò. “Solo di tornare. Questo è il suo modo per ricordarmi di aspettarlo come l’egocentrico bastardo che è!”
Haruichi rise. “Te lo ha detto lui?”
“Qualcosa del genere,” ammise Eijun con un broncio tornando a stendersi sulla schiena.
“Non vi sentite a fine giornata?”
“Problemi di fuso orario,” nonostante questo, Eijun afferrò sul cellulare e controllò che non fosse comparsa qualche nuova notifica sul display. “Ci sentiamo per messaggio il più delle volte ma finiamo sempre per risponderci con mezza giornata di ritardo. Se gli allenamenti sono anche solo di poco più intensi di quelli del liceo, immagino che arrivi a fine giornata completamente stravolto... Dovrei contattare Mei e cercare di convincerlo a scattare qualche foto umiliante con cui intrattenermi nelle prossime settimane.”
Haruichi rise di nuovo. “Eijun...”
 
 
***
 
 
Eijun si svegliò di soprassalto come sentì qualcosa di gelido sul retro del collo. Udì la risata divertita di Kazuya ancor prima di vederlo in piedi accanto al letto. Si era rivestito e questo, oltre al risveglio brusco, contribuì all’improvviso malumore di Eijun. “Te ne vai?” Domandò lasciandosi ricadere sul cuscino.
Kazuya si sedette sul bordo del letto. “Vuoi che me ne vada?”
Eijun lo guardò, sveglio di colpo. “No,” chiarì. “Ma ti sei rivestito.”
Kazuya scrollò le spalle. “E che ci vuole?” Si tolse gli occhiali e li lasciò sul comodino, poi si liberò velocemente sia della maglietta che dei pantaloni. Eijun sorrise soddisfatto.
“Fammi spazio, fa freddo qui fuori.”
Eijun eseguì ma non esitò a farsi più vicino non appena Kazuya si fu accomodato di nuovo sotto le coperte. “Uhm, sei freddo!” Si lagnò il lanciatore. “Perché sei uscito? Nel week end è sempre pieno di gente che si aggira a tutte le ore, potrebbero averti visto.”
“Provviste!” Rispose Kazuya allungando una mano verso il comodino per recuperare una bottiglietta d’acqua. “Vuoi?”
Eijun si sollevò sui gomiti ed accettò l’offerta. Quando ebbe finito di bere si rilassò contro il petto del ricevitore con un nuovo broncio in bella vista.
“Che cosa c’è adesso?” Domandò Kazuya girandosi su di un fianco ed Eijun fu costretto a spostarsi di nuovo sul cuscino. “Sei settimane in America,” disse il lanciatore con invidia.
Kazuya sospirò. “Ci pensi ancora?”
“Ci penserò per le prossime settimane e lo farò tanto intensamente che ti fischieranno le orecchie per tutto il viaggio e non ti godrai un solo giorno in territorio americano.”
“Non avrai bisogno di sforzarti,” replicò Kazuya. “Ci penserà Mei a farmi fischiare le orecchie per tutto il tempo.”
Eijun sbatté le palpebre un paio di volte. “Viene anche Mei? E Kuramochi-senpai?”
Kazuya gli rivolse un ghigno diabolico. “Kuramochi non è stato selezionato,” gli fece l’occhiolino. “Un piccolo problema di condotta. Resterà a casa a badare ai novellini.”
“Non dire novellini con quel tono dispregiativo, anche io sono uno di loro!”
Kazuya sollevò una mano e gli tirò gentilmente i capelli all’indietro. “Se farai il bravo, tra un anno potresti avere la stessa occasione e mettere piede su suolo americano a tua volta.”
Per tutta risposta, Eijun s’imbronciò ancora di più ed un pensiero oscuro dovette passargli per la testa perché Kazuya lo vide divenire serio di colpo e poi dargli la schiena, come se volesse nascondergli qualcosa. “Che cosa c’è, adesso?” Domandò circondando la vita dell’altro con un braccio ed appoggiando sul retro del suo collo.
“Mei...” Mormorò Eijun.
Kazuya inarcò le sopracciglia. “Pensi a Mei mentre sei a letto con me?”
Eijun nascose il viso nel cuscino. “E Furuya... Satoru fottuto Furuya.”
Kazuya si sollevò su di un gomito. “Ti dispiace non nominare altri uomini mentre sei a letto con me? Sai, potrebbe suonare...” S’interruppe nel momento in cui comprese di cosa stavano parlando. Sospiro un poco annoiato. “Eijun...”
Il lanciatore lo fulminò con un’occhiata veloce. “No!”
“No?” Kazuya rise. “Non puoi fare l’amore con me due volte e poi lasciarti soffocare da pensieri depressivi. Ne va del mio orgoglio virile, lo sai?”
Eijun gli lanciò un calcio sotto le lenzuola. “Il mondo non gira intorno a te, sai?”
“Il mondo del baseball ci sta andando abbastanza vicino,” replicò il ricevitore con quel suo tono insopportabile che costrinse Eijun a sollevarsi sui gomiti per guardarlo direttamente negli occhi. “Posso ammazzarti e nascondere il tuo cadavere prima che tu divenga ufficialmente il nuovo genio del baseball,” lo minacciò.
Kazuya non gli rispose, si limitò a rispondergli con uno sguardo malizioso che fece arrossire il lanciatore come se già non fossero entrambi completamente nudi e nello stesso letto. “Che cosa c’’è?” Domandò Eijun con i nervi quasi saltati.
“Quando ti arrabbi, storci la bocca in un modo che fa venire voglia di divorarla di baci,” fu la risposta completamente disinibita di Miyuki Kazuya.
Eijun divenne ancor più rosso di prima ed affondò di nuovo il viso nel cuscino. Kazuya rise ed Eijun artigliò la federa tra le dita cercando di convincersi che soffocarlo col il suddetto cuscino non sarebbe stato proprio un piano omicida con i fiocchi. Poi, avvertì le dita calde di Kazuya sulla nuca e lo lasciò giocare con i suoi capelli per qualche istante di silenzio leggero.
Alla fine, il ricevitore parlò solo dopo che Eijun si fu quasi addormentato sotto le sue carezze.
“Non voglio vederti uscire da questo liceo con questi complessi d’inferiorità,” gli disse con la fermezza che soleva usava nelle vesti di capitano della squadra. Eijun non si mosse ma ascoltò ogni parola. “Io posso aver guidato la squadra alla finale delle nazionali quasi due anni fa ma non ho vinto da solo. L’ultima estate, io non ero lì ma siete riusciti a conquistarvi il titolo di campioni lo stesso.”
Eijun sollevò il viso dal cuscino quel tanto che bastava per guarda Kazuya con un solo occhio. “E questo cosa vorrebbe dire?”
Kazuya sospirò e fece appello a tutta la sua pazienza. “Che nonostante due titoli nazionali, la tua stupidità è ancora al posto giusto.”
Eijun emise un verso simile ad un ringhio e il ricevitore gli spettinò i capelli per rabbonirlo.
“Ho seguito il campionato liceale,” confessò Kazuya. “Vi ho seguiti tutti, dal primo all’ultimo.”
Eijun lo sapeva ovviamente ma il modo in cui lo disse in quel momento gli riscaldò il petto improvvisamente. Kazuya si avvicinò e sollevò una mano per scostare una ciocca di capelli castani dalla gota del giovane lanciatore. “Dove andrai, una volta che lascerai questo posto, ci sono io,” gli ricordò a bassa voce. “E ci sono rimasto per quasi un anno aspettandoti. La parte più dura l’hai vissuta quest’anno, alla tua ultima estate a Seido. Da adesso in poi, tutto quello che dovrai fare sarà guardarmi e lanciare.”
Eijun si convinse a riemergere dal cuscino e Kazuya si chinò per rubargli ancora un bacio.
 
 
***
 
 
La mattina dopo, Eijun sorprese il postino mentre stava per imbucare alcune lettere nella cassetta della posta della sua famiglia. Gli risparmiò la fatica e percorse il vialetto di casa con ampi passi per ricevere le buste personalmente.
“Oh, buongiorno, Eijun!” Lo salutò allegramente il signore di mezza età che Eijun ricordava andare su e giù per il paese con quel suo vecchio motorino da quando era un bambino.
“Buongiorno,” rispose con un sorriso cortese prendendo tra le mani tre buste da lettera. “Grazie!”
“Ah, a proposito,” aggiunse il postino. “Ho appena saputo della bella notizia! Congratulazioni!”
Eijun sbatté le palpebre un paio di volte. “Grazie...” Ripeté con meno sicurezza. L’uomo lo salutò e tornò a cavallo del suo motorino e scomparve in fondo alla strada. Eijun lo guardò allontanarsi, poi fissò le lettere tra le sue mani come se queste potesse chiarire i suoi dubbi. Alla fine, scrollò le spalle e tornò sui suoi passi.
 
 
 
Kanemaru sospirò appoggiando un gomito sul tavolo della cucina. “No, Kuramochi-senpai,” disse col cellulare premuto contro l’orecchio. “Non ho nessun rapporto da fare alle dieci del mattino.”
Furuya mangiava in silenzio e lo fissava in quel suo modo apatico ed inquietante. Kanemaru decise che lo avrebbe preso a pugni prima della fine di quella vacanza, tanto per vedere se il suo viso potesse in qualche modo cambiare espressione. “Sì,” continuò cercando di rimanere controllato e paziente, “Furuya ha dormito nel suo letto accanto al mio per tutta la notte. Eh? No! Non sono restato sveglio fino all’alba per controllare! No, rassicura Kominato-senpai che non c’è nulla di cui preoccuparsi! No, Haruichi non è ancora sceso. Sì, Eijun ha parlato con sua madre, ce lo ha detto questa mattina... No, non lo so se si è sentito col capitano e... Ma perché continui a chiamare me per queste domande?!”
Eijun rientrò dalla porta sul retro in quel preciso momento. Kanemaru attirò la sua attenzione con un cenno della mano. “Sì, è qui! Te lo passo!” Allontanò il cellulare dal suo orecchio. “È Kuramochi-senpai.”
Eijun abbandonò le tre lettere sul tavolo della cucina e sollevò l’apparecchio vicino al viso. “Kuramochi-senpai?”
Haruichi scelse quel momento per entrare in cucina ed Eijun notò subito che era troppo pallido perché fosse normale e che si massaggiava lentamente lo stomaco, prendendo respiro profondi. Rispose distrattamente alle domande di Kuramochi dando una pacca sulla spalla a Furuya per spingerlo a sollevare lo sguardo. Non appena vide il suo compagno, l’ex asso lasciò andare la sua colazione a metà e gli andò vicino.
Kanemaru si sentì improvvisamente in difficoltà nel vedere quel pezzo di ghiaccio di Furuya sollevare una mano per posarla sulla guancia di Haruichi. E chi lo avrebbe mai immagino il loro apatico asso essere capace di tanta dolcezza.
Haruichi gli sorrise mormorando alcune parole rassicuranti a cui, però, Eijun non diede particolare ascolto. “Sì, senpai. Ho capito! Ciao, ciao...” Interruppe la conversazione di colpo e lasciò il cellulare sul tavolo della cucina. “Harucchi!” Chiamò preoccupato avvicinandosi alla coppia. “Sei sicuro di stare bene?”
Haruichi annuì. “Sì, mi sono svegliato con un po’ di nausea ma ora sto improvvisamente meglio,” disse con sincerità. “Anzi, ho una gran fame.”
Eijun allontanò dal tavolo l’unica sedia nella stanza che non era ancora stata occupata. “Prego, siediti!”
Fecero colazione insieme scambiandosi poche parole. Kanemaru ne approfittò per mandare un messaggio a Hideaki ed Eijun prese a parlare euforicamente di un luogo importantissimo che voleva far vedere loro a tutti i costi prima di pranzo. “Ah, il postino si è congratulato con me,” aggiunse poi con tono casuale.
Haruichi smise di fare colazione e Kanemaru sollevò lo sguardo dal cellulare. Solo Furuya continuò a fare come se il padrone di casa non avesse pronunciato parola. Eijun gli tirò un calcio da sotto il tavolo. “E non ignorarmi!”
“Per quali ragioni ti ha fatto le congratulazioni?” Domandò Haruichi confuso.
Eijun scrollò le spalle. “Lì per lì non l’ho capito ma penso si riferisse alla nostra seconda vittoria alle nazionali!” Esclamò con un sorriso raggiante.
Kanemaru scrollò le spalle. “Non sarebbe strano, eravamo in televisioni, sui giornali... Ovunque! Oh, momenti di gloria!”
“Si deve essere così,” concordò Haruichi.
Eijun sollevò le braccia sopra la testa stiracchiandosi. “Forza, forza, finite di mangiare alla svelta. Dobbiamo uscire!”
 
 
 
Kanemaru restò a fissare il campo da baseball ai piedi della collina come se fosse. “Così...” Mormorò con un sorriso amaro. “È qui che è cominciata la tragedia.”
Eijun prese a sbracciare. “Ehi, ti sei addormentato in piedi.”
Kanemaru si accorse di essere l’unico rimasto indietro e che sia Furuya che Haruichi avevano raggiunto quel disastro vivente che aveva sentito la necessità di mostrare loro dove aveva, per così dire, imparato a giocare a baseball. Kanemaru era certo che se i loro compagni di squadra, dal primo all’ultimo con cui avevano giocato, e persino il loro buon vecchio Coach avessero saputo di quel luogo, non avrebbero esitato a farne una meta di pellegrinaggio. Perché, non aveva importanza quanto li aveva fatti impazzire e quante altre cose avrebbe fatto per farsi ricordare, Eijun Sawamura non avrebbe smesso di far parlare di sé, una volta messo piede fuori da Seido.
Kanemaru si chiedeva con perplessità se sarebbero mai potuti sopravvivere ad altri quattro anni di caos ma, in fin dei conti, avrebbero avuto Miyuki Kazuya in prima linea per tre di questi e, forse, si sarebbero sentiti liberi da parte dello stress che la sola presenza di Sawamura Eijun sembrava infondere nelle persone responsabili che gli stavano vicino.
Poi, si ricordò che Sawamura Eijun e Miyuki Kazuya erano una coppia, così come lo erano Furuya ed Haruichi e, a loro volta, anche Kuramochi-senpai ed il maggiore dei fratelli Kominato. Kanemaru concluse che doveva aver fatto qualcosa di veramente molto grave nella sua vita precedente per meritarsi tutto quello.
Qualcosa lo colpì dritto in fronte facendolo finire a terra.
“Kanemaru!” Lo chiamò Haruichi allarmato.
Il poveretto impiegò qualche istante a rendersi conto che una palla da baseball gli era arrivata addosso alla velocità di un proiettile.
“Oh!” Sentì esclamare Eijun. “L’ho colpita! Hai visto Furuya, l’ho colpita!”
Kanemaru saltò su a sedere con le lacrime agli occhi per il dolore ed il viso rosso per l’ira. “Non potete mettervi a giocare a baseball così dal nulla, idioti!”
 
 
Alla fine, Kanemaru si unì alla compagnia nelle vesti di un alquanto poco convinto ricevitore, mentre Furuya era impegnato a lanciare ed Eijun a dimostrare al mondo che aveva, miracolosamente, imparato ad usare la mazza come si doveva. Haruichi era stato abbastanza furbo da salvarsi da quel pericolo mortale adducendo al fatto che la testa gli girava e li guardava seduto sul prato a debita distanza.
Nel complesso, Kanemaru rischiò di perdere un occhio per i lanci di Furuya almeno tre volte e di finire a terra con la testa fracassata per colpa della mazza di Eijun almeno una dozzina ancora. Il gioco venne interrotto da altri ragazzi che Kanemaru non vide arrivare ma che fecero un gran baccano nel riconoscere il loro lanciatore caotico. Tirò un sospiro di sollievo nel realizzare che si era salvato la faccia per un giorno ancora.
Eijun emergeva tra quei ragazzi come se fosse un eroe tornato a casa dopo una grande impresa. “Voglio presentarvi i miei compagni di squadra!” Esclamò Eijun e fece segno a tutti loro di avvicinarsi. “Lui è Harucchi, un genio in strategia e con la mazza.”
Haruichi si passò una mano tra i capelli imbarazzato. “Non sono proprio un genio,” disse con modestia.
“Lui è Furuya!” Continuò Eijun. “Era il nostro asso ma, non fateci caso, è un po’ tonto. Infine, quello è Kanemaru e... Ah!” Di colpo, il gruppetto allontanò la propria attenzione da Eijun per decimarsi esclusivamente a Furuya.
“Ti abbiamo visto giocare!” Dicevano alcuni.
“Hai un braccio disumano!” Esclamavano altri.
Furuya passava gli occhi da uno all’altro senza davvero capirci qualcosa e guardandosi intorno alla ricerca di un aiuto. Haruichi sospirò con pazienza e si avvicinò per porre rimedio alle lacune in campo di socializzazione del suo compagno. Kanemaru decise di affiancarglisi perché era, senza ombra di dubbio, la presenza più intelligente nel raggio di diversi chilometri.
Eijun, da parte sua, cominciò ad imprecare contro i suoi vecchi amici d’infanzia cercando di riportare l’attenzione su di sé. “Sono io che vinto l’ultimo inning in entrambe le nostre finali nazionali! Non guardate lui! Furuya non è mai riuscito ad arrivare a fine partita senza rischiare di morire!”
Peccato che nessuno lo ascoltasse.
“Eijun...”
Conosceva bene quella voce e la riconobbe ancor prima di voltarsi a guardare negli occhi la ragazza a cui apparteneva. Wakana non era cambiata molto nell’ultimo anno, anche se Eijun non ricordava nemmeno l’ultima volta che si erano visti di persona. Evitarsi era stato quasi un evento necessario dopo uno degli ultimi dialoghi che avevano avuto durante la pausa invernale del primo anno di liceo. Wakana, però, in quel momento, gli sorrideva come se tra loro non fosse mai cambiato niente. “Bentornato a casa,” gli disse con gentilezza.
Ed Eijun le sorrise. “Grazie,” rispose. Come aveva fatto con sua madre, evitò di dirle che continuava a sentirsi come se casa fosse il luogo che aveva lasciato per tornare lì, dove era cresciuto.
Wakana gli si avvicinò e, con un sorriso complice, prese la mano sinistra tra le sue e sorrise al piccolo oggetto che nessuno degli altri sembrava aver notato. “È tutto vero, allora,” disse con un poco di malinconia. “Congratulazioni, Eijun,” aggiunse ed era sincera.
Eijun passò gli occhi dall’amica d’infanzia all’anello al suo dito, poi gli tornarono alla mente le parole del postino di quella mattina e a quanto gli aveva detto sua madre la sera precedente ”Non dire nulla a tuo padre e tuo nonno. Ci penso io.”
La realizzazione colpì Eijun come una palla da baseball in piena faccia.
Di colpo, tutti i suoi amici tornarono intorno a lui più entusiasti di quanto non fossero di poter parlare con l’asso di Seido.
“È vero! Ce ne eravamo quasi dimenticati!” Esclamò qualcuno.
“Tuo nonno non fa che ripeterlo a chiunque incontri in paese da questa mattina all’alba!” Aggiunse qualcun altro. “Suonava così orgoglioso, vero?”
 
 
 
“Sono andata a fare una delle mie passeggiate e, casualmente, mi è capitato d’informare qualche vecchio amico incontrato lungo la strada dell’evento, tutto qui,” si giustificò il vecchio Eitoku quel giorno a pranzo. Ci volle una buona prova di forza da parte di Kanemaru per impedire ad Eijun di afferrare la mazza da baseball appoggiata al muro.
“E casualmente tu hai incontrato per strada tutto il paese?” Domandò Eijun con i nervi saltati.
Suo nonno scrollò le spalle. “È un paese piccolo...”
Loro malgrado, Haruichi e Kanemaru risero sotto i baffi, mentre la madre di Eijun non ebbe motivo di nasconderlo. “Tuo padre ha pianto quando gliel’ho detto,” raccontò. “Preparati quando tornerà a casa...”
Il viso di Eijun si tinse di una leggera sfumatura di blu. “Di disperazione?”
Suo nonno gli assestò un colpo sul retro del collo. “Ma quale disperazione e disperazione, idiota!” Esclamò irritato. “Perché dovremmo disperarci a sapere che sei il promesso di una stella nascente del baseball?”
“Nonno, non mi sto per sposare!”
“Non importa! Con la tua scarsa astuzia e la tua preoccupante ingenuità saresti potuto finire nelle mani di chiunque! Ci riteniamo una famiglia molto fortunata!”
“Ma nessuno ha fiducia in me, qui?”
“Eijun,” sua madre prese a raccogliere i piatti vuoti e si alzò in piedi. “Mi aiuti con i piatti?”
Eijun sospirò: quella storia dei piatti stava diventando un codice fin troppo riconoscibile.
 
 
“Non essere duro con tuo nonno,” gli disse sua madre una volta rimasti da soli. “Saperti felice con un compagno degno di te ci ha rassicurato tutti.”
Eijun evitò di danneggiarsi da solo e ricordarle che Kazuya non lo avevano nemmeno conosciuto, si limitò ad accettare di buon grado l’approvazione della sua famiglia e sentirsi intimamente fortunato per averla.
“Eravamo tutti così spaventati quando la signorina Rei ci ha chiamato alla fine del tuo primo anno,” aggiunse sua madre con tono più grave ed Eijun sentì il fiato venire meno per un istante. Sapeva benissimo a quale telefonata si riferiva, quella in cui Rei li aveva informati che era un Omega distruggendo ogni aspettativa che avevano avuto su di lui. La sua era una famiglia di Beta e, visto il suo naturale atteggiamento nei confronti del mondo, qualcuno aveva anche scherzato che si sarebbe potuto rivelare uno di quei rari casi di Alpha nati dal nulla crescendo. Non era stato così.
Tecnicamente, essere un Omega in quegli anni non era dura come lo era in passato. Eijun sapeva che altri suoi compagni di squadra lo erano e non li avrebbe mai guardati diversamente per questo. L’unico linguaggio che aveva importanza per lui era il baseball e quella palla era il metro di giudizio che Eijun aveva usato per tutti loro. Però, tra la teoria e la pratica la distanza esisteva ancora. C’erano scuole con club sportivi di un certo livello come Seido che ammettevano gli Omega ma impedivano loro di entrare nelle squadre sportive con un nome e quelli come lui che arrivavano ad una carriera sportiva professionale erano davvero pochi.
Se la sua natura si fosse rivelata prima, come accadeva alla maggior parte dei giovani, Eijun non dubitava che Rei lo avrebbe scelto lo stesso ma era anche certo che la sua famiglia avrebbe avuto troppa paura per la sua sicurezza per lasciarlo andare. Quando il danno si era rivelato per quello che era e Rei si era ritrovata costretta ad informare la sua famiglia, Eijun non sapeva quante lacrime aveva versato con quella cornetta premuta all’orecchio pur di convincere sua madre a lasciarlo restare, a lasciare che continuasse ad inseguire il suo sogno.
Non era stato facile per nessuno ed Eijun non credeva fosse saggio confidarle nemmeno ora, dopo più di due anni, che, nello stesso periodo, il suo ricevitore aveva cominciato ad essere qualcosa di diverso da un compagno di squadra. Senza contare che Wakana aveva scelto proprio quel momento, pur non sapendo nulla, per rivelare il proprio interesse.
Quell’anno, Eijun era tornato a casa per la pausa invernale con il terrore che non sarebbe tornato mai più. Aveva ricominciato a respirare solo dopo aver rimesso piede a Tokyo. Non era ancora davvero primavera quando aveva fatto per la prima volta l’amore con Kazuya.
Una parte poco intelligente e molto masochista di Eijun si chiese se la sua famiglia sarebbe stata ancora tanto orgogliosa di saperlo compagno di Miyuki Kazuya se avesse rivelato loro che aveva perso la verginità sul retro di un’auto d’epoca nell’officina del padre di quest’ultimo.
Decise che non lo avrebbe scoperto mai.
Sua madre sospirò e lo guardò con aria stanca ma sinceramente sollevata. “Tuo nonno mi ha detto che lui non è qui in Giappone. Ha letto qualcosa riguardo ad un allenamento speciale in America.”
Eijun annuì. “Sì, Kazuya è a New York con la sua squadra. Tornerà il mese prossimo.”
“Portalo con te la prossima volta che tornerai qui,” gli propose sua madre.
Eijun si sentì avvampare. “Eh?”
Lei rise. “Hai portato i tuoi amici e ci ha fatto molto piacere conoscerli ma sarebbe scortese non riservare la stessa cortesia al tuo fidanzato.”
Fidanzato? Eijun sentì la necessità di recuperare la mazza dalla stanza accanto e darsela in testa da solo. “Mamma, sul serio, non mi sto per sposare,” si sentì in dovere di dire. Ci mancava solo che suo padre tornasse a casa con la data delle nozze a cui nè lui, nè Kazuya avevano mai pensato.
Sua madre rise tanto divertita che si sentì un perfetto idiota. “Non essere sciocco, Eijun!” Esclamò. “Non hai ancora diciotto anni, certo che non ti stai per sposare... Quello lo disapproverei anche col ragazzo migliore del mondo!”
“Ah...” Eijun si sentì improvvisamente sollevato.
“Immagino che, però, quell’anello abbia qualche significato per lui,” disse sua madre chiudendo il rubinetto. “Altrimenti, non te lo avrebbe regalato, giusto?”
Eijun evitò di rispondere. C’erano troppe notti insonni dietro alle riflessioni che riguardavano Kazuya, quell’anello ed il significato che quest’ultimo poteva avere per il primo. Quell’ultima notte che avevano passato insieme, Eijun era stato troppo preso da altri pensieri per chiedere e capire cosa passasse per la testa di Miyuki Kazuya era un’impresa per chiunque.
Sua madre cambiò argomento. “Lui è di Tokyo, no?”
Eijun annuì. “Sì, lo è.”
“La sua famiglia?”
Eijun esitò per un istante. “È complicato...” Rispose.
“Non te li ha ancora fatti conoscere?” Domandò su madre confusa.
“No, ho conosciuto suo padre,” rispose Eijun cercando di non lasciar trasparire troppo dalle sue parole. “Sua madre non c’è più.”
“Oh,” lei smise di sorridere immediatamente. “Mi dispiace.”
“Già...” Eijun sospirò. “Se mai dovessi portarlo qui, cerca di preparare nonno e papà, va bene? Kazuya non parla della sua famiglia abitualmente e...”
“Certo, capisco.”
Sua madre non chiese altro ed Eijun non disse di più.
 
 
***
 
 
Kazuya svegliò Eijun solo dopo essersi rivestito, con l’esclusione della sua felpa finita addosso al ragazzo ancora addormentato durante la notte.
“Ehi...” Gli posò un bacio sul collo ed Eijun si destò con un mugolio.
“Che ore sono?” Domandò con gli occhi chiusi.
“Me ne sto andando...”
Eijun saltò a sedere immediatamente, come se non fosse stato profondamente addormentato fino a pochi istanti prima. “Mi vesto in un attimo e vengo con te.”
Kazuya rise. “Non puoi lasciare il dormitorio senza un permesso firmato, idiota.”
“Sveglierò il Boss e me ne farò firmare uno!” Esclamò Eijun alzandosi in piedi e perlustrando il pavimento per trovare il suo intimo.
“È appena l’alba,” gli fece notare Kazuya. “I tuoi compagni di stanza saranno di ritorno a breve e tu hai bisogno di riposare.”
Eijun trovò gli slip con un sorriso trionfante e li infilò velocemente. “Un paio di jeans e sono da te!”
“Eijun, io parto oggi. Non avrò molto tempo da dedicarti, una volta tornato al campus.”
“Non devi!” Eijun annuì con convinzione. “Ti aiuterò a fare i bagagli e ti accompagnerò al gate.”
“Ti fermano prima del gate in aeroporto...”
“Allora fino all’entrata!”
Kazuya sapeva quando Eijun metteva deliberatamente a tacere quel poco di ragione che aveva ed era consapevole che succedeva specialmente quando non riusciva a venire a capo del suo personale caos emozionale. “Eijun...” Lo afferrò per le spalle e l’altro lo guardò negli occhi. “Augurami buon viaggio e torna a letto, avanti.”
Come aveva immaginato, gli occhi del suo lanciatore si riempirono di lacrime. “Io voglio...” Tirò su col naso. “Voglio accompagnarti all’aeroporto.”
Kazuya sorrise. “Mi verrai a recuperare tra sei settimane, così eviterò di guardarti piangere come un bambino che ha perso la mamma attraverso ad un vetro.”
Eijun ringhiò e colpì Kazuya allo sterno con la testa. Il ricevitore per poco non cadde all’indietro ma mantenne l’equilibrio con un sorriso tirato. “Questo ha fatto male, stupido!”
Eijun, però, non si mosse e dal leggero tremore delle sue spalle, Kazuya dedusse che stava piangendo ancora. “Eijun,” Kazuya gli mise le mani sui fianchi e chinò la testa per posare un bacio tra quei capelli in disordine. “Augurami buon viaggio e dimmi che ti mancherò, da bravo.”
Quando Eijun sollevò il viso, le guance erano ancora bagnate ma quel luminoso sorriso arrogante era tornato al suo posto. “Mai, nemmeno alla fine dei tempi.”
Kazuya sorrise: non lo deludeva mai. “Ci sentiamo appena arrivo,” disse e si chinò di nuovo per posare ancora un bacio su quelle labbra tanto espressive. “Ciao, Eijun.” Si allontanò ed aprì la porta della camera.
“Buon viaggio, Kazuya,” disse Eijun prima che la richiudesse e sparisse.
Il ricevitore si fermò e gli lanciò un’ultima occhiata. “Manca ancora qualcosa.”
“Non mi mancherai neanche un po’,” replicò Eijun sarcastico.
Kazuya sorrise e richiuse quella porta come se fosse infinitamente pesante.
Eijun rimase in piedi al centro della stanza vuota, si umettò le labbra. Abbassò lo sguardo su di sé e si accorse di avere addosso una felpa che non gli apparteneva. In un movimento meccanico fece un passo in avanti per aprire la porta e fermare il legittimo proprietario per restituirgliela ma si bloccò di colpo. Strinse la stoffa tra le dita, poi tornò sotto le coperte tirandosi il colletto fin sopra il naso. Avvolto dall'odore di Kazuya, si riaddormentò.
 
 
***
 
 
La vacanza proseguì tutto sommato piuttosto bene.
Furono abbastanza fortunati da avere solo belle giornate e questo permise ad Eijun di trascinarli al campo da baseball tutti i santi giorni, per la silenziosa gioia di Furuya e l’esasperazione di Kanemaru. Haruichi giocò poco o niente in tutte le occasioni: sapeva che non era ancora abbastanza caldo da avere giramenti di testa ma non si sentiva in forma e non voleva rischiare che le sue condizioni fisiche danneggiassero il buon umore degli altri.
“Ehi...” Furuya si tolse il berretto da sopra la testa nell’avvicinarsi a lui.
“Ciao,” rispose Haruichi con un sorriso. “Sei stanco?”
Le dita del lanciatore sfiorarono la guancia del compagno, poi si sedette sull’erba accanto a lui. “Sawamura vuole lanciare,” spiegò. Haruichi sollevò lo sguardo e notò Eijun che si agitava sulla piattaforma dei lanciatori come suo solito. “Saresti potuto rimanere in campo,” gli fece notare.
Furuya piegò le braccia dietro la testa e si distese sull’erba. “Io voglio lanciare,” disse con voce monocorde ma a Haruichi parve tanto quella di un bambino a cui viene negato il suo giocattolo preferito. Rise con leggerezza ed appoggiò il mento sul petto dell’altro. “Ti stai divertendo, però?”
Per tutta risposta, Furuya si limitò a guardarlo per qualche istante senza dire nemmeno una parola.
Haruichi non ne aveva bisogno. “Lo sapevo!” Disse allegro e si girò sulla schiena in modo da poter guardare il cielo, la nuca appoggiata sul petto di Furuya. “Se non ti fossi divertito, non avresti resistito qui per quasi due settimane.”
L’ex asso della squadra di baseball di Seido poteva anche apparire come un tipo freddo ed inespressivo ma Haruichi sapeva che, in realtà, aveva lo stesso flusso di emozioni di un bambino. Semplicemente, non sapeva mostrarle. Haruichi sentì qualcosa sfiorargli timidamente i capelli e sorrise nel capire che Furuya stava cercando di essere dolce in qualche modo: non era facile per lui lasciarsi andare e Haruichi dava significato ad ogni piccolo gesto che faceva.
“Tu come stai?” Domandò con una nota di quella che sarebbe potuta essere preoccupazione.
Haruichi spostò la testa in modo da convincere Furuya ad accarezzargli i capelli come si doveva. Funzionò. “Sto bene...”
“Non stai bene dal diploma.”
Haruichi si massaggiò distrattamente lo stomaco. “Sarà la stanchezza del periodo. Passerà...” Rispose ottimista. Non aveva ragione di credere che fosse qualcosa di grave: il suo appetito non ne aveva risentito e dormiva ancora benissimo; il problema si presentava sottoforma di nausea all’inizio della giornata e d’improvvisa stanchezza se si sforzava fisicamente più del dovuto. Probabilmente, era solo...
Il suo respiro si spezzò ed il cuore saltò un battito. Le dita esitarono un istante sul bordo della sua maglietta, poi sollevò la testa ed osservò il suo corpo.
“Ehi...” Furuya gli toccò di nuovo i capelli. “Tutto bene?”
Haruichi respirò a forza cercando di mettere a freno la sua mente e l’insopportabile dubbio ce lo aveva improvvisamente animato. “Sì...” Mentì, poi si girò in modo d’affondare il viso contro il petto di Furuya. “Stringimi, per favore.”
Il lanciatore esitò per un istante. Haruichi sospirò e chiuse gli occhi rilassandosi come Furuya avvolse le sue braccia intorno a lui.
 
 
 
Kanemaru stava maledicendo il giorno in cui, per ragioni sconosciute, Kuramochi aveva avuto il suo numero. Dire che ne stava abusando era riduttivo. Aveva provato in tutti i modi di convincere il senpai a passare a tartassare qualcun altro ma Kominato-senpai non sembrava fidarsi molto dei rapporti del giorno del fratello minore, mentre Furuya era stato preso in considerazione per una sola telefonata e scartato immediatamente a causa della sua scarsa capacità di dialogare. Per quanto riguardava Eijun, Kanemaru era quasi tentato di tornare a Tokyo e lasciarlo lì per sempre: probabilmente era l’unico diciassettenne in tutto il paese che lasciasse il cellulare a casa di sua iniziativa.
“Se lo portasse con sé, finirebbe per controllarlo ogni minuto,” aveva detto Haruichi con un sorriso comprensivo. “È una strategia per mantenere la calma se il capitano non si fa sentire spesso.”
Capitano... Haruichi era stato l’ultimo capitano della loro generazione ma non aveva mai perso l’abitudine di riferirsi a Miyuki Kazuya con quel titolo. In fin dei conti, era stato il primo a portare Seido alle nazionali dopo anni.
La sera del loro ventunesimo giorno lontano da Tokyo, gli amici di Eijun invitarono tutti e bere qualcosa insieme sulla riva del fiume. Kanemaru non passò la serata diversamente da come avrebbe fatto se fossero rimasti a casa. “Sì, senpai, giocano a baseball, poi giocano a baseball di nuovo... L’unico momento in cui non giocano a baseball è di notte!” Esclamò Kanemaru indeciso se essere più irritato con Kuramochi o con l’ossessione di Eijun e Furuya, che Haruichi assecondava con serenità. “No, di notte dormono. Sì, Furuya continua a stare in stanza con me, mentre Haruichi sta con Sawamura, rassicura Kominato-senpai.”
Kanemaru cominciava a dubitare seriamente che il maggiore dei fratelli Kominato sapesse quanto Kuramochi della vita intima di Haruichi. Tutti loro si ricordavano particolarmente bene la sera in cui Furuya si era presentato da Miyuki e Kuramochi dichiarando di aver deflorato il ragazzino che quest’ultimo avrebbe dovuto tenere d’occhio con discrezione. Per la prima volta e ultima volta nella loro vita al liceo, non era stato Sawamura Eijun il pazzo in corsa intorno al campo con una ruota legata alla vita.
“Andrà tutto bene, senpai, saremo di ritorno la prossima settimana. Passo e chiudo!” Kanemaru prese un respiro profondo e fece appello a tutta la sua pazienza per non dare di matto lì, davanti a tutti. Si lasciò cadere seduto su uno dei graditi su cui si erano accomodati, ognuno con la sua lattina in mano.
“Mi dispiace,” disse Haruichi accanto a lui. Furuya si era accomodato un paio di gradini sopra permettendo al ragazzo dai capelli rosati di appoggiare la nuca contro il suo petto. “Mio fratello è più protettivo di quel che sembra.”
“L’avevo capito,” sospirò Kanemaru prendendo un sorso della sua bibita, poi lanciò un’occhiata veloce a Furuya. “Mi chiedo come faccia questo qui ad essere ancora vivo.”
Furuya continuò a guardare di fronte a sé come se l’altro non avesse affatto parlato.
Haruichi rise. “Ho convinto mio fratello che Satoru mi fa felice, tutto qui,” spiegò.
Kanemaru inarcò un sopracciglio. “Anche su questo mi pongo tante domande,” ammise ma ebbe come la sensazione che le guance di Furuya avessero preso colore.
Eijun era seduto dietro di loro, circondato da tutti i suoi amici d’infanzia. Wakana era accomodata accanto a lui ma era la più silenziosa del gruppo. Il lanciatore, da parte sua, era talmente preso dal raccontare una delle loro memorabili partite da non notare nulla di strano.
Si fece tardi e, uno alla volta, i suoi vecchi compagni di squadra presero ad incamminarsi verso casa. Quando rimasero solo loro quattro, più Wakana, Eijun si alzò e dichiarò che sarebbe stato meglio avviarsi. Haruichi e Furuya camminavano davanti, insieme a Kanemaru.
Wakana rimase volontariamente indietro ed Eijun si adeguò al passo di lei in un gesto automatico.
“È lui, non è vero?” Wakana porse quella domanda di colpo ma a voce abbastanza bassa perché non la potesse udire nessun altro, tranne il ragazzo accanto a lei.
Eijun sbattè le palpebre un paio di volte e la guardò confuso. “Lui?”
“Il ragazzo dell’anello,” chiarì lei un po’ dura ma non troppo. “È il ricevitore, vero? Lo stesso per cui tu...” S’interruppe ed abbassò lo sguardo.
Eijun arrossì e fece lo stesso, poi annuì. “Sì... Sì, è lui. Il suo nome è Miyuki Kazuya.”
“Sì, lo so,” Wakana annuì. “Non sapevo che, dal casino di cui mi parlasti al primo anno, fosse successo altro.”
Già, non ne avevano più parlato. Forse, Eijun avrebbe dovuto sentirsi più in colpa di come realmente stava ma, in verità, che cosa avrebbe potuto dirle? Che continuava a volerle bene ma che Kazuya era divenuto tutto? Non era bravo con quel genere di cose e comprendere il cuore del suo capitano gli era costato tanto tempo ed energie che, poi, le uniche cose che avevano avuto importanza erano state imparare a darsi i baci, a fare l’amore e a stare insieme all’interno del mondo di squadra di cui facevano parte.
“Non avrei saputo come raccontartelo,” confessò.
“Capisco...” Wakana sembrava sincera. “Col passo che ho fatto e con quello che hai fatto tu, era naturale che aumentassero le distanze.”
Eijun annuì e basta.
“Sei felice?” Domandò lei di colpo. “Con questo Miyuki Kazuya, sei felice?”
Eijun si sorprese di fronte ad una simile domande, eppure non la prima volta che gli veniva rivolta in quei giorni. Annuì. “Sì,” disse sicuro.
Wakana gli sorrise, seppur con malinconia. “Allora va bene così...”
 
 
***
 
 
Haruichi sapeva che sarebbe impazzito, se non avesse parlato con qualcuno.
Aveva cercato di lasciar correre la cosa, aveva fatto di tutto per impedire a quel dubbio soffocante di avere la meglio sulla sua razionalità ma aveva fallito miseramente. Se Satoru si era accorto che qualcosa non andava, non glielo aveva fatto capire e passare tutte le notti separati era una parentesi riflessiva di cui Haruichi aveva seriamente bisogno. Non credeva che sarebbe riuscito ad accettare una sola carezza in quello stato.
Così, quella mattina, si era alzato incredibilmente presto ed era sceso in cucina ad aspettare al buio. Sapeva che Eijun si alzava all’alba per correre, prima che tutti si svegliassero: un’abitudine che aveva mandato avanti per tre anni di liceo e che non sarebbe morta facilmente. Il lanciatore si era sorpreso di trovarlo lì ad attendere. Haruichi si era limitato a forzare un sorriso e a chiedere se poteva unirsi a lui.
 
 
 
Il sole aveva ormai tagliato l’orizzonte quando arrivarono al fiume ed Eijun si lasciò cadere sull’erba con un sospiro profondo. “Ah, queste mattine di primavera sono le migliori.”
La stagione calda era ormai alle porte ed era più facile notare lo scivolare di una stagione sull’altra fuori dalla città. Haruichi avrebbe voluto potersi godere tutto quello con un po’ più di leggerezza.
“Mi fa piacere vedere che stai bene,” disse Eijun alzando gli occhi sull’amico.
Haruichi arrossì appena. “Mi spiace di aver fatto preoccupare tutti in questi giorni.”
Eijun si alzò a sedere e scosse la testa. “Non devi assolutamente preoccuparti di questo ma stavo per approfittare dell’occasione per incolpare Furuya e cercare di fargli saltare i nervi, tanto per avere la rivincita sugli ultimi tre anni.”
Haruichi rise. “Quando smetterete di fingere che non vi sopportate?”
Eijun scrollò le spalle. “Kazuya e Kuramochi non hanno mai smesso e sono sempre insieme.”
“Sì, mio fratello mi racconta qualcosa, alle volte.”
“Tuo fratello, invece, proprio non si fida di Furuya, eh?” Eijun lo guardò con un ghignetto. “Ma lo sa che tu... Lui...”
Non era il genere di argomento che Haruichi avrebbe voluto affrontare in quel momento. “Non lo so,” ammise. “So che Kuramochi-senpai non ha detto nulla di... Di quella serata in cui Satoru...”
Eijun non poté evitare di scoppiare a ridere.
“Non è divertente!” Esclamò Haruichi arrossendo.
“In verità, in quel momento ho solo avuto istinti omicidi nei confronti di Furuya.”
“Me lo ricordo come sei corso a cercarmi neanche fossi stato in pericolo di vita.”
Eijun lo guardò basito. “Mettiti nei miei panni! Tu e Furuya! Ma, più che altro, Furuya! Saperti nelle sue mani in quel genere di momenti mi ha fatto venire i brividi. Non gli avrei dato un briciolo di fiducia!”
“Invece, la situazione non era così tragica...”
E ci mancò poco che il lanciatore si mettesse di nuovo a ridere. “Kuramochi-senpai penso non ne sia ancora del tutto convinto! Ha dato di matto in un modo...”
“Non che tu sia rimasto calmo, Eijun...”
“Tu sei riuscito a tranquillizzarmi!” Puntualizzò Eijun. “Per Kuramochi non è bastato Kazuya ed è dovuta intervenire mezza squadra.”
“Mio fratello l’aveva terrorizzato a tal punto,” disse Haruichi dispiaciuto. “Gli faceva pressioni tali da farlo sentire responsabile per ogni capello che perdevo.”
“Ora il testimone è passato a Kanemaru!”
“Sono mortificato anche per quello...”
Gli occhi di Eijun, però, si erano fatti lontani di colpo. “Kuramochi-senpai mi ha chiesto se l’ho sentito in questi giorni.”
Haruichi fu sorpreso da quella confessione. “Pensavo che il capitano si tenesse in contatto con te quanto con lui.”
“Era così...” Eijun si portò le ginocchia al petto. “È una settimana che non ho sue notizie.”
Haruichi sbattè le palpebre un paio di volte. “Sei preoccupato che gli sia successo qualcosa?”
“No... Se così fosse, Mei avrebbe avvisato qualcuno di noi. Kuramochi, perlomeno... Giocano nella stessa squadra.”
“Potrebbe essere molto impegnato.”
“Sì, potrebbe...” Ammise Eijun.
Haruichi inarcò un sopracciglio. “Eijun, non ci provare,” lo avvisò fermamente.
Il lanciatore si voltò a guardarlo. “A fare cosa?”
“A pensare cose che non stanno nè il cielo, nè in terra. Ho la netta sensazione che il capitano ti abbia regalato quell’anello anche per questo.”
Eijun si portò la mano sinistra davanti al viso. “Io ho concluso che questo sia per marcarmi.”
“Eh?”
“Sì... Quelle cose da Omega... Non c’è ancora modo di provare che io sia di Kazuya per gli altri Alpha, così...”
“Non credo che Miyuki-senpai abbia dato a quell’anello un significato tanto basso,” ammise Haruichi sentendosi parzialmente chiamato in causa. “Non ti ha mai trattato come una sua proprietà, nè mai lo farà.”
Eijun sorrise appena ed abbassò lo sguardo. “Penso che fosse quello che più spaventava la mia famiglia, che finissi nelle mani di qualcuno che mi trattasse come un oggetto o, comunque, qualcosa d’inferiore.”
Haruichi annuì. “Anche la mia...”
“Kazuya non è niente del genere,” Eijun guardò l’amico dritto negli occhi. “E nemmeno Furuya lo è... Questo però non devi andarglielo a dire!”
Haruichi rise e sentì il cuore improvvisamente più leggero. “Posso farti una domanda un po’ particolare?”
Eijun lo guardò come se gli avesse proposto una sfida. “Spara!”
“Ecco...” Il ragazzo dai capelli rosati arrossì un poco. “Tu e Miyuki avete mai parlato della tua possibilità?” Era troppo chiedere che il lanciatore capisse al volo, così Haruichi sospirò e si fece coraggio. “Parlo di un figlio, Eijun...”
Fu il turno di Eijun di arrossire fino alla punta delle orecchie. “Cioè, io e Ka-Kazuya... No-Noi... Quindi, i-io...” Lasciò andare una risata nervosa tanto acuta che l’altro sobbalzò. “Andiamoci piano! Andiamoci molto piano! Kazuya non è nemmeno in grado di badare a se stesso, dopotutto!”
Haruichi sospirò ed evitò di far notare all’amico che quello incapace di badare a se stesso era lui. “Non... Non adesso. Un giorno...”
Eijun tornò serio ma le sue guance non persero il loro colore acceso. “Non ne abbiamo mai parlato, in verità. Voglio dire... Quando stiamo insieme, siamo attenti e prendiamo le giuste precauzioni ma non ci è ancora capitato di parlare di un domani.”
Haruichi annuì.
“Anche se...” Aggiunse Eijun e gli angoli della sua bocca si piegarono appena all’insù per qualche istante. Dopo, scosse la testa. “Furuya non avrà mica affrontato simili argomenti?” Domandò con gli occhi sgranati.
L’altro scosse la testa ridendo. “No, era solo una mia curiosità...”
Eijun arricciò il naso. “Tu ci hai pensato, vero?”
Haruichi fece per negare ma sospirò arrendendosi. “Qualche volta...”
Non gli disse del dubbio che lo stava facendo impazzire. Non gli disse niente.
Eijun non si accorse di nulla e Haruichi decise che avrebbe tenuto ogni cosa per sé ancora per un po’...
 
 
***
 
 
Non si ebbero notizie di Miyuki Kazuya nemmeno nei giorni seguenti.
Eijun tornò ad uscire col cellulare in tasca e, come Haruichi aveva previsto, prese a fissare quel piccolo schermo più di quanto parlasse. E tutti loro sapevano quanto fosse pericoloso un Eijun Sawamura silenzioso.
Nonostante questo, Kuramochi continuò a tartassare di chiamate solo ed unicamente Kanemaru ma fu un bene: non sarebbe stata una mossa intelligente far sapere ad Eijun che Miyuki Kazuya era divenuto un fantasma anche per i suoi compagni di squadra rimasti in Giappone.
Eijun non disse a nessuno che aveva provato a chiamare più di una volta, ignorando di proposito il fatto che una telefonata oltreoceano gli sarebbe costata uno sproposito, per sentirsi rispondere solo ed unicamente da una voce elettronica.
Se Haruichi lo aveva sentito piangere durante la notte, era stato abbastanza discreto dal non dire niente.
 
 
***
 
 
“Sai che c’è?” Eijun si alzò di colpo dall’erba su cui erano seduti e Kanemaru lo fissò dal basso come se stesse per compiere qualche gesto fuori di testa. Il lanciatore estrasse il cellulare dalla tasca e lo lanciò addosso al compagno di squadra che lo afferrò per pura fortuna imprecando. “Tienilo tu! Io vado a giocare!” Disse Eijun determinato avvicinandosi al campo da baseball. “Furuya, spostati a bordo campo!”
“Io voglio lanciare,” fu l’atona risposta dell’ex asso di Seido.
“Muoviti!” Sbottò Eijun.
Haruichi dovette intervenire per convincere Furuya a fare quanto gli era stato chiesto. Kanemaru, suo malgrado, sorrise: un Sawamura Eijun pronto ad entrare in campo, non era un Sawamura Eijun privo di speranza. Guardò il cellulare tra le sue mani: certo, sarebbe stato assurdo se avesse cominciato a suonare proprio ora che Eijun non l’aveva tra le mani.
Kanemaru, però, avrebbe dovuto sapere che il destino non aveva mai avuto un occhio di riguardo per lui.
In principio, la vibrazione lo spaventò, poi prese a fissare il display come se fosse qualcosa di demoniaco ed impiegò un istante di troppo a riconoscere la foto del ragazzo del sorriso sarcastico comparsa davanti ai suoi e completa di nome.
Saltò su nemmeno come aveva fatto quando avevano vinto la loro prima finale nazionale. “Sawamura!” Sbottò sollevando la mano in cui stringeva il cellulare del lanciatore. “Sawamura!”
Eijun voltò lo sguardo immediatamente. Tutti lo fecero, a dire il vero.
Kanemaru prese a sbracciare come se fosse un naufrago su di un’isola deserta e stesse cercando di attirare l’attenzione di una nave lontana di passaggio. Eijun lasciò cadere la palla e si tolse il guantone lasciando che finisse a terra. Il cellulare fu tra le sue mani in un battito di ciglia e lo premette contro il suo orecchio con una disperazione che non si premurò a nascondere.
“Kazuya...” Rispose con il fiato corte ed il cuore a mille. Era arrabbiato... No, era incazzato come non gli capitava di essere da un po’ ma tutto quello che voleva udire in quel preciso momento era la risata sarcastica di Miyuki Kazuya, seguita da una battuta dello stesso genere delle sue.
Kazuya, però, rimase in silenzio. Eijun poteva sentire il suo respiro nel ricevitore e si accorse che era affatico quanto il suo. “Ehi, Kazuya... Stai correndo? Ti sento affaticato!”
Il ragazzo dall’altro capo della linea continuò a rimanere in silenzio ed Eijun sentì il cuore farsi improvvisamente pesante come un macigno. “Kazuya, parlami,” disse abbastanza fermamente perché la sua voce non tradisse il nodo che gli stringeva la gola. Sentì il ricevitore sospirare profondamente, come se stesse effettivamente cercando di riprendere fiato. “Eijun...”
“Sì...” Rispose il lanciatore umettandosi le labbra. “Sì, Kazuya, sono qui...”
E Kazuya gli parlò. Non gli disse molto. No, pronunciò solo un numero di parole che Eijun avrebbe potuto contare sulla punta delle dita di una sola mano. Furono sufficienti, però. Furono abbastanza perché Eijun sentisse il respiro venire meno ed il cuore saltare un battito.
Kazuya sospirò di nuovo. “Avevo bisogno di dirtelo, ora,” disse ed Eijun ebbe come la sensazione di sentire il suo sorriso nella sua voce. “Volevo solo che lo sapessi.”
Non aspettò che Eijun replicasse in qualche modo, interruppe la conversazione.
Il lanciatore rimase con il telefono attaccato all’orecchio per un lasso di tempo tanto preoccupante che Haruichi si sentì in dovere di controllare se fosse vivo.
 
 
 
Eijun rimase come in uno stato di congelamento per tutto il giorno.
 
 
***
 
 
“No, senpai, non ho la minima idea di che cosa si siano detti!” Kanemaru vagava nervosamente per la stanza di Eijun, mentre Haruichi era seduto sul letto di fronte al padrone di casa e Furuya lo fissava come se fosse un pesce dentro ad un acquario. Provò anche a schioccare le dita un paio di volte ma Eijun continuò a fissare il vuoto come se non le vedesse.
“Lui sta... Sembra in coma, però respira autonomamente e si muove. Abbiamo raccontato una tale storia per spiegarlo alla sua famiglia, a cena! Eh? Ci vuoi parlare? Ma se è più silenzioso di un morto!”
 
 
***
 
 
In verità, non era come la prima estate al Seido in cui Eijun aveva conosciuto l’amaro sapore della sconfitta alla fine di una battaglia combattuta a testa alta. C’era ancora della luce in quegli occhi dorati e non sembrava pallido e malaticcio come allora. In tutta onestà, Haruichi e Kanemaru non sapevano come interpretare quel suo lungo silenzio. Lo avevano visto parlare con naturalezza con sua madre durante la colazione e si era dimostrato solo un po’ più quieto del solito quando erano usciti per andare al campo da baseball. Solo Wakana si era avvicinata a Haruichi per sapere se qualcosa non andava e questi si era limitato a dire che, probabilmente, Eijun cominciava a sentire nostalgia di Miyuki Kazuya, l’uomo che conosceva le risposte a tutte le loro domande.
Furuya contribuiva a modo suo, giocando con Eijun ed i suoi amici d’infanzia come se fosse una partita da campionato. Quello che era certo era che riusciva ad irritare il lanciatore avversario come era bravo a fare solo lui e questo era un buon segno.
“Che potrebbe avergli mai detto?” Domandò Kanemaru guardando Eijun sbraitare qualcosa all’indirizzo di Furuya e questi lo ignorava.
Haruichi scrollò le spalle e si portò le ginocchia al petto appoggiandosi al petto. “Ho le mie ipotesi ma nessuna si addice al capitano.”
“Se lo avesse lasciato per telefono, penso che staremmo ancora raccogliendo i pezzi,” disse Kanemaru.
Haruichi sospirò. “No, non dopo quell’anello... Dopo tutto quello che c’è stato...”
Fu il turno di Kanemaru a scrollare le spalle. “Non ho mai dubitato di Miyuki Kazuya sul campo da gioco ma lui e Sawamura insieme...” Lo sguardo di Haruichi lo zittì. “Non guardarmi così!” Aggiunse. “Quell’idiota ha reso la mia vita un caos negli ultimi tre anni ma questo non significa che non lo voglia felice!”
L’espressione di Haruichi si addolcì immediatamente. “Voglio avere fiducia...”
“Fiducia in cosa?” Domandò Eijun avvicinandosi come se fosse spuntato fuori dal nulla e sedendosi tra di loro con un sospiro.
“Sembri soddisfatto,” notò Haruichi con sollievo.
“Ho buttato fuori Furuya alla battuta, questo vale un po’ di buon umore!” Esclamò Eijun, poi guardò Kanemaru. “Cellulare!”
Quest’ultimo storse il naso. “Non sono il tuo servo, Sawamura!” Gli ricordò passandogli l’apparecchio.
Eijun lo guardò storto. “Serve qualcuno che batta i lanci di Furuya, vai, vai!”
Kanemaru si alzò sbuffando sonoramente. “Ma quando vi stancate di lanciare quella palla?” Non aspettò di udire la risposta e si allontanò.
Eijun si distese sull’erba e guardò il display del suo cellulare con aria delusa.
“Nessuna notifica?” Domandò Haruichi.
Il lanciatore si abbandonò l’apparecchio in grembo e guardò il cielo terso sopra di loro. “No,” disse con un broncio che fece perdere al compagno di squadra qualsiasi preoccupazione.
“Che cosa ti ha detto?” Domandò Haruichi.
Eijun spostò lo sguardo su di lui con aria confusa.
“Ieri,” specificò l’altro. “Ci siamo preoccupati per tutta la notte ma oggi sembri stare già molto meglio. Che cosa vi siete detti?”
Haruichi non poté evitare di notare il modo in cui le guance di Eijun divennero rosse e poi abbassò lo sguardo per evitare d’incrociare il suo. “Mi ha...” Eijun si umettò le labbra. “Mi ha preso di sorpresa ed è stato come se tutto il mondo si fosse bloccato per un po’...”
Non era un granché come spiegazione ma Haruichi non fece in tempo a chiedere di più. Il cellulare di Eijun prese a vibrare ed il lanciatore si riportò il piccolo schermo davanti agli occhi per controllare la notifica. “Un messaggio...”
Haruichi voltò lo sguardo altrove con discrezione e lasciò al compagno di squadra tutto il tempo che gli serviva per leggere. Solo quando i minuti si dilatarono, il ragazzo dai capelli rosati sbirciò la situazione con la coda dell’occhio: Eijun sembrava essere tornato a quello stato di congelamento in cui era versato per tutta la sera precedente e non ci voleva un genio per capire che doveva esserci lo zampino di Miyuki Kazuya. Haruichi chiuse gli occhi per un istante e fece appello a tutte le sue altalenanti forze. “Eijun...”
Il diretto interessato saltò in piedi come se fosse una molla umana e Haruichi sobbalzò di riflesso.
“Ha-Harucchi,” balbettò continuando a fissare il cellulare con aria smarrita. “I-Io devo... Devo tornare a casa!” Esclamò a gran voce. “E molto velocemente!” Scattò in avanti e si bloccò di colpo. Si voltò e guardò Haruichi con tanta determinazione che questi si sentì minacciato.
“Harucchi!” Eijun s’inginocchiò e gli prese una mano tra le sue.
Il ragazzo dai capelli rosati, per un istante, temette che gliela staccasse. “S-Sì?”
Eijun strinse le labbra per un istante. “Falli continuare a giocare...” Disse a voce notevolmente più bassa.
Haruichi inarcò le sopracciglia. “Eh?”
Eijun chinò la testa. “Dammi... Un paio d’ore... Sì! Dammi almeno un paio d’ore! Ti prego!”
Haruichi comprendeva solo a metà ma, probabilmente, tutto quello che Eijun gli chiedeva era il tempo che gli serviva per aggiustare le cose. Accenno un sorriso. “Va bene,” disse annuendo. “Satoru non dirà sicuramente di no.”
Kanemaru se ne sarebbe fatto una ragione non appena avesse assaggiato la possibilità che quelle due ore avrebbero potuto porre fine alle continue telefonate di Kuramochi.
“Grazie!” Esclamò Eijun con gli occhi brillanti. “Grazie! Grazie! Grazie!”
 
 
***
 
  
Sono presenti tre messaggi vocali nella tua segreteria da Narumiya Mei.
 
Messaggio uno:
“Kazuya non so dove tu sia in questo momento, non so che cosa ti stia passando per la testa ma spero che non si avvicini nemmeno un po’ a quello che sto pensando io! Hai anche spento il cellulare, idiota!”
 
Messaggio due:
“Kazuya, non lo puoi star facendo davvero! È la tua prima occasione negli Stati Uniti! Gli Stati Uniti, hai presente? U.S.A! È la patria del baseball e tu ti sei inventato una ragione familiare campata per aria per tornare in Giappone! Kazuya, tu non scappi! Non sei mai scappato da niente e non è questo il momento di cominciare! Kazuya! Kazuya, rispondi a questo dannato telefono!”
 
Kazuya allontanò il cellulare dall’orecchio prima che la voce di Mei urlasse attraverso l’auricolare per la terza volta. Ad attirare la sua attenzione era stato il cigolare del cancelletto all’inizio del vialetto. Sollevò gli occhiali da sole prima di alzare lo sguardo: Eijun era lì, a pochi metri da lui. Aveva fatto tanta di quella strada per vederlo che ora si sentiva improvvisamente stanco. Una stanchezza che non aveva nulla a che fare con le settimane di duro allenamento in terra americana passate a voler dimostrare chissà che cosa o al lungo viaggio che aveva reso quell’occasione possibile. Aveva avuto dodici ore di volo per dormire e non era riuscito a chiudere occhio.
Eppure, sapeva che nel momento in cui Eijun lo avrebbe abbracciato, avrebbe anche potuto addormentarsi come un bambino.
Si sollevò dal gradino su cui si era accomodato accorgendosi che non c’era nessuno in casa. Il suo borsone da viaggio era a terra, vicino a lui. Il resto aveva appena avuto il tempo di lasciarlo a Tokyo, prima di saltare sul primo treno utile. Non aveva perso tempo. Non si era fermato per riprendere fiato. Mei aveva ragione, era scappato. Tuttavia, era scappato da Eijun ed era una cosa piuttosto sana, nonostante gli eventi avvenuti in America che lo avevano spinto fino a lì.
Sorrise e non dovette sforzarsi particolarmente per farlo. “Ehi!” Disse con quella sua voce sicura, mentre Eijun esauriva lentamente la distanza tra loro. “Ciao, lanciator...”
La testata allo sterno fu improvvisa, violenta e Kazuya si ritrovò con la schiena premuta contro la porta d’ingresso chiusa, il viso congelato in un’espressione di dolore improvviso. “Ah... Aehm...” Gli ci volle un po’ per riprendere fiato e riuscire a parlare. “Okay... Me lo meritavo... Forse...”
Eijun, però, usò quella posizione a suo vantaggio come aveva fatto la notte in cui si erano salutati, l’ultimo week end prima del diploma. Kazuya sentì le sue dita stringergli la maglietta e si accorse che tremava. Il suo sorriso si addolcì notevolmente, poi affondò il naso tra i capelli castani di fronte ai suoi occhi. “Stai piangendo?”
Per tutta risposta, Eijun premette il viso nell’incavo tra il sul collo e la sua spalla e le guance umide che sentì contro la pelle furono la risposta di cui Kazuya aveva bisogno. Gli circondò la vita con entrambe le braccia. “Ti sono mancato?” Chiese.
Eijun sollevò il viso madido di pianto ma sorrideva... Quel suo sorriso più luminoso del sole. “Neanche un po’...” Rispose a voce straordinariamente bassa: doveva aver perso il fiato durante la corsa fino a casa ma non aveva alcuna intenzione di avere pazienza. Cercò le labbra di Kazuya e le trovò senza sforzo. Il ricevitore fece scorrere la mano destra lungo la sua schiena, fino ad affondare le dita tra i capelli castani sulla nuca.
Eijun si premette contro di lui quanto poteva, fino a che l’emozione del momento non lo fece scoppiare a ridere. Kazuya rise con lui ed appoggiò la fronte sulla sua. Le punte dei loro nasi si sfioravano ed il ricevitore sollevò la mano libera per passare le dita sulle guance di Eijun ed asciugare via le ultime tracce di lacrime.
“Lenti a contatto?” Domandò Eijun passando la punta dall’indice su uno degli zigomi dell’altro.
“Portare gli occhi può creare qualche fastidio sopra le dodici ore,” rispose Kazuya.
Eijun sgranò appena gli occhi. “Sei in viaggio da più di dodici ore?”
“Se mi fossi fermato sarei collassato,” spiegò Kazuya. “Ho la brutta abitudine di arrivare fino in fondo, prima di crollare.” Si sporse quel tanto che bastava per posare un bacio veloce sulle labbra dell’altro. Eijun gli andò dietro e ne rubò un altro: erano stati troppo tempo lontani per accontentarsi di un semplice contatto di labbra.
Fu il turno di Kazuya di ridere. “Lo so che hai la brutta abitudine di dare spettacolo di te nei momenti peggiori ma non vogliamo davvero intrattenere tutto il vicinato, vero?”
Eijun mise su il broncio. “La casa più vicina è a mezzo kilometro da qui.”
“Ho notato ma tutti qui sembrano sapere dove abiti?”
“Che vuoi dire?”
“Almeno una decina di sconosciuti mi avranno fatto le congratulazioni cantando le due lodi,” disse Kazuya con una smorfietta sarcastica. “C’è uno scoop su di noi di cui non sono ancora a conoscenza?”
Eijun sospirò esasperato e nascose il viso contro il petto dell’altro. “È un paese piccolo, sii paziente.”
“Mi piace, però...”
Eijun sollevò immediatamente lo sguardo ma non vide altro che sincerità negli occhi di Kazuya. “Questo è il luogo in cui sei nato, sei cresciuto... Tutto di te comincia da qui, anche i tuoi primi orrori sul campo da baseball.”
Eijun lo guardò in cagnesco e Kazuya lasciò andare una di quelle sue insopportabili risate sarcastiche. Il lanciatore lo zittì con un leggero bacio sotto il suo orecchio che ebbe il potere di fargli scorrere un brivido caldo lungo la schiena. “Non c’è nessuno in casa,” Eijun lo disse così, con leggerezza, con la naturalezza di chi non ha secondi fini.
Kazuya si fece serio di colpo e cercò immediatamente quegli occhi grandi quando Eijun si allontanò da lui quel tanto che bastava per guardarlo in faccia. Le sue guance si erano accese di una leggera sfumatura di rosso che lo rendeva adorabile. Kazuya, però, era insolitamente teso. “Ho addosso gli stessi vestiti da almeno diciotto ore, Eijun, io...”
Eijun gli prese il viso tra le mani e lo baciò in un modo che non lasciò alcun dubbio riguardo alle sue intenzioni e, Kazuya aveva imparato, suo malgrado, che quando Sawamura Eijun si metteva in testa qualcosa la portava avanti fino in fondo. Miyuki Kazuya si portava sulle spalle tutta la stanchezza di un lungo viaggio e non aveva una gran voglia di contraddirlo quando tutto quello che avrebbe ottenuto assecondandolo sarebbero state le sue mani addosso e quella bocca sulla sua ancora e ancora e ancora...
Kazuya non sapeva da dove Eijun avesse tirato fuori le chiavi di casa, non aveva allontano gli occhi dai suoi nemmeno per un istante. L’unica cosa che aveva importanza in quel momento, però, fu come le labbra di Eijun furono di nuovo su di lui come la porta alle sue spalle si apriva.
  
 
 
Kazuya non comprese davvero quanto fosse stanco prima che Eijun gli togliesse tutti i vestiti di dosso e facesse aderire completamente i loro corpi. Erano in piedi al centro della camera, pelle contro pelle, ebbri di un desiderio che era sembrato completamente sotto controllo, fino a che non si erano trovati di nuovo l’uno in presenza dell’altro.
“Hai una faccia terribile,” commentò Eijun preoccupato accarezzando il viso del ricevitore.
“Oh, sì, questa è la cosa giusta da dire ad un uomo in una simile situazione...” Replicò Kazuya sarcastico.
Eijun decise d’ignorare il sarcasmo e il fatto che gli sembrasse incredibilmente dolce in quel preciso momento. “Vieni qui...” Il suo letto era piccolo ma a loro sarebbe bastato. Kazuya si sedette sul bordo del materasso, le sue mani ancora sui fianchi dell’altro. Eijun non faceva nulla, lo guardava dall’alto al basso passando gentilmente le mani tra i suoi capelli, gli angoli della bocca sollevati in un sorriso gentile.
Kazuya chiuse gli occhi e lasciò che quella mano lo guidasse come più desiderava: era davvero molto stanco ed un lungo sonno non sarebbe riuscito a rimetterlo in sesto come Eijun. Era il modo più efficace per farlo sentire di nuovo a casa. “Stenditi...” Mormorò la voce del lanciatore molto vicino al suo orecchio. Kazuya ubbidì e la piacevole sensazione dell’odore di Eijun tutto intorno a sé l’avvolse con un abbraccio caldo.
Eijun reclinò la testa da un lato e disegnò il profilo del naso di Kazuya con la punta dell’indice. “Sì, hai davvero una faccia orribile,” commentò di nuovo con un’ombra di preoccupazione a rendere i suoi occhi dorati meno splendenti del solito.
Kazuya si accigliò, non per il commento in sé ma per quanto bene Eijun avesse imparato ad osservarlo. Tuttavia, gli rispose come se fosse il contrario. “Insulti tutti gli uomini con cui vai a letto?”
Eijun ridacchiò. “La mia lista è talmente breve da essere ridicola,” replicò. “Tuttavia...” Si spostò sopra il corpo dell’amante e non appena Kazuya sentì la pelle calda e morbida di quelle cosce contro i fianchi seppe di essere davvero a casa. “Quell’unico nome che vi è presente è soggetto di molteplici insulti da parte mia da diverso tempo,” concluse Eijun chinandosi per baciare quelle belle labbra sarcastiche.
Le mani di Kazuya scivolarono sulle sue gambe fino ad accogliere nei palmi le natiche morbide del lanciatore. Il bacio terminò ma Eijun rimase chinato su di lui sfiorandogli i capelli sulle tempie con la punta delle dita. Kazuya avrebbe potuto anche addormentarsi sotto quelle carezze ma ne sarebbe andato del suo orgoglio virile.
“Chiudi gli occhi,” lo istruì Eijun accarezzandogli una guancia.
Kazuya ubbidì senza porsi domande.
“Non devi fare nulla. Penso a tutto io.”
Eijun era la personificazione del caos, della passione e di qualunque altra forza naturale a cui Kazuya potesse pensare. Sawamura Eijun era quanto di più lontano ci fosse dal prevedibile ma quando faceva l’amore, sapeva esserlo in modo così quieto che Kazuya finiva semplicemente per sentirsi smarrito ancora una volta. Era solo molto bravo a nasconderlo.
Giocare con Eijun, baciarlo, stare insieme a lui era come un perenne giro sulle montagne russe e Kazuya non aveva alcuna intenzione di scendere a breve.
 
 
 
Eijun scivolò fuori dal letto che il cielo cominciava a tingersi delle diverse sfumature del tramonto. Kazuya si era addormentato profondamente e si limitò a passargli una mano tra i capelli e lasciarlo riposare. “Abbiamo ancora un po’ di tempo,” mormorò, poi si diresse verso il bagno.
Il tempo di una doccia veloce e tornò in camera, i capelli ancora umidi. Kazuya non si era nemmeno mosso nel sonno ed Eijun concluse che doveva essere molto più stanco di quello che gli aveva lasciato intendere. Questo, però, non spiegava del tutto l’espressione tesa che aveva avuto fino a che non era più stato possibile definire il confine tra i loro due corpi. Poco importava, Kazuya non avrebbe parlato se non avesse voluto ed Eijun non era proprio dell’umore per abbattersi con tutto il caotico se stesso contro il muro del silenzio dell’altro.
Forse, un po’ per il fatto di averlo di nuovo lì ed un po’ per il modo in cui si erano reciprocamente detti quanto si erano mancati sfruttando un diverso metodo di comunicazione dalle parole, Eijun si sentiva insolitamente quieto. Tuttavia, ben presto la casa avrebbe cominciato a riempirsi e ricomporsi era necessario. Eijun si sedette sul bordo del letto. “Kazuya...” Si chinò sfiorando col suo naso quello del ricevitore. “Kazuya...”
“Mmmh...” Kazuya si stiracchiò, gli occhi ancora chiusi.
Quello fu il momento in cui Eijun tornò ad essere il caotico se stesso. Un sorriso furbetto gli illuminò il viso, poi si mise a cavalcioni sull’amante molto lentamente e nello stesso modo si chinò su di lui per posargli una seria di baci a fior di labbra sul lato del collo. Kazuya rabbrividì sotto di lui per un motivo che non aveva esattamente a che fare con l’eccitazione. “Eijun...” Grugnì.
Il lanciatore lasciò andare una risata cristallina che spinse Kazuya a premersi il cuscino contro le orecchie.
“Avrei potuto svegliarti infilandoti una lattina gelida sotto le coperte!” Esclamò Eijun sedendosi su di lui e cominciando a picchiettare sul petto nudo dell’altro come se fosse un tamburello. “Sveglia! Sveglia! Devi farti una doccia... Puzzi un po’...”
Kazuya si tolse il cuscino da sopra la faccia, gli occhi ancora chiusi e l’espressione più irritata del suo repertorio. “Ho il tuo odore addosso, quindi non sono io quello da biasimare.”
“Puzzavi anche prima!”
Kazuya si decise ad aprire gli occhi a quel commento. Un battito di ciglia più tardi un sorriso sarcastico era bello in vista su quelle labbra. “Ho sentito molti suoni uscire da quella bocca, prima ma nessuno sembrava essere di lamentela...”
Come previsto, le guance di Eijun divennero paonazze. “Sei un vero...”
Kazuya non attese di sentire la fine, lo afferrò per i fianchi e si sollevò di scatto facendo sua quella bocca ancora una volta. Eijun sentì il fiato mancargli per un istante, poi si lasciò andare. Quando si staccarono, il lanciatore non aveva più ragione di essere irritato e il ricevitore non aveva alcuna intenzione di trovargliene un’altra. “Vieni a fare la doccia con me?” Propose Kazuya con malizia ben sottolineata.
Eijun gli rispose con un ghignetto. “Già fatta!” Esclamò spingendo il ricevitore contro il cuscino. Kazuya si lasciò ricadere tra le coperte a penso morto. “Vorrà dire che mi accontenterò di aver dissacrato la tua innocente cameretta.”
Eijun gli lanciò un’occhiata complice da sopra la spalla. “Allora siamo pari!”
Kazuya lo lasciò andare e lo guardò con una tenerezza che non sarebbe mai riuscito a mostrare agli occhi di nessuno, nemmeno quelli di Eijun.
 
 
 
 
Kazuya appoggiò la schiena al bancone della cucina e si guardò intorno. “Così, tutto comincia da qui...”
Eijun rise. “Kanemaru ha detto qualcosa di simile quando ho fatto vedere a lui e ai ragazzi il campo da baseball dove giocavo da bambino.”
Kazuya l’osservò ma il lanciatore non lo guadava: era concentrato a cercare di tagliare le verdure in modo da essere sia preciso che veloce. Kazuya abbassò lo sguardo e sospirò nel rendersi conto che stava combinando un completo disastro. “Lascia fare a me,” disse esaurendo la distanza tra di loro.
Eijun scosse immediatamente la testa. “Sei un ospite!”
“E tu sei un disastro in cucina,” replicò Kazuya.
Il lanciatore arrossì e lo guardò con un broncio: non poteva ammettere che l’altro avesse ragione. Quindi, decise di tacere e di farsi da parte. Kazuya si tirò su le maniche e prese a tagliare quelle verdure con quell’abilità che lasciava Eijun senza parole ogni volta.
“Non ti sopporto...” Mormorò Eijun più imbronciato di prima.
Kazuya rise. “I tornei di cucina non sono ancora di nostra competenza, Eijun. Non è necessario essere competitivi anche su questo. Non puoi certo chiedere al tuo cervellino di fare più di quel che fa, comunque!”
Eijun, però, non gli rispose a tono come si era aspettato. Gli lanciò un’occhiata veloce con la coda dell’occhio e si accorse che fissava le sue mani muoversi sul bancone della cucina ma con l’espressione di chi vede tutt’altro. Kazuya continuò a lavorare con naturalezza ma era seria la sua voce quando parlò di nuovo. “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”
Gli occhi grandi di Eijun scattarono dal bancone della cucina al suo viso ma Kazuya si costrinse a non ricambiare lo sguardo. “No,” rispose il lanciatore. “Non io...”
Kazuya forzò un sorriso. “Sono stanco, Eijun ma ti racconterò tutto dell’America quando...”
“Non mi riferivo a quello,” lo interruppe Eijun. “Non trattarmi come uno stupido...”
Kazuya lasciò andare il coltello e guardò il lanciatore dritto negli occhi. “Sei arrabbiato per quella telefonata?”
“No,” Eijun incrociò le braccia contro il petto. “Sono arrabbiato per tutti i giorni di silenzio che hanno preceduto quella telefonata.”
Kazuya aveva una spiegazione per quelli. Sì, aveva una storia lunga ed articolata con cui giustificarsi ma faceva fatica a raccontarla a se stesso e non c’era ragione per cui Eijun dovesse venir coinvolto. Afferrò uno strofinaccio appeso al muro e si pulì velocemente le mani, poi distese il braccio ed afferrò la mancina di Eijun. Era quella che usava per lanciare e Kazuya non aveva ragione di nascondere l’orgoglio che provava nel guardare l’anello al suo dito: non era solo una questione di tradizione, quella era anche la mano che rendeva Eijun quello che era, come giocatore e non solo.
Se non fosse stato per quella mano, non si sarebbero mai conosciuti... Ed ora era sua.
Kazuya la baciò. L’eco di un gesto che aveva compiuto anche due anni prima, quando si era ritrovato a volere quella mano anche fuori dal campo di gioco. La prima volta che aveva baciato Eijun, aveva baciato la sua mano e Kazuya ancora si sentiva un’idiota per averlo fatto: era quanto di più lontano ci fosse da un gentiluomo in vecchio stile, comunque.
“Vorresti che ti ripetessi quello che ho detto al telefono, immagino.”
Eijun sgranò gli occhi e le sue guance si colorarono un poco. Non si era aspettato che sarebbe stato così facile. Nulla era facile con Miyuki Kazuya. Dischiuse le labbra ma se avesse parlato ne sarebbe venuto fuori un suono stridulo e ridicolo. Annuì e basta.
Gli occhi di Kazuya non erano mai stati come in quel momento. Ad Eijun ricordò moltissimo il modo in cui lo aveva guardato la prima volta che avevano fatto l’amore e sentì il cuore stringersi in una morsa dolcissima ma ferrea. La sua mano era ancora stretta in quella di Kazuya.
“Eijun, io...”
La porta nell’ingresso si aprì e richiuse infrangendo il silenzio che regnava nella casa.
“Te lo giuro sulla tua carriera sportiva, Furuya! Prova solo a pronunciare un’altra volta la parola lancio e giuro che ti frantumo tutte le ossa della mano!”
Sia Kazuya che Eijun si voltarono verso l’ingresso della cucina appena in tempo per vedere Furuya comparire dalla porta, Haruichi dietro di lui e, infine, Kanemaru. Quest’ultimo smise subito di lamentarsi e sgranò gli occhi, sorpreso come lo era il più giovane dei fratelli Kominato.
Furuya era l’unico la cui espressione era indecifrabile.
Kazuya sorrise loro come suo solito. “Ciao a tutti.”
Haruichi fu l’unico che ricambiò l’espressione apertamente. Kanemaru provò a sollevare l’angolo della bocca ed alzò la mano destra in segno di saluto. Furuya rimase in silenzio ancora per un poco. “Chi è?” Domandò poi abbassando gli occhi sul suo compagno.
Haruichi lo guardò senza parole.
Kanemaru si schiaffò una mano in faccia. “Ma come chi è?!” Domandò esasperato. “Ce lo hai avuto davanti per due anni della tua vita!”
Furuya inarcò le sopracciglia. “Il Capitano Miyuki porta gli occhiali.”
Eijun sbuffò ed alzò gli occhi al cielo. “Hai la stessa intelligenza dei pulcini appena usciti dalle uova, Furuya.”
Kazuya s’indicò il viso. “Lenti a contatto, Furuya.”
Il lanciatore sgranò appena gli occhi per l’improvvisa comprensione. “Ma il Capitano è in America...”
“È tornato, Satoru,” replicò Haruichi afferrando le mani del compagno e prendendola a ridere, mentre Kanemaru si allontanava scuotendo la testa. “Il Capitano è tornato.”
 
 
 
Quella sera, quando la madre di Eijun rientrò, c’era un buon odorino a rendere accogliente la casa. Chiamò suo figlio ad alta voce ma nessuno le rispose. Tuttavia, udì chiaramente le risate dei ragazzi provenire dalla sala da pranzo. La curiosità ebbe la meglio ed attraversò l’ingresso ancor prima di togliersi il cappotto. Sgranò gli occhi alla piacevole sorpresa della tavola perfettamente apparecchiata ed imbandita con una cena che, lei lo sapeva bene, Eijun non avrebbe mai potuto cucinare. Forse, uno degli altri ragazzi era bravo in cucina.
In piedi intorno alla tavola vi erano i tre amici di suo figlio che erano stati loro ospiti in quelle settimane. Eijun riemerse dalla cucina solo in un secondo momento portando con sé una teglia fumante con fare vittorioso. La signora Sawamura reclinò la testa da un lato e continuò ad osservare la scena dal buio del corridoio con un’espressione confusa. Che Eijun avesse imparato a cucinare senza rischiare di mettere a fuoco l’intera casa a sua insaputa?
La risposta comparve alle spalle di suo figlio nelle sembianze di un ragazzo alto e fin troppo bello per essere, semplicemente, uno degli amici d’infanzia di Eijun. Eppure, era certo di averlo già visto...
Impiegò qualche istante per riconoscerlo, poi si portò una mano alle labbra e trattenne il fiato. Certo che lo aveva già visto: il nonno aveva recuperato e messo da parte tutte le foto della prima vittoria alla nazionale di Eijun. Quelle stesse immagine erano state sventolate ripetutamente davanti agli occhi di tutti i vicini, lontani parenti o passanti che avevano messo piede in quella casa.
La signora Sawamura conosceva quelle foto in ogni singolo dettaglio e, come era naturale, aveva memorizzato suo figlio in ognuna di esse... Compresa quella in cui il ricevitore della squadra di Seido lo teneva sollevato sopra gli altri vittoriosi compagni di squadra.
Un sorriso gentile ed un poco emozionato comparve sulle sue labbra, mentre Eijun metteva al centro del tavolo la teglia fumante e l’altro ragazzo avvolgeva con naturalezza un braccio intorno alla sua vita in un gesto semplice, garbato ma assai più intimo di quello che avrebbe potuto permettersi un qualunque amico.
Fece un passo in avanti e spalancò la porta lasciata socchiusa.
Le risate lasciarono lo spazio ad un sorpreso silenzio ma l’attenzione della signora Sawamura era tutta per Eijun ed il ragazzo accanto a lui. Ci fu un momento d’immobilità assoluta, poi suo figlio le rivolse una delle sue espressioni più belle: quel gran sorriso luminoso completo di guance appena colorate di rosso. “Mamma...” Disse con una timidezza che non aveva mai udito nella voce di Eijun. Lo vide allungare una mano per afferrare quella del ragazzo al suo fianco.
Il giovane lo seguì senza esitare ma la signora Sawamura poteva giurare che anche lui fosse arrossito un poco.
“Lui è Kazuya... Miyuki Kazuya...” Disse Eijun con tanta di quella emozione che lei dovette trattenersi per non abbracciarlo.
Sorrise al ragazzo alle sue spalle e questi sollevò la mano destra con educazione. “Piacere di conoscerla, signora Sawamura.”
Il sorriso di lei si fece più grande e Kazuya ebbe l’impressione di rivedere Eijun sul suo viso. “Benvenuto nella nostra casa, Kazuya.”
 
 
 
“Sì, Kuramochi, sono io!” Esclamò Kazuya rimanendo in piedi a bordo del campo da baseball.
Se Kanemaru aveva ottenuto qualcosa dall’ingresso in scena del loro vecchio capitano era che i senpai rimasti a Tokyo avevano smesso di torturarlo in sfavore di questi. Non aveva la minima idea di che cosa Kuramochi avesse da dirgli ma aveva come la netta sensazione che non lo stesse trattando gentilmente.
Furuya aveva impiegato un intero giorno a capire che Miyuki Kazuya continuava ad essere Miyuki Kazuya anche senza due lenti di qualche natura davanti agli occhi. Le condizioni di Haruichi non erano migliorate ma se il ricevitore se ne era accorto ebbe la sensibilità di non dire nulla al maggiore dei fratelli Kominato rimasti a casa.
Eijun, invece, brillava come non capita da un po’.
“Ti ringrazio per tutta la tua pazienza,” disse Kazuya sedendosi sull’erba accanto a lui. “Non solo per queste settimane, anche per tutto l’anno passato. Haruichi è quello razionale ma... Credo di doverti un favore.”
Kanemaru scrollò le spalle. “Il diploma del tuo lanciatore mi dà più soddisfazione del mio.”
Kazuya rise. “Non fatico a crederci!”
Non ebbero il tempo di dirsi una parola di più che Eijun si avvicinò con espressione minacciosa pretendendo che Kazuya ricevesse i suoi come era suo dovere fare!
Rimasto da solo, Kanemaru si concesse qualche minuto per fare quell’unica telefonata che non vedeva l’ora di poter fare ogni giorno in totale tranquillità. “Ehi, Hideaki...”
 
 
***
 
 
Miyuki Kazuya fu ospite a casa Sawamura per cinque giorni, poi tutti fecero i bagagli e si prepararono per tornare a Tokyo.
“Cerca di tornare prima della pausa invernale,” disse la signora Sawamura sulla porta di casa. “Vale per entrambi, Kazuya.”
Il ricevitore arrossì appena imbarazzato. “Con piacere, signora.”
Eijun lo guardò con ghignetto diabolico e Kazuya seppe che avrebbe usato quella loro piccola parentesi familiare a suo svantaggio fin tanto che ne avesse avuto occasione.
 
 
 
Il viaggio di ritorno non fu poi così diverso dal precedente, con la sola differenza che Eijun non sentiva più la necessità di fissare il suo anello di continuo e questo permise a Kanemaru di crollare sfinito appena un quarto d’ora dopo la partenza. La nausea di Haruichi costrinse lui e Furuya a fare avanti ed indietro per il vagone per almeno un’oretta, poi la stanchezza ebbe la meglio anche su di loro. Eijun se ne stava con la nuca appoggiata alla spalla di Kazuya, gli occhi fissi fuori dal finestrino: non sapeva per quanto tempo avrebbe vinto la battaglia contro il sonno ma se tutti fossero crollati chissà dove sarebbero arrivati.
Sentì il respiro di Kazuya tra i capelli ed un brivido caldo gli attraversò la schiena: li aspettavano tre anni di nuovo insieme, tre anni nella stessa squadra... E nella stessa camera. Eijun era talmente euforico che si sarebbe messo a saltare, se solo le palpebre non fossero state così pesanti.
“Se vuoi riposarti, fallo pure...”
Eijun reclinò la testa per poter guardare il viso del ricevitore. “Con tutto questo chiacchiericcio non ci riuscirei comunque.”
“Usa l’mp3,” suggerì Kazuya.
Eijun continuò a fissarlo.
“Vi sveglio io quando arriviamo,” concluse Kazuya. “In ogni caso, non mi sorprenderebbe se finissi per addormentarti senza rendertene conto.”
Eijun mise su il broncio, si accomodò meglio contro di lui e recuperò l’mp3 dalla tasca dei jeans. Per assurdo, la prima canzone che partì fu la stessa che aveva ascoltato durante il viaggio di andata settimane fa.
 
”Ro roller coaster and I don't say no
Ro roller coaster, when you don't say no
And it's such a roller coaster
Some killer queen you are.”
 
Si addormentò prima che fosse conclusa.
 
 
 
Kazuya se ne rimase rilassato con la guancia appoggiata tra i capelli di Eijun. La sua mente era lontana, rivolta al luogo da cui era scappato per tornare da lui... Non aveva mai provato una disperazione tale e l’idea che fosse sfocata improvvisamente nel momento stesso in cui gli occhi dorati di Eijun avevano incrociato i suoi un poco lo spaventava. Le emozioni lo avevano già atterrito due anni prima. Eijun era una montagna russa di emozioni ed aveva potuto decidere solo tra lanciarsi ed accettare la possibilità dello schianto, oppure godersi il giro fino a che quell’ebrezza non fosse divenuta l’aria stessa che lo teneva in vita.
Il cellulare nella tasca dei suoi jeans prese a vibrare. Kazuya lo cacciò fuori stando attento e non svegliare Eijun ma non appena vide la faccia insopportabilmente sorridente di Mei sullo schermo lasciò che la chiamata andasse persa. Fece per rimettere l’apparecchio al suo posto ma una leggera vibrazione alle sue dita lo avvisò che Mei aveva lasciato l’ennesimo messaggio in segreteria degli ultimi giorni. Prese un respiro profondo e si portò il cellulare all’orecchio.
Hai un nuovo messaggio:
“Kazuya, spero seriamente per te che qualcuno ti abbia rubato il cellulare o che tu sia finito morto in fondo ad un fosso perché non è assolutamente possibile che tu stia ignorando me! Me! Il tuo sommo, perfetto lanciatore! Ahah! Per mia sfortuna Itsuki ha preso il diploma quest’anno e, te lo giuro sulla tua così detta brillante carriera sportiva, non appena lo avrò sotto le mani, ti farò declassare! Io ho bisogno di un ricevitore che mi serva, non di uno che scappa...”
Suo malgrado, Kazuya sorrise: Mei non sarebbe mai cambiato, fossero anche passati cent’anni. Forse, il suo gioco di squadra era migliorato ma ancora nessuno era riuscito a convincerlo che non era il centro dell’intero universo.
Udì un sospiro nel ricevitore ed il tono di Mei divenne improvvisamente serio.
”Kazuya... Non ho idea di come sia stato per te rivedere tua madre qui a New York, dopo tutti questi anni ma...”
Messaggio cancellato.
Kazuya si cacciò il cellulare in tasca e decise fermamente che avrebbe cancellato ogni messaggio da parte di Mei da quel giorno in avanti, almeno fino a che il suo ritorno in patria non avrebbe reso inevitabile lo scontro verbale. Kazuya non era uno stupido ed era troppo razionale per sapere che quello che era successo in America non sarebbe semplicemente restato in America. Non poteva e, prima o poi, avrebbe dovuto affrontarlo.
Per il momento, però...
Abbassò lo sguardo: Eijun dormiva sereno accanto a lui.
Kazuya affondò il naso tra i suoi capelli, chiuse gli occhi e mormorò quelle due parole che erano state per Eijun durante quella telefonata oltreoceano che aveva dovuto fare per non permettere all’incontro con sua madre di trascinarlo a fondo.
“Ti amo...”
Forse, con un po’ di fortuna, Kazuya avrebbe anche potuto dirlo perdendosi in due grandi occhi dalle sfumature dorate la prossima volta.
 
 
”So come a little closer
There is something I can tell yeah
You are such a roller coaster...”


 

***
Angolo dei deliri e delle inutili giustificazioni:
Prima di tutto, un ringraziamento a chi è arrivato fino a qui. Il primo passo in un nuovo fandom è sempre carico di nervosismo, quindi grazie per la fiducia.
Ora, come vi avevo detto, alcune questioni sono rimaste volutamente sospese: le condizioni di Haruichi, la storia della madre di Miyuki e tutto il passato dell'evoluzione MiyuSawa che qui vediamo raccontato in più punti ma mai esplicato del tutto. Come ho detto sopra, la storia non finisce qui. Questo è solo un capitolo autoconclusivo di un progetto che ho tutto nella mia testa e che vedrà la luce a seconda di come questo esperimento andrà.
Da parte mia, sentivo la necessità di scrivere di questi personaggi e mi sono divertita a farlo. Quindi, esperimento riuscito da parte mia.
Per il resto, mi metto nelle vostre mani.
Grazie di aver letto!

 





 
   
 
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