Disclaimer: Purtroppo Naruto non mi appartiene (neanche Sas’ke T-T), ma è di proprietà di Masashi Kishimoto.
“..Si
dice che nei cinque secondi prima
di morire
si
rivivano
gli
attimi più importanti della propria
vita.."
Il
sangue ha un sapore curioso.
Non
è dolce come i frutti che gli sono sempre piaciuti, non
è
neanche salato come il cibo che sua madre si ostinava a cucinare, ma,
in
qualche modo, si può comunque definire accattivante.
Inoltre
è caldo. Non ci aveva mai fatto caso.
Il
sangue gli sembra quasi rovente mentre scorre via dalle sue membra
sempre più
fredde e, anche le miriadi di gocce rosse che gli sporcano il viso,
sembrano
ustionarlo.
Distrattamente
si chiede se pure Zabuza e il ninja che ha di fronte, Kakashi, sentino
il suo
sangue scottare sulla loro pelle. A giudicare dallo sguardo sconvolto
dell’uomo
che gli ha trafitto il petto, sì. Probabilmente è
soltanto lo stupore che non
sia Zabuza quello colpito dal suo attacco.
Dopotutto,
per quel che sapeva Kakashi, a quest’ora il Demone del
Villaggio delle Nebbie
doveva essere in punto di morte.
Invece
ora l’unico in punto di morte è Haku, il quale
continua a sentire il sangue
bagnargli la pelle e il cuore che corre verso il suo ultimo battito.
Nel
primo attimo che gli è concesso per ricordare, Haku
rammenta sua madre.
C’è
una sorta di giustizia poetica nel ricordare chi ti ha
donato la vita quando questa stessa vita ti sta abbandonando.
La
vede
nitidamente davanti a sé, con lo sguardo triste di chi ha un
segreto e il
sorriso sicuro di chi l’avrebbe protetto ad ogni costo.
Potrebbe quasi toccarle
i lunghi capelli corvini, identici ai suoi. Haku tende le braccia che,
improvvisamente, tornano a essere quelle di un se stesso più
piccolo con le
mani paffute e infantili aggrappate alla gonna della madre.
La
donna
ride, lo abbraccia e riprende a raccontare la storia.
-Dov’eravamo,
mio piccolo ninja?- dice mentre socchiude gli occhi, facendo finta di
pensarci su.
– Ah! Giusto! Siamo al punto in cui il coraggioso guerriero
sconfigge il
malvagio Demone e salva la bella fanciulla.-
-
E come
finisce la leggenda, mamma?- domanda la vocetta allegra di Haku.
Sua
madre riprende a ridere ed esclama- Come vuoi che finisca? Tutte le
storie
hanno un lieto fine.-
Il
piccolo Haku sorride anche lui, ma la realtà gli torna
prepotentemente addosso
e no, non è vero che tutte le storie hanno sempre un lieto
fine, madre.
Nel
secondo attimo gli viene in mente suo padre.
Anche
lui sembra essere lì di persona. Sorride dispiaciuto nella
sua direzione, allunga
una mano per scompigliargli i capelli e Haku si ritrova nuovamente
bambino
mentre lo sente parlare.
-...
Sai che ti porterei a pesca con me.
Soltanto che con questo tempo è pericoloso..-
-Ma
mi
avevi promesso che, alla fine della stagione delle nevi, sarei potuto
venire a
pesca con te!- Haku lo interrompe, increspando le labbra in una smorfia
offesa.
-
Eh,
non fare così, non è colpa mia se sta per
scoppiare un temporale.- si
giustifica l’altro, cercando di nascondere
l’ilarità.
-Perché
non posso venire lo stesso?- chiede Haku, senza perdere le speranze-
Dici
sempre che ormai sono grande..-
-Ti
ho
già detto che è molto pericoloso andare in mare
ora. E poi, io sono tuo padre.-
cerca invano di concludere la discussione.
-
E
quindi?-
-
Mi
devi ubbidire. - così
dicendo si abbassa
per poter guardare il figlio negli occhi e aggiunge- E, dopotutto, i
padri
proteggono sempre i figli.-
Haku
annuisce soddisfatto ma, neanche il tempo di tornare al presente, che
è di
nuovo coperto di sangue e il peso delle bugie raccontategli inizia a
farsi
sentire.
Nel
terzo attimo vede il momento in cui li ha persi
entrambi.
Per la terza volta Haku
torna bambino e ora ha
entrambi i suoi genitori davanti.
Stanno
urlando, non capisce bene cosa, ma dev’essere grave. Suo
padre sta brandendo un
pugnale, la lama luccica nell’aria mentre va a colpire la
donna di fronte. Un
colpo dopo l’altro, senza pietà, fino a che la
vittima non si accascia a terra.
Haku
può
specchiarsi nella pozza di sangue ai suoi piedi, quel mondo rosso e
capovolto
non può sembrargli più terribile. La sua mamma
sta soltanto dormendo, vero?
Un
lampo
argenteo lo avverte del pugnale che viene nella sua direzione. Haku
continua a
pensare che sia soltanto un incubo, ma il graffio che ha sul viso
è reale come
le lacrime che continuano a cadere.
Il
mostro, quello che una volta era suo padre, quello che una volta gli
voleva
bene, piange anche lui ma non smette di avanzare.
Haku
ha
paura. Haku non vuole morire. Haku vuole soltanto i suoi genitori.
Di
colpo
tutto diventa bianco e, quando finisce, nella casa sporca di sangue non
rimangono che due cadaveri e un bambino che non ha più
ragione di esistere.
Nel
quarto attimo sorride al ricordo della prima
volta in cui l’ha visto.
Socchiude
gli occhi nel momento in cui sente la neve pizzicargli il viso.
È accasciato
sul fianco di un vecchio rudere e la fame e la stanchezza gli appannano
la
vista. La testa è pesante. Lo stomaco brontola con
disperazione.
Haku
sospira e una nuvoletta di fiato condensato sale verso
l’alto. Non ha né uno
scopo né un obiettivo. A cosa serve la sua vita?
Rabbrividisce
nuovamente, per quanto sia abituato al paesaggio invernale del
Villaggio delle
Nevi, tutto quel biancore lo stordisce, rendendo piatto e omogeneo il
mondo che
lo circonda.
Forse
è per
questo che la sua sagoma scura
attira
inevitabilmente il suo sguardo. Nonostante la corporatura muscolosa, i
suoi
passi non emettono nessun rumore contro la strada ghiacciata e Haku si
ritrova
a pensare che magari sia un messaggero mandato dalla morte a prenderlo.
Scruta
l’espressione dello straniero e un’assurda
convinzione si fa strada nella sua
testa.
Quell’uomo
è la morte stessa.
Quando
poi i loro occhi s’incrociano, ne ha la conferma. Haku ride,
finalmente ha
trovato un suo simile.
Nel
quinto secondo è già troppo tardi e le speranze
s’infrangono
sulla realtà.
Attende
l’ultimo ricordo, ma questa volta sono soltanto brevi
brandelli della sua vita
quotidiana. Per qualche secondo cammina dietro Zabuza su un sentiero
stretto, poi
sta osservando il cielo notturno, cercando di riconoscere qualche
stella. Haku
si domanda se quindici anni siano pochi per morire, dopotutto avrebbe
potuto
avere ancora tanti anni da passare affianco a Zabuza.
Sente che la sua ora sta
giungendo.
I
pensieri che scorrono veloci sono sempre più simili a un
elenco di ultimi
desideri. Gli piacerebbe avere più tempo, vorrebbe girarsi
verso Zabuza e
vedere se è soddisfatto della sua arma. Desidera guardarlo
un’ultima volta, dirgli
addio e chiedergli ho svolto bene il mio
ruolo? Siete fiero di me? ..vi
mancherò?
Brama
di
ascoltare le sue risposte e non di andarsene con tale rimpianto. Sogna
di fare
queste e mille altre cose, ma si sa, i morti non possono tanto.
***
“È
arrivato il momento di dirci addio
Haku.
Grazie
di tutto e perdonami, se puoi.”
-Zabuza, volume 4, capitolo 33
So che avrete pietà e non mi insulterete brutalmente per il tantino tanto di angst nella ff, veeero? Dopotutto è la mia prima storia su Naruto .. *occhi da cucciolo*
Ci
stavo lavorando da un infinità di tempo, ho aggiustato e
riscritto questa storia a più non posso, ma non ne
sono ancora del tutto soddisfatta. In particolare la parte finale (dal
quinto secondo in giù, per intenderci) dove ho cercato di
far diventare i pensieri di Haku sempre più confusi
*dopotutto la morte é qui, diiing doong*.
Fatemi sapere cosa ne pensate, in cambio avrete la mia gratitudine
eterna e tanti abbracci virtuali (anche da Zabuza-san!).
Tanti baci,
_BiAnKa_
P.S.Chiedo umilmente venia se ci sono orrori grammaticali, ripetizioni, OOC o scelleratezze varie, al momento ho la febbre e quindi il mio cervello da bradipo non è al massimo.