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Autore: Kazaha87    21/03/2016    0 recensioni
[Shinou/Murata Ken][accenni a Shinou/Daikenja nel passato a discrezione del lettore] - Post Canon anime. - Lieto fine.
Quando l'idealista Yuuri, davanti a un gelato, prova a convincere il suo migliore amico Murata Ken a non 'svendersi così', viene fuori l'animo cinico e disilluso del Daikenja, che aveva deciso di non tornare nello Shin Makoku bensì di continuare la sua vita sulla Terra...
Ma qualcosa gli farà cambiare idea...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'altra vecchia one-shot scritta poco dopo aver visto l'anime. Faccio presente che 'assumo cose', date, anni, numero di vite, tempistiche, ecc...
E stavolta assumo anche nomi! XD Visto che pare che Shinou e il Daikenja siano solo Shinou e il Daikenja, qui volevo uno scambio a tu per tu un po' più intimo, e quindi ho assunto un nome per entrambi (anche se quella scena sarà nel secondo capitolo...)

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“Shibuya?”, chiese Murata all'amico che da qualche minuto stava seduto fissando la sua coppa di gelato alla nocciola in silenzio senza nemmeno averla toccata. “Va tutto bene?”

“Murata…”, cominciò incerto, ma dopo aver alzato lo sguardo verso di lui subito lo riabbassò. “No, nulla…”

“Shibuya: è evidente che vuoi chiedermi qualcosa. Te lo si legge in faccia da quando ci siamo incontrati davanti alla fontana del parco e si capiva da quando mi hai telefonato stamattina chiedendomi di trovarci. Direi che, ora che siamo qui, tranquilli, puoi sputare il rospo, non trovi? Prima che il tuo gelato si sciolga completamente, consiglierei…”, e così dicendo, con uno dei suoi soliti sorrisi enigmatici e beffardi, prese un altro cucchiaio della sua coppa alla fragola.

Yuuri prese il coraggio di rialzare lo sguardo, ma non fu abbastanza per riuscire a domandargli ciò che lo turbava.

“Shibuya. Ti mette forse in soggezione il fatto che io sia il Daikenja? Cioè: sarebbe una novità, ma non capisco davvero la tua reticenza a parlarmi! Quando mai hai avuto problemi a chiedermi qualcosa? Non sono forse il tuo migliore amico?”, gli chiese, cercando di incoraggiarlo a dirgli ciò che sembrava metterlo a disagio, e non poco.

Yuuri arrossì leggermente, ma infine pensò che, se non glielo chiedeva adesso, non avrebbe avuto un'altra occasione, e il suo atteggiamento lo infastidiva al punto che se non ne avesse parlato con lui ora la situazione sarebbe peggiorata e la sua percezione della faccenda avrebbe fatto lo stesso.

“Lo so che non sono affari miei”, proruppe a un certo punto il giovane re dei demoni una volta finalmente afferrato il coraggio a due mani e, a quel punto, andando dritto al sodo come al suo solito senza tanti giri di parole. “ma non ti sembra di essere un po’ troppo…”, cercò la parola, “promiscuo, ultimamente?”

Dopo un brevissimo istante in cui lo stupore attraversò il suo sguardo, Ken esplose in una risata che fece girare metà del bar nella loro direzione.”

“Shibuya!”, fece, ancora ridendo e per un bel po’ di tempo incapace di smettere. Aveva immaginato molte cose da quella mattina, ma questa non gli era passata per la testa neppure per un secondo. “Sul serio?”

Yuuri arrossì bruscamente, e non tanto per gli sguardi curiosi della gente che per qualche istante rimasero fissi su di loro, quanto per quello del suo amico, che da una risata scrosciante ma senza allegria era passato ad un'espressione talmente seria da apparire, per qualche ragione, truce: un'espressione che non gli aveva mai visto stampata in volto se non quando sembrò che li tradisse nel momento in cui il Soushu riapparve con le sembianze di Shinou, del quale aveva ormai, dopo quattromila anni, completamente prevaricato la coscienza.

Il re dei demoni rabbrividì.

“Lo so che non è affar mio, però…”, cercò di difendersi Yuuri, ma si interruppe non sapendo bene come proseguire.

“Però, cosa?”, chiese Ken con un mezzo sorriso che non raggiunse gli occhi e che appariva seriamente minaccioso.

Yuuri non l’aveva mai visto adirato...

“Murata… non credevo che ti saresti arrabbiato… cioè: non capisco perché ti sei scaldato tanto! Davvero! Lo so che non è affar mio, però mi dispiace vedere il mio migliore amico che si svende così, alla prima o al primo che passa! Cioè: come farai quando ritroverai la reincarnazione della tua anima gemella?", gli chiese di punto in bianco e Ken quasi scoppiò a ridergli in faccia.

Per la miseria, quanto può essere ingenuo questo ragazzo?!, pensò, esasperato quanto incredulo alle proprie orecchie.

"Hai vissuto tante vite e sono sicuro che l’avrai incontrata!", continuò il giovane Maoh, imperterrito. "Con che faccia potresti guardarla quando ti dovesse apparire davanti e tu la riconoscessi? Come potresti andare da questa persona e corteggiarla dopo che ti sei buttato via in questo modo? Come fai ad andare avanti sapendo che rischieresti di perdere la persona a te più cara per il comportamento che stai avendo adesso? Non puoi semplicemente aspettare come fanno tutti per evitare di buttare via la tua felicità futura?”, completò tutto d'un fiato, e Ken tacque per un tempo infinito e, dopo la lunga attesa che gli servì per calmare l’istinto di prendere a pugni il suo amico, finalmente fu in grado di reindossare il suo solito sorriso e ruppe infine quel silenzio opprimente sfoggiando tutta la diplomazia di cui era capace.

“Fa sempre piacere vedere che qualcuno crede nella felicità e nel futuro, soprattutto se quel qualcuno è il Maoh dello Shin Makoku e deve portare avanti una nazione con la forza dei suoi ideali, ma dopo quattromiladuecentotrentanove anni che cammino su questa terra e sessantasette reincarnazioni posso assicurarti che la disillusione riguardo il concetto di felicità è l’unico risultato che ho ottenuto, e che questo è l’unico modo efficace che ho trovato per non pensarci!”

“Ma Murata! Non è possibile che in tutto questo tempo tu non abbia mai trovato la tua anima gemella! C’è per ognuno di noi! Se c’è una cosa di cui sono sicuro è questa!”

Il saggio lo guardò in silenzio per diversi istanti, ma il suo sguardo, che in quel momento mostrava tutti gli anni che portava, rimase fisso su un momento molto distante da loro.

“Ho forse mai negato, con le mie parole, di averla trovata?”

Yuuri ammutolì e ogni possibile protesta gli morì in gola.

A quel punto Murata riprese: “Insieme, però, abbiamo scritto per entrambi un destino che sapevamo non ci avrebbe mai portati alla nostra felicità in quel senso… È già un miracolo che esista ancora e che ciò che rimaneva di lui non sia stato distrutto insieme al Soushu.”

La potenza di quella rivelazione ebbe su Yuuri l’effetto di una doccia fredda in pieno inverno all'aperto.

“Ma! Ma Murata!”, protestò il suo amico. “Io l’ho salvato!", commentò senza capire, a questo punto, quale fosse il problema. "Shinou è ancora tra noi, e come non lo è stato negli ultimi quattromila anni!", argomentò. "E adesso, anche se in miniatura fuori dal tempio, è tornato ad esistere sulla terra in forma materiale! Puoi parlare con lui, passare del tempo a conversare, a condividere ciò che hai vissuto! Vi siete ritrovati! Perché mai non cerchi di essere felice con lui invece di flirtare e perdere tempo con altra gente che per te non vale più di qualche ora o, quando va bene, qualche giorno di distrazione?! Cosa diavolo ci fai ancora qui sulla Terra?! Dovresti stare più tempo con lui che con chiunque altro! Soprattutto ora che puoi farlo! Io davvero non ti capisco!”

Ken fissò Yuuri e i suoi occhi apparirono antichi.

Non puoi capire, Shibuya.”

“E ALLORA SPIEGAMI!”, urlò il giovane, attirando nuovamente l’attenzione dei presenti su di loro; ma a quel punto poco importava a entrambi.

Murata scosse il capo con rassegnazione.

“Non c’è modo che io possa spiegarti a parole cosa significhi vivere – e morire – così tante volte e così tante vite diverse, una dopo l’altra senza fine e con la speranza che pian piano muore senza che tu possa fare nulla. E la rassegnazione…", fece una pausa e sospirò un paio di volte. "Non può più funzionare. Non è più la stessa cosa, Shibuya… Yuuri.”, tentò di spiegargli.

Murata non abbassò lo sguardo da quello dell’amico nemmeno per un istante mentre parlava, ma non vedeva veramente lui dinanzi ai suoi occhi, quanto ricordi persi in un passato lontanissimo, pieni di dolore e solitudine.

Yuuri accostò la sedia a quella del suo amico e gli posò una mano sulla spalla piena di comprensione, con quella cieca – e fastidiosa – determinazione tipica di lui.

“Murata: Shinou è tornato.", ripeté. "Sono sicuro che se sapesse cosa c’è nel tuo animo farebbe di tutto pur di starti vicino come tu, anche senza vederlo, senza parlargli e senza incontrarlo sei stato vicino a lui per questi quattromila anni di reincarnazioni e sofferenze!", commentò, sicuro di sé nella sua beata ingenuità anche se parlava per terzi. "Non l’ho forse salvato?", gli chiese. E poi, dopo una breve pausa, abbassando di un tono la voce e con un velo di imbarazzo a colorargli le gote aggiunse: "…non te l’ho forse riportato?”

Il falso giovane che, dopo la manovra della sedia, ora gli stava accanto, chiuse gli occhi per un lungo istante e una singola lacrima gli rigò una guancia nell'istante in cui li riaprì. Ma non si mosse per asciugarla e, stavolta con un tono quasi implorante, infine parlò di nuovo.

“Per favore, basta.”, fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra, e, quando Yuuri accennò a ribattere con il suo innato - e maledetto - ottimismo, gli bastò uno sguardo per zittirlo, e in quel momento il giovane re dei demoni non volle mettere alla prova la determinazione quasi omicida che lesse negli occhi dell’amico, e decise di assecondare la sua preghiera.

Ken, a quel punto, sospirò e si alzò di scatto facendo quasi cadere indietro la sedia su cui era stato seduto fino ad allora. Poi frugò nella borsa che aveva con sé, estrasse dei soldi dal portafogli, li posò sul tavolo e, con uno sguardo che faceva intendere di non voler essere seguito, uscì da solo dal locale.

   
 
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