Film > The Phantom of the Opera
Ricorda la storia  |      
Autore: Crateide    21/03/2016    2 recensioni
E se al suo risveglio Christine non avesse strappato la maschera dal volto del Fantasma, ma avesse desiderato parlare con colui che credeva essere il suo Angelo della Musica?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

http://i68.tinypic.com/iof52h.jpg




 

 

 

 

I wish I had an angel

For one moment of love

I wish I had your angel

Tonight...

 

 

 

 

 

 

 

Forse, fu il profumo intenso di rose a strapparla via da quel sonno tormentato. O forse, fu quella sottile melodia che trillava nell’aria immota e che si era insinuata nell’insolito sogno che l’aveva tanto eccitata e spaventata.

Le era comparso un uomo ammantato di nero con una maschera bianca sul viso e che l’attirava a sé con la voce del suo Angelo, la prendeva per mano e la conduceva nelle profondità della terra, dove le chiedeva di aiutarlo a comporre la Musica della Notte...

Christine sospirò, mentre il profumo di rose quasi la ubriacava e il trillo di quella melodia – che aveva un non so che di famigliare – la tranquillizzava. Aveva di nuovo sognato il suo Angelo? Le aveva forse parlato, si era forse intrufolato di nuovo nei suoi sogni? Ah! Quanto avrebbe voluto parlargli ancora!

Dischiuse le palpebre e per un istante rimase a fissare il velo nero che troneggiava su di lei, che la separava da una stanza che non le apparteneva, fatta di roccia e candelabri. Si sollevò sui gomiti e aggrottò le sopracciglia. Il languore del sonno l’abbandonò e i ricordi di quello che credeva fosse stato solo un sogno divennero concreti come la realtà che si presentava davanti ai suoi occhi attoniti.

“Dove mi trovo?” si chiese. Osservò le lenzuola di seta rossa sotto di lei e la testa di cigno che s’innalzava fiera ai piedi del letto. “Angelo!”.

Allungò il braccio e tirò la corda che pendeva accanto al cuscino. Mano a mano che la tenda nera si alzava, i suoi occhi si spostavano da una parte all’altra della stanza, sull’arredamento essenziale eppure curato ed elegante. Si sollevò lentamente, appuntando tutta la sua attenzione sugli alti candelabri che vedeva ardere accanto ad un lago, fra una leggera nebbiolina che veleggiava sull’acqua scura.

“Non è stato un sogno” si disse, mentre raggiungeva l’uscita con il cuore che le martellava nel petto, “Lui...”.

Volse il capo verso destra e le mancò il respiro. L’Angelo – o meglio, il Fantasma – era lì, fra candele e busti di marmo, seduto davanti ad un organo nero. Si era voltato a sua volta e la stava osservando con uno sguardo indecifrabile. Per un istante, le parve di leggere del timore in quegli occhi grigi come il cielo d’inverno, in quegli occhi che la trafissero come lame incandescenti.

Christine avanzò di un passo e si arrestò al limitare della scalinata, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e il respiro corto.
- Chi sei? – chiese infine e la sua voce tremò, palesando la paura che le aveva stretto le viscere.

L’uomo mosse le labbra, ma nessun suono oltrepassò la barriera dei denti. Si alzò lentamente e con eleganze e fece per avvicinarsi a lei.
- Fermo! – questa volta la sua esclamazione suonò più autoritaria – chi sei?
- Sono... io – le rispose infine, provocandole un brivido. Riconobbe subito quella voce tanto amata e famigliare, che adesso le giungeva diretta, senza mura che l’attutissero, che la rendessero lontana e inafferrabile.
- Sei... il mio Angelo? Il mio Maestro?

Christine scosse il capo, incredula. Colui che l’aveva guidata, accudita e protetta per tutti quegli anni, era proprio lì di fronte a lei, in carne ed ossa! Non era uno spirito, ma un uomo!
- Christine...
- Chi sei in realtà? Qual è il tuo nome? – chiese, trovando il coraggio di accorciare le distanze fra loro. Non sapeva ben definire quali emozioni le si agitavano nel petto e che quasi le dolevano. Si sentiva così smarrita!

In quel momento desiderava solo scoprire chi avesse davanti, svelare finalmente la vera identità dell’amato Angelo. Osservò l’uomo che le stava dinanzi e provò ad indovinarne l’aspetto dietro quella maschera bianca, che rifletteva il fuoco mobile delle candele. Aveva un qualcosa di speciale, di ipnotico, che l’attraeva e la seduceva.
- Il mio nome è Erik – le rispose infine.
- Non sei un angelo...
- Lo sono per te.

Christine fece un altro passo avanti e vide un’ombra oscurare quegli occhi screziati di grigio, che rese lo sguardo ancora più profondo e tormentato. Chi era quell’uomo che l’aveva condotta via con sé, chissà dove?
- Erik – pronunciò in un sussurro. Le piaceva quel nome, aveva un bel suono.
- Oh Christine...

Rabbrividì. Quella voce così ammaliante non poteva che appartenere al suo maestro, al suo Angelo. Non aveva più dubbi!
- Dove siamo? – gli chiese ancora – Che... che intenzioni hai?

Erik allungò una mano verso di lei, ma appena la vide indietreggiare, la arrestò a mezz’aria.
- Non devi avere paura di me. Non ti farei mai del male. Qui sei al sicuro, mia Musa.

Christine gettò una veloce occhiata a destra e a sinistra, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
- Qui... Dove?
- Nei sotterranei dell’Opera – le rispose – a casa mia.
- Perché mi hai portata qui?

Erik le scoccò un’occhiata piena di sottintesi.
- Sei tu che hai seguito me – disse – io non ho fatto altro che tenderti la mano.

Christine avvampò. Si era lasciata talmente incantare dalla voce del suo Maestro, che il desiderio di toccarlo, di sentirlo reale accanto a sé, aveva annullato la realtà e messo a tacere il buon senso. Anche la gioia di aver rivisto il suo caro Raoul era svanita come uno sbuffo di fumo in cielo.
- Perché mi hai mentito? – Christine si abbracciò il busto, ricacciando indietro le lacrime – per tutti questi anni ho creduto che tu fossi davvero un Angelo, un’entità ultraterrena! – scosse il capo – quante volte avrei voluto vederti, quante volte avrei voluto che tu mi abbracciassi...
- Christine... – la voce di Erik era carica di dolore e rammarico – ci sono così tante cose che non sai, che non puoi nemmeno lontanamente immaginare.
- Spiegamele, allora! Sei tu il Fantasma dell’Opera?
- Sì.

Suo malgrado, Christine tremò di paura. Com’era possibile che il suo amato Angelo della Musica e il famigerato Fantasma dell’Opera fossero la stessa persona? Le sembrò tutto così assurdo!

Le tornarono alla mente le parole di Joseph Buquet e a quanto la figura del Fantasma l’avesse terrorizzata in tutti quegli anni. Guardò meglio l’uomo che le stava di fronte e nonostante la sua figura altera e la maschera che gli copriva metà volto, non lo trovò così spaventoso come il capo macchinista voleva far credere.
- Perché vivi qui? – chiese e si guardò intorno, notando che le statue avevano la parte destra del volto coperta da una benda nera. “Deve sentirsi così solo...”.

Erik le tese la mano, in un gesto che pareva quasi una supplica.
- Risponderò a tutte le tue domande, Christine. Vieni con me.

Osservò quella mano e notò subito che non indossava più i guanti neri. Istintivamente l’afferrò e la sentì forte e calda, come l’aveva sempre immaginata. Si strinse intorno alla sua con delicatezza e la trasse a sé, tenendola saldamente. Le guance di Christine s’imporporarono di nuovo e il ricordo di quelle braccia avvinte al suo corpo le provocarono un fremito. Se si concentrava, sentiva ancora la delicatezza delle sue carezze.

Erik l’accompagnò accanto all’organo e avvicinò il volto al suo. Christine ne avvertì il respiro sulla pelle e per un istante chiuse gli occhi, assaporando quella sensazione indefinita a cui non era in grado di dare un nome. Li riaprì solo quando il suo Maestro si allontanò e prese posto sulla seggiola di pelle. Il lago sussurrava alle loro spalle e un gocciolio lontano riempiva il silenzio immoto di quella dimora dimenticata da Dio.

Erik posò le mani sulla tastiera dell’organo, drizzò il capo, socchiuse gli occhi e, infine, suonò. Appena la musica riempì l’aria e la fece fremere, Christine si portò una mano alle labbra. Lacrime caldissime abbandonarono le ciglia nere, le rigarono il volto contratto in un’espressione di gioia e dolore, di sollievo e angoscia.

Quella era la melodia che aveva udito la prima volta che il suo Angelo aveva cantato per lei, riscaldando l’aria fredda della cappella. Non l’avrebbe mai dimenticata, tanto era accogliente e consolatoria. Abbassò le palpebre e ricordò tutte le notti in cui era sgattaiolata fuori dalla propria stanza, aveva attraversato l’Opera avvolta dalle tenebre e aveva acceso un cero davanti l’immagine dell’Angelo. Il cuore le tremò nel petto ed ebbe la sensazione che le gambe non la sorreggessero più. “L’Angelo è qui con me... qui con me!” pensò e nell’esatto istante in cui risollevava le palpebre, la musica si spense. Erik era lì che la osservava, con gli occhi freddi come l’inverno e colmi di una dolcezza che quasi le fece paura.

Christine prese aria e gli si sedette accanto, sfiorandogli una mano.
- Perché ti sei mostrato a me solo ora? – chiese – dovrei odiarti per avermi mentito in tutti questi anni!

L’uomo contrasse la mascella e un sentimento di puro dolore gli ottenebrò lo sguardo.
- Perché saresti fuggita via – le rispose.
- Cosa? E perché mai? – scosse il capo e anche l’altra mano andò a posarsi su quella di Erik.
- Il mondo in cui hai sempre vissuto mi è precluso, mentre questo in cui vivo io è... troppo oscuro per te.

Christine increspò le labbra e lanciò un’altra furtiva occhiata al tetro ambiente che la circondava.
- Per quale motivo non puoi vivere alla luce del Sole? – chiese di nuovo e non poté fare a meno di osservare con insistenza quella maschera bianca che aveva sul viso.

Erik si concesse un sorriso amaro, mentre i suoi occhi si accendevano d’ira. Un’ira, quella, che avrebbe bruciato il mondo intero!
- Christine... per il mondo io sono il Figlio del Diavolo!
- Co-cosa significa?

Avrebbe voluto scostarsi da lui, ma il desiderio di conoscerlo, di sapere finalmente chi fosse il suo Angelo, vinse sulla paura che le aveva rapito il cuore.
- Indosso questa maschera per nascondere ciò che sono – la voce di Erik s’incrinò – per nascondere... un mostro.

Christine abbassò lo sguardo sui tasti dell’organo, sugli spartiti sparsi vergati con inchiostro rosso e cercò una spiegazione, tentò di immaginare a cosa si riferisse con la parola “mostro”. Possibile che il suo Angelo, una creatura che possedeva una voce talmente bella, potesse essere in realtà una creatura infernale?

S’inumidì le labbra e raccolse il coraggio a due mani, costringendosi a guardarlo di nuovo. In quegli occhi ci vedeva solo uno sconfinato dolore, ma non vi era alcuna traccia di cattiveria!
- Hai sofferto, Erik? – le parole fuggirono via dalle sue labbra – ti sei sentito solo... come me?

Una lacrima rigò il volto dell’uomo, ma non rispose.
- Christine... potrai mai perdonarmi per averti mentito?

Christine gli carezzò il viso e lo sentì abbandonarsi contro il suo palmo, sospirando di sollievo. “È forse la prima carezza che ricevi in vita tua? Oh povero, povero Erik!”.
- Non potrei mai odiarti, Angelo – sussurrò.
- E amarmi?
- Come...?

Erik le trattenne la mano sulla propria guancia, catturandola con il suo sguardo tempestoso. Qualcosa in lui era mutato e pareva pervaso da un impeto quasi febbrile.
- Non sono un mostro, Christine. Se solo mi dessi la possibilità di dimostrarti che dietro queste fattezze si nasconde un uomo... un uomo che ti ama e che farebbe di tutto per renderti felice! – le sfiorò i capelli con la stessa delicatezza con cui si carezza un fiore – avevo paura, Christine... paura che fuggissi via da me una volta scoperta la mia vera identità. Eri convinta di essere protetta da un Angelo, ma adesso hai scoperto che ad amarti è la più misera delle creature!

Riprese a piangere, baciandole la mano con infinita dolcezza. Christine gli si accostò ancora di più e adagiò il capo contro la sua spalla. Chiuse gli occhi e l’immagine del suo Maestro si sovrappose a quella di Raoul, i sentimenti che provava si confusero e si dissolsero l’uno nell’altro.

Amarlo... poteva riuscirci? Poteva accogliere una passione e un sentimento tale, che ardevano come le fiamme dell’Inferno, che si manifestavano in una musica straordinaria e sovrumana? Christine tremò e si sentì come perduta dinanzi ad una creatura così sublime che le stava giurando amore.
- Erik – chiamò, risollevando il capo per guardarlo – vorrei conoscere il tuo volto.

A quelle parole, il Fantasma si ritrasse. Si risollevò e l’orrore riempì il suo sguardo.
- Mai – la sua voce divenne tremenda e parve giungere dai recessi più oscuri dell’Inferno. Riecheggiò in ogni dove, solcò le acque e vibrò nell’aria per lunghi istanti, perdendosi in infiniti echi.

Christine balzò in piedi e provò ad avvicinarsi, ma uno sguardo tagliente bastò a inchiodarla lì dov’era. La reazione di Erik non aveva fatto altro che incrementare la sua curiosità e, adesso, più di ogni altra cosa desiderava vedere il volto del suo Maestro. Possibile che fosse così spaventoso? “Anche se fosse, io non fuggirò!”.
- Perché non vuoi che ti veda? – gli chiese – perché vuoi nasconderti da me?
- Susciterei in te solo orrore. È stata mia madre a farmi dono della mia prima maschera... nemmeno lei sopportava la vista del mio volto!
- Come puoi chiedermi di amarti se mi nascondi una parte di te? – Christine avanzò di un passo, stringendo con forza i pugni.
- Amami per ciò che rappresento, non per ciò che sono in realtà. Lascia che continui ad essere il tuo Angelo.
- Invece devi fidarti di me, Erik!

L’uomo le bloccò i polsi, che lei aveva teso verso il suo volto, verso quella maschera che desiderava solo strappare via. Il cuore le strepitava nel petto, il respiro affannoso sfuggiva dalle labbra dischiuse.
- Non ho mai riposto fiducia in nessuno, Christine – le rispose, pacato – e nessuno ha mai voluto farlo con me. Io... ho commesso azioni terribili, in passato. Azioni degne del Figlio del Diavolo!

Christine rimase in silenzio. Non sapeva cosa rispondere o semplicemente pensare. Il senso di smarrimento che stava provando in quel momento era talmente forte, che le toglieva il respiro.

All’improvviso, come un fulmine che illumina un cielo senza stelle, capì finalmente che davanti a lei non c’era la persona che aveva imparato a conoscere e ad amare, che in cuor suo aveva idealizzato e innalzato a Santo. Prese aria e desiderò con tutta se stessa che quello non fosse altro che un sogno dai contorni sfumati.

Abbassò le braccia e le abbandonò lungo i fianchi, ascoltando i battiti impazziti del proprio cuore. Un ricciolo castano le cadde davanti agli occhi e le solleticò la pelle della fronte.

“In tutti questi anni, quest’uomo è stato il mio Angelo” si disse ad un tratto, stringendo con forza i pugni pallidi, “non mi ha mai fatto del male, ma mi ha protetta e consolata”. Christine risollevò il volto e, di nuovo, incontrò le iridi chiare di Erik. Ci si perse in quello sguardo ardente e fisso, che chissà quali altri segreti nascondeva.
- Desidero vederti lo stesso – disse infine e avanzò di un passo – se vuoi che resti, che accetti il tuo amore... voglio conoscerti.

Questa volta, Erik non si scompose e rimase fermo e immobile come se si fosse tramutato in una statua. In una di quelle tristi statue che Christine vedeva ogni volta al cimitero, quando andava a trovare il suo amato padre.
- Una volta che mi avrai visto, sarai legata a me per sempre – le disse, gelido – sarai legata a me... senza scampo!

Christine annuì e trattenne il respiro. La paura le s’insinuò nell’animo, strisciò come una serpe fra i suoi pensieri, fra quei timori che le stringevano le viscere fino a farle male.

Ad un tratto, però, le sopracciglia scure s’incontrarono sul pallore della fronte e le labbra si schiusero per fermarlo, per dire al suo Angelo che non desiderava più vederlo in viso. Ma la voce non uscì e le mani di Erik si posarono irrimediabilmente sulla maschera di porcellana. La sollevarono piano e rivelarono le vere e terribili fattezze del Fantasma dell’Opera, dell’Angelo che davanti a lei si era trasformato in un Demone.

Christine volse subito il capo e serrò gli occhi, singhiozzando. Quell’immagine l’avrebbe perseguitata in eterno!
- Christine...

Una lacrima le rigò la guancia. Quale errore aveva commesso!

“Non potrò mai amarti, Erik... mai!”.

 

 

 

 

 

 

 

Deep into a dying day

I took a step outside an innocence heart

Prepare to hate me

Fall when I may

This night will hurt you like never before

- Wish I had an Angel, Nightwish -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti!

Come avrete capito, ho scritto un “what if?” sul risveglio di Christine nella Dimora del Lago. Se ben ricordate, dopo aver ripreso conoscenza, la nostra Soprano ha avuto la geniale idea di avvicinarsi al suo Angelo e di strappargli la maschera dal viso. Diciamo che a me, quella scena, non è mai andata giù e ho immaginato uno svolgimento diverso, anche se alla fine il finale resta pressappoco immutato.

Che dire? Non apprezzo molto il personaggio di Christine – che qui è decisamente OOC – ma ho tentato di “riscattarla” e di vederla sotto un’altra ottica... oh, beh, io almeno c’ho provato :P

Volevo spendere due parole sulla figura di Erik: ai fini della trama ho creato una sorta di cross-over (?) con il personaggio del libro e, per questo, rispetto a quello del film può sembrare un po’ diverso. Chi ha letto il romanzo, sa che prima di arrivare a strappargli la maschera, lui e Christine hanno uno scambio di battute, che ho usato come linea guida generale.

Non sono del tutto certa di aver scritto un qualcosa di davvero sensato, per cui vi sarei immensamente grata se mi faceste sapere cosa ne pensate...!

 

Tanto lo so già che finirò impiccata ad un lampadario...

 

p.s.: il titolo è ripreso (e corretto) dall’originale “Stranger than you dreamt it”.

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Phantom of the Opera / Vai alla pagina dell'autore: Crateide