I
wish I had an angel
For
one moment of love
I
wish I had your angel
Tonight...
Forse,
fu il profumo intenso di rose a strapparla via da quel sonno
tormentato. O
forse, fu quella sottile melodia che trillava nell’aria
immota e che si era
insinuata nell’insolito sogno che l’aveva tanto
eccitata e spaventata.
Le
era comparso un uomo ammantato di nero con una maschera bianca sul viso
e che l’attirava
a sé con la voce del suo Angelo, la prendeva per mano e la
conduceva nelle
profondità della terra, dove le chiedeva di aiutarlo a
comporre la Musica della Notte...
Christine
sospirò, mentre il profumo di rose quasi la ubriacava e il
trillo di quella
melodia – che aveva un non so che di famigliare –
la tranquillizzava. Aveva di
nuovo sognato il suo Angelo? Le aveva forse parlato, si era forse
intrufolato
di nuovo nei suoi sogni? Ah! Quanto avrebbe voluto parlargli ancora!
Dischiuse
le palpebre e per un istante rimase a fissare il velo nero che
troneggiava su
di lei, che la separava da una stanza che non le apparteneva, fatta di
roccia e
candelabri. Si sollevò sui gomiti e aggrottò le
sopracciglia. Il languore del
sonno l’abbandonò e i ricordi di quello che
credeva fosse stato solo un sogno
divennero concreti come la realtà che si presentava davanti
ai suoi occhi
attoniti.
“Dove
mi trovo?”
si chiese. Osservò le lenzuola di seta rossa sotto di lei e
la testa di cigno che
s’innalzava fiera ai piedi del letto. “Angelo!”.
Allungò
il braccio e tirò la corda che pendeva accanto al cuscino.
Mano a mano che la
tenda nera si alzava, i suoi occhi si spostavano da una parte
all’altra della
stanza, sull’arredamento essenziale eppure curato ed
elegante. Si sollevò
lentamente, appuntando tutta la sua attenzione sugli alti candelabri
che vedeva
ardere accanto ad un lago, fra una leggera nebbiolina che veleggiava
sull’acqua
scura.
“Non
è stato un sogno”
si disse, mentre raggiungeva l’uscita con il cuore che le
martellava nel petto,
“Lui...”.
Volse
il capo verso destra e le mancò il respiro.
L’Angelo – o meglio, il
Fantasma – era lì, fra candele e
busti di marmo, seduto davanti ad un organo nero. Si era voltato a sua
volta e
la stava osservando con uno sguardo indecifrabile. Per un istante, le
parve di
leggere del timore in quegli occhi grigi come il cielo
d’inverno, in quegli occhi
che la trafissero come lame incandescenti.
Christine
avanzò di un passo e si arrestò al limitare della
scalinata, con le braccia
abbandonate lungo i fianchi e il respiro corto.
- Chi sei? – chiese infine e la sua voce tremò,
palesando la paura che le aveva
stretto le viscere.
L’uomo
mosse le labbra, ma nessun suono oltrepassò la barriera dei
denti. Si alzò
lentamente e con eleganze e fece per avvicinarsi a lei.
- Fermo! – questa volta la sua esclamazione suonò
più autoritaria – chi sei?
- Sono... io – le rispose
infine,
provocandole un brivido. Riconobbe subito quella voce tanto amata e
famigliare,
che adesso le giungeva diretta, senza mura che l’attutissero,
che la rendessero
lontana e inafferrabile.
- Sei... il mio Angelo? Il mio Maestro?
Christine
scosse il capo, incredula. Colui che l’aveva guidata,
accudita e protetta per
tutti quegli anni, era proprio lì di fronte a lei, in carne ed ossa! Non era uno spirito, ma
un uomo!
- Christine...
- Chi sei in realtà? Qual è il tuo nome?
– chiese, trovando il coraggio di
accorciare le distanze fra loro. Non sapeva ben definire quali emozioni
le si
agitavano nel petto e che quasi le dolevano. Si sentiva così
smarrita!
In
quel momento desiderava solo scoprire chi avesse davanti, svelare
finalmente la
vera identità dell’amato Angelo.
Osservò l’uomo che le stava dinanzi e
provò ad
indovinarne l’aspetto dietro quella maschera bianca, che
rifletteva il fuoco
mobile delle candele. Aveva un qualcosa di speciale, di ipnotico, che
l’attraeva e la seduceva.
- Il mio nome è Erik – le rispose infine.
- Non sei un angelo...
- Lo sono per te.
Christine
fece un altro passo avanti e vide un’ombra oscurare quegli
occhi screziati di
grigio, che rese lo sguardo ancora più profondo e
tormentato. Chi era
quell’uomo che l’aveva condotta via con
sé, chissà dove?
- Erik – pronunciò in un sussurro. Le piaceva quel
nome, aveva un bel suono.
- Oh Christine...
Rabbrividì.
Quella voce così ammaliante non poteva che appartenere al
suo maestro, al suo
Angelo. Non aveva più dubbi!
- Dove siamo? – gli chiese ancora – Che... che
intenzioni hai?
Erik
allungò una mano verso di lei, ma appena la vide
indietreggiare, la arrestò a
mezz’aria.
- Non devi avere paura di me. Non ti farei mai del male. Qui sei al
sicuro, mia
Musa.
Christine
gettò una veloce occhiata a destra e a sinistra, spostando
il peso del corpo da
un piede all’altro.
- Qui... Dove?
- Nei sotterranei dell’Opera – le rispose
– a casa mia.
- Perché mi hai portata qui?
Erik
le scoccò un’occhiata piena di sottintesi.
- Sei tu che hai seguito me – disse – io non ho
fatto altro che tenderti la
mano.
Christine
avvampò. Si era lasciata talmente incantare dalla voce del
suo Maestro, che il
desiderio di toccarlo, di sentirlo reale accanto a sé, aveva
annullato la
realtà e messo a tacere il buon senso. Anche la gioia di
aver rivisto il suo
caro Raoul era svanita come uno sbuffo di fumo in cielo.
- Perché mi hai mentito? – Christine si
abbracciò il busto, ricacciando
indietro le lacrime – per tutti questi anni ho creduto che tu
fossi davvero un Angelo,
un’entità ultraterrena! – scosse il capo
– quante volte avrei voluto vederti,
quante volte avrei voluto che tu mi abbracciassi...
- Christine... – la voce di Erik era carica di dolore e
rammarico – ci sono
così tante cose che non sai, che non puoi nemmeno
lontanamente immaginare.
- Spiegamele, allora! Sei tu il Fantasma dell’Opera?
- Sì.
Suo
malgrado, Christine tremò di paura. Com’era
possibile che il suo amato Angelo
della Musica e il famigerato Fantasma dell’Opera fossero la
stessa persona? Le
sembrò tutto così assurdo!
Le
tornarono alla mente le parole di Joseph Buquet e a quanto la figura
del
Fantasma l’avesse terrorizzata in tutti quegli anni.
Guardò meglio l’uomo che
le stava di fronte e nonostante la sua figura altera e la maschera che
gli
copriva metà volto, non lo trovò così
spaventoso come il capo macchinista
voleva far credere.
- Perché vivi qui? – chiese e si guardò
intorno, notando che le statue avevano
la parte destra del volto coperta da una benda nera. “Deve
sentirsi così solo...”.
Erik
le tese la mano, in un gesto che pareva quasi una supplica.
- Risponderò a tutte le tue domande, Christine. Vieni con me.
Osservò
quella mano e notò subito che non indossava più i
guanti neri. Istintivamente
l’afferrò e la sentì forte e calda,
come l’aveva sempre immaginata. Si strinse
intorno alla sua con delicatezza e la trasse a sé, tenendola
saldamente. Le
guance di Christine s’imporporarono di nuovo e il ricordo di
quelle braccia
avvinte al suo corpo le provocarono un fremito. Se si concentrava,
sentiva ancora
la delicatezza delle sue carezze.
Erik
l’accompagnò accanto all’organo e
avvicinò il volto al suo. Christine ne
avvertì il respiro sulla pelle e per un istante chiuse gli
occhi, assaporando
quella sensazione indefinita a cui non era in grado di dare un nome. Li
riaprì
solo quando il suo Maestro si allontanò e prese posto sulla
seggiola di pelle.
Il lago sussurrava alle loro spalle e un gocciolio lontano riempiva il
silenzio
immoto di quella dimora dimenticata da Dio.
Erik
posò le mani sulla tastiera dell’organo,
drizzò il capo, socchiuse gli occhi e,
infine, suonò. Appena la musica riempì
l’aria e la fece fremere, Christine si
portò una mano alle labbra. Lacrime caldissime abbandonarono
le ciglia nere, le
rigarono il volto contratto in un’espressione di gioia e
dolore, di sollievo e
angoscia.
Quella
era la melodia che aveva udito la prima volta che il suo Angelo aveva
cantato
per lei, riscaldando l’aria fredda della cappella. Non
l’avrebbe mai
dimenticata, tanto era accogliente e consolatoria. Abbassò
le palpebre e
ricordò tutte le notti in cui era sgattaiolata fuori dalla
propria stanza,
aveva attraversato l’Opera avvolta dalle tenebre e aveva
acceso un cero davanti
l’immagine dell’Angelo. Il cuore le
tremò nel petto ed ebbe la sensazione che
le gambe non la sorreggessero più. “L’Angelo
è qui con me... qui con me!”
pensò e nell’esatto istante in cui risollevava
le palpebre, la musica si spense. Erik era lì che la
osservava, con gli occhi
freddi come l’inverno e colmi di una dolcezza che quasi le
fece paura.
Christine
prese aria e gli si sedette accanto, sfiorandogli una mano.
- Perché ti sei mostrato a me solo ora? – chiese
– dovrei odiarti per avermi
mentito in tutti questi anni!
L’uomo
contrasse la mascella e un sentimento di puro dolore gli
ottenebrò lo sguardo.
- Perché saresti fuggita via – le rispose.
- Cosa? E perché mai? – scosse il capo e anche
l’altra mano andò a posarsi su
quella di Erik.
- Il mondo in cui hai sempre vissuto mi è precluso, mentre
questo in cui vivo
io è... troppo oscuro per te.
Christine
increspò le labbra e lanciò un’altra
furtiva occhiata al tetro ambiente che la
circondava.
- Per quale motivo non puoi vivere alla luce del Sole? –
chiese di nuovo e non
poté fare a meno di osservare con insistenza quella maschera
bianca che aveva
sul viso.
Erik
si concesse un sorriso amaro, mentre i suoi occhi si accendevano
d’ira. Un’ira,
quella, che avrebbe bruciato il mondo intero!
- Christine... per il mondo io sono il
Figlio del Diavolo!
- Co-cosa significa?
Avrebbe
voluto scostarsi da lui, ma il desiderio di conoscerlo, di sapere
finalmente
chi fosse il suo Angelo, vinse sulla paura che le aveva rapito il cuore.
- Indosso questa maschera per nascondere ciò che sono
– la voce di Erik
s’incrinò – per nascondere... un mostro.
Christine
abbassò lo sguardo sui tasti dell’organo, sugli
spartiti sparsi vergati con
inchiostro rosso e cercò una spiegazione, tentò
di immaginare a cosa si
riferisse con la parola “mostro”. Possibile che il
suo Angelo, una creatura che
possedeva una voce talmente bella, potesse essere in realtà
una creatura
infernale?
S’inumidì
le labbra e raccolse il coraggio a due mani, costringendosi a guardarlo
di
nuovo. In quegli occhi ci vedeva solo uno sconfinato dolore, ma non vi
era
alcuna traccia di cattiveria!
- Hai sofferto, Erik? – le parole fuggirono via dalle sue
labbra – ti sei
sentito solo... come me?
Una
lacrima rigò il volto dell’uomo, ma non rispose.
- Christine... potrai mai perdonarmi per averti mentito?
Christine
gli carezzò il viso e lo sentì abbandonarsi
contro il suo palmo, sospirando di
sollievo. “È forse la
prima carezza che
ricevi in vita tua? Oh povero, povero Erik!”.
- Non potrei mai odiarti, Angelo – sussurrò.
- E amarmi?
- Come...?
Erik
le trattenne la mano sulla propria guancia, catturandola con il suo
sguardo
tempestoso. Qualcosa in lui era mutato e pareva pervaso da un impeto
quasi
febbrile.
- Non sono un mostro, Christine. Se solo mi dessi la
possibilità di dimostrarti
che dietro queste fattezze si nasconde un uomo... un uomo che ti ama e
che
farebbe di tutto per renderti felice! – le sfiorò
i capelli con la stessa
delicatezza con cui si carezza un fiore – avevo paura,
Christine... paura che
fuggissi via da me una volta scoperta la mia vera identità.
Eri convinta di
essere protetta da un Angelo, ma adesso hai scoperto che ad amarti
è la più
misera delle creature!
Riprese
a piangere, baciandole la mano con infinita dolcezza. Christine gli si
accostò
ancora di più e adagiò il capo contro la sua
spalla. Chiuse gli occhi e
l’immagine del suo Maestro si sovrappose a quella di Raoul, i
sentimenti che
provava si confusero e si dissolsero l’uno
nell’altro.
Amarlo...
poteva riuscirci? Poteva accogliere una passione e un sentimento tale,
che
ardevano come le fiamme dell’Inferno, che si manifestavano in
una musica straordinaria
e sovrumana? Christine tremò e si sentì come
perduta dinanzi ad una creatura
così sublime che le stava giurando amore.
- Erik – chiamò, risollevando il capo per
guardarlo – vorrei conoscere il tuo
volto.
A
quelle parole, il Fantasma si ritrasse. Si risollevò e
l’orrore riempì il suo
sguardo.
- Mai – la sua voce
divenne tremenda
e parve giungere dai recessi più oscuri
dell’Inferno. Riecheggiò in ogni dove,
solcò le acque e vibrò nell’aria per
lunghi istanti, perdendosi in infiniti
echi.
Christine
balzò in piedi e provò ad avvicinarsi, ma uno
sguardo tagliente bastò a
inchiodarla lì dov’era. La reazione di Erik non
aveva fatto altro che
incrementare la sua curiosità e, adesso, più di
ogni altra cosa desiderava vedere
il volto del suo Maestro. Possibile che fosse così
spaventoso? “Anche se fosse, io non
fuggirò!”.
- Perché non vuoi che ti veda? – gli chiese
– perché vuoi nasconderti da me?
- Susciterei in te solo orrore. È stata mia
madre a farmi dono della mia prima maschera... nemmeno lei
sopportava la
vista del mio volto!
- Come puoi chiedermi di amarti se mi nascondi una parte di te?
– Christine
avanzò di un passo, stringendo con forza i pugni.
- Amami per ciò che rappresento, non per ciò che
sono in realtà. Lascia che
continui ad essere il tuo Angelo.
- Invece devi fidarti di me, Erik!
L’uomo
le bloccò i polsi, che lei aveva teso verso il suo volto,
verso quella maschera
che desiderava solo strappare via. Il cuore le strepitava nel petto, il
respiro
affannoso sfuggiva dalle labbra dischiuse.
- Non ho mai riposto fiducia in nessuno, Christine – le
rispose, pacato – e nessuno
ha mai voluto farlo con me. Io... ho commesso azioni terribili, in
passato.
Azioni degne del Figlio del Diavolo!
Christine
rimase in silenzio. Non sapeva cosa rispondere o semplicemente pensare.
Il
senso di smarrimento che stava provando in quel momento era talmente
forte, che
le toglieva il respiro.
All’improvviso,
come un fulmine che illumina un cielo senza stelle, capì
finalmente che davanti
a lei non c’era la persona che aveva imparato a conoscere e
ad amare, che in
cuor suo aveva idealizzato e innalzato a Santo. Prese aria e
desiderò con tutta
se stessa che quello non fosse altro che un sogno dai contorni sfumati.
Abbassò
le braccia e le abbandonò lungo i fianchi, ascoltando i
battiti impazziti del
proprio cuore. Un ricciolo castano le cadde davanti agli occhi e le
solleticò
la pelle della fronte.
“In
tutti questi anni,
quest’uomo è stato il mio Angelo” si disse ad un
tratto,
stringendo con forza i pugni pallidi, “non
mi ha mai fatto del male, ma mi ha protetta e consolata”.
Christine
risollevò il volto e, di nuovo, incontrò le iridi
chiare di Erik. Ci si perse
in quello sguardo ardente e fisso, che chissà quali altri
segreti nascondeva.
- Desidero vederti lo stesso – disse infine e
avanzò di un passo – se vuoi che
resti, che accetti il tuo amore... voglio conoscerti.
Questa
volta, Erik non si scompose e rimase fermo e immobile come se si fosse
tramutato in una statua. In una di quelle tristi statue che Christine
vedeva
ogni volta al cimitero, quando andava a trovare il suo amato padre.
- Una volta che mi avrai visto, sarai legata a me per sempre
– le disse, gelido
– sarai legata a me... senza scampo!
Christine
annuì e trattenne il respiro. La paura le
s’insinuò nell’animo,
strisciò come
una serpe fra i suoi pensieri, fra quei timori che le stringevano le
viscere
fino a farle male.
Ad
un tratto, però, le sopracciglia scure
s’incontrarono sul pallore della fronte
e le labbra si schiusero per fermarlo, per dire al suo Angelo che non
desiderava
più vederlo in viso. Ma la voce non uscì e le
mani di Erik si posarono
irrimediabilmente sulla maschera di porcellana. La sollevarono piano e
rivelarono le vere e terribili fattezze del Fantasma
dell’Opera, dell’Angelo
che davanti a lei si era trasformato in un Demone.
Christine
volse subito il capo e serrò gli occhi, singhiozzando.
Quell’immagine l’avrebbe
perseguitata in eterno!
- Christine...
Una
lacrima le rigò la guancia. Quale errore aveva commesso!
“Non
potrò mai amarti,
Erik... mai!”.
Deep
into a dying day
I
took a step outside an innocence heart
Prepare
to hate me
Fall
when I may
This
night will hurt you like never before
-
Wish I had an Angel,
Nightwish -
Angolino
dell’autrice:
Ciao a tutti!
Come avrete
capito, ho scritto un “what if?”
sul risveglio di Christine nella Dimora del Lago. Se ben ricordate,
dopo aver
ripreso conoscenza, la nostra Soprano ha avuto la geniale idea di
avvicinarsi
al suo Angelo e di strappargli la maschera dal viso. Diciamo che a me,
quella
scena, non è mai andata giù e ho immaginato uno
svolgimento diverso, anche se
alla fine il finale resta pressappoco immutato.
Che dire? Non
apprezzo molto il personaggio
di Christine – che qui è decisamente OOC
– ma ho tentato di “riscattarla” e di
vederla sotto un’altra ottica... oh, beh, io almeno
c’ho provato :P
Volevo spendere
due parole sulla figura di
Erik: ai fini della trama ho creato una sorta di cross-over (?) con il
personaggio del libro e, per questo, rispetto a quello del film
può sembrare un
po’ diverso. Chi ha letto il romanzo, sa che prima di
arrivare a strappargli la
maschera, lui e Christine hanno uno scambio di battute, che ho usato
come linea
guida generale.
Non sono del
tutto certa di aver scritto un
qualcosa di davvero sensato, per cui vi sarei immensamente grata se mi
faceste
sapere cosa ne pensate...!
Tanto
lo so già che finirò impiccata ad un lampadario...
p.s.: il titolo
è ripreso (e corretto) dall’originale
“Stranger than
you dreamt it”.