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Autore: Leonhard    21/03/2016    3 recensioni
Cos'è successo prima? Cos'è successo dopo?
Questa raccolta di OS ripercorre i giorni che nessuno ha visto. Il prima della guerra ed il dopo, la partenza ed il ritorno dei dieci guerrieri dell'Armonia
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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FIRION


Si era parlato di un sacco di cose durante la riunione dei membri di quelli che una volta era il gruppo di ribelli: erano diventato un comitato di restauro subito dopo i festeggiamenti e l'incessante lavoro che imponeva tale iniziativa non lasciava molto tempo ai ricordi.

Firion, Maria e Guy erano diventati gli occhi, le orecchie e le braccia di Hilda: si spostavano di città in città, paese in paese, provincia in provincia che ancora non avevano avuto il tempo di pensare loro stessi, a come l'esperienza con Mateus li avesse cambiati, a tutti i compagni...gli amici che avevano sacrificato la loro vita spinti dalla fede nelle loro capacità. Firion aveva avuto a malapena il tempo di rallegrarsi al pensiero che avevano esaudito il loro ultimo desiderio, ovvero fermare l'Imperatore: ormai loro erano in pace.

Del resto, era assurdo che dovessero combattere Mateus anche nell'aldilà...no?

Si stava godendo uno dei rari momenti di pausa: la sacralità del pranzo era una cosa che Guy per primo adorava e non gli era parso vero quando li avevano informati che i lavori si sarebbero interrotti per due ore. Firion aveva mangiato rapidamente e si era ritirato sulla collina: da quell'altezza poteva vedere il panorama di un mondo finalmente in pace, luminoso e quieto, accarezzato da una pacifica brezza fresca. Riscoprì le piccole gioie dei suoni e colori della natura da cui era stato brutalmente strappato via da Fynn quel giorno: il fruscio del vento contro le fronde degli alberi, il lieto cantare delle cicale, il ronzio di un sonacchioso calabrone che gli passò accanto e tirò dritto, non trovando nulla di particolarmente interessante in quel ragazzone in armatura circondato da armi di ogni tipo.

Si volse verso la tavolata poco lontana: Guy stava russando amabilmente sul tavolo, e Maria era intenta ad intrattenere i bambini del villaggio. Guardandola si scoprì a pensare a Leon: chissà dov'era finito, se stava bene e semmai sarebbe arrivato il giorno in cui fosse riuscito a pendonare sé stesso per quella fame di potere che l'aveva spinto tra le file di Mateus. Poteva intuire che il Cavaliere Nero fosse ancora presente in lui e per questo non aveva fatto questioni quando aveva deciso di andarsene.

Maria era distrutta ed affogava la sua ansia nel lavoro di ristrutturazione. Era di notte il problema: quando tutto quello che c'era da fare era rilassarsi e pensare al giorno dopo, l'aveva sentita parecchie volte piangere e chiamare il fratello con una voce così sofferente e bisognosa da far scendere anche a lui qualche lacrima. Quella guerra ci avrebbe messo un po' a finire del tutto e non sarebbe stato indolore.

“Firion...” si sentì chiamare. Si volse e davanti a lui comparve Hilda; arrossì di botto e distolse immediatamente lo sguardo. Quella volta non era stata veramente lei, ma da quando aveva cercato di sedurlo, dopo il salvataggio dalla Dreadnought, faticava anche solo a guardarla in faccia.

“Imperatrice Hilda...” salutò rispettosamente. La donna emise una risatina e si avvicinò.

“Era una Lamia, Firion” rimbeccò; non c'era nessun rancore nella voce, ma solo il soddisfatto divertimento di una donna in grado di far arrossire un ragazzo come lui. “E poi adesso sono sposata: una relazione extraconiugale sarebbe deleteria da ogni punto di vista”. Il ragazzo scosse la testa e cercò di dire qualcosa che nemmeno lui sapeva. L'imperatrice lo fermò con un cenno della mano.

“Come sta andando la restaurazione?” chiese, aprendo finalmente un discorso che non facesse andare Firion nel pallone. Sospirò.

“Abbiamo molto lavoro da fare” disse. “Ci sono intere aree da ricostruire, bocche da sfamare...ne avremo per un bel po'...”.

“Avevo pensato di nominare dei ministri che gestiscano queste aree...” cominciò lei, soprappensiero. “Ministri che abbiano pieno potere sull'area e sulla popolazione, ma che rispondano direttamente a me”.

“Mi sembra un'idea eccellente” annuì il ragazzo. “E nel caso di difficoltà o di pericolo l'impero avrebbe modo di correre in soccorso”.

“Il fatto è che non posso mettere a ricoprire cariche così importanti il primo che passa” continuò Hilda. “E va anche detto che la corte non ha così tanti ministri da impiegare nelle provincie, a meno di svuotarmi la corte e far rimanere la capitale un po' troppo indifesa”. Mentre parlava occhieggiava nella sua direzione e lui si chiese il motivo.

“Quindi cosa intende fare?” chiese. La donna sorrise.

“Beh, di tutti gli uomini fidati di cui dispongo voi tre siete quelli di cui mi fido di più” disse. “Quindi vorrei chiederti se te la senti di ricoprire la carica di ministro in una provincia: avevo pensato di farti reggere Altair, ma naturalmente se hai altre preferenze...”. S'interruppe; Firion la stava guardando con un'espressione incredula. L'ari attorno a loro stagnò per qualche secondo, poi parlò.

“Mi sta mettendo...al governo di una provincia?” mormorò. Hilda annuì.

“E ti sto conferendo pieni poteri” puntualizzò. “Gli unici a cui dovrai sottostare sarà la corte imperiale di Fynn, quindi a me e a Gordon. Farò la stessa offerta a Maria, ma a Guy chiederò di sottostare anche ad uno di voi due: perdonami, ma non mi ha mai dato l'impressione di un uomo con un intelletto molto acuto”.

“Hilda, io sono un soldato” disse Firion, dimentico del fatto di star parlando con l'imperatrice. “Non credo di essere fatto per reggere un paese”. Lei annuì comprensiva.

“Posso capire che l'idea ti scuote, ma ho veramente bisogno di uomini; la ribellione è stata faticosa, ma ormai avrete capito da soli che ricostruire un mondo devastato da un tiranno è molto peggio” disse. “Non si tratta più di far parlare le spade, Firion: adesso bisogna agire con diplomazia e studiare le mosse in maniera molto più accurata. Non posso più rivolgermi a persone in grado di combattere, ma a persone che siano anche giuste. Il tuo senso di correttezza è sempre stato esemplare ed è anche grazie a questo che siete stati proprio voi a sconfiggere Mateus anche nel castello del Pandaemonium”.

Hilda guardò Firion e si sentì intenerire: sul volto era dipinta un'espressione turbata, impaurita. Per un breve istante non vide in lui l'eroe che aveva ucciso il tiranno, ma un ragazzo appena diciassettenne a cui stava offrendo una responsabilità che molto probabilmente non sarebbe riuscito a gestire. Ma dall'altra parte non aveva scelta: era un'imperatrice ed aveva imparato a spese sue che quella carica comprendeva anche il dover prendere decisioni, non per convenienza ma per correttezza e talvolta per necessità.

“Capisco il tuo turbamento, Firion: dico davvero” disse. “Non insisterei così tanto se non fossi con l'acqua alla gola”. Lo guardò impallidire e strinse le labbra. “Ti lascerò tempo fino a stasera per pensarci: spero che per quel momento tu acconsenta a questa carica o che mi porti una valida alternativa. Sei stato un leale soldato e sei un fedele amico: ti prego, non costringermi ad ordinartelo”.

Firion rimase solo con i suoi dubbi ed i suoi nuovi pensieri: lui alla guida di un paese.

Lui.

Tornò a guardare il panorama davanti a lui, senza tuttavia riuscire a goderselo come prima. Il potere dava alla testa, questo l'aveva sempre saputo, ed una lunga sfilza di nomi lo provavano: lui avrebbe avuto il potere di fare del bene, ma sarebbe stato in grado di gestirlo? E se quel potere avesse risvegliato in lui il desiderio di più potere? Sarebbe arrivato mai a fare come Mateus, a vendere l'anima al diavolo per ottenerlo?

Il vento gli smosse il mantello e, qualche secondo dopo, a pochi passi da lui comparve un fiore: nacque, crebbe e sbocciò nel giro di pochi secondi, con movimenti talmente armonici da sembrare un evento normale. Il ragazzo scattò in piedi, stupito da una simile visione, e si trovò davanti una donna.

Una calda, pulsante luce circondava i suoi capelli dorati e l'espressione benevola nei suoi occhi azzurri scacciò tutti i dubbi e tutti gli affanni che le parole di Hilda gli avevano dato. Un abito bianco le copriva il corpo snello ed un velo di tulle sottile circondava le braccia candide.

“Firion?” chiamò. La sua voce era calda, dolce, ma distante come se provenisse dall'altra parte di un tunnel. “Io sono Cosmos, la dea dell'Armonia”. Il ragazzo apparve spaesato: scrutò la donna con occhi stupiti e lei restituì un'espressione benevola. Con movimenti lenti si chinò e colse il fiore ai suoi piedi: era grande e ricoglioso, di un bel rosso acceso. Accostò il fiore al volto ed assaporò il profumo. “È molto gradevole, non pensi?”.

“Ah...ehm...beh, io...” balbettò il ragazzo, confuso. La donna emise una risata, bella e limpida.

“Non devi sentirti a disagio, Firon” disse. “Sono qui perché ho bisogno dei tuo aiuto”.

“Il mio aiuto?” ripetè il ragazzo. Parve riprendere coscienza di sé: s'inginocchiò e cercò di dare alla voce la sicurezza e la compostezza del soldato che era diventato. “In cosa posso essere utile, mia signora?”.

“Oh, non c'è bisogno di tutto questo” disse la voce della dea. “Alzati: puoi chiamarmi Cosmos, se ti aggrada”. Il ragazzo obbedì e rimase in ascolto. “Ho bisogno che tu prenda parte ad una guerra”.

“Una guerra, Cosmos?” ripetè lui.

“Sì” annuì. “Contro il dio della Discordia...Chaos”. Quel nome gli era nuovo, ma il fatto che fosse anch'esso un dio gli diede una chiara idea di cosa avrebbe dovuto affrontare. “Sta seminando la distruzione tra le mie armate: sono quasi tutti caduti sotto i colpi dei suoi campioni. In questo momento sto radunando le poche forze che ho ancora a disposizione, ma non resisteranno a lungo”. L'espressione sul suo volto si era fatta sconsolata ed un velo di mortificazione comparve nei suoi occhi.

“Vuoi che io prenda parte a questa guerra?” chiese Firion. “Io...non credo di avere le capacità di ribaltare le sorti di uno scontro come questo...”.

“Non sarai solo” puntualizzò Cosmos. “Avrai al tuo fianco dei compagni che ti daranno supporto: li sto arruolando in questo momento”.

“Veramente...io qui...” cominciò lui, ma s'interruppe: non sapeva se fosse saggio dire ad una dea che aveva altro da fare. Lei tuttavia sorrise.

“So che sei impegnato a ricostruire il tuo mondo: quello che è successo qui è una conseguenza dell'operato di Chaos” disse. “Se preferisci restare qui, lo capirò e non ti obbligherò a seguirmi. Ma vorrei che tu sapessi che se dovessimo fallire...se io dovessi perdere la guerra...tutti i mondi sprofonderebbero nella rovina più oscura e non esisterebbe più nulla in grado di sconfiggerla.

“A differenza dell'imperatrice Hilda, temo di non poterti dare molto tempo per pensarci, Firion...”. Il ragazzo la interruppe scuotendo la testa.

“Non ne ho bisogno, Cosmos” disse. “Verrò: lo farò per te e per il mio mondo”. Il viso della dea si schiuse un un candido sorriso e la luce attorno a lei si fece più intensa. Gli porse il fiore.

“Prendilo” disse. “Credo che tu debba conservare un piccolo frammento del tuo mondo...finchè non tornerai qui”.

Firion prese il fiore ed annuì. Finché non ritornerò qui.

(Se ritornerò qui) pensò, mentre la luce sprigionata dalla dea lo accecava, avvolgendolo sempre più.



NOTA DELL'AUTORE:

Ed anche Firion è stato arruolato. Ho voluto dargli una personalità più matura, ma comunque provata dalla guerra contro Mateus appena conclusa piuttosto che il carattere da sempliciotto con cui affronta le vicende del secondo capitolo: spero di aver fatto un buon lavoro, ma soprattutto coerente.

Il prossimo che verrà arruolato sarà Luneth, il Cavalier Cipolla: per lui prevedo un lavoraccio, perché è l'ultimo capitolo su cui sono riuscito a mettere su le mani...

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Leonhard
   
 
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