Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
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Autore: KiarettaScrittrice92    23/03/2016    9 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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La pioggia

«Miraculous Ladybug!» disse la giovane eroina lanciando in aria l’ombrello, che aveva appena usato per sconfiggere il nemico, riportando tutto alla normalità.
«Ah Ladybug! Sei fantastica!» esclamò Chloé abbracciandola in un moto di euforia.
La super eroina la allontanò scocciata. 
«Io vado… Arrivederci!» disse poi, uscendo dalla classe di fisica del collège e andando verso l’ingresso dell’edificio. 
«Ladybug, aspetta…!» le urlò dietro il ragazzo biondo, infilato nella sua tutina nera aderente, ma la ragazza era già lontana.
Aveva abbastanza tempo per tornare a casa ancora sotto l’aspetto di Ladybug, e ne voleva approfittare, così poi si sarebbe riposata. Arrivata all’ingresso però si fermò: pioveva.
«Accidenti, mi serviva proprio quell’ombrello…» borbottò, ripensando al Lucky Charm che aveva usato per la battaglia appena vinta.
«Hai bisogno di aiuto, my lady?»
La ragazza si girò e vide Chat Noir aprire un ombrello nero e porgerglielo.
Fece per prenderlo e, nel farlo, gli sfiorò la mano guantata e munita di artigli. Per un attimo all’immagine dell’eroe felino, si era sostituita quella del bel modello Adrien Agreste, ma anche quando si riscosse dalla sua immaginazione e ricominciò a vedere il suo compagno di avventura nella sua tuta di pelle nera, il suo cuore non smetteva di martellarle nel petto.
Perché? Perché tutt’a un tratto trovava Chat Noir… Attraente?!

 

La ragazza prese l’ombrello dalle sue grinfie, la sua mano guantata di rosso aveva un tocco delicato, un tocco che per un’attimo gli ricordò la sua migliore amica.
Il suo cuore batteva furioso. Come poteva una semplice ragazza, di cui non sapeva nulla, farlo sentire così?
I suoi pensieri furono interrotti dalla sua voce sommessa.
«Chat Noir… Non puoi accompagnarmi… Altrimenti…» sembrava non riuscisse a parlare.
«No, no, – disse scuotendo le mani come segno di negazione – io vado a casa mia. Tu prendi pure l’ombrello. Au revoir, my lady!» concluse facendole l’occhiolino, per poi fuggire via sotto la pioggia.

 

Ladybug lo seguì con lo sguardo, finché non lo perse di vista, ma anche dopo rimase qualche secondo come imbambolata. Fu il suono del suo orecchino a riscuoterla dal torpore di qualcosa che non comprendeva ancora. Il tempo di Ladybug stava per scadere.
Tenne saldo l’ombrello che le aveva dato Chat Noir, scese le scale della scuola e con passo svelto attraversò la strada, ritrovandosi così davanti alla panetteria. A quel punto lanciò lo yo-yo verso la ringhiera della veranda, proprio sopra camera sua e si issò.
Solo quando fu al sicuro nella botola che portava nella sua camera, Ladybug chiuse l’ombrello e lo lasciò lì fuori, sotto la tettoia, a scolare l’acqua che aveva accumulato.
Scese la scala e i suoi orecchini esalarono il loro ultimo respiro, gettando fuori un piccolo esserino rosso a pois neri e facendo tornare lei con il suo aspetto normale.
Marinette prese al volo la sua piccola kwami.
«Riposati Tikki… – le sussurrò – Domani mattina facciamo scorpacciata di biscotti.» poi le diede un bacino sulla testolina e la posò nel piccolo giaciglio che aveva costruito apposta per lei molto tempo prima.
Anche lei era stanca e, senza neanche avere la forza di cambiarsi, si buttò sul letto e si addormentò.

 

Chat Noir si gettò dentro la finestra appena in tempo: nel momento in cui i suoi piedi toccarono terra la trasformazione finì e un piccolo gattino nero schizzò fuori dal suo anello, mostrando un Adrien alquanto provato e soprattutto fradicio.
«Mi spieghi com’è possibile che anche i miei vestiti normali sono bagnati? Accidenti!» protestò lui.
«Non ne ho idea… – rispose il piccolo kwami nero – Comunque ora io mi mangio il mio bel pezzo di camembert e me ne vado a dormire.»
«Sì, sì… Ok… – rispose il biondo per poi fare un sonoro starnuto – Maledizione! Spero di non essermi preso qualcosa!» protestò.
Si diresse in bagno e si tolse i vestiti bagnati, per poi gettarsi sotto la doccia, mettendo l’acqua calda. 
Era una sensazione davvero piacevole. Sembrava che tutto il freddo accumulato nel prendere la pioggia, si stesse sciogliendo sotto l’acqua calda e sotto il pensiero che per la prima volta Ladybug era arrossita ad un suo gesto. 
Sì, l’aveva notata: mentre gli stava prendendo l’ombrello dalle mani, era arrossita. Non sapeva perché, ma forse ce l’aveva fatta, forse era riuscito a fare una piccola breccia nel suo cuore.
Chiuse l’acqua della doccia, si asciugò per bene e si mise il suo pigiama verde di lino. Poi con uno sbadiglio, e un’altro starnuto, si mise sotto le coperte e cadde quasi subito tra le braccia di Morfeo.

  
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