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Autore: heuchelei    24/03/2016    0 recensioni
{ 1761 parole // dietrich von lohengrin }
A volte ti dicono che i mostri sono sotto al letto, che, se strizzi gli occhi abbastanza forte e conti fino a cento ー cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto ー scompaiono nell'oscurità.
Perché è proprio lì che ne vede uno: davanti a lui, il bambino insanguinato ー sorridente ー nello specchio. Non basterebbero tutti i numeri del mondo a farlo scomparire.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cain Knightlord, Dietrich von Lohengrin, Isaak Fernand von Kampfer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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katabasis

{ monsters under your bed }

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«Vuole che le racconti una storia, signorino?» Dietrich osserva interessato i plasmarsi delle ombre sulla parete, rincorrersi, sfiorarsi, separarsi alla vivace luce della candela ー sembrano mostri grotteschi, goffe marionette mosse dal diavolo, pronte ad afferrarlo e a trascinarlo all'inferno. Il pensiero lo diverte.
La stanza è buia, come piace a lui e il letto è freddo e cigolante, cosa che lo fa sentire più solo di quanto non sia.
«Non ne ho voglia» sbuffa, lanciando alla cameriera impertinente uno sguardo annoiato e carico di irritazione. Si rigira tra le coperte, il visino angelico corrucciato per l'indolenza. Le storie sono per i bambini «Perché non mi racconti dei mostri, invece?»
Lancia un'occhiata alla ragazza ー giovane, impacciata e bruttina. Probabilmente nuova. Decide che non val la pena chiederle come si chiama ー che sembra impallidire lievemente sotto il suo sguardo dalla puerile innocenza.
Lo infastidisce. Come lo guardano gli adulti, ecco, con quel misto di orrore e compassione che gli si dipinge in volto quando colgono il barlume di folle intelligenza nei suoi occhi. Quando lo trattano come un bambino.
«Perché... beh, è sconveniente. E poi i mostri non esistono» replica lei titubante, agitandosi sulla sedia sotto lo sguardo clinico del bambino. Come un topo in trappola.
«Non è vero» replica lui, blando «Si nascondono sotto al letto e, quando spegni la luce ti afferrano per i capelli, così» le afferra una ciocca di capelli con più forza del necessario «e ti trascinano all'inferno»
Al che, la ragazza lo scruta con occhi grandi e vorrei come tazzine da tè e ridacchia nervosamente, un suono stridulo come il vetro contro la lavagna. Irritante.
Ha sempre odiato la servitù, che lo tratta come un poppante.
Non per molto ancora.
«Non dica sciocchezze» lancia una breve occhiata sotto il lettino e scuote la testa, ancora mortalmente pallida «Se suo padre lo venisse a sapere, si infurierebbe!»
«Non è vero!» strepita lui, cocciuto, dibattendosi nel letto. Chi è quella sgualdrinella per dirgli cosa deve fare?
«Le dico un segreto» la cameriera, tentando di calmarlo, gli fa l'occhiolino, sporgendosi dalla sedia su cui è seduta, le mani che sanno da burro e zucchero e il sorriso intenerito che avrebbe la madre per un figlio «Per farli scomparire, devi solo chiudere gli occhi e contare fino a cento. Facile, no?»

 

Dietrich è invaghito della morte ー gli piace vedere come striscia sui mortali, irrequieta, avviluppando, stringendo fino al silenzio eterno, un ultimo staccato irreversibile, dall'aria greve e tombale. È così lui cuce, stringe, fila, lavora incessantemente, il piccolo artista della morte, che dona grazia ai cadaveri. Ha iniziato leggendo gli spessi tomi di medicina di suo padre, attentamente, con il respiro trattenuto per non danneggiare le pagine intonse e impolverate, sotto la luce tremula e lattiginosa della luna.
L'anatomia degli esseri è affascinante: un insieme di tendini, muscoli, tessuto e sangue complicatamente intessuti a creare un sofisticato sistema di calore, enzimi e pura energia. Un meccanismo perfetto, come lo scoccare di un pendolo, impeccabile e talmente efficiente da sfidare la morte. E lui è come un piccolo dio curioso, che si diverte ad esplorare le sue intricate geografie sospese.
Ha iniziato con i gatti ー piano, nella notte, con uno strano timore nervoso di essere scoperto nella spaziosa e soffocante soffitta, il bisturi nella mano e il sorriso folle sulla faccia, mentre seziona, recide, esamina con precauzione quasi maniacale i preziosi frammenti di vita. Suo padre non ha mai amato i gatti, quelle odiose bestiaccie che miagolano lagnosamente la notte. In un certo senso, gli fa un piacere, e se qualche sacco di pulci scompare misteriosamente, nessuno sembra accorgersene.
Le marionette sono venute dopo ー non sa quando, di preciso, ma la figura umana ha iniziato ad affascinarlo in maniera altrettanto morbosa ー incredibile come la pressione sul nervo giusto possa creare una reazione precisa. A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, dicono, e lui è il brutale dio della sua piccola, contorta realtà di occhi senza volto e membra barbaramente strappate. L'amara ironia.
All'inizio non aveva intenzione di ucciderla. La cameriera era l'unica vagamente sopportabile in tutta la schiera di arcigni e silenziosi servitori, che tremavano alla sola idea di rivolgergli la parola ー e, certo ー aveva avuto la sfortuna di coglierlo nel bel mezzo della notte a 'giocare' nel suo piccolo ed inquietante laboratorio.
Non aveva nessuna scelta se non quella, perciò la ragazza, tremante e terrea per l'orrore, era diventata la sua prima cavia. Non esattamente volontaria, certo, aveva dovuto imbavagliarla per evitare che le sue urla svegliassero qualcuno. Ricorda distintamente che ha continuato a chiamarlo «mostro» fino alla fine. La cosa lo diverte.
Finito l'esperimento, aveva nascosto il corpo nel capanno e a la sua vita era ripresa normalmente, tra noia e accidia.
Nessun senso di colpa.

 

«Dietrich, caro, cosa c'è di così divertente?» una domanda perlopiù casuale, come un anello lasciato cadere per caso.
Sua madre è una creatura gentile e raffinata, ma se guardi bene puoi vedere le borse scure sotto gli occhi e la bocca, storta in una smorfia di malcelata inquietudine.
Troppo gentile per un mondo corrotto.
Dietrich scuote la testa ー gli scompigliati ciuffi castani lucidi al piano lucore delle candele ー e cela un altro sorriso, i fili di marionette stretti nelle sue mani.
«Niente» accarezza il potere che gli fluisce, intossicante, nelle vene «niente, madre»

 

«Monster. Du bist ein verdammt Monster!» le mani di suo padre gli si stringono attorno alla gola in una morsa ferrea, dita sottili che scavano solchi rossi nella carne morbida e ossigeno esce da lui, la vista ormai ridotta ad un panorama sfocato. Suo padre non è mai stato un uomo gentile, ma non ha mai osato alzare le mani su di lui, tantomeno tentando di strozzarlo, ma questo, questo è molto peggio.
Il suo collo sottile scricchiola lugubremente, mente suo padre continua ad occludere la sua trachea, forte, e Dietrich respira fuoco, e le parole gli si impigliano in gola, una tempesta contenuta, pronta ad esplodere.
«Fermo! È nostro figlio!» sua madre ha il volto rigato di lacrime, e tenta disperatamente di far desistere suo marito.
«È un mostro. Un assassino! Ho sempre saputo che questo bambino ha qualcosa di sbagliato» suo padre lo scuote con veemenza, la stanza immersa negli echi della sua rabbia repressa, dolce come fiele, bruciante come tizzoni. È strano, sperimentare di persona le cose che ha passato notti insonni a leggere.
Trenta secondi, stadio della dispnea inspiratoria.
Dietrich sente la vita che lo abbandona lentamente, come un flusso inarrestabile, la sabbia che scorre nella clessidra mentre le sue labbra diventano cianotiche e il volto grigiastro per l'emoglobina accumulata.
Sessanta secondi, stadio della dispnea espiratoria.
Si divincola, scalcia e morde, mentre una cappa scende sui suoi occhi stanchi. Gli arti sono così pesanti.
Novanta secondi, stadio apnoico.
Sente il corpo rallentare, i battiti farsi sempre più radi, i suoni strozzati della sua gola che sembrano coprire i singhiozzi di sua madre.
Centoventi secondi, stadio terminale.
Il suo petto si alza, sconquassato dal l'istinto che lo spinge a vivere, la bocca si storce in cerca di ossigeno che non arriva, gli occhi che si muovono, nell'orrore più assoluto. Ha il sapore della morte sulla lingua, ma, nel profondo, sa che la partita l'ha vita lui anche oggi. Le sue dita si stringono attorno al filo invisibile che lo lega ancora alla vita.
Le sue labbra si curvano in un tetro sorriso cianotico e l'ultimo ricordo che ha di suo padre è l'orrore primigenio scolpito sul suo volto e il lampo di rassegnazione che passa nei suoi occhi prima che i fili lo raggiungano. Una grottesca marionetta vivente.
Un tonfo, il corpo che cade sul pavimento, inerte. È il suo.
Sua madre urla.
Si tendono i fili, cala il sipario.

 

Ha le mani appiccicose ー quell'irritante sensazione di appiccicaticcio che rimane sulle dita quando ti dimentichi di leccare via la marmellata dopo un detour clandestino in cucina. Solo che questa volta ー non sono stato io ー non è la marmellata ad imbrattargli le dita.
La gola gli fa male, come quando prende freddo e deve stare a letto per giorni. Sorride, il volto che riprende pian piano colore e i piedi che lasciano brillanti impronte rosse sul pavimento.
Se ne rende conto molto tempo dopo, gli occhi appannati che si aprono di nuovo ー ore? giorni? anni? ー su una versione vagheggiata della realtà, tinta di incubi e cose che i bambini non dovrebbero vedere. Corpi, pallidi di purezza, gonfi di morte, intonse tele bianche su cui dipingere festoni di rosso. Non ha mai amato la morte così tanto.
A volte ti dicono che i mostri sono sotto al letto, che, se strizzi gli occhi abbastanza forte e conti fino a cento ー cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto ー scompaiono nell'oscurità.
Perché è proprio lì che ne vede uno: davanti a lui, il bambino insanguinato ー sorridente ー nello specchio. Non basterebbero tutti i numeri del mondo a farlo scomparire. 

 

Ovviamente fa in modo che i servitori puliscano perfettamente tutto quel macello, controllando personalmente che non rimanga una singola goccia di sangue.
I corpi sono stati bruciati e ci vorranno giorni prima che quel l'odore dolciastro scompaia definitivamente dalle se narici.
Ha notato come lo guardano le cameriere, con quei volti smunti, privi di espressione, carichi di disgusto e dolore. Tante piccole marionette che si aggiungeranno al suo esercito.
A sette anni, seduto accanto al fuoco, osservando le ceneri dei suoi genitori che bruciano all'inferno, Dietrich si sente un dio.

 

Incontra Cain per la prima volta solo quattro mesi dopo, nella calura estiva, accanto al laghetto. Se davvero esistono gli angeli, quello è probabilmente l'aspetto che dovrebbero avere. Beh, a parte il cilindro.
«Mein Herr?» Isaak socchiude gli occhi, scrutando con interesse gli auto-jager dall'aria grottesca che formano una sorta di corteo accanto a lui. Aggrotta le sopracciglia, con un sorriso affilato «Abbiamo trovato ciò che stavamo cercando»
«Hm? Interessante ~» Cain lo soppesa con un sorriso allegro che porterebbe ingannare tutti tranne lui ー entrambi sono marci dentro, creature perverse dell'oscurità «Io sono Cain ♥︎. Come ti chiami, giovanotto?»
«Dietrich» laconico, lapidario.
«Bene, bene, Dietrich. Ho grandi piani per te, Marionettenspieler. Se mi seguirai, potrai continuare a costruire i tuoi burattini. Per me. Cosa ne dici, Dietrich? ♥︎»
Ha un'espressione angelica, mentre gli tende la mano, ma Dietrich sa che quegli occhi azzurri, folli, nascondono molto più ombre di quante ne mostrino.
E, in quella giornata assolata di quindici anni prima, lontano dal mondo, Dietrich firma il suo contratto con il Diavolo.

 

« meine Ruh' ist hin,
mein Herz ist schwer;
ich finde sie nimmer
und nimmermehr »

[ Faust ー Johann Wolfgang con Goethe ]

 

24.03.16 ー dunque. non scrivobarrapubblico qualcosa da quanto, sei mesi? cosa piuttosto strana per una che era abituata a pubblicare una storia al mese, ma, oh, la scuola non lascia mai tregua a noi buon'anime :")
è abbastanza significativo che io abbia scelto proprio il fandom di tb per la mia grand'entrata, visto che questo manga è da sempre il mio preferito e da tempo macchinavo di tornarci a scrivere.
non che mi aspetti chissà che grande successo, dato che questo piccolo fandom è un po' dimenticato da tutto e da tutti, però 'stella d'inverno' ha avuto ben 350 visite e questo mi lascia ben sperare. insomma, non sarò mica l'unica fan di tb rimasta al mondo, no? /contradditemi, vi prego/
tornando alla storia, già.
da come forse avrete capito, il mio amore per mein Herr non ha confini /nessuno tocca mein Herr u_u/ ma da come si può evincere dal mio profilo, anche dietrich fa la sua porca figura ~
diciamo che ho un debole per lui dalla quarta elementare /quasi dieci anni!/ e ammetto che ho sempre voluto scrivere qualcosa sui miei schizzati preferiti ︎︎︎♥︎
beh, nutro una certa ossessione per gli psicopatici perversi(?), quindi ho passato un'intera settimana ad istruirmi sul passato di die-chan, visto che nella novel non si sa molto e io non so leggere in spagnolo ç___ç 7
beh, insomma, la storia è più o meno la mia rivisitazione del passato di dietrich, da quando uccide i suoi genitori a quando incontra mein Herr ed isaak. la storia è palesemente ricalcata sul Faust di Goethe (o di Marlowe, insomma), perché mi serviva un'ambientazione tedescheggiante(?).
che poi, proprio oggi sono andata fino a padova e ho finalmente trovato il 16 e il 5, che meraviglia *___*
bene, io ho finito! spero che qualche buon'anima si degni di lasciare un commento /su, su, gente, chi non ama dietrich?/ anche perché è un po' un personaggio complesso da gestire, e vorrei sentire qualche opinione un po' diversa!
detto questo, mi dileguo ~
au revoir

nevertheless

  
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