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Autore: Cristin_94    25/03/2016    5 recensioni
Felicity, laureata con il massimo dei voti, si è trasferita a New York per seguire il suo sogno. Lavorare presso un’impresa importante e fare carriera. Voleva rendere fiera di sé sua madre ma, dopo anni di lavori mal pagati, ha deciso di tornare a casa sua.
Oliver Queen, imprenditore presso il Merlin Global, si è buttato a capofitto nel lavoro da quando ha perso sua moglie.
Una notte, però, durante una tempesta di neve, il Destino li fa incontrare ed è colpo di fulmine.. o quasi. Eppure, durante un week end di passione, si raccontano tante bugie. Perché a volte amare fa paura!
Così, quando lei sta per partire, lui arriva troppo tardi e non riesce a fermarla. Vede l’aereo decollare e poi esplodere in volo.
Oliver ha perduto la donna che amava...
Ma se non fosse proprio così?
Hola!!!
Eccomi qui con una ff Olicity! L’ispirazione mi venuta in libreria… Stavo cercando un libro ed ecco che mi sono imbattuta in uno di cui (purtroppo) non ricordo il titolo! Però mentre ne leggevo qualche pagina ho immaginato Oliver e Felicity! E ne uscito ciò!
Ah.. il titolo della ff é una frase tratta dal film “L’ultimo metrò”!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Felicity Smoak, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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24 ottobre 2012, h. 7.30

“Drinnn… Drinnn…”
“Oh no…” bisbigliò Felicity, rigirandosi nel letto. Cacciò un braccio da sotto il piumone e afferrò il cellulare. Aprendo un occhio solo, meccanicamente, staccò la sveglia e si concesse altri due minuti al caldo. Stava bene lì, sotto le coperte, al riparo dal mondo caotico di New York. Al silenzio della sua stanza si era sempre sentita bene, protetta. Una sensazione che a New York non aveva mai provato, né in ufficio, né durante le uscite con le amiche. L’unica con la quale amava trascorrere del tempo era Lyla, la sua coinquilina. Lavorava in una banca. Aveva un lavoro ben retribuito, una sfilza di ragazzi disposti a invitarla a cena e una vita degna di essere chiamata tale.
“Va beh.. alziamoci dai! Oggi devi andare a liberare il tuo ormai "ex" ufficio, Fel!” si disse, sgattaiolando dal letto. Così inforcò le occhiali e indossò un maglione di lana. Faceva freddo quel giorno. Addirittura nevicava. Era la prima volta che nevicava da quando lei era a New York. “Beh.. questa sì che é una bella sorpresa!” disse Felicity, fermandosi alla finestra per ammirare le strade innevate e gli alberi bianchi.
Scese poi in cucina e si mise a fare un bel caffé caldo. La radio intanto l’avvisò che quella che si era abbattuta su New York era una tormenta che aveva già messo k.o. Boston e Washington. “Forse i voli previsti per la giornata odierna subiranno dei ritardi. Ma non ci dovrebbero essere pericoli per i prossimi giorni.” Disse lo spiker. “Menomale!” gli rispose Lei, come se lui stesse attendendo una sua risposta. “Τra tre giorni devo partire! E non vedo l’ora!” mentì. Provava una grande tristezza all’idea di abbandonare New York. Ma non poteva fare altro. Il lavoro era mal pagato. Con quanto guadagnava riusciva a stento ad arrivare a fine mese. Tornare da sua madre sarebbe stata la scelta giusta. “E’ la scelta giusta!” si ripeté per poi andare a farsi una doccia. Si vestì senza dare molto peso a ciò che aveva scelto di indossare e uscì di casa. Si pentì di aver indossato un paio di stivali col tacco: le strade erano scivolose. Sarebbe arrivata tardi a a lavoro, probabilmente. “Poco male! E’ il mio ultimo giorno di lavoro!” si ricordò, cercando di non pensare al groppo che le si era formato in gola. 

 
h 8.00 circa

Quando Oliver entrò in ufficio, non erano ancora scoccate le otto. Era il primo a mettere piede al Merlin Global, come accadeva sempre nell’ultimo anno da quando aveva ripreso a lavorare. Quasi un anno e mezzo prima si era trovato ad accettare quell’impiego per aiutare Τommy. Il giovane Merlin non era mai stato bravo negli affari. La laurea in economia l’aveva presa solo per compiacere suo padre, Malcom Merlin. Ma, quando questo era morto, quasi diciotto mesi prima, non era stato in grado di rilevare l’azienda. Per questo aveva chiesto ad Oliver, il suo fedele migliore amico. E Oliver, dopo averci pensato a lungo aveva accettato. Lui e la sua adorata moglie, Sarah, si sarebbero trasferiti a New York. Lui avrebbe coperto l’incarico di amministratore delegato presso l’azienda dei Merlin e Sarah, di nuovo vicino alla sua famiglia, suo padre e sua sorella, Laurel Lance in Merlin, avrebbe continuato a gestire l’associazione filantropica “Moira e Robert Queen”, nata subito dopo il naufragio dello yacht durante una vacanza qualche anno prima. Tutto sembrava filare per il meglio, quando un pomeriggio, durante una riunione di affari, Gloria era entrata in ufficio e gli aveva bisbigliato che Sarah era in fin di vita. Un pazzo era entrato nella sede della associazione e aveva tentato di rubare tutto ciò che c’era. Lei si era opposta e quel pazzo le aveva sparato senza pietà. E lui non aveva neanche avuto il tempo di raggiungerla. Di dirle quanto l’amava. Era arrivato troppo tardi...
- “Signor Queen, buongiorno! Ecco il suo caffè!” disse Gloria, entrando nel suo ufficio e costringendolo a tornare alla realtà. “Sempre più mattiniero, vedo!”
- “Buongiorno anche a Lei, Gloria. E grazie per il caffè. Ne ho proprio bisogno. Questa notte non ho chiuso occhio.”
- “Beh.. si vede! Ha una faccia.. Senza offesa!” aggiunse poi Gloria.
Oliver la guardò e le sorrise. Conosceva bene Gloria. Lavorava da quasi quarant’anni per i Merlin come segretaria. Era efficiente e discreta. – “Si figuri Gloria, nessuna offesa! Cosa abbiamo oggi?”
- “Una marea di impegni, direi. Alle nove riunione con i rappresentanti del Merlin Global Group asiatico.. Si ricordi poi del pranzo con Isabel Rochev. Dovete discutere degli investimenti circa il settore delle microtecnologie e nel pomeriggio ci sono i colloqui con le nuove possibilii segretarie.”
Oliver sbuffò. Quella sì che era una grana. Per Gloria era arrivato il momento di andare in pensione e lui doveva cercare un’altra segretaria il prima possibile.
- “Bene! Allora mettiamoci sotto. Abbiamo parecchie cose da fare!” disse Oliver, sorseggiando il suo caffé.
 
 
24 ottobre 2012, h. 19.00

Quando Felicity chiuse la porta del suo appartamento alle sue spalle, era completamente distrutta. Aveva passato tutta la giornata a fare pacchi per portare via tutte le sue cose e, mentre liberava il suo ufficio, aveva dovuto ripetere milioni di volte il perché aveva deciso di tornare a Las Vegas tutte le volte che le sue colleghe, improvvisamente carine verso di lei, glielo chiedevano.
“Che inferno!” proclamò Lei, buttandosi sul divano, dopo aver poggiato l'ultimo pacco. “Voglio solo dormire adesso! Anzi no!” disse, alzandosi. “Felicity.. Τra meno di sessanta ore prenderai un aereo e tornerai alla vita dalla quale ti eri illusa di fuggire. Quindi.. almeno questa sera, vedi di divertirti!” Così si alzò, andò nella stanza di Lyla e prese il primo tailleur grigio Rlph Lauren con dei decolté dal tacco vertiginoso. Corse poi a farsi una doccia.
Erano le otto quando, truccata e vestita di tutto punto, uscì di casa. Τime Square l’aspettava.

 
Quando Oliver lasciò l’azienda era distrutto. Prese la sua macchina, una Lamborghini blu scura, e si buttò nel traffico di Manhattan, quell’angolo di New York dove ormai viveva come un automa. Accese la radio mentre percorreva le solite strada che ogni sera lo portavano a casa e, soffocando uno sbadiglio, ascoltava le previsioni meteo. Quella tempesta di neve lo avrebbe fatto compagnia ancora un altro paio di giorni. Incominciò a pensare a quella volta che Lui e la sua sorellina, Τhea, erano stati per la prima volta sulla neve. Si erano divertiti loro due e i loro genitori. Quello era certamente il Natale che ricordava con più piacere. Ricordava perfettamente i giochi con le palle di neve e le serate passate davanti il camino mentre ascoltava suo padre raccontare le favole a Τhea. Si accorse che stava sorridendo. Da quand’è che non lo faceva?
Assorto nei suoi pensieri, si accorse solo all’ultimo momento della giovane donna che stava attraversando la strada davanti a lui.
Si accorse che non aveva tempo di frenare! Sterzò tutto a destra e, pregando un Dio, in cui non era certo di credere, urlò: “Attenta!”


- “Attenta!”
Felicity si fermò di colpo. Poi vide la macchina e, istintivamente, si buttò di lato. L’auto la mancò di poco, salendo sul marciapiede e frenando con un gran stridio di gomme.
- “Pazzo assassinò!” urlò Lei all’automobilista. Però in cuor suo, sapeva che era anche colpa sua. Aveva iniziato a camminare senza meta e si era completamente estraniata rispetto a quello che le stava accadendo intorno.
Oliver scese subito dalla macchina, ancora scosso. - “Come si sente? Sta bene? Si e' fatta male? Lasci che la porti in ospedale.”
- “Sto bene. Non si preoccupi!” gli rispose Lei.
Oliver la aiutò ad alzarsi e per la prima volta Felicity alzò i suoi occhi.
I loro occhi si incrociarono e rimasero lì a guardarsi per un tempo indefinito.
Lui le sorrise. Un istante prima lei non c’era e ora non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Lei ricambiò il sorriso. Un istante prima lo detestava ed ora aveva un’infinita voglia di conoscere quell’uomo.
- “E’ sicura di stare bene?” domandò Lui, goffamente.
- “Sì. Non c’e' bisogno di andare in nessun ospedale.”
- “Beh.. almeno mi conceda d offrirle qualcosa da bere.. per farmi perdonare!” la guardò e aggiunse. “Mi dia solo il tempo di parcheggiare la macchina.”
- “D’accordo.” Gli rispose Lei.
Lui, così, le lasciò il braccio e si avviò alla macchina. Poi, però, decise di tornare indietro. “Oliver Queen.” Le disse, porgendole la mano.
- “Felicity Smoak.”
 

Oliver decise di portarla al Marriott Hotel. Era il bar-ristorante più cult di Τime Square. Felicity se ne accorse subito: la minima sciocchezza costava un occhio della testa! Lui scelse un martini dry; lei un bloody mary.
Il bar era molto tranquillo. L’atmosfera era accogleinte. Ma Felicity era molto nervosa e non riusciva a distendersi. Oliver dal canto suo si chiese: “Ma perché l’ho invitata?” Si sentiva travolto dalla situazione e particolarmente agitato.
Alla luce della candela che illuminava il tavolo, Felicity notò il suo viso stanco e gli occhi velati da un sottile ma evidente strato di tristezza. Però non poté non notare che quell’uomo che stava quasi per investirla era un bell’uomo. Le piaceva. E il cuore, per un qualche arcano motivo, le batteva più forte di quanto avrebbe voluto.
Anche Oliver non riusciva a smettere di guardarla. Cercò di indovinare la sua età. Era certamente più piccola di lui. Stranamente lo invase un senso di protezione nei confronti di quella biondina che aveva quasi investito. Voleva chiederle qualcosa, intavolare un discorso. “D’altra parte sei tu che l’hai invitata qui!” si disse. Eppure riusciva solo a contemplarla. Quella donna lo emozionava. Era una cosa che non accadeva da molto tempo.
- “Allora..” disse poi Lui ad un tratto. “Ho quasi rischiato di investirla, e me ne scuso. Ero distratto e un uomo alla guida non dovrebbe mai esserlo. Ma, dovrebbe ammettere, che anche Lei era un po’ distratta!”
- “E’ una domanda o una affermazione?” gli domandò Lei con un sorriso.
Lui non poté non notare che ogni volta che quella ragazza rideva, le si illuminava tutto il viso.
- “Decida lei.” Le rispose Lui.
- “Beh sì. Pensavo a quanto mi mancherà Manhattan dopo che sarò partita.”
- “Parte? E quando?” domandò Lui.
-“Il 27 ottobre.”
- “Ah.. così presto.” Disse Lui, non riconoscendo neanche lui stesso se la sua fosse stata una domanda o una esclamazione.
- “Beh sì. Oggi è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Starò qui giusto un paio di giorni e poi tornerò alla mia vita. Non c’e' più nulla per me, qui.”
Lui pesò le sue parole. Poi domandò: - “Che lavoro fa?”
- “Lavoro al dipartimento informatico di una piccola azienda. Mi sono laureata al MIΤ.”
- “Wao! Non sapevo che avevo invitato a bere qualcosa a un’esperta informatica!”
- “Sono una donna piena di sorprese!” scherzò lei, bevendo un sorso del blood mary.
- “Non l’ho mai messo in dubbio!” le disse lui, guardandola intensamente.
 
Così, dopo qualche minuto…

Lui: “Ha fratelli o sorelle?
Lei: “Figlia unica. La mia famiglia è mia madre. Siamo solo io e lei. Ma ho sempre sperato di avere una sorella. Deve essere bello.”
Lui: “Lo è. Io ne ho una. E’ la parte migliore di me.”
Oliver sorride pensando a Τhea e lei sorride vedendo lui addolcire la sua espressione.

Lei: “Il suo film preferito?”
Lui: “< Il padrino >. E il suo?”
Lei: “< Le pagine della nostra vita >.”
 
Lui: “Il suo scrittore preferito?”
Lei: “William Shakespire. E il suo?”
Lui: “Dan Brown.”
 
Lui: “Piatto preferito?”
Lei: “Cibi surgelati va bene come risposta?”
Lui: “Andiamo! Un vero piatto preferito!”
Lei: “Le lasagne che mi preparava mia mamma. Non le mangio da anni, però.”
Lui: “Io conosco un ristorante dove cucinano delle ottime lasagne.”
Lei: “Mi dovrà dire il nome. In questi ultimi due giorni a New York potrei farci un salto.”
Lui: “Le do l’indirizzo. O meglio.. potrei accompagnarla.”
 
Lui: “Posto preferito di New York?”
Lei: “Τime Square. Il suo?”
Lui: “Qui, questa sera in sua compagnia, al chiarore delle luci dei grattaceli che brillano nella notte.”
Lei: “Dica la verità? Questa frase la ricicla ogni volta che invita una ragazza a bere qualcosa?”
Lui: “Beccato!”
Lei scoppia a ridere e Lui la guarda estasiato.
 
Rimasero tutta la serata a parlare. L’imbarazzo iniziale era sparito del tutto. Ormai c’erano solo loro due.. e nulla più. Neanche il tempo. La cameriera, con garbo, li avvisò che era ormai sopraggiunto l’orario di chiusura e loro due, imbarazzati, lasciarono il locale dopo aver porto le loro scuse.
Quando scesero in strada nevicava ancora. Felicity alzò lo sguardò e si incantò a vedere i fiocchi di neve scendere dal cielo. Eppure quell’alchimia, quella sintonia che si era creata tra loro, al tavolo illuminato dalla candela, sembrava essersi dissolta alle luci della città.
Entrambi erano impacciati ed imbarazzati.
- “Allora.. c’e' qualcuno che.. che l’aspetta a casa?” domandò Lui.
- “Non questa sera.” rispose Lei, pensando a Lyla.
Oliver la guardò e le domandò: - “Ha un ragazzo?”
- “Secondo lei?” domandò Felicity di rimando.
- “Secondo me una come lei non può che avere la fila di ragazzi interessati.”
- “Può darsi.” Rispose Lei. “E lei?”
- “No.. non ho ragazzi interessati a me!” le rispose Lui, con uno sguardo furbo.
- “Ha capito benissimo cosa intendevo.”
Lui la guardò e le si avvicinò. Sava per dirle di Sarah quando si sentì in colpa per aver passato le ultime ore con una donna che non fosse sua moglie. Si sentiva in colpa per essere attratto da lei. Per aver pensato che potesse essere lei quella giusta con cui iniziare una vita insieme. Per aver creduto di aver avuto un colpo di fulmine per una bellissima donna che gli aveva tagliato la strada una sera innevata a Manhattan. Così le si allontanò e le disse: -“Io.. io sono sposato.”
- “Ah..” riuscì a dire Lei. “Beh.. allora buon rientro a casa e grazie per il bloody mery.”
- “Aspetti!” la fermò Lui.
- “La riaccompagno? Io abito all’incrocio della Brodway con la settima Avenue. Se lei e' di strada…”
- “Non sono di strada, grazie comunque.”
- “Aspetti… Perché non mi lascia il suo numero di telefono, nel caso che..”
- “Nel caso cosa?” domandò Lei. “Non so lei che idea si sia fatto di me ma io non sono quel tipo di ragazza.”
- “Ha ragione. La prego di scusarmi.” Disse Lui, mentre la vedeva allontanarsi. “Grazie per il tempo che mi ha dedicato.” Aggiunse poi più rivolto a se stesso che a Lei.
Oliver si era già pentito per la bugia stessa. Lei non meritava di essere trattata così. E lui meritava una chance con quella bellissima ragazza che lo aveva ipnotizzato dalla prima volta che si erano incontrati. Così le corse dietro. “Senta.. mi dispiace molto per come e'  finita la serata.. Io la trovo fantastica ed era tanto tempo che non stavo bene con qualcuno così!”
- “Sarà felice sua moglie di saperlo!” lo canzonò Lui.
- “Converrà con me che l’unica cosa che abbiamo e' il presente! Non sappiamo cosa ci riserverà il domani… Quindi..”
- “Quindi cosa mi sta proponendo?” domandò Lei, con uno sguardo severo che agli occhi di Oliver la faceva apparire ancora più bella.
- “I giorni che le rimangono qui.. Passiamoli insieme.. tre notti e due giorni. A due condizioni: io non le chiedo niente della sua vita privata e lei fa lo stesso con me. Mia moglie e' fuori quindi..” le propose Oliver.
- “Quindi vada a quel paese!” tagliò corto lei, lasciandolo da solo.



Nota dell’autrice
Salve a tutti! Ecco la mia nuova ff sull’Olicity! Devo dirvi un paio di cose a riguardo: Il titolo del capitolo non è mio… è una frase scritta su una panchina di Central Park. E, per quanto riguarda le strade, le ho prese a caso da internet: non sono ancora mai stata a New York quindi non ci fate molto affidamento! Ho immaginato una tempesta di neve ad ottobre.. il 24! Impossibile.. direte voi! Ma Oliver incontra Felicity nel terzo episodio della prima serie.. andato in onda il 24 ottobre quindi.. immaginiamo pure che ad ottobre sia possibile una tempesta di neve! ;)
Per il resto beh... anche se il capitolo e' finito con Felicity che ha rifilato un due di picche a un Oliver piuttosto imbranato,  vi ho già detto nella descrizione che i nostri due protagonisti avranno il loro week end.. Quindi.. Alla prossima, spero!
 
 
 
   
 
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