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Autore: Akami92    01/04/2009    2 recensioni
[Auguri, vecchia zia! XD]
Era così seccante rimuginare su quanto tempo avesse sprecato in compagnia di quella donna, quando il suo fisico prestante e il suo volto vissuto facevano ancora battere il cuore alle giovani fanciulle di Konoha.
Eh già, aprì gli occhi, era ancora un uomo tremendamente affascinante.

#1. Odiava le donne. Odiava le donne coi capelli neri. Odiava le donne coi capelli neri raccolti in una coda. Odiava Yoshino.
#2. «Tu… tu…» il giovane si tolse la fascia dagli occhi, osservando la ragazza sbalordito. «Tu mi hai…» non sapeva proprio che pesci pigliare.
#3. «Sii ragionevole, sii ragionevole, sii ragionevole…» pregava Mikako, dietro di lei, con le mani congiunte, sperando di non dover assistere a risse di alcun genere: odiava la violenza.
#4. «Sei schizzinoso come una femminuccia.» replicò la voce, femminile.
#5. «Oh… buongiorno, signora Nara.» salutò Yoshino, mettendo temporaneamente da parte gli istinti omicidi e mostrando il suo lato più dolce ed educato. «Sono un’amica di Shikaku. Per caso è in casa?» domandò, inchinandosi.
#6. «No, tu non capisci.» sbottò l’uomo, tenendosi una mano premuta sul mento, in modo da nascondere e proteggere il prezioso pizzetto. «Il pizzetto è tutto ciò che mi rimane del mio essere uomo. Mi hai portato via tutto il resto: il monosopracciglio, gli hentai, il posto a destra del letto matrimoniale… almeno il pizzetto me lo devi lasciare!»
[Shikaku x Yoshino]
Genere: Generale, Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A te che sei la zie Ele

… e la Ele zia.

Banana

Bevve una tazza di tè con un’espressione radiosa stampata sul viso.

Che silenzio.

Non capitava  da secoli, ormai, che in casa aleggiasse una tale calma. Un clima di beata solitudine lo circondava. Non poteva chiedere di meglio.

Shikamaru non era in casa poiché occupato in una noiosissima missione; Yoshino aveva deciso che quel giorno era “la giornata delle spese” e si era dileguata, con il suo borsellino in mano e un’innaturale voglia di spendere.

Naturalmente, Shikaku aveva capito che quella della moglie non era che una scusa per comprargli il regalo di anniversario, che sarebbe stato il giorno seguente. E, sempre naturalmente, anche quell’anno Shikaku non aveva la minima intenzione di ricordarsi di quel giorno. Era così seccante rimuginare su quanto tempo avesse sprecato in compagnia di quella donna, quando il suo fisico prestante e il suo volto vissuto facevano ancora battere il cuore alle giovani fanciulle di Konoha.

Eh già, aprì gli occhi, era ancora un uomo tremendamente affascinante.

Era proprio sul punto di addormentarsi per schiacciare l’ennesimo pisolino della giornata (ormai si addormentava e svegliava saltuariamente ogni quarto d’ora) quando un forte tonfo proveniente dal piano superiore (il solaio, precisamente) lo destò.

Corrugò la fronte, assonnato e seccato allo stesso tempo, cercando di convincersi che quel rumore era stato semplicemente frutto della sua fervida immaginazione, dello stress dovuto al troppo lavoro e di una qualche allucinazione da stanchezza.

Purtroppo, le sua capacità di persuasione rasentavano lo zero. Riuscì tuttavia a convincersi ad alzarsi dalla poltrona per controllare; se a quella donna fosse venuto in mente di salire in soffitta e si fosse accorta di un qualsiasi possibile disastro dovuto a qualcosa di essenzialmente sconosciuto, se la sarebbe sicuramente presa con lui. E quella era l’ultima cosa che voleva.

Davvero.

Gradino dopo gradino, a fatica, raggiunse il solaio. Ecco cos’aveva causato il rumore: la caduta di uno scatolone da un vecchio armadio tarlato. Il responsabile era un piccolo topolino grigio, che ora squittiva da dentro lo scatolone, cercando invano di rosicchiare un vecchio portafogli di pelle.

Shikaku sorrise, intenerito. Prese in mano il topolino e, attraverso una finestrella, lo appoggiò sulle tegole del tetto.

«Va’ e sii felice!» commentò, con fare melodrammatico. Il roditore, in tutta risposta, squittì riconoscente, mentre scompariva dietro la grondaia.

Ritornato nel solaio polveroso, Shikaku raccolse da terra lo scatolone. Conteneva cimeli delle sua infanzia, a partire dal vecchio portafogli fino ad arrivare ad un album di fotografie.

Incuriosito, aprì l’album, scoprendo le fotografie della sua adolescenza: Choza e Inoichi sorridevano con lui, facendosi le corna l’uno con l’altro dietro la testa; il primo bacio di Inoichi con Mikoto; Inoichi che veniva inseguito da Fugaku; Inoichi pestato a sangue da Fugaku; lui e Choza che ridevano mentre Inoichi veniva rifiutato da Tsume… aaah, che bei ricordi…

Mentre sorrideva divertito, una delle fotografie scivolò fuori dalle pagine ingiallite ed increspate. Ritraeva lui e Yoshino, seduti su una panchina sotto una quercia.

Se la ricordava bene quella panchina, lui…

 

#1. Il primo odio non si scorda mai

Yoshino si sedette sulla panchina, incrociando le gambe e appoggiando il libro di teoria delle arti curative sulle ginocchia. Prese a leggere avidamente: la settimana seguente avrebbe avuto un esame e doveva assolutamente essere la migliore, mantenendo il suo primato tra tutte le altre allieve.

Il sole primaverile picchiava forte sul suo collo; si sciolse la coda di cavallo, lasciando che la cascata di capelli corvini le ricadessero sulle spalle. La frescura la invase, sollevandola.

 

Shikaku passeggiava da solo, con le mani in tasca e il passo cadenzato. La primavera gli infondeva un senso di sonnolenza addirittura superiore a quello dell’inverno. Il sole caldo, il calore che abbracciava il corpo e il morbido prato verde… oh, sì, avrebbe schiacciato il miglior pisolino di tutta la primavera.

Determinato come non mai a trovare un prato il più verdeggiante e morbido possibile, si diresse verso la solita collinetta, alla solita quercia, alle solite due radici a forma di poltrona che l’accoglievano sempre volentieri.

Stava faticosamente arrancando da ben quarantacinque secondi quando (sacrilegio!) vide che una scomodissima panchina legnosa, pressoché nuova, era stata posta esattamente (argh!) sotto la SUA quercia, proprio nel SUO posticino preferito, tra le due radici a forma di poltrona; e, come se non fosse abbastanza, una ragazza aveva persino occupato quella maledetta panchina.

Il tredicenne Shikaku Nara provò, per la prima volta nella sua vita, un odio irrazionale verso quella femmina usurpatrice del suo trono.

«Ehi, donna!» l’apostrofò il ragazzo. «Sei nel mio territorio!»

Yoshino alzò appena lo sguardo, corrugando la fronte. «Ah, sì? Non vedo il tuo nome scritto da nessuna parte…» rispose, rifacendosi la coda alla velocità della luce, con superbia saccenteria.

«Perché non è la panchina il territorio di cui sto parlando…» ribatté Shikaku, scoccandole un’occhiataccia, imitando la voce altezzosa della ragazza. «Mi riferisco a ciò che è sotto la panchina.»

Con un rapido scatto d’occhi, Yoshino notò che la panchina copriva perfettamente una deformazione delle radici, che assomigliava vagamente ad una seggiola.

«TI riferisci a questo?» domandò, indicando le radici.

«Precisamente.»

«Beh, mi dispiace, ma ora ci sono io qui. Quando me ne andrò potrai usufruire di quella sedia.» sottolineò, marcando pesantemente l’ultima parola.

«E tu te ne andrai ora, perché io non ho intenzione di tornare indietro.» sbottò Shikaku, sedendosi sull’erba e incrociando le braccia al petto.

«Come vuoi.» Yoshino tornò ai suoi studi.

Trentasette secondi dopo, la ragazza rialzò la testa. «La vuoi smettere di fissarmi? Mi dai fastidio.» sibilò, inviperita.

«Fatti tuoi.»

Trascorsi cinquantanove secondi e mezzo, Yoshino tornò alla carica.

«Carissimo, o te ne vai o sarò costretta a dartele di santa ragione.» soffiò, con occhi sottili e sguardo perfido. Shikaku quasi (ma solo quasi) si spaventò.

«Tu? Secondo me non riesci nemmeno a toccarmi!» la canzonò, rialzandosi dall’erba e guardandola con palese scetticismo. Nel medesimo istante, Yoshino sparì dalla sua vista. Shikaku (senza il “quasi”) si spaventò.

La ragazza apparve dietro di lui e provò a colpirlo con un pugno, ma il ragazzo, essendo notevolmente più forte, la frenò, bloccandole le mani dietro la schiena in una semplice mossa. Capì troppo tardi che Yoshino non si aspettava altro che quello per poter avere le gambe libere e assestare un colpo ben piazzato in luoghi che solitamente Shikaku non mostrava in pubblico.

Cadde in ginocchio, gemendo dal dolore, tenendosi la parte lesa che sembrava pulsare dal colpo.

Odiava le donne. Odiava le donne coi capelli neri. Odiava le donne con i capelli neri raccolti in una coda. Odiava Yoshino.

E, mentre guardava la ragazza tornare a sedersi e imbracciare il libro di teoria, capì che era rimasto fregato.

 

 

Vorrei poterti scrivere una dedicona lunghissima e strappalacrime sulla nostra amicizia, su quanto tu sia importante per me, su quanto ti voglio bene, su quanto sia legata a te, su cosa precisamente tu sia per me, su quanto sia bello avere una sorella maggiore…

Però non sono capace, quindi accontentati! ù.ù

Zia, sei la migliore!!! Spero apprezzerai questa piccola raccolta, intitolata con la prima parola che ti è venuta in mente ieri. XD

Ti voglio bennnne.

Aka-chan

 

   
 
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