Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Robynn    28/03/2016    1 recensioni
Non sono mai stata in grado di accettare la fine di questo bellissimo cartone. Bellissimo perché mi ha fatto provare una fragilità che non sapevo avere. Cartone per il semplice fatto che guardavo Lady Oscar in televisione, e a quei tempi non ero consapevole dell'esistenza degli anime o dei manga.
Il mio racconto vuole trasmettere emozioni che credo siano state negate per validi motivi alla nostra amata Oscar. Ed ho voluto immedesimarmi nella sua mente, -ma non solo nella sua- per cambiare alcune parti della storia originale, osando con un 'cosa sarebbe accaduto se...'
Dal primo episodio all'ultimo proverò a valutare le scelte di Oscar, da quando era ragazza e sino alla sua muta nel diventare donna.
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo I

Al cospetto delle stelle


Aprì la cigolante porta di legno, facendo entrare un fascio di luce che bastò a risvegliare i più remoti angoli della scuderia. Fece qualche passo all'interno e fu allora che lo vide.
«Buongiorno, Oscar».
Non le sfuggì l'insolito sorriso dipinto sulle labbra del suo attendente. Per quanto acuta doveva essere la sua audacia intuizione, poteva confermare grazie alla sua espressione, che qualcosa stonava. Ma era sufficiente a far impensierire Oscar il semplice fatto che non era avvezzo ad alzarsi alle prime luci dell'alba.
«Buongiorno. Sei mattiniero oggi» enfatizzò con tono calmo. Tendeva ad avere un comportamento distaccato, per non dire militare, insegnatole sin da bambina.
Ciò che la distingueva non era la chioma ribelle che le incorniciava il volto, e nemmeno i capi maschili, così come il nome, - nonostante fosse nata donna - quello che affascinava era il suo buon carattere.
Continuava ad osservarlo. Indugiava sulla sua figura: seduto su una vecchia carcassa, con le ginocchia reggenti braccia rigide e dita intrecciate.
«E' da tempo che non cavalchiamo insieme». 
Nessuna esitazione nel suo sguardo, alcuna titubanza o incertezza. Per Oscar era chiaro che puntava a qualcosa, e forse nel profondo del suo cuore la feriva più di quanto non volesse dare peso, perché sapeva che l'argomento in comune riguardava l'avvenimento accaduto ieri notte.

La pioggia tamburellava sull'ampia vetrata vittoriana, mentre dall'alto si udivano le gocce picchiare sulla grondaia in un moto pressoché ritmato.
«... André, io so che Oscar ti ascolta. Devi convincerlo ad indossare quell'uniforme! Non importa come, ma devi convincerlo!». 
 Lo aveva sentito. Lo aveva persino visto che stava corrompendo il suo fidato compagno. «André...» sussurrò a labbra chiuse, poiché in quella situazione era costretta a restare muta.
La pioggia che le colpiva il petto non era nulla in confronto alle conseguenze dell'indomani. Per quanto erano legati lei e André, alla fine lui era dalla parte di suo padre.

Il rumore degli zoccoli riscuoteva ogni filo d'erba che calpestavano, e le colombe si alzarono in volo non appena udirono il frastuono.
Cavalcarono fino alle sponde di un lago, laddove lasciarono abbeverare i cavalli.
Se ne stavano seduti sulle radici di un albero adesso, intanto che osservavano il luccichio dell'acqua cristallina risplendere in tutta la sua bellezza.
Fu André a parlare per primo. «Te lo ricordi, Oscar? Stavamo per annegare in questo lago» esordì, piegando le labbra in un moto malinconico. E nel frattempo che i ricordi affioravano un grazioso venticello primaverile faceva danzare la chioma del salice.
«Come potrei dimenticare... tu avevi sei anni e io cinque» ricordò Oscar, voltandosi verso di lui. Ma lui fissava un punto vuoto dinanzi a sé.
«Già» confermò «allora non sapevamo nuotare molto bene».
Il cinguettio delle rondini prometteva l'arrivo di una serena giornata.
Fu solo quando si coricò supina che André le diede un'occhiata furtiva. Strappò un filo d'erba e iniziò a suonare una melodia improvvisata, imitando un sonetto melodrammatico.
«Smettila. Non sopporto quel suono» aveva interrotto bruscamente, lasciandolo un po' perplesso.
«Ma... che cosa ti prende?».
Sapeva bene che il cattivo umore di Oscar derivava dalla scenata di ieri sera: il Generale la scaraventò giù dalle scale perché non voleva indossare l'uniforme da Guardia Reale.
In realtà comprendeva il suo stato d'animo, ovvero un miscuglio tra rabbia e solitudine.
Oscar aprì gli occhi di scatto, osservando la chioma piangente del salice.
«Non mi devi dire qualcosa, André?» lo esortò. La sua voce inquieta lo metteva in subbuglio. Ostentava indifferenza. Per quanto la conosceva bene non poteva mai descrivere per intero le sue reali intenzioni.
«No, niente...» si affrettò a rispondere, e così facendo aumentò il sospetto della menzogna.
Quelle parole innocenti fecero alterare il risentimento in Oscar. - Perché mai si ostina a tacere? - si chiese impaziente. 
«Dimmi che devo indossare quell'uniforme! Che cosa aspetti?» saltò su lei, furiosa. Le sue parole sembravano incolparlo di un peccato mai commesso.
Anrdé chiuse gli occhi e disse saggiamente: «No, tu non devi indossare quell'uniforme, se non vuoi».
Si alzò in piedi adesso, guardandolo dall'alto con superiorità. «Ti conosco bene, André. Cominci col darmi ragione, ma poi tenterai di convincermi che sto' sbagliando tutto!». 
Anche André si drizzò in piedi, scrutandola negli occhi.  Voleva capire che cosa ombreggiava dentro il suo cuore.
Forse aveva scelto il momento sbagliato per parlarle; però c'è sempre un punto in cui si svolge la storia. Nel bene o nel male.
Coprì con una mano il volto, cercando di mascherare le sue incertezze.
«Oscar, sei libera di scegliere. Ascolta il tuo istinto...» cercò di calmarla sinceramente.
La mano cadde sul fianco, mostrando preoccupazione.
Oscar spalancò appena gli occhi, ma spontaneamente li abbassò subito dopo, come per nascondere una vergogna. Per quattordici anni aveva creduto che il suo unico dovere fosse di diventare un uomo forte e coraggioso, e ne era convinta tutt'ora. Ma quando nella vita devi affrontare delle scelte diventa tutto più difficile.
«André...» sussurrò, ma esitò a proseguire. Rimase con le labbra socchiuse e lo sguardo impaurito.
In quell'istante avrebbe voluto abbracciarla per farle capire che poteva contare su di lui, che poteva darle forza. Perché avevano un legame da invidiare: l'amicizia.
«André, io... non sono sicura di voler indossare quell'uniforme. Non ho intenzione di proteggere una donna!». Fu una liberazione. Lo fissava negli occhi, in attesa di una sua qualsiasi risposta. Aveva bisogno di un'opinione da parte del suo migliore amico.
Quello che ricevette in cambio fu un sorriso pieno di stima. Piano piano il sorriso di André si allargò, iniziando a ridere come un vero idiota.
«André!» lo rimproverò Oscar. Non capiva... che cosa trovava di tanto divertente?
Lo chiamò ancora, riavendo finalmente la sua attenzione. «Si può sapere perché ridi?».
Si riscosse dopo un po', sospirando infine. Adesso scuoteva la testa, tenendo le mani appoggiate sui fianchi ed imitando un gesto familiare di sua nonna.
«Credo che per oggi sia abbastanza. Mi hai sorpreso!» ammise. 
Lo aveva sorpreso? Ma che stava dicendo? Era confusa più che mai, ma non obbiettò contro di lui, anzi, non aprì più bocca.
Lo vide allontanarsi con il suo cavallo, inconsapevole che sul volto di André aleggiava un sorriso degno di chi ha appena vinto una scommessa.

Il calare della sera aveva allungato le ombre, aveva chiuso i petali dei fiori e cacciato gli animali dentro le loro rassicuranti tane. La pace regnava intorno alla villa dei de Jarjayes, mentre diventava sempre più buio. E in un battito di ciglia la notte aveva risucchiato i boschi nella sua oscurità.
André sentì bussare sulla porta della sua stanza e si affrettò ad aprire.
«Oh, Oscar».
Si sorprese nel vederla in camicia da notte, appoggiata sullo stipite dell'entrata.
«Hai sonno?» chiese lei con tono vagamente libertino.
«Cioè...» sorrise portandosi distrattamente la mano sulla fronte. «Stavi dormendo? Perché se non ti va non importa» sbrigò a dire, ma suonava più come una scusa. Era un po' mesta e distratta, sì, lo aveva notato anche André. Era perché stava infrangendo le regole? In casa Jarjayes era vietato uscire di notte. Non sapeva nemmeno lui il motivo, ma stranamente si aspettava proprio quell'iniziativa.
«Che cosa non mi andrebbe di fare?» domandò appena scettico.
Oscar stava rimuginando su una frase che le gironzolava in testa, e alla fine si decise a tirare fuori.
«Fare una passeggiata».
André, fermo sulla soglia la osservava pensieroso. Non era da lei porre questioni del genere.
Vedendolo rimanere in silenzio si disse che era meglio lasciar perdere. Aveva soltanto voglia di parlare con qualcuno... ma a quanto pare aveva sbagliato contare su di lui.
«Non fa niente» disse, e fece per andarsene. Ma sentì una stretta sul braccio, che la trattenne.

I grilli cantavano sotto il bagliore magnetico della luna, mentre le stelle contemplavano il cielo. Era una serata splendida. C'era una tale pace e tranquillità che a Oscar pareva si fosse fermato il tempo per un momento, intanto che osservava rapita il cielo stellato.
«Di cosa volevi parlare?» la riscosse la voce calda e pacata di André, simile alla notte.
Oscar ora fissava l'acqua della fontana, ascoltandone il taciturno scrosciare.
«André credi... credi che sarei in grado di proteggere la futura regina di Francia?»
Questa domanda fu come un fulmine a cielo aperto per André, tanto che sussultò appena.
Oscar parve ignorarlo, perché continuava a fissare il putto alato fissato sulla fontana di marmo.
- Forse, - pensava André - forse ci ha ripensato -. 
«Non lo so...»
Che patetica risposta. Non poteva uscire di peggio dalla sue labbra. « Credo che ne saresti in grado, Oscar. Ma non è di questo che vuoi parlare» provò a rifarsi.
Si voltò di scatto, trafiggendolo con i suoi occhi di ghiaccio, però subito si calmò.
Scostò lo sguardo quando vide la disinvoltura di André. Lui era sempre pronto per ogni evenienza e riusciva ad essere quieto in qualsivoglia situazione.
«No, non è di questo che voglio parlare» ammise con rammarico. Ci fu un momento di silenzio capace di far scoprire i suoi sentimenti. Lui li riusciva a leggere.
Molto probabilmente non aveva paura. Ma l'incertezza, la paura di sbagliare... era questo che leggeva André dentro il suo stato d'animo. Nessuno dei due era consapevole di cosa riservava loro il destino.
Oscar si distese sull'erba, allargando braccia e gambe. Osservava le stelle con sguardo perso. I pensieri apparsi le offuscavano la vista. Sul cielo stellato vedeva suo padre e sua madre, una spada e infine vedeva il volto di André.
«Perché non ti sdrai anche tu?» lo intimò, rendendosi conto che si era distratto pure lui. Poteva essere che i loro sentimenti fossero uguali; chi lo sa... erano spiriti affini loro due?
André la assecondò, e fece la stessa cosa con la differenza di sostenere il capo con le braccia. Il suo volto era sereno, all'insaputa delle stelle. Non si accorse nemmeno di Oscar che lo stava osservando da un pezzo.
D'un tratto si piegò sugli avambracci per osservarlo meglio. E fu solo allora che si voltò anche André. Aveva un'aria interrogativa. «Che cosa mi consigli di fare?».
Era del tutto diversa fino a pochi minuti fa. Adesso poneva le domande in modo deciso e diretto, quando prima non riusciva nemmeno a sostenere lo sguardo del suo interlocutore.
«Non mi chiamo Oscar François de Jarjayes. Non posso decidere per te...» aveva obbiettato con un pizzico di sarcasmo, rendendole ancora più difficile di quanto non fosse già continuare il discorso.
«Io ho già deciso» disse prontamente, notando un po' di timore in André, che aveva alzato le sopracciglia con stupore.
«Interessante...» cercò di fingere dal canto suo. Non poteva prenderlo in giro in questo modo. Non se fino a poco fa le era arduo aprire bocca e adesso ''ha già deciso!''
«André!» alzò lievemente la voce. «Non sono in vena di scherzi!» lo avvisò prima che potesse tirare fuori come al solito una predica delle sue.
«Sono del tuo stesso parere, Oscar». Ora le palpebre si erano chiuse, ignorando la sua figura e il suo volto accigliato. Era distaccato più che mai.
Oscar fece per andarsene, ma ancora una volta la trattenne. Con gran sorpresa le si avventò addosso, tenendola ferma per i polsi.
«André!» gridò, zittendosi subito per paura che la potessero sentire, o peggio ancora scambiarla per un ladro.
André era serio e la osservava impassibile. «Che cosa hai scelto, Oscar? Se hai deciso che strada prendere non osare tornare indietro!». 
Che cos'era? Un avvertimento? una minaccia? Si sentì scossa più che mai con quella frase, che le arrivò dritta al petto come una freccia.
Cercò di reagire, ma la sua stretta ferrea la bloccava, facendola arrendere come un uccellino in gabbia. Perché, sì, Oscar stava provando a scappare in qualche modo. 
«Io... io...» balbettò, voltando la testa di lato per non far vedere gli occhi lucidi.
Cresceva giorno dopo giorno e cambiava stagione dopo stagione. Non era più bambina, ma come comune essere umano che prova dei sentimenti aveva diritto di poter piangere. Purtroppo questo fatto le alterava decisamente l'orgoglio.
«Oscar...» sussurrò André, sentendosi in colpa. Ma la sua colpa non l'aveva ancora, perché ciò che la sua mente immaginava poteva tradirlo. Stava per compiere un atto che si sarebbe reso conto l'indomani di quanto potesse essere crudele. 
Piano piano si avvicinò al suo viso. Lei parve non notarlo. Era un gesto fluido e immaginabile. Però, quando le labbra di Anrdé si fecero tanto vicine da sfiorare quelle di Oscar, fu allora che se ne accorse, e perse un battito.
Che stava facendo?
Gli occhi spalancati di Oscar confermavano il suo stato d'animo: non sapeva come descriverlo. Stava provando era una sensazione del tutto nuova.
Non riusciva a muoversi o a proferire parola.
Fino a quando non realizzò per davvero che cosa stava succedendo, allora scosse la testa dall'altra parte, facendo riscuotere André.
Nessuno osava dire nulla. Decise saggiamente di lasciarla andare. Ora più che mai.
Aveva fatto lo sbaglio di assecondare il suo cuore, e non la sua mente. Quello di prima era il cuore a parlare... ma se ne rese conto troppo tardi.
Si alzò senza dire nulla e si diresse a passo lento verso la porta della villa rimasta socchiusa.
Ma Oscar svelta lo trattenne. Ancora. Era una lotta continua tra sentimenti sovrastanti, che entrambi non tenevano a freno. Stavano seguendo il loro istinto.
Era corretto, allora, chiamarli spiriti affini.
«André» lo chiamò. E uscì dalle labbra come una supplica, misto ad un lamento.
Si portò la mano davanti alla bocca, stupita lei stessa del gesto inaspettato.
André esitò a voltarsi, credendo di aver sentito male. Ma poi lo fece, e quello che vide con i suoi brillanti occhi verdi era una figura snella, slanciata e forte. Dai capelli dorati e spavaldi, gli occhi grandi, increduli. Indugiava se prenderla tra le sue braccia, ma decise che per stasera aveva fatto abbastanza. Chi l'avrebbe detto che i fatti si sarebbero svolti in questo modo? Bastava che rifiutava l'invito di Oscar e tutto questo non sarebbe mai accaduto, mai esistito. Nemmeno nella sua vorace mente.
«Che cosa devo fare, André?»
Lo stava supplicando. Stava per mettersi in ginocchio se solo non fosse per il suo amato orgoglio. 
Le lacrime scesero silenziose sulle guance, rendendola ancora più bella. Lo strascico di stelle non era niente in confronto a lei. Perché le cose belle rimangono impresse, ma le stelle si possono osservare ogni sera , mentre non si poteva dire lo stesso di quel momento.
La bocca di André era socchiusa, tardiva a parlare. Per quanto volesse dire qualcosa, era come se la sua mente avesse preso uno 'stand-by'.
Ma poi si fece coraggio e parlò. «Ascolta il tuo cuore» sussurrò.
Oscar rimase colpita dalla sua franchezza. Trovava sempre la risposta che voleva sentirsi dire.
Ma questo la turbava... ora dubitava se provava qualcosa per lui.
«Il mio cuore?» ripeté incredula.
André annuì.
Abbassò lo sguardo e asciugò nel frattempo le lacrime con la manica della camicia da notte.
Tirò su col naso con fare infantile. Sembrava una bambina cresciuta, ma per lui sarebbe sempre rimasta tale.
«Ebbene, domani parlerò con mio padre». Per quanto le pesava si sforzò di sorridere. Non lo odiava per lo sbaglio commesso. Si era detta tra sé che per stasera avrebbe lasciato passare le acque turbide e inquiete. Solo per non destare la magia della notte: adorava la pace comprensiva. Era come una seconda madre.
André ricambiò calorosamente quel sorriso a lui donato. Ma dentro di sé sprizzava di gioia. Finalmente era riuscito a scavalcare il muro della vergogna e farle capire ciò che da tempo provava. Forse era più di un'amicizia. Se solo Dio ne fosse consapevole...
Si era fatto tardi, e il freddo stava iniziando a farsi sentire sotto la sottile camicia di seta.
Saliti nelle rispettive camere, si erano lasciati con un semplice buonanotte.
Spenta la candela, perduti nei propri pensieri, ciascuno verso le proprie strade dei sogni. Nell'attesa di un nuovo giorno.

Non essere sempre pronto per ogni eventualità.
A volte è bello che la vita ti sorprenda.
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Robynn