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Autore: Red Raven    31/03/2016    0 recensioni
Portò le mani alla cinta, sulla scarsella: dalla tasca, estrasse un mazzo di carte bianche. Le scorse, e su ognuna di esse, per un attimo solo, appariva una figura diversa: uomini, donne, animali, paesaggi terrestri e celesti.
Ne scelse ventidue in tutto: non sembravano diverse dalle altre. Ora l’acqua nel bacile rifletteva di nuovo la luce delle stelle. Prese le carte, e le lasciò cadere nell’acqua, una per una: le carte affondarono nel bacile e sparirono.

Ventidue carte, ognuna corrispondente a un Eroe: una pazza, una barbara cieca, una piratessa senza scrupoli, una principessa con qualche chilo di troppo, uno gnomo troppo cinico, due elfi gemelli, un Imperatore codardo, un Cavaliere di Drago, un demone ninfomane, una cacciatrice senza memoria, una scrittrice inglese, una spia vanitosa, un carrettiere di belle speranze, una regina di dodici anni, una Sacerdotessa disillusa, un guerriero alcolizzato, un nano senza un occhio, un bambino muto, un'assassina Alchimista, un politico con un sogno, un mezzo-uomo mezza rana e una drag queen.
Ventidue Eroi, con il potere di salvare il mondo.
O di distruggerlo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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0 – Il Pazzo



Camulia si stava risvegliando: era quasi l'alba, e la luce grigiastra che la precedeva dava alla città un aspetto quasi pacifico. Le finestre del castello erano chiuse, le bandiere rosse e viola penzolavano inerti dai pennoni, sulle torri le guardie notturne lasciavano il posto ai loro commilitoni, pregustando una buona colazione e un sonno ristoratore. Il cancello della cinta muraria era ancora chiuso, le donne non erano ancora uscite dalle loro case per lavare i panni alla fontana, i venditori ambulanti non erano ancora usciti dalle loro bettole in cerca di un posto dove commerciare. Ariel camminava per le vie della periferia: non c'era nessuno a passeggiare come lei per le strade sterrate, solo qualche carrettiere infreddolito che portava la farina ai forni. Non aveva freddo: aveva indosso gli stessi, logori stracci che portava da sempre, la maglietta di lino senza maniche e la gonna ormai sopra il ginocchio. Nonostante tutto, Ariel stava bene. Stava talmente bene che si era messa a ballare: roteava le braccia intorno a sé, piroettava saltando su un piede solo, girava in tondo lasciando che i capelli sporchi si sollevassero in aria, come per magia. Ariel sorrideva mentre ballava, batteva le mani a un tempo immaginario, muoveva i piedi scalzi sulla strada lastricata. Non c'era nessuno per strada, a camminare tra i mucchi di neve sporca, ma lei non ci faceva caso. Quello che Ariel vedeva era un salone, enorme e risplendente di luce, con mille persone venute lì solo per lei, per godere della sua compagnia e della sua bellezza: perchè lei era bella lì, non indossava stracci consunti e grigiastri, ma un lungo vestito di raso e velluto, color borgogna, i suoi capelli non erano sporchi, ma puliti e splendenti come l'oro, e tutti si beavano della sua vista, come se fossero angeli che si beavano di fronte alla loro dea. Ariel sorrideva, e ballava: ballava con un giovane dai capelli neri, e anche lui sorrideva.
Camulia si stava risvegliando: poco lontano, vicino al porto, dei pescatori intonarono una canzone mentre si preparavano a salpare. Ariel sentiva la musica e ballava: e conosceva la canzone, non sapeva dire perché, forse gliel'aveva cantata la mamma quand'era piccola, ma non importava, lei la conosceva, e quindi si mise a cantare:
“Ventun carte stanno sopra il drappo,
sotto lo sguardo di una Dea nascosta,
ventuno, ventuno, la mano lancia il sasso,
prendi una carta e gioca la tua mossa”
Ariel ballava, e cantava: ballava con un giovane dai capelli neri, e anche lui sorrideva, mentre la gente intorno a lei ballava con loro, e la musica continuava, e lei continuava a cantare:
“Ventuno è il Mondo, grande e rotondo,
la fine e l'inizio di quello che sei tu,
la bimba giocava, giocava al girotondo,
prendi una carta e il Mondo non c'è più”
Ariel cantava e ballava in tondo: per strada non c'era nessuno, a parte qualche marinaio infreddolito che andava al porto. Ma lei non aveva freddo.
“Venti è il Giudizio di quelli che son morti,
freddi e dolenti sotto il cielo blu,
un mago vagava, vagava per i porti,
prendi una carta e il Giudizio non c'è più.”
Ariel cantava e ballava: era in un salone splendente di luce, e le persone erano venute lì solo per vederla, perché lei era bella lì, e loro si beavano come angeli davanti alla loro dea.
“Diciannove è il Sole, caldo e splendente,
regna supremo su nel cielo blu,
un uomo dannava un salice piangente,
prendi una carta e il Sole non c'è più.”
Ariel cantava e ballava, anche se la strada cominciava a riempirsi e qualcuno la strattonava per un braccio, e le diceva qualcosa, era un uomo vestito con un'armatura di ferro e una tunica rossa e viola, e sembrava arrabbiato, e indicava i suoi stracci sporchi, troppo leggeri per quella mattina d'inverno. Ma lei non aveva freddo.
“Diciotto è la Luna, bianca e misteriosa,
aveva una figlia di nome Marilù,
la donna aspettava in una stanza chiusa,
prendi una carta e la Luna non c'è più.”
Ariel cantava, mentre il giovane dai capelli neri le parlava, e sembrava preoccupato, ma lei non capiva cosa stava dicendo, stava cantando, e lui le aveva messo le mani sulle spalle e la guardava sempre più spaventato e la scrollava e le parlava, ma lei non voleva capire.
“Diciassette son le Stelle, piene di speranza,
ridono e giocano sopra il mare blu,
la principessa aveva un abito d'organza,
prendi una carta e la Stella non c'è più.”
Ariel cantava, mentre l'uomo vestito di ferro la trascinava per un braccio, e la gente intorno parlava, e lei cantava, e l'uomo la strattonava, le stava facendo male al polso, voleva chiedergli perchè, ma lui continuava a tirare e lei continuava a cantare.
“Sedici è la Torre, per chi non ha coraggio,
cade in pezzi sotto un lampo blu,
la donna era un uomo, un uomo molto saggio,
prendi una carta e la Torre non c'è più.”
Ariel cantava, e il giovane dai capelli neri ammutoliva, e indietreggiava da lei, spaventato, gli occhi azzurri dilatati, ma forse non era spaventato, forse era arrabbiato, era furioso, con lei, anche se lei non sapeva perchè.
“Quindici è il Diavolo, signore dell'Inferno,
paura e terrore governano laggiù,
la donna non teme il gelo dell'inverno,
prendi una carta e il Diavolo non c'è più.”
Ariel continuava a cantare, ma l'uomo vestito di ferro aveva smesso di strattonarla, si era fermato, sembrava preoccupato, aveva sguainato la spada e l'aveva nascosta in un angolo, le aveva detto qualcosa, ma lei non aveva capito, forse voleva che lei rimanesse lì, e se n'era andato via, e lei era rimasta.
“Quattordici è la Temperanza,
mischia le acque quando cadon giù,
una ragazza conosce la speranza
prendi una carta e la Temperanza non c'è più.”
Ariel cantava, e sentiva il sangue correre dentro di sé, sentiva le mani formicolare, mentre il giovane dai capelli neri era di fronte a lei e gridava, gridava, e la sua rabbia cresceva, e il sangue correva dentro di lei e il suo canto si alzava.
“Tredici è la Morte, destino di ogni razza,
lo scheletro galoppa dentro a un buco blu,
la Morte, la Morte, ha il viso di ragazza,
prendi una carta e la Morte non c'è più.”
Ariel cantava e restava nascosta, mentre l'uomo correva nella strada con la spada sguainata, e c'erano altre persone, e avevano dei bastoni, e alcuni facevano fuoco, e l'uomo andava verso di loro e gridava, e gli altri uomini sghignazzavano e gridavano anche loro, e sembravano tutti arrabbiati.
“Dodici è l'Appeso, un tipo molto strano,
vede il mondo girato a testa in giù,
Una ragazza parlava con la mano,
prendi una carta e l'Appeso non c'è più.
” Ariel cantava sempre più forte, mentre il giovane dai capelli neri si allontanava da lei, era arrabbiato, furioso, e dalle sue mani scaturivano lingue di fuoco, e i suoi occhi bruciavano, e la gente intorno era sparita, erano solo loro due, adesso, ma lei era forte e non lo temeva, non temeva il giovane dai capelli neri.
“Undici è la Giustizia, vigile e severa,
vede il vero con i suoi occhi blu,
una ragazza si ergeva al cielo fiera,
prendi una carta e la Giustizia non c'è più.”
Ariel cantava sulle note delle lame, all'uomo vestito di ferro se ne erano aggiunti altri, e avevano le spade mentre gli altri avevano i bastoni e alcuni facevano fuoco, ma erano di più e quindi avevano cominciato a lottare, e le spade entravano e uscivano dai corpi che si afflosciavano spruzzando sangue, e i bastoni si abbattevano sulle teste che si spaccavano e si afflosciavano anche loro.
“Dieci è la Ruota, la Ruota della Sorte,
gira e rigira, una freccia che va su,
un nano rubava, rubava nella corte,
prendi una carta e la Ruota non c'è più.”
Ariel cantava e il giovane dai capelli neri cercava di colpirla con le sue lingue di fuoco, gliele scagliava contro come sassi, ma non la colpivano, scivolavano intorno a lei e non la bruciavano, e il suo canto era sempre più forte, e lui cercava di colpirla e non ci riusciva e si arrabbiava ancora di più.
“Nove è l'Eremita, studioso di cent'anni,
cerca il vero del tempo che fu,
lo gnomo bruciava, bruciava quattro panni,
prendi una carta e l'Eremita non c'è più.”
Ariel cantava e gli uomini morivano, altri ne erano arrivati, alcuni le erano passati di fianco ma non l'avevano vista, e morivano anche loro, e gli uomini vestiti di ferro erano aumentati e gli uomini coi bastoni erano diminuiti, e il fuoco divampava e qualcuno gridava e piangeva, e il fumo le pizzicava gli occhi e sentiva caldo, e nascosta nel suo angolo continuava a cantare.
“Otto è la Forza, la Forza di un leone,
solleva montagne e massi fin lassù,
una ragazza cadeva da un loggione,
prendi una carta e la Forza non c'è più.”
Il giovane dai capelli neri urlava e urlava, e scagliava vampe di fuoco come fossero sassi, e a un suo gesto il vento si sollevava e diventava un tifone, e si buttava verso di lei e cercava di inglobarla, ma appena la raggiungeva le scivolava addosso e passava oltre, e il suo canto si faceva sempre più forte.
“Sette è il Carro, il Carro del trionfo,
trainato da sfingi con il cuore blu,
un ragazzo cadeva con un tonfo,
prendi una carta e il Carro non c'è più.”
Gli uomini combattevano, di fronte a lei una casa bruciava, il fuoco che usciva dalle finestre verso il soffitto di paglia, un fragore di muri che crollavano, grida di donne intrappolate e bambini spaventati, grida sempre più alte e spaventose e inumane e il fuoco che divorava tutto e il fragore della battaglia e di muri che crollavano.
“Sei son gli Amanti, due e un solo cuore
, bacio e promessa di non lasciarsi più,
due elfi, due elfi si parlan con amore,
prendi una carta e gli Amanti non ci son più.”
Il giovane dai capelli neri era fermo, il tifone era scemato ma i suoi capelli si muovevano lo stesso anche senza vento, i suoi occhi bruciavano, le lingue di fuoco si erano spente ma le sue mani rilucevano, tutto il suo corpo era avvolto da una debole luce azzurra, la terra cominciava a tremare, sussultava sempre più forte e stavolta lei lo sentiva, lo sapeva che l'avrebbe colpita e le avrebbe fatto del male e quindi il suo canto crebbe, fino a riempire il salone e a sovrastare il rombo della terra.
“Cinque è il Papa, servo del Divino,
vestiva di bianco con un anello blu,
un uomo pregava, pregava nel mattino,
prendi una carta e il Papa non c'è più.”
Il fuoco divampava, ora gli uomini avevano smesso di lottare tra loro, si accanivano contro qualcosa che non riusciva a vedere ma che li stava facendo a pezzi uno dopo l'altro e il fuoco cresceva, e la gente urlava, e la creatura sembrava fatta di fuoco stesso e ruggiva e uccideva e faceva a pezzi, arti strappati che venivano lanciati qua e là, sangue che stava per terra come pozzanghere dopo la pioggia, e la creatura si mosse e lei la vide e vide che era un drago enorme e che l'aveva vista e che stava aprendo le fauci per sputare fuoco.
“Quattro è l'Imperatore, signore della terra,
dal trono lui guida chi resta laggiù,
un uomo tremava, tremava nella serra,
prendi una carta e l'Imperatore non c'è più.
” Il suo canto era più forte, sempre più forte, e la luce azzurra intorno al giovane si faceva sempre più forte, fino a risplendere, e il salone rimbombava del tremore della terra e della sua voce piena e cantava, mentre il giovane portava le mani davanti a sé, e cantava, mentre lei faceva altrettanto, e cantava, e il canto si trasformò in potere e lei lo scagliò e la luce azzurra venne verso di lei, e i due poteri si scontrarono e tutto si illuminò.
“Tre è l'Imperatrice, signora degli oceani,
Il fuoco l'avvolgeva, il calore la consumava
nel grembo, nel grembo forse ci sei tu,
La luce l'accecava, il rumore la stordiva
una ragazza solcava quegli oceani,
Sentiva le grida disperate del giovane
prendi una carta e l'Imperatrice non c'è più.
Vedeva il drago sovrastarla e un cavaliere sopra di esso
Due è la Papessa, figlia del Tridente,
Udiva donne chiedere aiuto
vergine anziana, vestiva di blu,
Vedeva uomini morire smembrati
una donna pregava, pregava verso oriente,
Sentiva il fuoco bruciarle i vestiti e la carne
prendi una carta e la Papessa non c'è più.
Sentiva le grida del giovane farsi più acute
Uno è il Bagatto, tavolo e riscatto,
Lo sentiva condannare tutti gli dei esistenti
l'anello che c'era ora non c'è più
compresa lei
un ragazzo lisciava il pelo al gatto,
E vide tutto diventare buio.
prendi la carta e il Bagatto non c'è più.”

L'uomo vestito di ferro la stava scrollando: era vivo, nonostante lei lo avesse visto morire. Lo vide scuotere la testa e andarsene, capì che l'aveva riportata dove doveva stare. Il salone, il drago, il giovane erano scomparsi, e lei si stese per terra, c'era dell'erba fresca sotto di lei, si stese e continuò a cantare sommessamente, mentre le lacrime le rigavano le guance e cominciava a tremare per il freddo.
“Zero carte stanno sopra il drappo,
sotto lo sguardo di una Dea nascosta,
zero, zero, la mano lancia il sasso,
guarda il drappo e osserva la mia mossa.
Zero è il Pazzo, il figlio della Spada,
vede le cose e pazzo non è,
una ragazza ballava per la strada,
Ventuno se ne vanno, il Pazzo solo è.”
Il drago e il giovane erano scomparsi, e l'uomo se n'era andato: Camulia si stava risvegliando, mentre il sole saliva nel cielo e la sua luce illuminava le stanze del castello dalle finestre aperte, le bandiere rosse e viole che cominciavano a muoversi in una leggera brezza, le guardie che si davano il cambio e andavano a fare colazione. Il cancello della cinta muraria veniva aperto, le donne si recavano chiacchierando alla fontana per lavare i panni, i venditori ambulanti cominciavano a sistemare i loro carretti agli angoli delle strade.
Il salone e il giovane e l'uomo e il drago se n'erano andati, ma Ariel c'era ancora.
E adesso sapeva cosa doveva fare.


Note di Red: io lo so che voi mi state odiando.
Ho mischiato tre cose contemporaneamente: la canzone, la visione del salone e quella del drago. Sì, sono due visioni diverse, sì, sono alternate, sì, la canzone fa schifo. Ragazzi, questo capitolo è una specie di incubo per me. La canzone (a proposito, il ritmo dovrebbe essere qualcosa tipo i sea shanties, ma non so se si era capito) non mi convince appieno, quindi potrebbe cambiare in corso d’opera, in caso vi avviso perché è importante!
Ora come ora ho pronto il primo capitolo vero e proprio (diviso in tre parti) e parte di quello dopo (sì lo so, ci lavoro da anni. Tendo a ricominciare spesso da capo, che ci volete fare?). Noterete che tutta la storia è basata sulle carte dei Tarocchi, non sono per i nostri Eroi, ma anche per la struttura. Vedrete meglio la settimana prossima. Intanto, come sempre, vi invito a recensire selvaggiamente, e ringrazio calorosamente naghree per averla messa tra le preferite, Morigami per averla messa tra le seguite e anche tutti coloro che l’hanno letta senza dire verbo (49, vi vedo, mascherine! XD).
Vi saluto e ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo.
Hasta la vista!
   
 
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