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Autore: FeBookworm    31/03/2016    1 recensioni
[Testament of Youth]
[Testament of Youth]Gli ultimi istanti di Vera Brittain, autrice di Testament of Youth.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come with me

 
 
Ho passato gli ultimi anni della mia vita da invalida. Io, che durante la Grande Guerra ho dato conforto e assistenza a feriti e a mutilati, oggi sono alla mercé degli altri. Non posso alzarmi da sola, un’infermiera mi dà da mangiare e mi lava e, cosa ancora più terribile e insopportabile per me, non riesco più a scrivere da quattro lunghissimi anni. Non c’è niente di peggio del sapere il modo esatto con cui poter alleviare le proprie pene e non essere in grado di farlo.
Tornata a casa dall’incidente dissi a mio marito che stare sulla sedia a rotelle mi avrebbe uccisa. Se avessi saputo quanto sarebbe stata lacerante per la mia anima l’impossibilità di tenere in mano la penna, forse sarei rimasta zitta. Ma parlare è l’unica cosa che riesco ancora a fare. Anche ora che la malattia sta lentamente deteriorando gli ultimi brandelli della mia anima riesco a sentirmi farfugliare parole sconnesse mentre sono qui inerte nel mio letto.
L’infermiera l’altro giorno ha detto a mia figlia di non badare alle mie parole, perché ormai ero in preda al delirio più totale.
E forse è vero. Altrimenti non saprei spiegarmi come sia possibile che, dopo più di cinquant’anni, abbia rivisto Roland, in piedi di fronte al mio letto, nella sua bella uniforme da ufficiale e sorridente come quel giorno alla cerimonia a Uppingham, prima che la Guerra me lo portasse via.
Non sono pazza, so perfettamente che è stata solo un’allucinazione dettata dal delirio. Ma il piacere che ne ho ricavato…quello era vero, tangibile.
Anche nella sua seconda visita, se così si può definire, indossava l’uniforme e anche quella volta era radioso e sorridente. Me l’ero immaginato proprio così nelle lunghe settimane che avevano preceduto la data del nostro “matrimonio”: radioso e sorridente nella sua bella uniforme che mi aspettava davanti all’altare con a fianco Edward e Victor come testimoni di nozze, anche loro radiosi e sorridenti nelle loro belle uniformi.
Purtroppo niente di così idilliaco è mai avvenuto davvero e presto la realtà della guerra mi ha invasa, colpendomi in pieno viso.
Pur nel delirio, non ho mai parlato alle mie allucinazioni. Né a Roland, né a Victor e nemmeno ai miei genitori. Mi sono sempre e solo limitata a guardarli, chi in piedi di fronte a me, chi seduto sulla poltrona a fianco al mio letto. Li guardavo, stupendomi di quanto nelle mia memoria non fossero cambiati nemmeno di una virgola rispetto a quell’estate del 1914, prima che l’inferno scoppiasse.
Li ho guardati e analizzati nel minimo dettaglio, pur sapendo che erano solo nella mia testa, ma non ci ho mai parlato, nemmeno quando il delirio era ai massimi livelli.
E d’altronde cos’avrei potuto dir loro?
Mi dispiace? Oh, quello lo sapevano. Me lo si legge in faccia ancora dopo questi lunghi cinquant’anni.
Non vi ho dimenticato? Sanno anche questo. Tutto ciò che ho scritto, tutto ciò che ho detto riguarda loro e i ricordi che ho di loro.
Vi voglio bene? Non hanno bisogno di sentirselo dire. E’ così evidente.
A loro non ho parlato perché non ne sentivo la necessità, Edward.
Mi bastava saperli lì, accanto a me nei miei ultimi istanti, a sorridermi, dandomi la speranza che presto saremmo stati di nuovo tutti insieme dopo questa lunga e quasi interminabile separazione.
Non pensare, Edward, che non mi dispiaccia lasciare gli affetti che ho ancora qui. Ma loro se la caveranno senza di me e io non ho più la forza di rimanere con loro.
Edward, perché non mi guardi? Perché te ne stai lì alla finestra dandomi le spalle? La sofferenza e la morte imminente hanno così tanto trasfigurato i miei tratti che è diventato impossibile per te guardarmi?
Hai visto? Ho svegliato Shirley con i miei farfugliamenti. Mi passa un panno bagnato sulla fronte, nella speranza che possa alleviare le mie sofferenze.
Edward, Edward! Perché mi volti le spalle proprio adesso? Per tutta la tua giovane vita siamo stati così legati!
Ti ricordi? Ti facevo addormentare raccontandoti delle storie. Ti piacevano così tanto…
Tu sei stato il mio primo, vero e unico confidente. Nessuno ha mai preso il tuo posto nel mio cuore.
Ti ho amato così tanto, Edward. Tutti ti amavano. Per mamma e papà eri il maschio sano che finalmente avrebbe portato avanti il nome della famiglia, ma per me, Edward, per me eri la fine della mia solitudine infantile.
Forse tu non te lo ricordi, ma il momento in cui tu mi hai fatto capire di essere importante per te è scolpito nella mia memoria come nel granito.
Avevo più o meno tre anni e tu dovevi avere un anno e mezzo. Mamma ti teneva sulle ginocchia, mentre io giocavo ai suoi piedi sul tappeto. Lei cercava di catturare la tua attenzione e di farti dire “mamma” come prima parola, ma tu continuavi a guardare me, scrutando il modo con cui ponevo i giocattoli sul tappeto. Ad un certo punto hai allungano le manine paffute verso di me e hai pronunciato un lunghissimo e vivacissimo:”Veeeraaa!”
Il mio nome, Edward, è stata la tua prima parola. Nessuno l’ha mai pronunciato in quel modo così sentito e partecipe. Né Roland, né mio marito. Solo tu.
Oh, ecco. Ti stai voltando verso di me. I tuoi occhi sono sempre stati di un nocciola così chiaro e intenso?
Mi sorridi.
Quanto mi sei mancato…
Mi tendi una mano, continuando a sorridermi, e io mi vedo alzarmi e stringertela. E’ nel momento in cui le nostre dita si toccano che sento di essere di nuovo intera, completa. Dopo più di cinquant’anni i nostri cuori battono di nuovo all’unisono.
E’ tutto così leggero adesso, Edward, come se non ci fosse più dolore e sofferenza in me.
“Vieni con me, Vera. Conosco un posto là fuori dove non vi sono pene e il sole splende ogni giorno come quell’estate alla cerimonia a Uppingham. Vieni con me.”
Ti seguo, Edward.
 
There’s a world, there’s a world I know
A place we can go
Where the pain will go away
There’s a world where the sun shines each day
Come with me
Come with me
There’s a world where we can be free
Come with me


 
Piccola nota:
I personaggi e la maggior parte delle vicende, purtroppo, sono vere, ma i pensieri finali di Vera Brittain (questo è il nome della protagonista) sono puramente casuali. Mi scuso se verso metà della storia le frasi sono sconnesse e sembrano non essere legate da un filo logico, ma ricordate che è in preda al delirio.
Di solito non scrivo storie in prima persona, per cui mi scuso se non è riuscita benissimo. Nonostante questo ho cercato di essere il più fedele possibile al tono e al modo di scrivere di Vera Brittain.
Ultima cosa: la canzone finale in inglese non è opera mia. E’ la canzone finale del primo atto del musical di Broadway “Next to Normal” intitolata “There’s a world” e cantata da Aaron Tveit. Se vi capita, sentitela perché è da crepacuore.

Vi lascio con il link della mia pagina autrice su FB, nel caso voleste seguirmi

https://www.facebook.com/FedeMorningRockEFP-663566033691978/

-Fé-
 
 

 
   
 
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