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Autore: StellaDelMattino    31/03/2016    0 recensioni
Ognuno possiede un po' di oscurità in sé. Semplicemente perché è nella nostra natura: ogni persona, anche la più buona, ha nell'anima una macchia scura che contamina ciò che avrebbe potuto essere perfetto.
Madison Huddle è solo una ragazza dal passato turbolento e con uno sguardo ironico sul mondo, quando arriva nella Città, ma da quando incontra Red, tipo eccentrico e misterioso, capisce che non è e non sarà mai normale.
Eppure, il vero problema non è questo, bensì il fatto che nella Città nessuno è normale.
Basti pensare a Gianduiotto, mutante che ama prendere la forma di un macaco e braccio destro di Red, o a Zwinky e Twinky, bariste del "De Vil", o ancora a Maude Maggots, strega della congrega della Mezzaluna, brillante e combattiva.
Per non parlare di Alexander Morales, l'uomo (se si può definire così) forse più potente e spietato, il capo della Famiglia, l'affascinante giovane che Madison non riuscirà mai a capire.
Dal primo capitolo:
"Che ne dici, tesoro" disse una voce sconosciuta attirando la sua attenzione e facendola fermare "se ti do qualche spiegazione sul perché ti sei svegliata in mezzo a una marea di matti?"
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13

Rebirth

 

“Sono passati tre giorni!” urlò Connie. “Avevi detto che l'avresti trovata!”
“Lo so, Connie, lo so. Ma ho cercato in tutta la Città e non c'è traccia del suo corpo, non possiamo sapere cosa sia successo” rispose Red, quasi rassegnato. Sospirò, mentre si passava una mano sugli occhi.
Da tre giorni non c'era traccia di Mad.
Connie, da sola, aveva capito cosa lei fosse: l'aver percepito così chiaramente la morte dell'amica, quell'esigenza così pressante di vestirsi di rosso quel giorno e di bianco da quando non la trovavano erano stati indizi più che sufficienti. Red le aveva confermato ciò che lei sospettava: era una banshee. E ora non riusciva a far altro che pensare di doversi vendicare, ma soprattutto che voleva ritrovare Mad, o ciò che rimaneva della sua amica.
Se lei era tormentata da questi pensieri, Red si doveva preoccupare dei propri demoni. Rischiando di esporsi troppo, aveva liberato le proprie ombre, così che andassero alla ricerca di Madison in tutta la Città, ma ognuna di esse era tornata dal padrone priva di risultati.
Se ne andò, senza aggiungere altro uscì dall'appartamento.
Il sole era alto nel cielo senza nuvole.
Red guardò l'oscuro riflesso che lo seguiva, la propria ombra. Ben sapeva che, rilasciandola, essa sarebbe stata la migliore delle investigatrici, ma chiunque l'avesse vista avrebbe subito capito che un alp era in Città: lasciare che qualcuno conoscesse la propria natura era pericoloso, lì. Si stava esponendo troppo, pensò, ma lo schiacciava il pensiero che si era ripromesso di aiutare quella ragazza, che tanto gli ricordava il suo primo delitto. Non era riuscito a salvarla, perlomeno non avrebbe lasciato il suo corpo insepolto.
Quella sarebbe stata l'ultima volta, l'ultimo tentativo, si disse, appena prima di ordinare alle proprie ombre di disperdersi e cercarla.
Poi si incamminò, pensieroso, senza una destinazione precisa.

Connie percorreva la stanza avanti e indietro, nervosa.
Gianduiotto in silenzio la osservava, calmo come sempre.
“Sono tre giorni che sto cercando di capire l'identità dell'assassino e non ho scoperto assolutamente niente! Tre giorni che urlo nella testa di uno sconosciuto che è un assassino e so solamente che probabilmente è un maschio!” urlò, gesticolando e non smettendo di muoversi.
“È la prima volta che fai una cosa del genere, inoltre potrebbe darsi che l'assassino sia potente e in quel caso non potresti fare nulla comunque” disse Gianduiotto, con tono neutro.
Connie si sedette sul divano, appoggiandosi sfinita allo schienale. Silenziose lacrime iniziarono a colare lungo le sue guance e tirò su col naso un paio di volte. “Io potrei fare qualcosa e non ci riesco. Questi sono i momenti in cui più capisco ciò che la mia famiglia mi ha sempre trasmesso: io sono sola e inutile in un mondo più grande di me.”
Gianduiotto la raggiunse di fretta, poi le posò una mano su una spalla.
“La maledizione della Città ci predispone a diventare mostri proprio con questa solitudine, Connie. Ma non è così: tu non sei più sola e non sei inutile, devi solo imparare. Stai urlando nella mente dell'assassino ma non hai risposte? Urla più forte, con tutto il fiato che hai” le disse, mentre la ragazza lo fissava con gli occhi ancora pieni di lacrime. Poi sospirò, quindi continuò. “Non capisco perché ti importi così tanto.”
“Forse non la conoscevo da molto, è vero, ma Mad era buona, forse non affettuosa e a volte un po' dura, ma probabilmente mi ha salvato la vita, portandomi qui. Così come probabilmente lo sono stata io per lei, Mad è la prima persona che ha visto in me il bene e non l'oscurità. Io non ho scelto lei e lei non ha scelto me, per questo è ciò che più si avvicina ad una famiglia, per me. Non capisco come possa non importare a te, piuttosto!” esclamò alzandosi in piedi, irata e sconcertata.
Gianduiotto si lasciò ricadere sul divano, dopo aver distolto lo sguardo.
“Quando sono arrivato in Città non avevo il controllo su di me: non so quanto tempo ho passato, mesi, forse anni, tramutato in animale, finché non mi ha trovato Red. Nonostante io adesso riesca a tornare l'umano che ero, ho perso molta di quell'umanità che caratterizza i nuovi arrivati, per questo non capisco” rispose cercando di mantenere il suo solito tono imperturbabile, da cui però trasparì una sorta di amarezza. “Ho perso molto, in quel periodo. I miei ricordi per primi: mi chiamo Gianduiotto perché non mi ricordavo altro che la lettera iniziale del mio nome, la g, quando sono tornato umano. Se dovessi uscire di qui non saprei neanche qual è la famiglia da cui mi sono allontanato.”
Il mutaforme strinse la mascella, lo sguardo lontano, ma il volto inespressivo. Connie lo osservava sorpresa e anche commossa, ma non proferì parola: un 'mi dispiace' le sembrava oltremodo stupido, dunque stava cercando qualcos'altro da dire, quando fu interrotta da Gianduiotto.
“Nella Città perdi continuamente qualcuno, non importa che sia un amico, un familiare o te stesso. Prima impari a essere indifferente, meno soffrirai.”
Red Anomalies irruppe nella stanza.
Sembrava quello che Connie aveva incontrato la prima volta: sgargiante nei suoi abiti eccentrici e con uno sguardo pieno di luce, solo leggermente oscurato dall'enorme cilindro rosso. Sorrideva, come se avesse appena vinto una battaglia.
“L'hai trovata?” chiese la ragazza, piena di speranza.
A differenza di quanto si aspettasse, Red scosse la testa. “No, ma penso di avere capito.”
“Cosa?” chiese Gianduiotto alzando un sopracciglio.
“Connie, ti ricordi cosa hanno detto all'incontro con la Famiglia?” le chiese.
Lei scrollò le spalle. “Cosa in particolare?”
“Ci sono tre tipi di creature: i vivi, i non-morti e i mai-vissuti. Connie, tu sei una creatura viva. Virgil è morto progressivamente, di una malattia inspiegabile: è un mai-vissuto. Madison è stata attaccata da un lupo, prima, rischiando di morire. Poi la banshee l'ha costretta a consegnarsi a Connor così che fosse uccisa. Ora tu hai sentito che è effettivamente morta. Ma se lei fosse stata destinata fin da subito a morire? Se fosse la sua oscurità stessa che ha deciso che doveva succedere e dunque lei ora fosse viva, rinata come ha fatto Virgil?”
Lo sguardo di Connie si illuminò e lei sorrise. “Potrebbe essere! Felix aveva detto che i non-morti sembrano entrare a far parte di 'Final Destination' e Mad ha rischiato la morte più volte in pochi giorni, non può essere un caso!”
Fu Gianduiotto a interrompere quel momento di felicità e speranza.
“Ma se davvero Mad è ancora viva perché non è tornata qui? Dov'è Madison ora?”

***

Mad spalancò gli occhi improvvisamente.
Sentì l'impulso di aggrapparsi a qualcosa, come se avesse l'impressione di cadere nel vuoto. Boccheggiò, cercava l'aria come se non respirasse da giorni. Per un attimo nella sua mente non c'era altro che il vuoto, non pensava a nulla, concentrata solo sul bianco del soffitto soprastante.
“Finalmente” disse una voce vagamente famigliare.
Madison girò la testa di lato, incontrando subito gli occhi profondi di Alexander che la scrutava incuriosito. La voce che aveva sentito, però, apparteneva a Felix, appoggiato allo stipite della porta.
La ragazza fece per alzarsi, ma il Alexander la fermò, facendola rimanere sul divano.
“Piano, angelo” le disse con un sorriso.
Madison cercò nella sua mente i suoi più recenti ricordi, finché non capì che era stata uccisa.
“Dove mi trovo?” chiese, guardandosi intorno.
“Al Palazzo della Famiglia” rispose Felix, mentre incurante si osservava le unghie.
“Perché sono qui? Mi avete salvata?”
Alexander sollevò un sopracciglio.
“Non ti ricordi? Sei arrivata fin qui da sola, poi hai perso coscienza” spiegò. Ripensò al momento esatto in cui Madison aveva varcato la soglia del palazzo: gli aveva ricordato il modo in cui si entra in Città, come sonnambuli. Poi era crollata a terra, priva di sensi. Felix, a cui piaceva particolarmente stare vicino all'ingresso, quasi fosse una guardia, un Cerbero davanti all'Ade, era corso verso di lei. L'aveva sollevata e l'aveva portata in braccio fino ad Alexander, che tranquillo stava leggendo, chiedendogli cosa fare e poi posandola sul divano.
Lì era rimasta, finché dopo quattro giorni finalmente aveva aperto gli occhi.
“Sono morta” disse, ma non sentiva alcuna emozione. Era un dato, oggettivo. Lei era morta, ma ciò la lasciava indifferente.
“Sei un non-morto” affermò Alexander, annuendo. Sorrideva lievemente, quasi volesse rincuorarla.
Madison cercò nuovamente di alzarsi, ma ancora lui la fermò.
“Sei rimasta incosciente per quattro giorni, angelo. È meglio se non ti muovi troppo.”
Madison spalancò gli occhi. “Quattro giorni?!”
Pensò subito a Connie, preoccupata e dispiaciuta. Chissà cosa pensava chissà se la stava cercando o credeva che fosse morta. Red, invece? Sperava solo che non avesse lasciato Connie da sola.
“Io devo andare” disse con urgenza.
“No, sei troppo debole” intervenne Felix con nonchalance. “Puoi provarci, ma dubito che riuscirai ad andare molto lontano, sempre che tu sappia effettivamente come tornare a casa.”
Mad deglutì.
Effettivamente era giunta fin lì inconsciamente, non sapeva in che direzione fosse il suo appartamento.
Strizzò gli occhi, che bruciavano lievemente. Non sapeva cosa fare: voleva andare a casa, rassicurare Connie e riposarsi, ma non sapeva come tornare.
Improvvisamente le venne un dubbio in mente.
“Che giorno è oggi?” chiese, fissando Alexander.
Questi alzò un sopracciglio.
“L'1 luglio” rispose. “Se hai saltato un turno al De Vil o qualcosa di simile non devi preoccuparti. Qui gli imprevisti sono facilmente comprensibili.”
Mad scosse la testa: non era quella la ragione, ma un'altra, forse futile e sciocca, ma che per lei conservava sempre grande aspettativa. Qual giorno forse avrebbe potuto realizzarsi, ma non se rimaneva lì. Doveva tornare a casa.
“Ti prego, lasciami andare. Riposerò, starò tranquilla e farò attenzione, lo giuro.”
Alexander non sembrava convinto. “Ma perché insisti così tanto?” disse, quasi infastidito. “I tuoi amici hanno aspettato quattro giorni, possono resistere ancora per uno.”
Mad si stropicciò le mani, sembrava imbarazzata.
“Oggi è il mio compleanno, vorrei essere a casa.”
Felix e Alexander si scambiarono un'occhiata enigmatica, poi rimasero entrambi in silenzio.
“La riaccompagnerò a casa” intervenne allora l'Amon, con un tono neutro.
Alexander sembrava incerto. Esitò qualche momento, perso nei suoi pensieri, poi annuì.
“Promettimi solo che quando ti sarai ripresa tornerai” le disse quasi con dolcezza. “Sei arrivata qui, per qualche strano motivo, mentre eri incosciente. Inoltre noi possiamo aiutarti a capire cosa sei.”
Una scintilla di interesse si accese negli occhi di Madison.
“Ancora non lo sapete?” chiese, sperando di avvicinarsi alla verità sulla propria natura. Alexander scosse la testa e la ragazza capì che la strada da compiere era ancora lunga. Rimase ferma, pensando a cosa decidere, poi acconsentì. “Tornerò” disse, mascherando perfettamente una lieve esitazione.
Si alzò, dunque, abbastanza lentamente e si avvicinò a Felix con apparente sicurezza, nonostante in realtà si sentisse tremare le gambe. Se avesse ceduto ora, Alexander non l'avrebbe più lasciata andare.
Quando era ormai sulla soglia, lui la fermò chiamandola.
“Buon compleanno” le disse, ma la sua voce e il suo sguardo erano adombrati da una forte malinconia. Che riguardasse lei o se stesso, Madison non avrebbe saputo dirlo.

In tutto il suo aspetto minaccioso e con la fronte aggrottata, Felix la condusse fuori dal Palazzo e lei, poi, gli chiese di andare verso il De Vil.
Percorsero le strade della Città in silenzio, almeno per la prima parte.
Madison non sapeva cosa pensare dell'Amon: faceva ogni cosa bruscamente e di malavoglia, eppure compieva anche atti gentili. A detta di Alexander, l'aveva trovata lui e ora la stava accompagnando, inoltre era possibile che avesse salvato la vita a Virgil.
Cosa voleva dire essere morto, dunque? Mad lo sentiva, il cambiamento che avveniva in lei quasi potesse percepirlo fisicamente, eppure lo temeva terribilmente. Chissà cosa doveva provare Felix, ora: davvero le sue sensazioni erano o tutto o niente, come avevano detto durante l'Incontro?
La ragazza, poi, si pose una mano sul petto, chiedendosi se il suo cuore stesse ancora pulsando. Fece poi risalire la propria mano verso il collo, dunque fece pressione con due dita cercando di percepire il battito, che però non sentì mai più.
Ciò non provocò assolutamente nessuna emozione in lei.
Madison continuò a camminare, senza interessi. Non si interrogò più su Felix, né su lei stessa. Continuò semplicemente a camminare, senza pensare a nulla.
“Non ti interessa, non è vero?” le chiese l'altro, che in silenzio l'aveva osservata.
Mad gli lanciò uno sguardo di sfuggita. Annuì, senza cambiare espressione.
“Dimmi una cosa” continuò allora Felix “Ti infastidisce di più il fatto che non ti interessi o che un tempo ti interessasse?”
La ragazza riflesse qualche secondo sull'articolata domanda.
“Che mi sarebbe interessato” rispose in un filo di voce, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Arrivarono davanti al De Vil e Felix le chiese da che parte era casa sua, ma Madison scosse la testa.
“So dove andare, faccio da sola” disse.
Lui sbuffò, incrociando le braccia. “È meglio di no, sei troppo debole ancora.”
“Posso farcela da sola” replicò Madison, con sguardo deciso. Sembrava di ghiaccio. “Io non vi conosco, non mi fido di voi. Non voglio che voi sappiate dov'è casa mia.”
Felix, in tutta risposta, rise. Alzò un sopracciglio, poi, con un cipiglio divertito. Aspettò un attimo prima di parlare.
“Se hai paura che verremo a prenderti nel caso tu non tornassi al Palazzo, sappi che non lo faremmo. Se mai lo volessimo fare, ti troveremmo comunque.”
Madison non disse nulla, rimase ferma sul posto, ostinata.
Lui sospirò.
“Fai come vuoi, non mi interessa” disse allora, scrollando le spalle. Il suo volto tornò serio, poi. “Torna a casa e goditi la tua festa, ragazza. E fa in modo che ti importi, almeno per oggi, perché d'ora in poi non sarà più così semplice. Non chiederti se ti importa, stasera fallo e basta.”
Felix si girò e ripercorse la strada che lo aveva portato fin lì, mentre Mad lo guardava andarsene.
Allora ricominciò a camminare anche lei, verso casa.
Casa, si ripeté. E quello le importava.

Non fece molti passi, prima che un corvo le si posasse su una spalla, per poi diventare un macaco. Madison capì che era Gianduiotto e sorrise.
L'avrebbe abbracciato, se lui fosse stato un umano, ma già solo sentirlo presente sulla sua spalla la faceva sentire felice, sollevata. Si aspettava che lui se ne andasse ad avvisare gli altri che Mad stava tornando, ma non lo fece, rimase con lei. Non la lasciò sola.
Quasi iniziò a correre, tanto era impaziente di tornare a casa.
Salì le scale con la stessa furia di un uragano e spalancò la porta senza porsi il problema di bussare.
Non attese molto prima che Connie le si scaraventasse addosso, abbracciandola con più forza che aveva. Entrambe ridevano, come se qualcuno avesse raccontato loro la migliore delle barzellette. I loro toraci erano mossi dalla stessa forza, inarrestabile, ed erano piene di tensione tanto che dai loro occhi uscirono copiose lacrime, che conferirono luce ai loro sguardi gioiosi.
Si strinsero come se fosse l'ultima cosa che avrebbero fatto nella loro vita.
Era inspiegabile il legame che connetteva quelle due ragazze, che si conoscevano da così poco, eppure entrambe sapevano che era ormai indistruttibile.
“Sono così contenta che tu sia viva!” esclamò Connie, non appena riprese fiato.
Lo sguardo di Madison si adombrò, per un attimo. Fece per parlare, ma l'altra la interruppe.
“Oh, Mad” disse, con un sorriso pieno di amore fraterno. “So che non sei davvero viva, ma l'importante è che tu sia qui, con noi.”
La ragazza spalancò gli occhi. “Come fai a saperlo?”
Connie esitò un attimo, abbassando lo sguardo.
“Quando sei morta... l'ho percepito. Sono una banshee...”
Madison l'abbracciò nuovamente.
“Non importa cosa tu sia” replicò, avendo notato la nota di tristezza, forse vergogna, nel tono dell'amica. Mad sapeva di aver giudicato male quella creatura, eppure sentiva che ora poteva ricredersi. “Non importa cosa siamo, conta solo che ci siamo l'una per l'altra, ok?”
Connie annuì.
Intanto un'altra figura si era fermata sulla soglia dell'appartamento.
Red fissò Madison con un'espressione fra lo stupore e l'incertezza. Non sembrava sapere cosa fare.
Rimase fermo, guardandola come se ci fossero mille cose che voleva dire, ma non riuscendo a dire nulla.
“Ben tornata” sussurrò poi alla fine.
Madison gli sorrise teneramente.
Spiegò brevemente ciò che era successo, dopo essersi seduta sul divano, abbandonata dall'adrenalina che l'aveva invasa fino ad allora.
Gianduiotto, gatto, pigramente riposava sul suo grembo, guardandola come se non fosse successo niente di diverso dal solito.
Gli altri due l'ascoltavano: Red aveva un'espressione enigmatica come sempre, Connie sembrava solamente molto preoccupata.
Mad sapeva che l'amica aveva tantissime domande per lei, ma le fermò tutte, con una sola frase.
“Oggi è il mio compleanno” disse piena di speranza. “Ne discuteremo domani, per oggi voglio solo essere felice.”
Red la guardò, sembrava quasi allarmato, ma poi sorrise lievemente. Per un attimo si adombrò, mentre girava la testa verso il balcone, dal quale si intravedeva uno stralcio di cielo.
Connie scattò in piedi come una molla. Madison sapeva ciò che sarebbe successo, di lì a poco, e infatti aveva ragione.
L'amica iniziò a cucinare una torta, con lo stesso entusiasmo con cui chiunque avrebbe salvato il mondo.
Red annunciò che sarebbe andato a chiamare Virgil e Brownie, così che li raggiungessero a festeggiare. Scomparve per mezz'ora circa, poi tornò con i due.
Virgil sembrava sull'orlo di una crisi isterica ogni cinque minuti, ma appena la vide si mostrò sollevato del suo ritorno come lei fosse la migliore delle amiche.
Brownie si limitò a brontolare che voleva una fetta di torta enorme, ma mal celava il fatto che anche lui fosse contento.
Nonostante la vita di tutti loro fosse così complicata, quel giorno lo passarono nella spensieratezza, ridendo e scherzando come se avessero passato la loro vita insieme.
Forse erano tutti destinati ad essere mostri, forse lo erano già, ma Madison pensò che quel legame che c'era fra loro, quel forte sentimento di fiducia che li univa era indissolubile e speciale e che per combattere tutta quell'oscurità che intrinsecamente era presente in loro, non c'era niente di più naturale di quello che c'era in quel momento.
Avevano tanto di cui preoccuparsi, ma quel giorno non ci fecero caso.
A Madison importò di ogni cosa.
“Alla tua rinascita” propose Red, alzando il bicchiere.
Madison sorrise.
“Alla mia seconda vita.” 

   
 
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