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Autore: Gemini_no_Aki    03/04/2016    3 recensioni
Prima di dare la caccia alle Leggende Chronos era uno dei Cacciatori e Agenti più temuti, e rispettati, che i Signori del Tempo avessero mai avuto.
«Non temere, ci occuperemo noi di te.» Fece un breve gesto con la mano indicando attorno a sé mentre le pareti cambiavano mostrando uno schermo con cose che Mick non capiva. «Questo è il Punto di non Ritorno. Ti consiglio di restare il più fermo possibile.»
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mick Rory, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Chapter 01

 

All’inizio era rabbia.
Una furia cieca che Mick sapeva di conoscere meglio di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere, la furia che anelava al fuoco, inarrestabile, indomabile, la furia che arrivava quando restava bloccato lontano dalle fiamme. O quando le persone non riuscivano a vedere oltre le apparenze. Quel giorno erano state entrambe le cose a far scattare la scintilla nella sua mente.
Aveva chiuso ogni cosa fuori nel momento in cui Rip Hunter si era voltato borbottando quella che lui intendeva come una scusa ma che Mick sapeva non essere sentita, aveva cacciato Jefferson lontano dai suoi pensieri, il ragazzino non aveva fatto nulla di male, non voleva davvero coinvolgerlo. Aveva chiuso fuori dalla mente l’intera squadra con cui stava viaggiando, la missione che avevano, ogni singola cosa. Per un breve istante la sua mente rimase all’oscuro, silenziosa, avvolta in una pace incredibilmente rara. Poi fu il fuoco. Mick aveva imparato presto come funzionava, come una fiammella innocente sulla punta di un fiammifero potesse espandersi in un attimo, Mick conosceva il fuoco e in quel momento era l’unica cosa che esisteva.
Eppure in mezzo al crepitio delle fiamme resisteva un piccolo pensiero, qualcosa che era stato dimenticato mentre ogni altro pensiero fuggiva, qualcosa che Mick non era sicuro di sapere come fosse arrivato.
“Non ferirli. Non trascinarli nelle fiamme. Non ucciderli.” No, lui voleva solamente tornare a casa.
Apparentemente loro non erano della stessa idea, apparentemente il suo partner non era della stessa idea mentre lo abbandonava in una foresta in chissà quale luogo, chissà quale tempo.
Non era necessario per quella missione, era un pericolo, era stupido, Rip l’aveva detto più chiaramente che poteva, perché non riportarlo nel loro tempo? Cosa sarebbe cambiato?
La rabbia mutò in attesa.
Impiegò una settimana per accadere, una settimana perché il fuoco smettesse di ardere così impetuosamente da cancellare ogni altra cosa. Non si trattava del fatto che non fosse più arrabbiato con loro perché dire quello sarebbe stato mentire, era ancora arrabbiato, furioso, ma loro non erano lì, era da solo. Aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato ma nessuno di fisico con cui esserlo. Così attese.
Non si spostava troppo dal luogo in cui Snart lo aveva lasciato e anche se lo avesse fatto dove avrebbe potuto andare? Non aveva indicazioni da poter seguire, non aveva una destinazione.
Un’altra settimana dopo smise di contare i giorni che passavano, un pensiero più piccolo del precedente si fece largo nella mente, era una vocina lontana ma nella mente ormai silenziosa risuonò come se giungesse da ogni direzione e da nessuna al tempo stesso.
“Non tornerà a prenderti.” Non voleva ascoltarlo eppure ogni volta che Mick cercava di concentrarsi su qualunque altra cosa, che fosse una pianta, che fossero delle bacche o un coniglio che si era sventuratamente trovato sulla sua strada, quella voce tornava prepotente a farsi sentire.
Snart, no, Len non sarebbe tornato, nessuno sarebbe tornato indietro per lui.
L’attesa divenne rassegnazione.
Tre settimane, tre mesi, forse erano quattro, forse erano solo due giorni.
Decine di chilometri, venti, due soltanto.
Mick aveva completamente perso il senso del tempo, della distanza, si era perso e non era certo se si riferiva a quello in senso letterale mentre si guardava attorno e non vedeva altro che alberi, o in senso metaforico mentre cercava un appiglio che gli permettesse di mantenere la mente unita mentre la sentiva spezzarsi, vagare in ogni direzione, con una miriade di pensieri tra i più disparati, senza capo né coda.
Il fuoco aveva smesso di bruciare, “Questo è letterale” pensò, la fiammella davanti a sé spariva in un ramo troppo grande e robusto che non si era acceso come lui avrebbe voluto. Il freddo lo avvolgeva, cercava di entrargli nelle ossa, di trascinarlo a fondo con sé e Mick non sapeva più cosa fare per impedirglielo.
Non sapeva perché fosse ancora vivo, perché si ostinava a cercare di sopravvivere, perché ogni mattina quando il sole sorgeva e i raggi filtravano fra le fronde lui si alzava e si ostinava a trascinarsi avanti in una direzione qualsiasi.
Perché?
Perché?
Che senso aveva tutto quello? Cosa aspettava, cosa cercava, perché il suo corpo non riusciva a fermarsi come la mente stancamente cercava di imporgli?
Cinque mesi, dodici giorni, forse erano sette settimane, ogni cosa era senza significato, perché cercava di ricordare quanto fosse passato? Perché cercava ancora di capire dove fosse? Come uscire da quel mucchio di alberi, o come bruciarli tutti uno dopo l’altro finché non fosse rimasto solo lui in mezzo ad un bosco di cenere, magari avrebbe attirato l’attenzione di qualcuno.
Qualcuno.
«I tuoi compagni, amici, ti hanno abbandonato.» Mick alzò lo sguardo su chiunque stesse parlando.
“Chi è? Si è perso anche lui?” No, impossibile. “Sa troppe cose.” L’uomo continuò a guardarlo dall’alto con fare superiore. “Chi si crede di essere?” Voleva dirlo, voleva parlare, ma quando aprì la bocca non uscì alcun suono.
«Posso darti quello che cerchi.» Aveva una cadenza lenta, controllata e precisa. Si inginocchiò davanti a lui, Mick non riusciva a scorgere il viso, solo i vestiti scuri, qualcosa di familiare ma non per quello sicuro.
«Tu li trovi per noi» “Di chi parla?” «Gli darai la caccia, non temere, ti insegneremo come fare, li consegnerai a noi, non importa come.» “La squadra.” «Avrai la tua vendetta, noi avremo fermato una minaccia, tutti vincono.» “No. Manca qualcosa. Non ti fidare Mick.” La voce nella sua mente era diversa, era una voce che non sentiva da… da troppo tempo, non sapeva quanto, avrebbe dovuto averla dimenticata. «E tu potrai andare a casa.»
Casa.
Mick accettò senza più dubbi, con voce rauca per il troppo disuso.
Quando aprì nuovamente gli occhi gli alberi erano svaniti, la stanza era ampia e bianca, senza finestre, senza mobili ad eccezione del letto su cui era. Mick posò finalmente lo sguardo su un uomo con le braccia conserte che lo guardava.
«Cosa volete da me? Dove sono?» La voce era sbagliata o forse era solo lui ad averne dimenticato il suono.
«Non temere, ci occuperemo noi di te.» Fece un breve gesto con la mano indicando attorno a sé mentre le pareti cambiavano mostrando uno schermo con cose che Mick non capiva. «Questo è il Punto di non Ritorno. Ti consiglio di restare il più fermo possibile.» Il sorriso che aveva era tutto fuorché rassicurante, Mick conosceva quel tipo di sorrisi. L’uomo uscì da una porta a scomparsa e una volta richiusa la parete era nuovamente uniforme come poco prima come se non esistesse nessuna porta.
Era a metà strada tra il letto e la parete che qualcosa gli attraversò la mente, come una scossa, come… non lo sapeva, cadde a terra.
La rassegnazione infine divenne Vuoto.




Angolino dell'Autrice: Alla fine mi sono convinta a scriverla subito e, soprattutto a pubblicarla. Non so quando la aggiornerò, non so se saranno due capitoli o dieci o cos'altro. So in che direzione voglio andare ma non se prenderò la strada più lunga... vedremo. Potrebbe prendere in considerazione la coppia Mick/Len, lo aggiungerò se sarà così. E probabilmente dovrò spostare il rating su giallo, ma vedremo anche qui come si sviluppa. Al momento è un poì confusionaria, non è che i pensieri di Mick siano esattamente lineari, nè tanto meno semplici D:
Per intanto spero vi piaccia com'è ;)

Bye Bye~
Aki
   
 
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