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Autore: Anto_Lu    04/04/2016    2 recensioni
"A Seoul ti puoi veramente sentire viva, parte di qualcosa: mille persone diverse che camminano, ridono, amici che bevono, amori che nascono, mentre li osservi vivere, cambiare, scegliere, sorridere, fare tutto ciò che tu sei troppo codarda per fare."
" 'Vai così Lia, sempre in ritardo' la mia coscienza decide di rimproverarmi proprio ora, mentre percorro la strada che separa la metro dall’università in tutta fretta; in queste mattinate di Dicembre, Milano è particolarmente fredda e grigia, il che non contribuisce a migliorare il mio umore."
Varie storie si intrecciano fino a delineare il sentiero dell'amore.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kim e Less: Musica, pioggia e giacche di pelle

POV Less
 
Così mi sveglio ogni mattina, con quel vuoto che mi divora l’anima da non so nemmeno quanto tempo. Ho scritto così tante storie per poi lasciarle a metà, sprecato così tante parole per coprire il silenzio che mi costringe ad ascoltare. Respiro, cercando di calmarmi, sorprendendomi ad ogni battito del piccolo fragile muscolo che ho in petto: batte, ma controvoglia, come se tutta la forza fosse sparita da quando l’ho incontrato.
Sarebbe così romantico raccontare di come mi abbia salvato la vita, oppure di come mi abbia rincorsa per portarmi a cena, ma non sarebbe la verità; a volte l’amore si incontra in un giorno piovoso, dopo una pessima giornata, mentre i piedi percorrono automaticamente la strada di casa e i pensieri affollano la mente. Perché è così che è successo, è così che ho smesso di essere razionale e mi sono lasciata ferire, è così che è cominciato tutto.
 
A Seoul ti puoi veramente sentire viva, parte di qualcosa:  mille persone diverse che camminano, ridono, amici che bevono, amori che nascono, mentre li osservi vivere, cambiare, scegliere, sorridere, fare tutto ciò che tu sei troppo codarda per fare. Sono sempre stata la ragazza presa in giro, che tornava a casa in lacrime o che non riusciva a trattenere i singhiozzi in classe, forse troppo debole per guardare avanti, forse troppo spaventata per capire che tutto dipendeva da me, senza mai sentirmi veramente a casa.
Ma qui, in questa grande città dalle mille sfumature, so di essere a casa.
 
Piove, le gocce rendono tutto un immenso strumento da suonare mentre le mie orecchie ascoltano solo la musica proveniente dalle cuffie, le scarpe fradice annegano nelle pozzanghere e io voglio solamente rintanarmi in quella specie di buco che chiamo casa. Tutti, qui a Seoul, cercano l’anima gemella come fossero ossessionati dall’amore, come se amare fosse la cosa che desiderano di più al mondo, per poi mostrare al mondo quanto sono felici, completi; un paio di coppiette mi passano accanto, nei loro occhi tutte le parole che non si sono mai detti, tutte le carezze che non si sono mai dati, tutti i rimpianti che vorrebbero solo cancellare con un bacio. Cammino, affidandomi alle parole della canzone “l’amore ti uccide, l’amore ti mette in ginocchio e poi ti colpisce lo stomaco”; no, nessuno mi metterà in ginocchio. Svolto in un vicolo buio, gli occhi fissi a terra per evitare le pozzanghere, quando un ragazzo cade ai miei piedi: ha il naso sanguinante, si tiene il fianco e fissa un paio di uomini corpulenti che si stanno lentamente avvicinando; per un secondo lo guardo negli occhi e, senza pensare, lo prendo per le spalle e lo faccio alzare mentre le cuffie mi ricadono sulla giacca di pelle nera.
«Corri!» lo prendo per mano e lo tiro via da lì, senza rendermi conto che forse sto facendo la cosa più stupida della mia vita «Hai un posto sicuro in cui andare?» urlo, sperando di non dover portare uno sconosciuto nel mio buco (sì, non è un gran bel posto in cui dormire, ma è sempre il MIO posto); lui annuisce e mi guida in mezzo alla folla, zoppicando, stringendo la mia mano come fosse un’ancora di salvezza. Camminiamo per dieci minuti buoni, fino ad entrare in un grande palazzo, dove devo praticamente trascinarlo fino all’ascensore.
«Terzo piano» dice, accasciandosi al suolo. L’ascensore comincia a muoversi e mi sorprendo a fissare quel ragazzo macchiato di sangue: sembra così... Normale. Perché uno come lui si trovava con quelle persone? Forse volevano derubarlo. Sì, deve essere questo il motivo.
Lo porto fuori dall’ascensore, il suo braccio mi circonda il collo ed io tento di sorreggerlo, finché non mi ferma davanti ad una porta, tira fuori le chiavi e la serratura si sblocca; entriamo in un appartamento grande tre volte il mio e, ci scommetto lo stipendio, senza i miei sgraditi ospiti ad otto zampe. Lo aiuto a sistemarsi sul divano in pelle bianca, mentre vado alla ricerca del bagno: apro l’armadietto e tiro fuori garze, disinfettante, poi prendo anche un asciugamano e una bacinella in cui riporre il tutto. Quando torno in soggiorno, il ragazzo fissa il vuoto con una birra in mano, senza preoccuparsi di chi potrei essere o di cosa abbia intenzione di fare. Poggio la bacinella a terra e mi dirigo verso la cucina; dopo un’attenta ricerca, ho trovato un’insalatiera in cui metto acqua tiepida e del sale, per poi andare a sedermi davanti a lui; mi fissa e scivola giù dal divano, si siede e gira il volto, permettendomi di curarlo.
 
Non dice una parola, si limita a sorseggiare la sua birra senza più guardarmi negli occhi; non che io lo voglia, l’unica (e anche l’ultima) volta che i nostri sguardi si sono incontrati mi sono messa in un casino forse più grande di me. Il sale gli brucia sulle ferite, ma lo disinfetterà: gli passo l’asciugamano impregnato sugli zigomi, sul labbro rotto, su tutti i punti che domani si gonfieranno, più e più volte, con così tanta dolcezza da sorprendermi. Passo alle mani, sulle nocche c’è del sangue secco che tolgo,  poi continuo a disinfettare e, quando ho finito, gli avvolgo una morbida benda intorno al palmo; mentre gli tengo le mani mi sembra di essere con un animale ferito, uno di quelli che se fai una mossa troppo veloce potrebbero morderti. Tiene ancora gli occhi bassi, ma ha finito la birra e la bottiglia vuota dorme sul pavimento; inizio a cantare mentre le sue mani vengono a contatto con la benda, per rassicurarlo, o forse per calmare me stessa. 


Note dell'autrice
Sssalve gente! Okay, è la mia prima ff e la cosa mi rende ansiosa (perdonate anche le note molto ristrette, l'ansia mi sta uccidendo ahahah), ma grazie anche al sostegno di 
lislis666 la sto pubblicando, quindi fatemi sapere come la trovate, eventuali errori, ecc (grazie in anticipo a chiunque troverà anche solo un minuto per leggerla!)
Non so ancora con che scadenza pubblicherò, ma cercherò di farlo una volta a settimana, quindi... see u!
Besos,
Lù.
   
 
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