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Autore: WaterfallFromTheSky    04/04/2016    1 recensioni
Haruko è solo una innocente ragazzina quando Lady Kagami irrompe nella sua vita, stravolgendogliela. Da quel momento, la giovane sarà costretta a fingere, a fare cose che logoreranno la sua anima, tutto per salvare se stessa e suo fratello. Riuscirà nel suo intento? Sarà capace, la ragazza, di mantenere intatti i suoi principi?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Ecco l'ultimo capitolo! Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita finora...è stato un piacere caricare questa storia per voi :) Spero vi sia piaciuta e che non restiate delusi dalla fine!
 
 
 
Haruko aveva recuperato Harumaru non appena era scesa dalla barca. Lo aveva stretto a sè e gli aveva sussurrato parole di conforto, lieta di averlo ritrovato incolume. Il bimbo l'aveva guardata senza capire e si era placidamente addormentato tra le sue braccia. Haruko restò lì a cullarlo, finchè non crollò anche lei. Per la prima volta dopo tanto tempo, la ninja dormì a lungo, di un sonno ristoratore e sereno.
***
Passarono tre giorni. Nel villaggio e al castello erano in corso lavori per riparare, ristrutturare e ricostruire dove l'Aurora di Fuoco era passata. Rikimaru forniva attivamente aiuto tutto il giorno, diligente e disponibile, volenteroso nell'apprendere perfino quel genere di cose. Haruko lo aveva aiutato a realizzare un tomba per il Maestro Shiunsai sulla scogliera; poco lontano, c'erano anche delle tombe per la famiglia del panettiere e per i genitori della ragazza. Per entrambi quello fu un modo per salutare i propri cari e lasciare il passato alle spalle.
Ayame era tornata, con sollievo di entrambi i ninja: si era lanciata in mare prima dell'abbattimento del Demone di Fuoco ed era approdata su una spiaggia distante. Come Rikimaru, aveva deciso di dedicare la propria vita a servire Lord Godha. Haruko, invece, aveva intenzione di abbandonare la sua vita da ninja, ma ancora non aveva comunicato a nessuno la sua intenzione.
***
Era tarda sera. Haruko aveva appena fatto addormentare Harumaru e lo fissava mentre dormiva beato nel suo giaciglio. Era stanca e desiderava affiancarlo, ma preferiva attendere che Rikimaru tornasse, com'era ormai abituata a fare.
Si trovava nella casetta che lei, gli Azuma e Harumaru occupavano provvisoriamente. Haruko si occupava della casa, di far trovare loro un piatto caldo tre volte al giorno e del bambino.
Aveva acceso delle candele e preparato la tavola sia per Rikimaru che per Ayame, che dovevano essere ormai di ritorno. La prima fu Ayame, che varcò la soglia di casa silenziosa come un felino. Haruko si aspettò che si sedesse e iniziasse a riempirsi la pancia senza aspettare Rikimaru -come faceva sempre-, ma invece lei le disse:-Ti devo parlare-. Stupita, Haruko la seguì fuori dalla casa.
Era una serata tranquilla, mite, e c'era silenzio: tutti gli abitanti rimasti del villaggio erano sfiniti per via dei lavori giornalieri nel villaggio, i più dormivano della grossa. Haruko tirò una boccata d'aria, apprezzando quel silenzio.
-Ti devo dire una cosa- esordì la ninja più giovane.
-Ti ascolto-
-Ho ucciso io Genbu-. Ayame lo aveva detto fissandola dritto negli occhi. Haruko non ebbe alcuna reazione, sebbene da alcuni giorni non sentisse quel nome e non pensasse a tutto ciò che vi era legato. Rispose:-Sapevo che si trattasse di un ninja Azuma. Non importa. Meritava quella fine. Non ce l'ho con te, se è quello che ti preoccupa-
-Non te lo sto dicendo per questo. So bene che meritava di morire, per questo l'ho ammazzato. Ma devi sapere una cosa-. La ragazza fece una pausa, abbassò lo sguardo, poi lo rialzò e disse:-Quando sono arrivata da voi, tu eri priva di sensi, per terra. Genbu era inginocchiato davanti a te. Diceva di continuo "Non ti voglio uccidere e non ti ucciderò, non ti voglio uccidere e non ti ucciderò", come una cantilena, sembrava impazzito. Ha smesso quando mi ha sentita. E' saltato in piedi dicendomi che non eri morta, eri solo svenuta, che eri stata tu ad attaccarlo...-
-Questo è vero-
-Ti ha spostata dietro una colonna, in modo che non fossi in pericolo mentre io e lui ci battevamo. Poi l'ho sconfitto. Credo che sia stato più felice di morire per mano mia che per mano tua-. Haruko non seppe cosa dire. Lì per lì non provò nulla. Quella storiella non le suscitò niente. Poi, però, le parole di Ayame la fecero riflettere. " Credo che sia stato più felice di morire per mano mia che per mano tua".
Raundomaru non sopportava che lei, Haruko, lo trattasse male. Haruko lo aveva sempre trattato con amore, si era affannata a stargli dietro perfino quando aveva dato inizio a una serie di azioni terribili...e lui lo sapeva. Essere stato chiamato "stupido" e "idiota" da lei ed essere stato destinatario di quel tono aspro, astioso, era stato per lui abbastanza. Essere ucciso da sua sorella sarebbe stata una punizione troppo dura per lui, sebbene sapesse di meritarla, immaginò lei.
"Non ti voglio uccidere e non ti ucciderò, non ti voglio uccidere e non ti ucciderò".
-Nonostante quello che ha fatto, Genbu ti voleva ancora bene, Haruko. Aveva raggiunto un punto di non ritorno, come Tatsumaru, e solo la morte avrebbe potuto redimerli...ma senza dubbio teneva a te e ti avrebbe protetta anche da Lady Kagami se avesse potuto-
-Tu...ne sei convinta?-
-Convinta no, non ero nella sua testa. Ma per quel poco che ho visto...-. Haruko chinò il capo, profondamente triste. Chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime. Suo fratello le mancò improvvisamente. Provò un incontrollato desiderio di averlo davanti a sè e dirgli che gli voleva bene, nonostante tutto...che lo aveva perdonato.
-C'è la cena in tavola. Tra un pò arriverà anche Rikimaru. Torno subito- disse Haruko, allontanandosi in fretta. Ayame entrò, decidendo di lasciarla in pace. La capiva perfettamente. Anche lei era stata tradita da una persona che amava e aveva desiderato di ucciderla poichè quello era l'unico modo, l'unica cosa che andava fatta. Eppure, quando era stata sul punto di farlo, non ce l'aveva fatta. Lo aveva perdonato, fosse stato per lei gli avrebbe dato una nuova possibilità. Ma Tatsumaru sapeva che le cose ormai non potevano andare così e aveva posto fine da solo alla sua vita.
Haruko provava lo stesso dissidio e, Ayame ne era quasi certa, anche lei avrebbe esitato alla fine, se fosse riuscita a sconfiggere il fratello. Sperò che averle raccontato quelle cose la aiutasse a star meglio.
***
Haruko aveva raggiunto la scogliera. Passò lì diverse ore. Obbedendo all'istinto, realizzò una tomba simbolica per suo fratello Raundomaru, dopo di che pregò e pregò per lui. Tra una lacrima e l'altra, gli sussurrò anche di averlo perdonato, che gli voleva bene, che non lo aveva mai odiato davvero, che ora sapeva che mai avrebbe avuto la forza di ucciderlo. Si stese accanto alla tomba dandole le spalle, sul terreno duro e roccioso, l'aria marina a carezzarle la pelle nivea, e pianse silenziosamente fino ad addormentarsi.  Sognò suo fratello, che dormiva accanto a lei, schiena contro schiena, come facevano sempre in passato.
***
Era tutto pronto. Aveva radunato alcuni vestiti, cibo, oggetti utili per la cura di Harumaru e un solo coltello. Aveva potuto agire indisturbata, data l'assenza sia di Rikimaru che di Ayame.
Harumaru emise alcuni versi. Si stava annoiando. Haruko lo prese in braccio e gli sorrise dolcemente, dicendo:-Starai bene, piccolino mio. Te lo prometto-. Il bimbo guardò il soffitto. Haruko seguì il suo sguardo e vide una ragnatela.
-Un ragno. Vuole mangiare le mosche cattive che vogliono entrare nella bocca di Harumaru!- fece Haruko, anche se lui non poteva capirla; nonostante ciò, il bimbo colse il suo tono allegro e scherzoso e produsse una risatina squillante, che fece ridere anche la ragazza. Passò tutto il resto del pomeriggio a giocare col bimbo, lo fece gattonare, gli fece il bagnetto. Poi preparò la cena. Ayame fu di nuovo la prima ad arrivare. Disse:-Rikimaru farà un pò tardi. E' stato convocato da Lord Godha-
-Nuova missione?-
-Suppongo di si. Godha non ti convoca mai per una chiacchierata davanti ad un the-. Haruko non rispose, cupa; tuttavia, si convinse ancor di più della sua decisione. Ayame, intanto, finse di non notare la sacca da viaggio della ragazza nell'angolo accanto al suo letto.
***
Rikimaru era appena uscito dal castello di Godha. Era esausto; prima di tornare a casa, si sedette su una roccia poco fuori dal villaggio. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire in missione. Così presto. Sospirò stancamente, comunque dispiaciuto di non poter aiutare gli abitanti del villaggio.
Udì un fruscio e dei passi alle spalle ma non si allarmò: era Haruko, la riconobbe subito. Non si voltò nemmeno.
-Che fai qui?-
-Che fai qui tu, piuttosto. La cena è pronta da un pezzo- replicò lei con una nota di dolcezza nella voce.
-Ho una missione. Domani devo partire-
-Capisco-. La sua voce si era raffreddata.
-Non mi hai risposto- insistette lui. Era perfettamente plausibile che lei fosse venuta a cercarlo o che fosse uscita per una passeggiata e lo avesse incontrato, tuttavia il giovane aveva un cattivo sentore. Presto, scoprì di avere ragione. Haruko disse:-Anch'io parto. Ma adesso-. Non  fu necessario che aggiungesse "per sempre", Rikimaru avvertiva quelle due parole nell'aria che li separava. Era stato il tono solenne di lei a liberarle tacitamente. Era anche dispiaciuta?
Si, lo era. Haruko aveva trovato una casa, un rifugio lì. Aveva trovato degli amici, una famiglia, delle abitudini. Aveva però perso la maggior parte di quelle cose. Spiegò:-Sento il bisogno di andare via di qui. Ciò che è successo con l'Aurora di Fuoco è ormai finito, ma le loro tracce resteranno impresse in questo posto per sempre. Ogni luogo qui mi ricorda loro, i miei genitori, ciò che ho perso...e non posso continuare a stare qui. Non voglio crescere Harumaru qui. Voglio portarlo in un luogo tranquillo che non sia stato contaminato dall'orrore che abbiamo vissuto-. Rikimaru restò immobile e silenzioso, lo sguardo fisso di fronte a sè. Ad Haruko, che era alle sue spalle, parve che si fosse irrigidito, ma in realtà non era così. Rikimaru non era stupito di quelle parole e di quella decisione. In quegli ultimi giorni, Haruko gli era parsa più distante rispetto a prima. Aveva reso accogliente la casupola in cui stavano e se ne occupava per loro, ma era come se lo facesse meccanicamente. Solo quando aveva Harumaru tra le braccia sembrava tranquilla e serena. Anche nei suoi confronti era diversa: all'inizio lei gli rivolgeva la parola molto spesso ed era premurosa, cose che lui aveva sempre apprezzato sebbene non lo avesse lasciato trapelare. Dopo ciò che c'era stato tra loro sulla collina dei ciliegi lui immaginava qualcosa di diverso...invece parlava con lui il minimo indispensabile, gli porgeva domande di rito, nulla di più. Ora capiva il perchè.
Il silenzio di Rikimaru fece sentire molto a disagio Haruko. La ragazza aggiunse, come per convincerlo:-La vita da ninja non fa per me, vi ho lasciato le mie armi. Ho portato solo un kunai per precauzione. Mentre tu e Ayame...-
-Non ti piace cosa facciamo-
-Non è questo. E' solo che...potrei perdervi da un momento all'altro. Siete forti, ma non si sa mai cosa possa accadere. E io...non voglio più perdere nessuno-.
Non aveva la forza di tenere a loro, in altre parole. Haruko preferiva interrompere così i loro rapporti, in modo da non soffrire nel caso fossero morti in missione. In modo da non saperlo neppure. Rikimaru non si sentiva di colpevolizzarla. Capiva. Gli dispiaceva immensamente perchè Haruko era diversa dalle ragazze che aveva conosciuto prima, aveva instaurato con lei qualcosa di più profondo...ma non ce l'aveva con lei perchè voleva impedirsi di soffrire ancora. Non l'avrebbe condizionata in alcun modo, non l'avrebbe fermata. Rispettava il suo volere e il suo modo di essere. E desiderava che lei stesse bene, o almeno il meglio possibile.
Sapeva di dover dire qualcosa, ma non seppe cosa. Rikimaru non era mai stato bravo con le parole.
Haruko sospirò e avanzò verso di lui, gli si portò di fronte. Aveva chinato il capo. Sebbene metà del suo volto fosse coperto dalla solita maschera e il suo viso fosse inespressivo come sempre, quel capo chino trasmise ad Haruko tutto il suo rammarico e il suo disappunto. Non aveva mai visto Rikimaru col capo chino se non mentre leggeva.
-Mi...mi dispiace- sussurrò lei, la gola bloccata da un gomitolo di pianto.
-Non devi dispiacerti. Va bene così-. Avrebbe voluto dirle che era felice di averla conosciuta, di aver avuto una nuova amica e compagna di battaglia...e qualcosa di più, ma non gli riuscì. Le parole gli morirono in gola. Era un limite che non sarebbe mai riuscito a superare.
Haruko, addolorata ma incapace di cambiare il suo volere, portò le mani sul viso del giovane e lo sollevò verso di sè. Gli abbassò la maschera e si chinò per lasciargli un bacio sulle labbra, lungo, tenero, delicato. Il cuore di entrambi reagì al bacio battendo come dopo una lunga corsa. Rikimaru scoprì di non essere pronto a lasciarla andare, così la prese per i fianchi e la attirò a sè, delicato ma fermo; lei finì seduta sulla sua gamba e lui posò la fronte sopra il suo cuore. Percepì il suo battere incessante e si rilassò, si sentì meno ridicolo sapendo di essere ricambiato. Haruko gli carezzò i folti capelli con una mano e gli lasciò un dolce bacio tra di essi.
-Vorrei essere più forte-
-Forse un giorno lo sarai-
-Lo spero. Ci proverò-
-Ci proverai?- le domandò Rikimaru in un sussurro, alzando il volto e incontrando i suoi occhi. Aveva gli occhi lucidi e ricolmi di dolore, le labbra schiuse, rosse, il viso niveo. Era bellissima. E non voleva andarsene. Se ne fosse stata capace, sarebbe rimasta.
Haruko comprese l'importanza di quella domanda. Se un giorno fosse stata più forte, sarebbe tornata?
Fissò Rikimaru negli occhi scuri, carezzandogli il viso liscio, il naso deciso, la cicatrice sull'occhio chiuso.
-Si. Si, ci proverò. Un giorno, forse, riuscirò a tornare-. "E spero che tu sia ancora qui" pensò, ma non lo disse. Rikimaru annuì appena e lei gli posò un altro bacio infinito sulle labbra.
***
Gli mancava già. Le sue labbra, i suoi baci. L'odore della sua pelle, le sue treccine sul viso. Il suo tocco, il calore del suo corpo, la sua consistenza tra le mani. I suoi abbracci, il suono del suo respiro veloce, il cuore che le batteva forte nel petto. E le lacrime, quelle silenziose lacrime che gli aveva lasciato inavvertitamente sulle guance.
-Perchè non l'hai fermata?-. Ayame. Non l'aveva sentita arrivare.
Lo trovò sulla stessa roccia su cui l'aveva trovato Haruko.
-Se glielo avessi chiesto, sarebbe rimasta- aggiunse. Ayame sapeva benissimo che i due fossero particolarmente legati. Fin dall'inizio erano andati naturalmente d'accordo. Non era stupita del fatto che il loro rapporto si fosse approfondito, anche se non sapeva bene quanto. Quando Haruko l'aveva abbracciata, giustificandosi dicendo scherzosamente:-Non ti ho mai abbracciata. Perfino un'antipatica come te ha bisogno di affetto ogni tanto-, Ayame aveva capito che qualcosa non andava. Quando subito dopo aveva detto che andava a portare una cosa ad una signora che conosceva ma che sarebbe tornata presto, lei poteva andare tranquillamente a dormire, Ayame aveva compreso che lei avesse bisogno di vedere Rikimaru senza nessuno intorno. E quando, fingendo di dormire, l'aveva sentita tornare, prendere Harumaru e la sua sacca da viaggio, allora aveva capito che era vero, stava andando via, che voleva ricominciare da capo un'altra volta, lontano da lì. Ayame la reputava una vigliacca, eppure non la biasimava. Tra loro era quella che aveva perso più di tutti, che aveva sofferto più a lungo. Eppure, nonostante tra loro non fosse mai corso buon sangue, le dispiaceva. Ormai si fidava di lei, faceva parte del gruppo. Adesso, invece, erano soltanto lei e Rikimaru.
Rikimaru rispose:-Non sarebbe stato giusto chiederglielo-
-Sei un idiota. Avresti dovuto provare. Magari ti ha messo alla prova, ha visto che sei un cretino taciturno e se n'è andata-. Era possibile. Eppure, lei sapeva  già quanto Rikimaru fosse cretino e taciturno.
Ayame sospirò e si andò a sedere accanto a lui, per terra.
-Pensi che tornerà?-
-Vedo che ti manca-
-Era giusto per chiedere. E' solo una piagnona. Non sopporto i piagnoni-
-Non so se tornerà-. Lui sperava di si, ma non lo disse. Ayame lo capì ugualmente.
Il giovane si alzò, dicendo:-Devo mangiare e andare a dormire. Domani devo partire per una missione-
-Vai, vengo tra un pò-. Rikimaru andò via, il capo chino. Ayame alzò il capo verso la luna piena e luminosa, pensando:"Buona fortuna, piagnona. E buona vita, ovunque tu voglia".
***
Era seduta sul carro di un mercante, tra le sue merci. Fortunatamente, Harumaru dormiva nonostante gli scossoni del carro.
Il villaggio non si vedeva già più, cosa di cui Haruko era sollevata. Avvertiva ancora su di sè il calore di Rikimaru e avrebbe voluto abbracciare Ayame ancora una volta, eppure era sicura della sua scelta. Aveva bisogno di voltare pagina e il modo più efficace per farlo era andare via, allontanare fisicamente quei posti pieni di ricordi dolorosi. Avrebbe trovato un villaggio tranquillo e avrebbe cresciuto Harumaru con amore e pazienza. Sarebbe stata meglio. Ci sarebbe voluto del tempo, lo sapeva, ma sarebbe accaduto. Forse, un giorno, sarebbe tornata al villaggio, sarebbe stata in grado di tornarci. Ma per ora...
Alzò il capo verso la luna piena: era luminosissima.
"Buona fortuna, ninja Azuma. Un giorno tornerò a trovarvi".
  
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