Ciao
a tutti! Rieccomi con un’altra fanfic sulla coppia
Huddy… non
ci posso fare niente… questi due mi ispirano troppo! Spero
che vi piaccia
nonostante sia un po’ malinconica. Sono graditi consigli e
critiche. Enjoy!
Disclaimers:
I personaggi di
questa storia non appartengono a me, ma a chi li ha creati. La storia
è frutto
della mia fantasia.
Era
una piovosa sera di fine autunno. La musica di un pianoforte
proveniva dall’appartamento che altrimenti sarebbe sembrato
disabitato ad un
occasionale passante. Era in quelle sere che Gregory House si rifugiava
nella
musica per non pensare, per non riflettere sulla sua solitudine. Da
quando era
finita con Stacy si era chiuso sempre più in sé
stesso ed aveva allontanato tutti
gli altri. Non poteva fare a meno di pensare che aveva reso la vita di
sua
moglie un inferno dopo l’incidente alla gamba.
L’aveva costretta ad
allontanarsi da lui per non soccombere. Gregory House suonava. Suonava
per
dimenticare. Suonava perché solo la musica poteva alleviare
la sua tristezza.
Lisa
Cuddy lasciò cadere il libro che stava leggendo che
atterrò
con un tonfo ed un fruscio di pagine. Era distesa sul divano di casa
sua. Da
sola. Pensava che in una giornata del genere tutti dovessero essere a
casa in
compagnia di qualcuno davanti ad una tazza di cioccolata calda mentre
lei era
da sola in quella casa enorme. Era in giornate come quella che sentiva
la
mancanza di un uomo, il desiderio di un figlio. Si sentiva sola,
svuotata,
proprio come una di quelle giornate.
Quella
era una giornata statica al PPTH. Solo raffreddori,
congestioni, laringiti, emicranie. Era in giornate così che
Gregory House si
annoiava. Non c’era niente che lo distraeva, niente che lo
allontanava dai suoi
pensieri. Decise di andare a torturare Cuddy per svagarsi un
po’, ma non appena
entrò nel suo ufficio notò in lei qualcosa di
diverso dal solito. Era…come
dire?...triste. Lei non gli diede neanche il tempo di aprire bocca.
-Non
oggi, House. Ho da fare.
Quel
giorno non se la sentiva proprio di affrontarlo.
-Fare
cosa, scusa? La noia si avverte in ogni angolo! Anche le
piante si annoiano!
-House, ti prego…
Stop. Time
out. Lisa Cuddy lo stava pregando?
Forse c’era davvero qualcosa
che non andava. Glielo leggeva negli occhi. I suoi meravigliosi occhi
color del
mare.
-D’accordo.
Un
attimo. Gregory House stava desistendo? Che gli era preso?
Forse il suo stato d’animo era così intuibile? Che
lui avesse intuito i suoi
sentimenti e la lasciasse in pace almeno per un giorno? Che gli
importasse
davvero qualcosa di lei?
-House…
Lo
chiamò e stava per chiedergli qualcosa, qualsiasi cosa pur
di
trattenerlo lì con lei perché quando era con lui
le sembrava di sentirsi meno
sola, ma poi ci ripensò.
-Niente,
vai pure.
Gregory
House suonava. La musica del pianoforte gli teneva
compagnia. Un’altra serata passata da solo con i suoi
pensieri e i suoi
rimorsi. Ma qualcosa quella sera lo distrasse dai tasti bianchi e neri.
Qualcuno aveva bussato alla porta. Quando aprì
restò meravigliato dal trovarsi
di fronte Lisa Cuddy con la faccia di una che non sa perché
si trova in un
posto in cui si presume sia arrivata da sola.
-Ciao.
Esordì,
incerta, non sapendo bene nemmeno lei perché quella sera
aveva sentito il bisogno di correre da House per vedere se stava bene
perché
quella mattina le era sembrato strano, diverso. Come se avesse bisogno
di avere
qualcuno accanto. Proprio come lei.
-Oggi
in ospedale eri strano e…insomma…volevo solo
sapere se va
tutto bene…
-Si,
certo.
Ma
qualcosa lo trattenne dal mandarla via sgarbatamente come le
altre volte.
-Vuoi
entrare?
-Grazie.
Lisa
notò che i tasti del pianoforte erano scoperti.
-Suonavi?
-Si.
-Ti
va di suonare per me?
-Se
ti va di ascoltarmi…
House
andò al pianoforte e Lisa si sedette sul divano poco lontano
da lui. La musica era così bella che quando House
finì di suonare lei non poté
trattenere un sospiro di stupore.
-È
meravigliosa. L’hai composta tu?
-Si.
-Ha
un titolo?
-“Solitudine”.
-Somiglia
molto a come mi sento ora.
House
andò a sedersi accanto a lei. Notò che aveva gli
occhi
lucidi, ma quando si voltò verso di lui sorrideva.
-Sei
molto bravo. Non lo credevo, sai?
Non
poté trattenersi dal prenderle il viso tra le mani e
baciarla.
Lei accarezzò la guancia dell’uomo ispida di barba
e ricambiò il suo bacio.
Restarono
abbracciati a baciarsi su quel divano con la musica del
pianoforte ancora nell’aria. Lisa sapeva che il giorno dopo
ci sarebbero state
delle spiegazioni da dare in ospedale, ma non le importava. Greg non
sapeva che
il giorno dopo avrebbe cambiato il nome di quella musica bellissima e
malinconica in “Lisa”. Entrambi sapevano che ci
sarebbero stati dei compromessi
da fare, delle discussioni da affrontare, ma in quel momento niente
importava. Non
esistevano né tempo né spazio. C’erano
solo loro, la loro felicità. Solo questo
contava. Sì, perché tutti hanno bisogno di avere
qualcuno accanto.