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Autore: Mikirise    09/04/2016    4 recensioni
Viaggiatori nel tempo!AU: Annabeth non riesce a dormire, davvero, chiude gli occhi e sente che la notte tutto va male. E che peggiora.
{Storia scritta per la #SpringShower #AnnabethAppreciation del campmezzosangue}
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Piper McLean, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parto ancora una volta dicendo che io questa mattata l'ho fatta solo perché sono una pazza e voglio veramente tanto bene anche ad Annabeth.
La storia è veramente… uhm. Cioè. Uhm. Ew. Meh. Come spiegarmi? Ma tanto vale! È che le voglio così bene che dovevo partecipare alla sua settimana nella #SpringShower del campmezzosangue.
Una cosa: chi mi conosce sa che uso spesso la divisione in paragrafi che siano su diversi piani temporali. Eh, l'ho fatto pure qua, ma al contrario. Va in ordine de-cronologico (esiste come parola?) e andrebbe così: presente-ultimo evento accaduto-presente-penultimo evento accaduto-presente-terzultimo evento accaduto e così via. In pratica, se opere leggere in ordine cronologico gli eventi del passato di Annabeth, dovete partire dalla fine, perché io sono una fumata. Grazie. Ciao. Scusate, sono veramente esaurita.











Se guardare gli eroi essere eroi

(O essere un eroe con gli eroi)


“Breathing is hard. When you cry so much, it makes you realize that breathing is hard.”
~ David Levithan








Annabeth si stropiccia l'occhio destro con la mano chiusa a pugno e si rende conto che dovrebbe avere molto sonno.

Non c'è nessuno intorno a lei. È questo che le consiglia che sia arrivata l'ora del coprifuoco e che tutti sono andati a dormire nelle loro camerette, a pensare uau, adesso chissà dove andremo, uau, chissà quante altre avventure vivremo. E non c'è Leo a rompere aggeggi solo per poi rimontarli, o Piper che fa Piper e guarda fuori, verso quei finestrini e commenta quanto sia strano il tunnel temporale, quanto sembri contro natura il fatto che lei e Leo abbiano piegato a loro piacimento il tempo.

È inutile dire che loro non hanno piegato niente a loro piacimento. È inutile che Leo continui a piegare fogli e parlare di spazio-tempo, che lei faccia altre rappresentazioni sul computer di suo zio Dedalo, che usino termini scientifici per parlare di buchi neri e gravità e quarta dimensione. Nessuno sembrava capirli e loro hanno iniziato semplicemente ad alzare le spalle. Leo ci ha rinunciato. Parla di mcnuggets, piuttosto, e prende in giro Hazel, quando la vanno a trovare. Perché lei non sa cosa sia un mcnugget.

Ad Annabeth Hazel piace. Quando finiscono negli anni Quaranta cercano sempre di farle visita e tutte le volte la vedono come la prima volta. Lei dice che non passano i giorni, che in realtà gli intervalli tra le loro visite non sono poi così lunghi. Per loro, a volte, passano anni prima di poter rivedere Hazel. Forse lei li vede invecchiati. Una volta l'hanno vista con i capelli bianchi e il sorriso stanco di chi ha vissuto tanto. Siete tornati, ha detto e ha sorriso con debolezza, con le labbra che tremavano. Questo è un effetto di viaggiare nel tempo, in realtà. Loro non vivono nell'ordine in cui vivono gli altri. La volta dopo Hazel aveva quindici anni, i capelli legati e quella vivacità e gentilezza che le hanno sempre visto nei movimenti. Non li conosceva ancora.

Annabeth lancia un'occhiata alla scrivania di Leo e a tutti i suoi fogli piegati. Loro vivono così: come delle palle arrotolate di carta, un ordine casuale e concentrato.

Luke glielo ha detto. L'aveva avvertita. E Thalia, oh, Thalia, rimasta là negli anni Duemila, con i suoi capelli tagliati e gli occhi tristi, le aveva chiesto qual era il loro scopo. Perché loro non stanno viaggiando. Loro non viaggiano. Loro sono persi.

Annabeth sente gli occhi chiudersi e combatte perché non vinca il sonno. Lo fa anche valorosamente, aggrappandosi alla sua matita, disegnando linee dritte sul foglio, che diventano lentamente oblique. Ma una palpebra sembra così ribelle che lei, semplicemente, poggia una guancia sulla sua scrivania e si addormenta.

È l'ultima cosa che sente rimbombare nelle sue orecchie. Ha un'immaginazione troppo viva e ricordi di un passato che potrebbe essere recente come potrebbe essere così lontano da eguagliare il momento del suo primo incontro con Percy. Però la sente come se fosse presente.

Io non sono persa, aveva risposto lei.

“Allora mi sai dire dove stai andando?” Thalia non aveva un sorriso, quando glielo aveva chiesto. Aspettava una risposta che Annabeth non aveva. E quindi entrambe se ne erano semplicemente andate.


~•~



È da prima del Buco Nero che le cose vanno a rotoli. Leo e Piper fanno finta che non sia così, ma la verità è questa. Le cose andavano male, il Buco Nero le ha peggiorate.

Leo se ne dà la colpa, a proposito, ma è più difficile trovare qualcosa per cui non se ne dia che un bagno libero prima di un test importante, quindi Annabeth più di dirgli che no, lei e Percy ci sono finiti per puro caso nel Buco Nero, non sa esattamente cosa deve fare. Per proprietà transitiva, comunque, Leo si dà la colpa anche dell'abbandono della nave da parte di Percy. Annabeth sa semplicemente che nulla può durare. Prima o poi tutti ti deludono e quelle false promesse, quelle stupide false promesse che quell'idiota faceva, che sarebbe tornato (perché Percy gli amici non li abbandona), ma aveva bisogno di rivedere sua madre, di abbracciarla, per lei non sono state mai pronunciate.

Le cose vanno male.

Sogna di non poter respirare, oppressa dalla gravità nel Centro del Buco Nero. In una dimensione senza tempo, né spazio, si era detta che sarebbe stato come morire tutti i giorni e in nessuno. E intanto non respirava così bene. Ma Percy faceva battute stupide sui polmoni e quell'idiota si è buttato dietro di lei dopo che Aracne, quella tipa rancorosa e abbastanza capricciosa, ha cercato di ucciderla, gettandola dalle porte dell'Argo II. Ha danneggiato la nave. Leo se n'è lamentato per secoli, e poi li guardava respirare dalla mascherina e si mordeva le labbra. Si lamentava anche di altro.

Annabeth non capisce da che punto in poi inizi l'amicizia che Leo prova nei suoi confronti e finisca il suo senso di colpa. Quel piccolo idiota.

Sogna ancora di non respirare. Apre la bocca e il petto va su, poi va giù molto lentamente. Se fossero morti, Percy sarebbe morto per il sessantacinque percento a causa della sua stupidità e per il trentacinque percento semplicemente perché Annabeth esiste. È questo che l'ha fatta alzare da quel nulla, sentirsi schiacciata da quel peso ed eppure alzare le braccia con le mani strette sulla sua fantastica pistola laser. Per logica, la luce sarebbe dovuta scendere di nuovo verso di loro, inghiottita dalla gravità, ma anche per logica, i Buchi Neri sono Tunnel Spazio-dimensionali ed è lì che viaggia l'Argo II. Nel frattempo, semplicemente, dovevano sforzarsi di seguire la luce. Lei continuava a sparare e ad ansimare. Espirare con tutta quella gravità era veramente difficile. Non impazzire era quasi impossibile, ma c'era Percy. Non lo vedeva. Nei Buchi non c'è luce. Ma lo percepiva nel tenergli stretta la mano e nel non lasciarla andare. Il tempo passava, ma non importava, perché la mano di Percy era ancora lì, allora un po' di speranza ci poteva essere.

Li ha trovati Piper. Non li voleva più lasciare andare, per quanto era felice. Hanno usato mascherine per giorni. Viaggiato per troppo. E Percy se n'è andato da sua mamma troppo presto.

Diceva che sarebbe tornato. Annabeth ancora sogna di non poter respirare, perché nessuno è mai tornato. Mai Thalia. Mai Luke. Non tornerà nemmeno Percy.



~•~


Si sveglia e pensa subito all'apnea notturna. Praticamente stava per morire perché ha smesso di respirare per un po'. Bella roba. Finge di non ricordare cosa ha sognato. Riprende in mano la matita come se nulla fosse successo e ancora nessuno è sveglio. Almeno, nessuno dovrebbe esserlo.

Piper la sta a guardare come si guarda un malato in stadio terminale. Ha il pigiama addosso e lo sbadiglio pronto. È appoggiata alla parete e le braccia incrociate. Sembra una di quelle mamme che devono badare al figlio neonato, che si sveglia in continuazione. “Non dovresti essere a letto?” chiede infatti, con la voce roca, inclinando la testa verso il muro.

“Devo…” Annabeth indica i fogli e scuote la testa. “… calcolare cose.”

“Uhm.” Se fosse stata ben sveglia, forse Piper non si sarebbe bevuta la scusa. Avrebbe alzato un sopracciglio e iniziato a fare domande su domande. Invece si è grattata la testa e, a passi abbastanza lenti e impacciati, si avvicina alla bionda, afferrando la sedia dalla scrivania di Leo. “In questa astronave non si dorme” bofonchia, posando la fronte sul tavolo. Sembra solo stanca.

“Leo?”

“Ci sono altri qua? Penso stia saldando qualcosa.” Non serve vedere il viso per indovinare l'espressione. È esasperata. Infatti inizia a fare versi di stanchezza con la gola, finché non si ritrova la guancia schiacciata su quel misterioso materiale tanto simile alla plastica, e tanto più elegante. Allora alza gli occhi verso Annabeth. “Ma quando vai a dormire posso venire con te? Dalla tua camera non si sente Leo che lavora. O che canta quando si fa la doccia. O che…”

La bionda ci pensa. Forse nemmeno lei è tanto lucida, ma comunque a letto non ci vuole andare. Soprattutto dopo quel bell'assaggino di sonno che ha avuto pochi attimi prima. No grazie. No. Davvero, no. “Puoi anche usare le camere vuote” propone debolmente. La sua parte razionale, quella che non ha paura dei sogni perché, insomma, sono solo sogni, sta pregando che Piper trovi una risposta e che diventi la sua scusa per disfare il letto su cui nessuno dorme da due giorni e lasciar andare tutta quella stanchezza, che sembra voler diventare parte integrante di lei. Prega tanto, ma meno di quella che continua ad aver paura di chiudere un occhio, figuriamoci due. Annabeth si sistema i capelli che le cadono sulle spalle, spingendoli verso la schiena. Gli occhi bruciano. Non riesce a focalizzare i numeri.

“Tu,” Piper ha alzato la testa e ora la tiene poggiata sul palmo della mano, in una posa esausta e trasandata. “Non mi perdoneresti mai se usassi una di quelle stanze.”

Ed è dannatamente vero.





~•~


C'è questo ragazzo, Frank, che vive in Canada, negli anni Novanta. Ad Annabeth è rimasto particolarmente impresso, perché lo ha visto due volte e sempre in situazioni di pericolo.

Per quel che ricordava Annabeth Chase, e per quel che suo cugino Magnus diceva, negli anni Novanta l'uso dei tarocchi, dei veggenti e il credere nella magia in generale sono considerati già una superstizione, quindi si è sorpresa quando la nonna di questo ragazzo aveva predetto, in cinese, che Frank sarebbe stato un eroe con la vita molto breve. Percy aveva preso a ridere, perché lui a certe cose non ci crede, o non ci vuole credere e tende ad affezionarsi molto velocemente. Considerava già Frank suo amico.

Però, per quanto fosse simpatico e dolce questo ragazzetto, ad Annabeth non è rimasto impresso nella memoria perché lo consideravano amico, ma perché lo ha visto due volte. Nella prima aveva diciotto anni, un sorriso splendente e la voglia di aiutare.

È diventato un poliziotto, quel giorno. Ha salvato tante vite. Davanti a loro ha sventato una rapina a mano armata e Leo aveva le labbra che formavano una O e aveva già deciso che lo avrebbe preso in giro per tutta la vita, perché era tutto successo per sbaglio: era caduto sul ladro, mentre scendeva le scalette fatte per arrivare agli scaffali più alti del negozio. Tutto un caso. Davvero, tutto un caso. Ma Frank è un eroe.

La seconda volta è morto in una sparatoria. Così. Prima era vivo, poi hanno sparato. Bum. A terra. Morto. Annabeth non aveva nemmeno avuto il tempo di sbattere le ciglia.

Però lui, lui lo sapeva. Sapeva che direzione avrebbe preso la sua vita. È morto a trenta anni e non si è mai perso.

Ultimamente gli viene spesso in mente. Lo sogna, in quella pozza di sangue, cadendo su Piper, che non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Frank Zhang, destinato a morire giovane per salvare persone che a malapena conosceva (loro). Se non si fosse sacrificato, sarebbe morta Piper.

È un eroe. Ha il coraggio di essere un eroe.

Quando si sveglia dopo questo ricordo, di solito, controlla che le mani non siano macchiate di rosso. Si asciuga il sudore, calma il respiro seduta sul letto, e controlla che Piper dorma in camera sua.

Poi calcola quale potrebbe essere la prossima destinazione e si chiede se Thalia, allora, non avesse ragione.



~•~


Si sveglia di soprassalto e col fiatone. Guarda le mani e trema. Allora sta per togliersi di dosso le lenzuola e correre verso la camera di Piper, ma si accorge che lei è lì, sdraiata su un fianco, tranquilla e viva. Tira un sospiro di sollievo e si passa le mani trai capelli lunghi. Forse Frank lo conosceva veramente poco, ma vedere una persona morire in quel modo… avrebbe fatto male anche se non avesse conosciuto il suo nome.

Si rende conto di avere un blocco al petto. Come se tra la cassa toracica e il cuore si fosse interposto qualcosa, i polmoni si fossero rimpiccioliti. Come se ci fosse un dolore inespresso che sta lì e lei non vuole sentire.

“Hai avuto un brutto sogno?” Piper non li apre gli occhi. Sta lì, sdraiata su un fianco e sembra ancora addormentata.

“No.”

“Bugiarda.” Ha la voce impastata dal sonno e per questo chiude la conversazione lì. Annabeth neè felice, mentre si sdraia di fianco, con la fronte rivolta verso il centro (verso Piper).

“Pip” chiama, sistemando il braccio sotto il cuscino. L'amica risponde con un mugugno, passandosi la mano davanti alla faccia, ma senza riuscire effettivamente ad aprire occhio. Ad Annabeth non serve altro, in realtà. “Ma noi dove stiamo andando?” Lo chiede quasi retoricamente. Non si aspetta veramente una risposta precisa da Piper, ma vuole solo condividere i suoi dubbi. Sapere se sono solo i suoi. Con Pip lo può fare. Lei l'ascolta anche se sta dormendo, o in dormiveglia. Sembra l'unica in grado di farlo.

“Non è tanto un dove stiamo andando.” La ragazza stira la schiena e torna ad incurvarsi contro il cuscino. “È un cosa stiamo cercando.” Strofina la guancia contro la stoffa. I suoi capelli castani vanno in bocca ad Annabeth, che comunque non sembra volersi lamentare rumorosamente.

“E tu cosa cerchi?”

“Cosa cercavo.” Lo apre adesso, un occhio, e tira i suoi capelli dalla parte opposta a quello della bionda. “Cercavo qualcuno che mi accettasse per quello che sono e mi facesse sentire al sicuro. Ho trovato voi.” Le prende la mano che stava sulla parte bassa del cuscino. Sorride e gli occhi le si vogliono chiudere di nuovo. “Ho trovato te.”

È sempre bello avere una mano da stringere.

Chiude gli occhi.



~•~



La navicella è progettata per sette persone. Loro erano quattro. Percy, Annabeth, Leo e Piper. Piper era arrivata neanche una settimana prima e già faceva domande sul fatto che i posti a tavola e le camere fossero molte più di quanti fossero loro. Annabeth non rispondeva. Diceva: “È stata progettata così.” E non è vero.

Sogna di quella volta in cui Leo fa la festa di benvenuto a Piper, che succede svariati mesi dopo la sua effettiva unione agli altri tre. Ma è divertente. Aveva cucinato tacos e enchiladas vegetariane e non la smetteva di parlare e fare battute idiote. Si vede che era felice di avere un nuovo compagno di viaggio, che si è unita a loro semplicemente perché uno dei viaggiatori del tempo cattivi, questa Chione, ha fatto credere al suo villaggio cherokee dell'epoca precolombiana che lei era morta durante il suo rito di passaggio. Non importava che la vedessero. Il corpo e lo spirito di Piper erano, secondo quello che lei diceva, maledetti e avrebbero portato carestia e morte ovunque sarebbe stata. E non importava neanche quanto Piper avesse parlato, gridato e spiegato di essere viva, gli anziani continuavano a tirarle ceneri rosse e nere, chiedendole di andarsene, e suo padre, con lo sguardo triste, ricordava le parole della viaggiatrice del tempo, credendo che la presenza di Piper potesse portare maledizioni al villaggio.

L'hanno trovata perché Leo aveva manomesso la rotta casuale seguita fino a quel momento, per seguire proprio Chione e chiedere qualcosa su una certa Ogigia dove solo lui era stato qualche tempo prima (facendo penare Annabeth nella sua ricerca per ritrovarlo).

Una storia complessa. E Piper è una ragazza buona.

Percy si era unito Leo in una serie di stupide freddure e battutine, che Annabeth non ascoltava nemmeno, tanto era buono il pranzo.

Ma loro ridevano. Piper non faceva domande sulle camerette in più. E le cose sembravano voler iniziare ad andare bene. Forse avrebbero trovato un nuovo equilibrio. Forse lei avrebbe trovato il suo equilibrio.

“… ma non è uno studio sugli animali?” Aveva perso metà della conversazione, ma i tre avevano un sorriso così sereno che l'avevano contagiata all'istante. Leo lo aveva chiesto ridendo.

“Allora rientra anche Percy” aveva detto, alzando un lato della bocca.

“Ehi!”

Ed erano scoppiati a ridere tutti. E forse veramente la serenità si può ritrovare facilmente.

Poi però in mezzo al tavolo, coi piedi accanto ai piatti, compare un ragazzo coi capelli biondi e la cicatrice sul viso. Ha un braccialetto di manipolazione spazio-tempo nero, le scarpe alate e un sorriso furbo. Percy si strozza col cibo, iniziando a tossire senza riuscire più a respirare, e Annabeth sente il cuore smettere di battere.

“Chi sei? Chi sei?” continuavano a chiedere Leo e Piper, alzandosi in piedi e allontanandosi dalle sedie. I loro sguardi cercavano una reazione dai due più grandi, ma loro stavano fermi e non dicevano, non facevano nulla.

“Vi sono mancato?” chiede Luke e Annabeth si pietrifica. Percy si arrampica sul tavolo e sembra sul punto di piangere. Lo guarda, gli dà un pugnetto sulla spalla, poi si mordere labbra e guarda in basso. Poi lo abbraccia, con grande sorpresa di tutti. “Vi sono mancato” mormora stupito il biondo, dando una pacca imbarazzata sulla spalla del ragazzo.

I giochi delle linee temporali non piacciono, non fanno mai ridere, buon cielo. Annabeth si morde le labbra e sorride, perché è così che si dovrebbe fare.

La risposta era sì. Sì che le era mancato. Ma lui per lei (per loro) era già…



~•~



Si toglie le lenzuola di dosso, come se fossero delle catene e poggia i piedi per terra.

Quanto può essere lunga una notte?

I gomiti sulle cosce e la testa fra le mani, Annabeth cerca di respirare e smettere di tremare. Ma non ci riesce e pensa di andare a prendere un po' d'aria, allo studio. Guardare le stelle la tranquillizza. Le fa venire in mente Thalia. E lei vuole sempre tanto bene a Thalia. Lei le ha dato una famiglia. Ma quando alza la testa e si sta per alzare, sente la voce ancora assonnata di Piper accanto a lei.

Non si gira, ma immagina che Pip sia seduta con i palmi sul materasso e i capelli tutti dritti da un lato. Forse si sta anche stropicciando un occhio. Ha un sonno leggero, la ragazza. O questo, o non dorme proprio.

“Ma Annabeth, tu lo sai che non sei sola, vero?”

Fa veramente male respirare, quando si sdraia.


~•~




Essere considerata una guida è dura. E per Annabeth lo è il doppio, perché si sforza di seguire sempre la sua testa e prendere decisioni logiche fa abbastanza schifo. In più lo era da poco, ai tempi. Prima di Piper, ai tempi in cui si è presentato Leo alle porte della navicella, Thalia se n'era andata da poco. Prima di affidavano a lei, per le decisioni, per i consigli. In quel momento erano soli.

Percy non lo capiva. Continuava a seguire il suo istinto, se ne andava in giro senza un piano da seguire ed era già tanto che riuscisse a tornare alla navicella.

Ma a cosa serve un piano se loro vanno in giro senza un vero motivo?

Percy ha l'istinto dell'eroe. Si trova nei guai e salva gente senza volere, poi si affeziona alla gente che si ritrovano nei guai. E va bene. Leo è guai. Annabeth se ne rende immediatamente conto: un messicano della seconda metà dell'Ottocento con un'intelligenza abbastanza accettabile, dai, rimasto orfano e con l'energia dei bambini iperattivi prima degli inibitori artificiali. Un brillante incubo.

Li ha trovati girando per il bosco. Buon Dio. Ha iniziato a tirare addosso alla navicella sassi e ha trovato la porta. Li ha svegliati con una buona colazione e dicendo: “Quando una persona vi prepara la colazione, di solito si dice grazie, non chi sei tu, o come cavolo hai fatto ad entrare.”

Inutile dire che a Percy il ragazzo è andato immediatamente a genio.

Anche Annabeth lo ha trovato simpatico, ma non pensava sarebbe rimasto con loro. Trovarsi Leo come compagno di viaggio è stato un duro colpo per lei, perché prima era il capo, tra lei e Percy, ma lo era in maniera più leggera, più indipendente. Leo sembra avere più bisogno di lei. La seguirebbe ovunque, per davvero. Quando ha dei piani che non rasentino il limite dell'assurdo, li condivide con lei. E si fida completamente di lei. Annabeth non può non notare che lei si comportava nella stessa maniera con Thalia. E questa è una responsabilità grossa. Troppo grossa, a volte.

Leo aveva iniziato a progettare dei cambi per la loro macchina del tempo, come la chiamava lui. Scorreva verso camera di Annabeth e parlava entusiasta. Presa da quella euforia, quando il ragazzino stava lì, con lei, l'aiutava nel progetto, immaginando nuovi ambienti, insegnandogli le nuove tecnologie e progressi nel mondo scientifico. La nave prima era completamente diversa. Dire che quella in cui viaggiano adesso sia completamente opera di Leo, forse è un'esagerazione, ma, che sia una sua creazione per i tre quarti, quello si può dire con tutta la tranquillità del mondo. E Leo era curioso attento, uno splendido studente.

Era quando Annabeth rimaneva sola nella stanza che aveva dubbi, che aveva paura.

Leo si era affidato a loro. Come un cucciolo. E se gli fosse successo qualcosa sarebbe stata colpa loro.

Percy non ci ha mai fatto caso. Lui è un leader naturale. Ne ha l'istinto, per questo non segue la testa. E Annabeth è il contrario: deve fare in modo che ogni cosa sia pianificata, perché un minimo margine d'errore, può voler dire…

Ha provato a dirlo, a Percy, questa cosa del leader, del fatto che lei a volte, quando ripensava a tutto quello che avevano già passato, non se ne sentiva all'altezza. Piper e Leo viaggiano con loro, ma ci sono altre persone a cui tornano -che si affidano ad Annabeth e Percy. Grover, ad esempio. Hazel (a causa loro) è sempre nei guai quando la vanno a trovare. Will potrebbe farsi del male. E cosa fare?

Ma con lui è difficile parlarne. Non perché sia cattivo, ma perché sminuisce, perché non la lascia sfogare, non sente il bisogno di una soluzione, di un piano.

Allora Percy saltella per le varie ere, portando Piper e Leo e facendo nuove amicizie, andando contro viaggiatori del tempo cattivi e rischiando la pelle di tutti loro.

E nel frattempo, Annabeth non riesce a dormire bene, perché è difficile respirare, la notte, e vede tutti scomparire in un battito di ciglia, come lui.

Ma questo la notte. Di giorno, davvero, non traspare nulla. Prende decisioni con la testa, rotea gli occhi, ride e fa battute. Non deve trasparire niente, di giorno.



~•~


I movimenti di Piper sono veramente molto lenti. “Sei di nuovo sveglia?” La sua fronte è contro la fronte di Annabeth.

“Sei ancora sveglia?” Gli occhi le bruciano e ne sente uno lacrimare contro il cuscino.

La risposta non arriva. La bionda sospira e Piper la imita.

L'ultima cosa che sente è l'amica che mormora: “Faccia Bruciata. Va a dormire.” Ma non ha senso, perché Leo non ha dato fuoco a nulla e forse è a questo che pensa, quando torna a dormire per l'ennesima volta.

La presenza di Piper la tranquillizza. Per qualche strana ragione, lo fa sempre.


~•~


Prima di lasciare la nave e Percy e Annabeth, Thalia era pensierosa. Lo avevano notato, ma avevano dato la colpa al tempo, a quello che era appena successo, a un momento passeggero. Non avevano mai pensato sarebbe stato possibile che uno di loro decidesse di abbandonare gli altri. Loro erano famiglia. Almeno, lo erano per Annabeth.

Aveva l'aria di un leone, Thalia, con le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate. Non ha pianto. Non una singola goccia. La cosa strana è stata che ha abbracciato Percy e Percy non era esattamente abituato ad essere abbracciato da lei. Dubitava che sapesse anche quello che voleva dire saper abbracciare, quindi…

S'isolava più spesso. Parlava di meno. Aveva gli occhi tristi. Sembrava meno combattiva.

Erano capitati negli anni Duemila e Thalia si era rifiutata di salire di nuovo sulla nave. Aveva sorriso e Percy aveva capito. Negli anni Duemila dovrebbe vivere suo fratello, con suo padre. Voleva trovarli, ricominciare da capo con la sua vera famiglia. Annabeth, invece, si rifiutava di capire.

“Ma tu sei la mia famiglia” aveva detto, guardando a terra. E forse quello è stato il suo primo grido d'aiuto che nessuno ha realmente colto. Forse gli incubi sono iniziati anche per colpa di quel momento, quando Thalia le ha sistemato i capelli biondi dietro l'orecchio e l'ha guardata con quello sguardo triste.

“E cosa stiamo facendo?” le aveva chiesto. Glielo stava chiedendo con tutta la sincerità del mondo, e sono solo loro due a parlare. “Dove stiamo andando? Il motivo per cui andare in giro per il tempo, esattamente, qual è?” Le ha accarezzato la guancia con quella tenerezza fraterna che ha sempre caratterizzato il loro rapporto. “Hai iniziato fuggendo di casa e ti sei persa. Prima di perderti ancora di più…”

“Magnus si è perso e ha fatto il barbone per due anni. Non io.” Ha volutamente confuso il piano letterario e quello metaforico. Ma lo aveva fatto per poter sorridere un po' e alleggerire il suo peso al cuore.

“…trova la tua strada.”

È solo un peccato che secondo Thalia la sua strada non corrispondesse con la sua famiglia di tanto tempo. E c'è ancora quel sospetto mai detto ad alta voce, quando l'abbraccia, quando se ne va, che semplicemente stesse allontanandosi da dove aveva amato così tanto una persona, da scappare via. Forse con i piedi più veloci e leggeri di quando Annabeth è scappata per la prima volta, e per davvero.


~•~


Annabeth apre di nuovo gli occhi e si ritrova quelli chiusi di Piper per l'ennesima volta. Sta per sospirare e decidere di andarsene a calcolare nuove rotte, nuovi viaggi (vuole tornare ai tempi di Sally Jackson e riprendersi Percy, ma questo non vuol dire che lo farà), nuove ricerche. Ma Piper prende fiato e inizia a raccontare una storia. Queste sono le cose strane della vita.

“Un bambino troppo curioso, cadde sulle ceneri ardenti” inizia, tenendole stretta la mano. “Da quella caduta rimasero cicatrici sulla sua faccia e, per questo motivo, nel villaggio in cui viveva iniziò ad essere chiamato Faccia Bruciata. Questa cosa dava molto fastidio a Faccia Bruciata, perché in questo modo si sentiva discriminato e solo. Per questo, una volta raggiunta l'età adulta, decise di salire sulla montagna più alta è lontana del villaggio, creando la Ruota, che simbolizzava un suo villaggio ideale ed invisibile. Piangeva la sua solitudine ogni giorno, però, è un giorno, attirata dai suoi singhiozzi venne a lui la Grande Aquila. Faccia Bruciata le raccontò il perché delle sue lacrime e la Grande Aquila lo portò dagli aquilotti suoi figli, chiedendogli di costruire per loro archi e frecce e di proteggerli dalla Lontra del Fiume, che minacciava la loro vita. Nel tentativo di proteggere gli aquilotti, Faccia Bruciata uccise la Lontra e la Grande Aquila, per sdebitarsi, promise la sua eterna protezione alla Ruota. Attirati dalla prosperità e sicurezza del Villaggio Invisibile, molti cherokee decisero di vivere insieme a Faccia Bruciata, costruendo intorno a lui un villaggio visibile e vivo. Allora Faccia Bruciata si sposò ed ebbe una numerosa discendenza. Fu felice.” È così finisce. Si sistema di nuovo contro il cuscino.

“Cosa vuol dire questo?”

Piper ci mette un po' a rispondere. Sembra voler cercare una buona posizione per ricominciare a dormire. “Cosa hai bisogno che voglia dire?”

Annabeth ci pensa. Ci pensa. Continua a pensarci. Finché non si addormenta ancora una volta.



~•~



Era una giornata di sole e già questo faceva abbastanza schifo. Percy non aveva fatto battute e questo era segno di sventura. Thalia era guardinga, ma questo era normale. Luke teneva il suo manipolatore del vortice, quello che usava quando voleva fare dei salti veloci in alcuni periodi del tempo (come quando aveva deciso che voleva vedere Annabeth e Percy all'età di vent'anni, così, per curiosità) sul polso e sorrideva.

“Se dovessi scegliere di salvare solo me, o tutto il mondo, cosa sceglieresti?”

“Sta zitto, non parlare.” Thalia gli teneva la mano e gli altri due li stavano guardando preoccupati. È stato infettato. “Will.”

Will correva di qua e di là, ma non c'era molto da fare, non per il tempo in cui sono comparsi, non per le medicine che ha nel suo ambulatorio. Cerca, inietta. Almeno Luke non soffiva, ma alzava le spalle e non sapeva esattamente cosa fare. Annabeth lo vedeva nei suoi occhi, chiede scusa. Ma alla fine non è colpa sua. È stato un caso.

Si è ammalato della Malattia dei Due Giorni a cui nel futuro le persone sono immuni. Ma lui non viene dal futuro. È stato portato sulla navicella come Percy è stato portato: reclutato da un altro viaggiatore del tempo, che a sua volta era stato reclutato da un viaggiatore del tempo e così… niente geni immuni ad una malattia mortale. Bella roba. Ci sarà un vaccino, perché in futuro, con tutta questa roba delle battaglie chimiche ci sarà veramente un vaccino per tutto. Si vede che gli altri tre avevano il neè giusto. Fa ancora più schifo.

“Io sceglierei il mondo.” Luke non ne voleva sapere di stare zitto. Parlava piano, ma parlava. “E invece non ho salvato nessuno.”

“Hai salvato noi.” Anche Annabeth parlava piano, più perché non vuole stonare con la situazione che per altro. E Luke deve sapere.

Non ne era sembrato sicuro, ma aveva sorriso. Non aveva fatto quella domanda che Thalia avrebbe continuato a farle. Cosa avevano fatto, esattamente? Cosa stavano cercando? “Dici?”

Primo giorno. Annabeth guarda Thalia preparare il tè e comportarsi come la prima volta che l'ha vista: sorride, dà pugni sulle spalle di Luke, parlano di quello he faranno in futuro. Lei non ce la fa, ma ci prova. Will continua a cercare una cura, perché è un medico, perché la speranza non la può mai perdere. Ma dovrebbe smettere di essere così ottimista.

Seecondo giorno. Luke continuava ad essere bello come quando Annabeth aveva otto anni. “Avevi una cotta per me, eh?”

Lei aveva ruotato gli occhi, come farebbe con Percy. “Oh cielo, sei monotematico.”

“È un sì?”

Avevano riso. Davvero, avevano riso, ma l'aria della morte stava lì, su di loro, Thalia non gli aveva mai lasciato la mano, Percy si mordeva le labbra e Annabeth ha sentito per la prima volta il petto piccolo e i polmoni inutili.

Pero hanno fatto una cosa bella, vero? Perché l'ultima cosa che Luke, il Luke he l'ha salvata da Aracne la prima volta, lo stesso Luke che l'aveva fatta fuggire dalla sa famiglia, dalla vita in generale, Luke che le ha insegnato tutto quello che sa sulla tecnologia futuristica e come mandare le persone all'ospedale, Luke, il suo eroe, l'ultima cosa che ha sentito nella sua vita è stata la risata di quella famiglia che si era creato.

È una cosa bella, vero?


~•~




Si sveglia ed eccola la lacrima. Eccolo il singhiozzo.

Piper si stira verso di lei e poggia il mento sui suoi capelli, le accarezza la schiena e aspetta.

Annabeth ha iniziato a piangere e addio. Adesso sarà impossibile che lei smetta. Singhiozza e non respira. Le lacrime bagnano il pigiama dell'amica, che comunque non la smette di stare lì, accanto a lei, senza dire una parola, ad aspettare una spiegazione a quello che stava succedendo. Questo per ora basta.

Annabeth ha la gola secca e si aggrappa a Piper come se fosse l'unico lampione in una strada di campagna.

“Sono qui per te” ripete la castana. E lei lo sa che è così. E ha capito la storia di Faccia Bruciata.

Questo non la fa smettere di piangere, per fortuna, perché non può sfogarsi così con nessun altro.

Piange per Percy e per Frank, piange per Thalia che se n'è andata, per Luke, che ha riso quando è morto. E lo fa tutto insieme, quindi è come se il suo petto scoppiasse.

Prima era più difficile respirare, deve dire. Piano piano, il peso sul petto sembra più leggero.

Non tanto, certo, ma sfogarsi così liberamente, fa bene.

Stringe tra le dita la manica della castana. E continua a piangere. Che altro fare?




~•~


Annabeth odiava suo padre, ecco cosa. Odiava il fatto che sia madre non avesse voluto che lei stesse in casa sua. Odiava il non riuscire più a leggere senza che quei due mostri dei suoi fratellastri iniziassero a darle il tormento. Odiava tutto. Soprattutto quando le dicevano che era una bugiarda, perché non esiste una tipa di nome Aracne che la vuole uccidere. E per questo ha preso il suo zaino di Einstein, ci ha infilato il computer dello zio Dedalo, qualche merendina, i suoi due libri più belli, che ai tempi corrispondevano a La Bussola d'Oro e Viaggio al centro della Terra, e se n'era andata via di casa alla tenera età di otto anni. Ciao ciao.

Una Aracne che la vuole uccidere c'è, o c'era, o meglio ancora, ci sarà. È una viaggiatrice nel tempo che ha deciso di prendere il ruolo della sua nemesi quando poi avrà l'insana idea di prendersela con Percy in un parco gioco di notte, che poi sarebbe anche il momento in cui Annabeth incontrerà Percy. La cosa è abbastanza divertente, perché quel ragazzo è svenuto esattamente zero virgola tre secondi dopo aver incontrato lei è Luke. Ed aveva iniziato a sbavare. Ma quello dopo. Dopo qualche anno, addirittura.

Prima Annabeth era sola in un parco, a mangiare un pane con le olive, che sarebbe stato il preferito di sua madre (quanto l'aveva presa in giro Percy per questo!) ed era ricomparsa Aracne, perché, da brava cattiva, aveva pensato bene di sconfiggere il nemico prima che diventasse nemico (cosa impossibile, si creerebbe un paradosso troppo grande), e così, senza un motivo per la Annabeth di otto anni, ha iniziato ad attaccarla con le pistole laser.

In realtà, Aracne ha una pessima mira e, grazie al cielo, Luke no. E Annabeth non è mai stata stupida, si è subito nascosta e ha assistito ad una lotta tra viaggiatori del tempo. Una cosa incredibile.

Luke era bello. Bello proprio. E gentile, con un bel sorriso. La bambina di era vergognata dei suoi capelli spettinati e delle briciole intorno alla bocca. E l'aveva ascoltata con così tanta pazienza, con così tanta tranquillità, che quando Thalia, prendendole la mano, l'ha portata su una macchina del tempo e le ha detto: “Anche noi scappiamo da casa per fare una casa. Vieni con noi,” lei ha detto sì, sì, aì, tremila volte sì.





~•~




Quando arriva la mattina, Leo entra in camera gridando. “Qualcuno ha rapito Pip e la vuole far diventare schiava di… oh. Ciao.” Si gratta la testa e sorride. “Niente, falso allarme. Ho preparato la colazione, miss Chase, signora, One sempre al suo servizio.”

Annabeth si siede sotto le lenzuola e così fa anche Piper, che apre finalmente gli occhi caleidoscopici, fulminando l'amico, che volteggia con la stessa grazia di una balena in preda alla crisi di fame.

La bionda ride. “Leo” lo chiama, passandosi una mano sulla fronte. Il ragazzo si gira e tutti i ricci ballano di qua e di là. “Calcola tu la prossima rotta, dopo colazione.”

“Va bene” cantilena il ragazzo, e sta per uscire dalla stanza con passo pesante e allegro.

“Grazie.”

Leo non coglie la sfumatura più profonda di quella parola, ma non importa. La coglie Piper per lui, e sorride. Lui se ne va e si aspetta che le due lo seguano.

Finiranno a dare la caccia a Chione, Annabeth lo sa. Va a finire sempre così quando Leo calcola le rotte. Ma non importa. Davvero, no.

Si sente rinata, dopo essersi sfogata, anche se non ha dormito poi così bene. E ha un piano per fare in modo che tutti e tre tornino a casa salvi.

Ha anche ricominciato a credere che Percy tornerà, tra poco. Aspetta che ricompaia a cena con pancake blu e il manipolatore di Luke al polso.

(In realtà torna un po' prima, con dei regali da parte di Sally. Sarà solo un pin difficile spiegare a lui e a Leo per quale motivo è così importante, per lei, appoggiarsi così tanto a Piper, dopo questa notte.)



 
  
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