Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Dregova Tencligno    11/04/2016    1 recensioni
Questa è una piccola confessione. Parole sussurrate che esprimono l'amore che il protagonista prova per la figura in cui riconosce il proprio amico, ma anche il proprio amante. Un racconto di poche righe che narra paure che vengono a galla quando si tiene molto a qualcosa o a qualcuno, parla di momenti di tempi passati e speranze.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Vieni più vicino, mi hai detto. Mi hai sussurrato di non aver paura di quello che sarebbe successo perché ci saresti sempre stata, tu, la persona che per me è la più importante al mondo. Nessuno è pari a te, nessuno ha la tua voce e nessuna pelle ha l’odore della tua. Quel profumo intenso e inebriante che ti lascia dietro quando cammini, quando ruoti il capo, quando scendo sul tuo collo sentendo l’impulso di divorarti. E tu mi sorridi, mi infondo coraggio quando non ne ho, mi canti le tue storie.
Con te sono felice, con te sento di avere tutto, ma, al contempo, ho anche una paura matta di quello che potrebbe succedere un giorno. Perché non potrei mai sopravvivere senza di te, e so che cercherei fino alla fine dei miei giorni il modo per ritrovarti e riaverti se ti perdessi.
E ricordo quando da giovane mi richiudevo nella mia stanza. Quante volte ho detto alle sue pareti, al cubo di asettica materia, quello che mi è passato per la testa. Infinite e più volte. Ho urlato a quelle pareti scagliando me, oggettificandomi, per non sentire più niente, per diventare asettico quando in me vivono solo germi di sentimenti che prolificano e si nutrono della mia carne. Rendendo la mia vista e il mio animo suscettibile ai sentimenti racchiusi negli altri, desiderando di non vederli li avevo cancellati. Io mi sono sentito solo, sempre.
Ho gettato me contro quelle pareti, perdendo il conto delle volte. Le macchie ci sono ancora e sono tante, ma i muri sono grandi.
Ho urlato nella stanza sommersa di luce. Di giorno cocente e ho urlato, ho pianto nel poetico imbrunire, e nella fredda notte ho cercato il tiepido conforto di morbide coperte che sapevano di materno e di paterno cercando un sogno in cui lasciarmi inabissare. Un luogo grigio, piatto, senza gradazioni. Per sentirmi giusto, asettico finalmente come lo era il mondo in cui mi sono sempre sentito un vagabondo. Un mondo creato da me.
Niente sguardi, niente sorrisi celanti miriadi di segreti, niente occhi brillanti come echi di luce di stelle. Solo impostata finzione, solo clamorosa ombra in cui lasciarmi morire.
E anche quando provo ad avere un’esistenza all’esterno nel mio mondo, finisco col tornare da solo, a cercare l’oceano grigio in cui inabissarmi nuotando per affogare, cercando di sterilizzare la mia anima per cancellare anche la più piccola incrostazione di sentimento che mi sporca la faccia invisibile della pelle.
Quante volte ho scagliato me, ho visto il sangue esplodere in sferiche gocce per disegnare orribili segni mentre ho ripetuto a ciò che rimaneva del mio corpo che non avrei dovuto più amare, per non sentire il peso della frattura che mi avrebbe sorpreso come neve in estate.
Alla fine sarebbe successo.
È successo.
Quanti anni a sprecare il fiato a cercare di spezzarmi, a tentare di affogare anche il più piccolo brandello di me quando, alla fine, hai iniziato a farmi compagnia.
E io che ho ripetuto a me stesso con codarda insistenza di ignorarti come si fa con un dolore sopportabile, porre rimedio anziché curare, nel futuro, un dolore più forte e indelebile. Però il me stesso non era d’accordo, mai stato quello stupido.
Vuole, anela con tremenda e voluttuosa forza quello che non voglio dargli. È il suo atto di ribellione. Ma come potevo ignorare qualcuno come te, come quale forza avrei voltato il viso per non incontrare il tuo sguardo.
Ho iniziato a credere al ‘vissero per sempre felici e contenti’, ho iniziato ad amarti e a volere il tuo corpo, ma non semplicemente con la volontà dell’atto carnale, ma amarti veramente. Amare i tuoi occhi, i tuoi capelli, il tuo profumo, le tue mani che scivolano fra i miei capelli. Amare la tua mente, la tua fantasia. Il tuo sorriso, le risposte sagaci e la dolcezza delle parole che mi sussurri quando è sera.
Ho tutto questo, e ho paura che prima o poi sparisca. Lo considererei uno scherzo di cattivo gusto che ho previsto, ma che non ho voluto evitare. Troppo intento a vivere i momenti più bella della mia vita per prepararmi a quello che di orribile potrebbe accadere.
Ubriaco lercio del mio dolore urlerei strappandomi i vestiti e i capelli. E di lacrime ne verserei tante, stanne pur certo. Ripenserei alle pareti asettiche della mia camera, solo quelle mura bianche avrebbero potuto salvarmi.
Hai cominciato a farmi compagnia e dalla mia vita non ti sei più allontanato.
Sei il mio flagello, ti ho detto, e tu hai sorriso tra le lacrime di una tristezza profonda.
Hai azzerato la nostra distanza, hai fatto esplodere la mia bolla vitale e mi hai preso per mano toccando quelle che ho scordato fosse la chiave della melodia del mio cuore. E il brivido me lo ha fatto dolere, come se un filo spinato lo cingesse nel suo abbraccio. Mi hai fatto male e non sono riuscito a mandarti via. Ho desiderato per anni quel dolore e tu me lo hai dato con la tua dolcezza e con la tua promessa di stare sempre al mio fianco.
E io ti ho maledetto.
Devi essere contento, mi ha detto la fastidiosa voce da grillo parlante nella mia testa. Mi sono sentito come Deadpool con tutte le sue voci, ma senza la loro fresca ironia. Mi ha detto che con te avrei visto i colori e assaggiato la dolcezza delle tue labbra, le uniche al mondo che mi aveva fatto battere il cuore come un timido lupo. Avrei visto il mondo, senza mai prendere un treno. Visto l’universo nei tuoi occhi così cangianti come lo è la tua anima. Avrei parlato tutte le lingue esistenti mentre come un bambino avrei giocato a fare la guerra. Avrei visitato i posti più belli per serbarne il ricordo mentre le dita avrebbero formato un ponte intrecciato.
Avrei avuto tutto.
La fama e la gloria. Sarei stato idolatrato e amato come un Dio. Sarei stato il tutto. E come mai avevo paura di quello che sarebbe potuto essere a tal punto da voler cancellare il tutto per ritornare in quella stanza e rinforzare i muri, tornare in quell’oceano grigio e respirare a pieni polmoni.
Mi sorride e vorrei urlargli contro, ma non ci riesco perché il suo sorriso diventa il sole. E il sole si trasforma in te, in tutto quello che tu rappresenti per il mio piccolo cuore rattrappito dalle insicurezze.
Vieni più vicino, mi hai detto. Mi hai sussurrato di non aver paura di quello che sarebbe successo perché ci saresti sempre stata, tu, la persona che per me è la più importante al mondo. Nessuno è pari a te, nessuno ha la tua voce e nessuna pelle ha l’odore della tua. Quel profumo intenso e inebriante che ti lascia dietro quando cammini, quando ruoti il capo, quando scendo sul tuo collo sentendo l’impulso di divorarti. E tu mi sorridi, mi infondo coraggio quando non ne ho, mi canti le tue storie.
Mani dolci e delicate mi abbracciarono.
Strabiliante creatura che sei capitata nel mio cammino. Riconosci i miei sentimenti, mi conosci meglio di quanto mi conosca io stesso, e mi spaventi, ma anche consoli perché ci sei tu a capire quello che mi passa per la mente quando non ci riesco io.
Bellissima creatura con una mente seducente.
Mi stringi e mi accarezzi.
Mi perdo nei tuoi occhi di miele caldo e zuccherino. E rivivo le mie paure, ma tu mi ripeti di stare tranquillo e allora io mi rilasso. Mi inebrio del tuo dolore e lascio che i miei timori vengano chiusi in un angolo.
Ti dico che non sono una brava persona, non ho mai fatto di niente per essere etichettato in questo modo. E tu mi abbracci, mi baci sulle labbra, mi accarezzi la pelle e il mio corpo risponde al tuo tocco con una piacevole pelle d’oca, piccole scosse che mi accendono.
Ti osservo mentre mi stringi la notte, mentre mi culli al tuo petto. Mi perdo nei tuoi occhi, nel tuo viso, nei tuoi modi di fare così eleganti e rassicuranti.
Tu sei una brava persona, ti dico. E tu sorridi nel modo semplice che hai, quel tuo arricciare il naso, la luce che ti compare negli occhi e che mi fa sospirare come una scolaretta alla sua prima cotta. Mi vergogno a dirti queste cose, e te le sussurro mentre dormi, il momento in cui trovo il coraggio di dirti tutto quello che ho nel cuore. E così diventi tu la mia stanza, ma non urlo, canto il mio amore per te.
Tu sei una brava persona, te lo ripeterò sempre nonostante tutto quello che mi dici. Tu che ti accusi di avere problemi con la rabbia, tu che ti accusi di aver fatto delle cose stupide da giovane. Chi non ne ha fatti. Io ho avuto paura di amare dal mio primo respiro, io ho avuto paura di amare persino nei sogni.
Tu sei una persona buona. Non perché fai cose che ti rendono tale ai miei occhi, ma perché lo sei. Non importa cosa fai, ma chi sei dentro. Tutti possiamo errare, l’importante è rimanere fedeli a chi siamo senza essere trascinati via da quello che gli altri possono pensare.
Io ci ho messo un po’ a capirlo, tu lo hai sempre saputo e mi aiuti a ricordarlo quando me lo scordo.
Dopo tutte le mie paure, dopo tutte le illusioni che mi sono fatto. Dopo il terrore che ho nel pensiero di perderti, di non potermi più svegliarmi ogni mattina al tuo fianco. Dopo le risate, i tormenti del nostro amore io ti ringrazio. Ringrazio la splendida persona che sei.
Per alcuni questo potrebbe essere il gran finale di un film tormentato, se fosse un racconto di formazione, a questo punto scatterebbe la frase conclusiva che esprime il cambiamento che tu mi hai portato. Ma non siamo in un bel romanzo, chiuso il libro, finita la storia. Siamo nella vita reale e per quanto mi piacerebbe dire che sono cambiato, farei la figura di un bugiardo.
Io non sono cambiato, sono lo stesso ragazzo che hai incontrato per caso in riva al mare. Lo stesso tipo che ti ha risparmiato una caduta sorreggendoti. Due sconosciuti che si sono incontrati più volte, e solo per caso. Tu poi hai avuto il coraggio di voler mantenere i contatti con me. Io ero rimasto intrappolato dai tuoi occhi. Io mi sono innamorato nel momento in cui, per uno scherzo del destino, ci siamo toccati per la prima volta.
Questa è una piccola confessione, parole che ti sussurro mentre dormi, anche se ho il sospetto che tu faccia finta e che in realtà mi ascolti e ti diverta mentre lascio che il mio cuore si apra.
Tra tanti eroi tu sei il mio.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Dregova Tencligno