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Autore: Shakarian02    13/04/2016    1 recensioni
Gli mancavano quelle carezze inattese, quei baci che lo lasciavano di stucco, che lo facevano arrossire; ma che gli piacevano tanto, che amava così tanto. Quella sensazione di solitudine, ma altresì di compagnia. Quella sensazione astrusa che lo depredava del sonno, del respiro: del soffio di vita, che gli faceva pesare l’anima, che all’unisono gliela faceva sentire vuota.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Custode
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La presenza silente di quegli occhi verdi come il mare, quegli occhi cangianti; egli si sentiva annegare quando li vedeva annacquare, quando cangiavano colore per via delle lacrime, che poi, scendendo le deturpavano il viso. 
Quello strazio era passato, per lei.
Gli mancavano quelle carezze inattese, quei baci che lo lasciavano di stucco, che lo facevano arrossire; ma che gli piacevano tanto, che amava così tanto. Quella sensazione di solitudine, ma altresì di compagnia. Quella sensazione astrusa che lo depredava del sonno, del respiro: del soffio di vita, che gli faceva pesare l’anima, che all’unisono gliela faceva sentire vuota.
Quel mal di testa oramai costante, gli occhi oramai ininterrottamente colmi d’acqua, i respiri che oscillavano: da compulsivi singhiozzi a soffi sbiaditi, fiochi, indeboliti, come il fisico del custode.
L’aspetto trasandato, la barba oramai germogliata da tempo. Non usciva più di casa: aveva coperto le finestre per non far bypassare  la luce del sole: il sole gli ricordava lei, il sole gli ricordava l’allegria di quel sorriso che non avrebbe mai più rincontrato, gli ricordava il dottore dell’attesa.
Perché attendere, effettivamente? L’alloggio era pieno d’armi, sarebbe bastato un istante, e quell’agonia sarebbe finita, no?  Quel martirio talmente doloroso, quel martirio che gli pesava direttamente sul cuore.
Il cuore, quello che lei aveva trasandato: ricordava quando stava male; quando, nei primi tempi, si svegliava di colpo la notte, sudata. Ella si teneva la mano sul petto, col fiatone: i soffi cardiaci fin troppo forti, fin troppo frequenti; Alistair si chiedeva come riuscisse a sopportarli, ma lei sembrava non curarsene.  Ricordava il sorriso sfinito che aveva quando il dolore passava; era un riso sfinito, ma sincero; un riso bellissimo, unico, solare. Un riso completo: gli zigomi accentuati, gli angoli degli occhi tendenti verso l’alto.
Era così bella, quegli occhi li amava, quegli occhi che sorridevano: quegli occhi che gli comunicavano ogni sorta d’emozione, di sentimento: quegli occhi verdi che gli donavano speranza.
 
Non poteva farlo, però. Non poteva metter fine alla propria vita per riabbracciarla. Lei non avrebbe voluto, non avrebbe approvato.
Fu questo a fermarlo. Fu questo innocuo pensiero ad impedirgli di metter fine a quella continua sofferenza.
Gli sembrava ieri quando affondava il viso nei biondi capelli di lei; ispirava quell’odore che lo faceva sentire a casa, quell’odore che amava.  Quell’odore che ricollegava all’amore.
Per il Creatore, quante volte se lo ripeteva?
La amava, Andraste, se l’amava.
L’amava, le mancava; come faceva senza di lei? Come avrebbe fatto?
 
Ad interrompere i pensieri del custode, fu Seth, il mabari di Lighting; oramai si tenevano compagnia a vicenda. L’animale salì sul letto, procurando un forte tonfo, mentre ad Alistair scappò un lieve sorriso.
Si alzò dal letto, le ossa che dolevano e scricchiolavano, scrosciò il collo, la schiena, le braccia e le gambe; solo dopo si vestì, di fretta e furia.
Acchiappò poi una piccola borsa, facendo un cenno a Seth; il cane lo seguì.
Durante il tragitto, raccolse una rosa rossa, appena sbocciata: viva. Una rosa vivente, ricca di vigore e vitalità. Era primavera, dopotutto. Era normale che i fiori rinascessero, dopo la precedente stagione.
Il sole gli fece bruciare gli occhi, ma egli non si applicò alla questione.
 
Andò al memoriale, a quel memoriale.
La statua di Cousland, con il suo spadone tra le mani: la grinta nello sguardo era la sua, assolutamente.
Anche se lei, era imparagonabile.
Accennò un sorriso, gli occhi mielati divennero un fiume in piena; il cane si sedette, davanti la tomba, Alistair attese qualche secondo, la mirò: era bellissima, anche quella sua copia. Qualunque cosa c’entrasse con lei aveva un qualcosa di divino.
Si sedette, poggiando la rosa davanti la statua; uscì poi un po’ di  formaggio dalla borsa e lo mise dinanzi la rosa, stentando una piccola risata.
< E’ per te, amore mio. > Disse lui, con lo sguardo basso, il fantasma di quel riso malinconico ancora sul volto.
Seth mugolò, riempendo quel breve silenzio.
< Ti amo e… Mi manchi, come l’aria. Prima o poi ci riabbracceremo, amore mio.  > 




 
   
 
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