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Autore: Amor31    13/04/2016    4 recensioni
Sophie è arrivata già da qualche settimana al Castello. Howl sembra essersi accontentato della scusa della "nuova donna delle pulizie", ma non è così.
Cosa sarebbe successo se al ritorno dal primo attacco bellico Sophie si fosse svegliata al posto di Calcifer?
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Storia partecipante al Contest "Notre Dame de Paris" indetto da katniss_jackson sul Forum di EFP
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Howl, Sophie | Coppie: Howl/Sophie
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Danzando per la libertà

 

La città non c'era più.
Era annegata sotto un mare di fuoco che si stendeva per chilometri verso nord, prolungandosi ancora a ovest e lambendo i territori meridionali con il suo abbraccio bruciante. Le case, i negozi, le persone... Tutto era stato ridotto in cenere e fumo dalle bombe sganciate dalle enormi corazzate che scivolavano lente nel cielo, proprio davanti ai suoi occhi.
Howl volò più in basso, studiando con lo sguardo ciò che la guerra aveva prodotto. Fece appena in tempo ad assistere all'esplosione di un piccolo edificio, colpito pochi attimi prima da un missile, e sentì le orecchie riempirsi dell'ennesimo boato provocato da un ordigno che aveva fatto saltare in aria quello che un tempo doveva essere stato un magnifico giardino. Ora al suo posto c’era una selva di fiamme e gli occhi di Howl bruciarono a quella vista atroce.
Non distingueva più chi fossero i nemici e chi gli alleati. Per il giovane, la guerra non aveva vincitori: a trionfare era solo la sconfitta dell’umanità. Gli bastava sapere questo.
Zigzagò nella pioggia di ferraglia causata da due corazzate che si erano appena scontrate e volò più in alto. Ad aspettarlo, però, trovò un nugolo di scagnozzi inviati dalla Strega delle Lande: i mostri gli si lanciarono contro a fauci spalancate, certi che stavolta lo avrebbero catturato. Per tutta risposta, il mago li affrontò di petto, volando a gran velocità verso di loro e attraversando come un fulmine quell’ammasso di esseri senz’anima. Poi, vedendosi ancora inseguito, aumentò la propria quota fin quasi a toccare le nuvole: lì sparì, lasciando disorientati gli oscuri nemici al servizio della guerra.
Non era ancora l’alba quando tornò al Castello. Il buio della notte si stava diradando, lasciando posto al chiarore del sole nascente, ma i raggi dorati parevano aver bisogno di ulteriore riposo prima di riprendere a splendere su quella terra funestata da conflitti senza senso.
Howl fece scattare la serratura della porta e presto fu in casa. Si attardò per qualche secondo sugli scalini dell’atrio e si ritramutò, inspirando a fatica per riottenere un briciolo di forze: la ricognizione di quella notte lo aveva stremato e il suo unico desiderio era di togliersi il prima possibile di dosso quell’orribile puzza di fumo e morte. Salì dunque la modesta rampa di scale e si ritrovò nello stanzone che fungeva allo stesso tempo da cucina e sala da pranzo; lanciò un’occhiata distratta a Calcifer e lo vide sonnecchiare, poi spostò lo sguardo sul tavolo non più ingombro di libri e piatti sporchi: le labbra gli si distesero al pensiero di quanto Sophie doveva aver mandato fuori di testa il piccolo Markl a causa degli intensi turni di pulizia della casa. Lo sforzo, però, era stato ripagato: il Castello non era mai stato tanto ordinato. Il pavimento di legno era tornato a brillare e gli angoli non erano più infestati da ragni e da altri fastidiosi insetti.
Mentre cercava di alleggerirsi il peso sul cuore con pensieri allegri, Howl prese dalla piccola credenza un bollitore per prepararsi una tazza di tè. Aprì un’anta e rovistò all’interno, cercando di non fare rumore, ma l’impresa fallì miseramente: nel tentativo di prendere il necessario, trascinò via una piccola tazza di ceramica che andò a infrangersi in mille pezzi con un clamore assordante. A quel frastuono il mago strizzò istintivamente gli occhi, sperando con tutto se stesso che Calcifer non si svegliasse di colpo con l’intenzione di sgridarlo; quando riaprì le palpebre, si accorse che il Demone dormiva ancora, troppo preso dal suo sonno ristoratore.
Howl s’inginocchiò a terra e pose la mano destra sui cocci. Si concentrò per un lungo minuto e presto la tazza tornò a essere come nuova, eccezion fatta per la sbeccatura già presente prima della rovinosa caduta.
-Ah, allora sei tu-.
Al sentire il suono di quella voce, il giovane rialzò lo sguardo, ancora fisso sulla tazza appena riparata, e lo spostò sulla donna che aveva fatto irruzione nella stanza. Squadrò la figura dal basso verso l’alto, sorridendo alla vista di un paio di pantofole che facevano capolino dalla base di una lunga camicia da notte.
-Sophie-, la salutò, mettendosi in piedi e riponendo di nuovo nella credenza la tazzina sbeccata, -mi dispiace di averti svegliata. Il buio mi ha tirato un brutto scherzo e ho combinato un pasticcio. Ma ho rimediato, sai? Ti prometto che starò più attento all’ordine del Castello, così avrai meno lavoro da fare e non ti stancherai troppo-.
La vide sollevare un sopracciglio, come se non si fidasse del tutto delle sue parole. Poi Sophie gli si avvicinò, tendendo davanti a sé una candela con cui era uscita dalla specie di ripostiglio che si ostinava a chiamare stanzetta.
-Non devi scusarti per il rumore. Ho solo avuto paura che qualcuno fosse entrato di soppiatto, ora che Calcifer ha abbassato la guardia-, spiegò lei, indicando il Demone con un cenno della testa. -Tu, piuttosto-, continuò, avvicinando la fiamma della candela al volto del mago per illuminargli i tratti del viso, -sei sporco di fuliggine e hai bruciacchiato i capelli. Come vanne le cose, lì fuori?-.
Howl rimase in silenzio e si limitò a riempire il bollitore con l’acqua.
-Vuoi del tè?-, le domandò.
Sophie scosse pian piano la testa e attese con un pizzico di preoccupazione la risposta che tardava ad arrivare. Quando finalmente il giovane si decise a parlare, rimase scossa da quanto ascoltato.
-È una guerra terribile. Non c’è altro che fuoco. Si susseguono di continuo esplosioni, la gente muore… È disumano. Se solo il Re capisse quanto è sbagliato combattere… Ma non si fermeranno, questo è certo. Guardare il mondo bruciare e morire mentre sorvolavo il campo di battaglia mi ha gettato nello sconforto. Volevo solo tornare qui e vedere te-.
Intento a scegliere il filtro del tè, non si accorse del fremito che aveva attraversato Sophie, rimasta immobile ad ascoltare ciò che lui diceva.
-Sei arrossita-, notò il mago, voltandosi a guardarla.
-N-no, niente affatto!-, balbettò lei in risposta, sentendo effettivamente le guance accaldate. -È solo la luce della candela a darti questa impressione-.
-Può darsi-, replicò Howl, superandola e accostandosi al caminetto. -Sarà spiacevole svegliare Calcifer…-, aggiunse, rivolto a se stesso.
-Be’, io torno di là-, lo informò Sophie. -Proverò a riprendere sonno, sperando di riuscirci-.
Si diresse verso la tenda che lei stessa aveva accomodato come séparé per dividere il divano su cui dormiva dal resto della stanza, ma la voce del mago la trattenne.
-Aspetta-, le disse semplicemente, continuando a darle le spalle. -Vieni qui-.
Perplessa e con il cuore di colpo agitato, la vecchia governante tornò al fianco di Howl, che aveva poggiato il bollitore accanto a Calcifer rinunciando del tutto alla tanto desiderata tazza di tè.
-C’è altro che vuoi dirmi?-, gli chiese Sophie, vedendo che il giovane non si decideva ad aprire bocca.
-In realtà ho una domanda da farti-, ammise lui, continuando a fissare il focolare con sguardo vuoto. -È una domanda che mi tormenta già da qualche settimana. Da quando sei arrivata, a voler essere precisi-.
Si voltò verso di lei e scrutò con attenzione il suo viso: la donna non se ne era accorta, ma di notte i tratti del volto le si addolcivano in un modo tale da far sciogliere perfino il cuore che Howl non aveva più. In quel momento probabilmente percepiva il proprio corpo pesante come quello in cui era intrappolata durante il giorno, quando assumeva le sembianze di un’energica vecchietta di novant’anni, ma in realtà era tornata ad essere una graziosa ventenne.
Sophie spalancò gli occhi con fare turbato e aspettò che il mago proseguisse: -Potrei sapere adesso chi sei, con chi ho l'onore di essere in due in questo momento?-, le chiese con il suo solito tono gentile.
-Non capisco-, scosse la testa. -Cosa vuol dire? Sono la nonnetta Sophie, la nuova donna delle pulizie di questo Castello. Mi pare di essermi già presentata, no? Se credi…-.
Howl spezzò quella frase con un solo gesto, poggiandole un dito sulle labbra: -Intendevo dire chi sei veramente. E poi-, aggiunse, curvandosi su di lei e sussurrandole in un orecchio, -mi aspettavo una scusa migliore-.
Presa alla sprovvista e del tutto smarrita, la governante fissò i propri occhi in quelli cerulei del giovane, che continuò dicendo: -So del patto tra te e Calcifer. Ti ha promesso di spezzare la maledizione che ti affligge se tu riuscirai a scoprire cosa lo trattiene qui. In un certo senso, questo accordo costituisce anche un legame tra te e me. È come qualcosa che ci ha legato per la vita e per la morte; qualcosa di segreto, ma tanto forte tra di noi-.
Sophie rimase senza parole: non si aspettava che Howl fosse a conoscenza di ciò che lei e il Demone del fuoco avevano stabilito fin dall’inizio e di certo non immaginava che gli eventi potessero prendere la piega che avevano effettivamente preso. Era a dir poco sconvolta, ma felice. Così sconvolta che il mago le sottrasse la candela che ancora sorreggeva e la poggiò sul tavolo, tendendole la mano un istante dopo e riscuotendola dal momentaneo torpore con un sorprendente “Vorresti ballare con me?”.
-C-Come?-, domandò lei con esitazione, portandosi una mano al petto e stringendo la stoffa della camicia da notte.
-Mi faresti l’onore?-, ripeté Howl. Il suo braccio era ancora sospeso a mezz’aria, in paziente attesa che Sophie accettasse l’invito.
-Anche se volessi, le mie gambe non sono agili come quando ero giovane-, fece notare la governante, tentando quasi di farlo sentire in colpa per non aver preso in considerazione le difficoltà motorie legate alla sua età avanzata. -E poi-, aggiunse, abbassando lo sguardo sul pavimento, -io non ho mai saputo ballare-.
-Non importa-, la rassicurò il mago. -Ti insegnerò come si fa-.
Howl non aspettò che Sophie si facesse avanti: le si avvicinò e le prese entrambe le mani, guidandola lentamente al centro della stanza. Si posizionò di fronte a lei e le spiegò brevemente come avrebbe dovuto muoversi.
-Non sono sicura di aver capito-, ammise la donna, gettando al giovane un’occhiata supplicante.
-Segui i miei passi e non preoccuparti. Ti terrò stretta per non lasciarti cadere-.
E fu così: Howl mantenne la sua parola e ben presto i due volteggiarono leggiadri. Al riverbero della fioca luce della candela, il mago fece danzare Sophie, ammirando la sua camicia da notte azzurra svolazzare e guardando oltre la maledizione imposta dalla Strega delle Lande: il viso della giovane cappellaia incontrata a Market Chipping era raggiante e lo sguardo di Howl cadde su quello luminoso di lei. D’improvviso un nuovo peso gli gravò sul cuore; le fece fare una giravolta e si sentì profondamente in colpa per ciò che le era accaduto: se non l’avesse coinvolta in quella tarda mattinata di poche settimane prima, Sophie sarebbe stata libera. Adesso, invece, era prigioniera del suo stesso corpo al pari di un uccello con le ali in gabbia. Gli occhi, però, erano ancora selvaggi: vagavano ovunque e sorridevano nonostante le avversità.
“Tornerà a volare?”, si disse Howl, facendola volteggiare di nuovo. “Riuscirà a scoprire il segreto del contratto tra me e Calcifer? E, soprattutto”, continuò, mentre il sorriso gli abbandonava definitivamente le labbra, “potrà mai amarmi, dopo l’oltraggio che la sua giovinezza ha subito per causa mia?”.
Mossero ancora qualche passo di danza, restando stretti l’uno all’altra, e malgrado fossero entrambi ostaggi di guerra e maledizioni, si aggrapparono alla speranza che quel breve valzer avesse di nuovo donato loro la libertà perduta. Adesso dalla finestra alle loro spalle iniziava a trapelare un debole raggio di sole, segno che l’alba stava per risvegliare il mondo.
-Hai visto?-, notò il mago, interrompendo il ballo, ma continuando a trattenere la mano destra sulla schiena della governante. -Non è stato terribile, no?-.
-Avrai usato la tua magia per evitare che ti pestassi i piedi-, replicò lei, incontrando per un secondo gli occhi chiari del ragazzo e distogliendo lo sguardo subito dopo, nuovamente imbarazzata.
-O forse sei stata tu a far sì che tutto questo fosse possibile-.
Sophie trasalì. Il tocco di Howl sulla sua schiena sembrava bruciarle la pelle, così come le guance dovevano essersi infiammate una seconda volta a causa dell’attenzione con cui lui la stava fissando.
-Forse dovresti andare a riposare-, gli consigliò lei, lasciando scivolare via la mano ancora stretta nella sinistra del mago. -Non hai chiuso occhio per tutta la notte-.
-Hai ragione come sempre, cara Sophie. Meglio riprendere le forze-.
Howl si chinò sulla candela e la spense con un soffio. Un sottile filo di fumo si levò in aria, disperdendosi subito dopo. 
-Già in piedi a quest’ora?-.
I due si girarono a guardare il focolare, dove Calcifer, con la voce ancora impastata di sonno, si era destato. Lo videro sbadigliare sonoramente e strizzare gli occhi un paio di volte; il mago sorrise.
-Ben alzato. Non volevamo disturbarti-, gli disse con tono premuroso. -Ma già che ci sei, potresti farmi arrivare dell’acqua calda in bagno?-.
Il Demone lo fissò con disappunto: -Eh? Ma mi sono appena svegliato!-.
Il giovane fece finta di non aver sentito quelle vivaci proteste. Oltrepassò il caminetto e si voltò un’ultima volta verso la governante.
-Buona notte, Sophie-, le disse, nonostante l’alba avesse già bussato alla porta del Castello.
-Buona notte, Howl-, rispose lei in un sussurro, vedendolo salire le scale e sparire al piano superiore.

   
 
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