Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: MisterXPaulPollo    14/04/2016    3 recensioni
Sono nato un venerdì.
Il tredici di un venerdì di Maggio, alle ore 17:00.
Ho la sfiga impiantata addosso come Wolverine l'adamantio.
Sono talmente sfigato che stamani, nel tentativo di avvelenare il latte del mio schifoso coinquilino infetto, non mi sono accorto che il figlio di puttana aveva invertito le tazze.
Risultato.
Ho avvelenato il mio latte.
La mia tazza adesso è infetta.
Il latte di riso è finito.
Oggi muoio.
Genere: Commedia, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
23/12/2008 – Aeroporto Internazionale John F. Kennedy – Ore 22:26
 
 
Mancano solo pochi giorni al Natale, quella festa tanto amata dai grandi, indaffarati in frenetiche preparazioni, e dai piccini, che fremono al pensiero di quell’omone barbuto vestito di rosso che vola su una slitta piena di doni, trainata da renne volanti che a gran velocità si spostano da una parte all’altra del mondo, per portare nei cuori dei bambini messaggi carichi d’amore.
 
No, così non va.
 
Mancano solo pochi giorni al Natale, quella festa tanto amata dai grandi esibizionisti, indaffarati in frenetiche preparazioni per dimostrare al vicinato che il giardino meglio addobbato è il loro, e dai piccini, che fremono al pensiero di veder sbucare dall’ingresso principale il padre travestito da Saint Nicholas. Costume che consiste in un pigiama rosso di tre taglie più grande, un cappello a punta del medesimo colore, con un’irritante pallina pelosa e bianca attaccata all’estremità, un paio di stivali neri, e per finire un bel persiano a pelo lungo attaccato sul mento per simulare una folta barba.
 
Dicevamo.
 
L’omone barbuto che viaggia su un’utilitaria piena di niente, trainata da litri di gasolio che a gran velocità lo conducono ai negozi di giocattoli più vicini, per ultimare i mille regali segnati con mano incerta su quel pezzo di carta strappata da un quaderno a quadretti. Viaggia veloce, per portare tristezza nei cuori dei bambini che non hanno ricevuto il regalo desiderato, e messaggi carichi di astio da parte di quel portafoglio che adesso piange il suo vuoto interiore.
 
Mi chiamo Paul Stenac Campbell, ho quattordici anni, e sto aspettando di salire a bordo dell’aereo che mi porterà via da questa città sporca e corrotta. Il mio volo parte alle ore 22:55, sono solo, e sono minorenne. Mi sto spostando in una città che non conosco senza alcun rimorso, sto lasciando questa città e mio fratello.
Lascio lui, la scuola, mia madre, lascio ciò che ero e mi preparo a ciò che sarò una volta salito su quell’aereo. 
Una voce arriva alle mie orecchie, riportando la mia attenzione a quella vita che chiamo mondo reale. 
E’ una vocina stridula quella che sto ascoltando, terribilmente distorta dall’apparecchio elettronico che sta usando per comunicare. 
Finalmente l’imbarco, finalmente me ne andrò da quella sudicia città che ha gettato polvere su di me. 
Infilo una mano in tasca, e rivelo il cellulare prima nascosto dallo spesso tessuto dei jeans scuri che indosso, componendo un messaggio veloce, sebbene pieno di titubanza alla signora Stenac. Lei non vuole che la chiami mamma, e forse un giorno mi avrebbe messo al corrente del perché di tanto astio.
 
- SMS a: Signora Stenac
A momenti salirò sull’aereo.
Grazie per aver pagato il volo. -
 
Lo invio, chiedendomi se mai arriverà una risposta da quella donna che per anni mi aveva tenuto sotto il suo stesso tetto, crescendomi a malapena, guardandomi appena, parlandomi ancora meno. Ormai però non era più importante, la mia vita sarebbe ripartita da zero, avrei fatto nuovi incontri, magari avrei anche stretto qualche amicizia, e... 
Sto volando con la fantasia, devo incollare la testa alle spalle e restare vigile.

E’ questo ciò che colma quella testa ricoperta da una folta chioma di capelli candidi come il velo di una sposa, mentre occupo il posto a me assegnato per quel volo che scoprii, con mia grande sorpresa, essere quello vicino al finestrino. 
Ottimo, così avrei goduto appieno del meraviglioso oceano bianco e soffice che si sarebbe mostrato ai miei occhi raggiunta la quota di stabilizzazione o, comunemente conosciuta come l’altezza in cui tutti possono liberarsi dall'intoppo della cintura di sicurezza, e correre in bagno perché i servizi dell’aeroporto sono troppo lontani e terribilmente banali. Meglio evacuare con il pensiero di poter colpire quel maledetto piccione che ha scambiato la tua giacca nuova per una toilet.
Già, funziona sempre così.
Mi rilasso sul sedile di quell'aereo che mi porterà via da quell'inferno di grattacieli e sporcizia.
I miei muscoli non serbano alcuna tensione per il lungo volo che sto per affrontare e, tanto meno, per le persone che si sarebbero sedute accanto a me. 
Questo fin quando una minuta vecchietta non occupò il posto accanto al mio. 
La osservo attentamente, curioso come sono, e non posso fare a meno di notare quanto fosse piccola e fragile. Non siamo poi così diversi fisicamente parlando, io stesso non vanto chissà quale stazza, ma la cosa che mi ha colpito più di tutto, è il suo persistente tossire. 
La mano che copre educatamente la bocca, mi porta a interrogare la mente sulla quantità infinita di germi e batteri che adesso ospitano il secco palmo di quella graziosa vecchietta. 
Deve pizzicarle molto la gola, per indurla a tossire a quel modo e, adesso che ci penso, cos’è questo fastidioso pizzicore che m’induce a tossire? 
Strano, prima del suo lento arrivo non avevo niente.
Un tanto brusco quanto inaspettato movimento, l’aereo che si muove per posizionare la sua enorme massa sulla pista e quindi partire alla volta di Londra. 
Fisso per un attimo la vecchietta, poi poggio entrambe le mani sui braccioli posti ai lati del sedile e ci pianto le unghie, come un’aquila che trattiene la preda appena cacciata, come un gatto che si affila le unghie. 
Non riesco a descrivere ciò che sto provando in questo momento, forse terrore, forse ansia, o semplicemente entrambe. 
Una gelida mano che si è appena posata sul dorso della mia ha scaturito tutto ciò, una voce gentile e gracchiante che mi dice di stare tranquillo, il pizzicore alla gola che non mi abbandona. 
Mi volto lentamente, inquieto, e per la prima volta la vedo.
La morte.
Gelida, dalla voce gracchiante, dalle parole gentili e rassicuranti.
 
- Andrà tutto bene ragazzo, non preoccuparti. Finirà tutto prima che tu possa anche solo accorgertene. -
 
Urlo delle mute vocali, parole che mai potrò pronunciare per questa mia disabilità. 
Tutto poi si oscura, quella voce e quell’immagine spariscono come per magia dalla mia vista, ma la consapevolezza non mi avrebbe mai abbandonato.
Sono sulla lista degli invitati della Signora dal nero mantello.
Domani muoio.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: MisterXPaulPollo