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Autore: Anemone Grace    15/04/2016    2 recensioni
Se ne stanno sul divano a vedere la TV ormai da un quarto d'ora, ed entrambi non sembrano per niente interessati alla serie televisiva che stanno trasmettendo a quell'ora. Fa strano, perché è la loro preferita da quando hanno cominciato a passare i giovedì pomeriggio a casa di Kevin, mentre gli amici di Edd andavano in un parcheggio dietro la scuola a tenere su una bancarella per vendere qualche oggetto strano di loro invenzione.
KEVEDD - QUESTA FAN FICTION POTREBBE DIVENTARE ROSSA PIÙ AVANTI.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE AUTORE:
Scusatemi tantissimo per il ritardo, ma con gli esami universitari i tempi sono quelli che sono. Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento. Avviso che a breve anche questa storia giungerà al suo termine e siccome siete TANTISSIMI che la stanno seguendo silenziosamente, ci terrei davvero tanto a sentire cosa ne pensiate prima che metta fine al tutto.
Buona lettura.
ATTENZIONE: Questa storia potrebbe diventare con l'andare avanti dei chap di un rating diverso. Siccome la scrivo senza seguire una trama studiata, ma a ispirazione, non so fino a che rating arriverò.


 
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La casa sull'albero.

 

Il posto dove voleva portarlo Edd non era altro che una vecchia casa sull’albero, che lui e suo padre avevano costruito quando era ancora molto piccolo. Andava alle elementari da qualche anno ed era da poco diventato amico per la pelle degli altri due Edd’s. Ovviamente quella casetta era diventata il loro luogo segreto, un posto che solo loro conoscevano e dove potevano stare senza essere disturbati da anima viva. Certo, Ralf li aveva beccati una volta ed era stato doloroso per il ragazzo subire un bel lavaggio del cervello per dimenticare la sua esistenza. Eddy sapeva essere davvero diabolico a volte e questo faceva divertire e rabbrividire al tempo stesso Double D.

Tuttavia, erano passati diversi anni e quel posto era stato abbandonato completamente, sia dai suoi amici che da lui. Era stato Kevin a farglielo venire in mente la settimana precedente, durante quel loro pic-nick in montagna, ed era per questo che per tutta la settimana seguente, il piccolo dork si era messo a lavorare sodo per risistemarla e renderla il più presentabile possibile, gettando in un grosso scatolone tutte le bravate inventate da lui e i suoi amici di vecchia data.
Ovviamente, vista la sua natura maniacale, Edd aveva pulito e sistemato così a fondo quella piccola casetta che non sembrava neanche più lei, ma nuova di zecca, quasi a posta per quella romantica occasione.

Quella mattina Edd si finse gravemente malato, perché beh…non poteva certo dire ai suoi amici che stava marinando scuola per passare del tempo a divertirsi! Aveva una reputazione da salvaguardare lui. E comunque, dire quella grossa bugia gli era costato una fatica tremenda, così come non l’andare a scuola per stare con Kevin. Si era ripetuto fino allo sfinimento che ormai la scuola stava finendo e che non doveva preoccuparsi dei giorni contati e che alla fine quello era solo il penultimo anno, quindi non aveva esami da dare o materie da recuperare all’ultimo, a differenza dei suoi due amici.
Aspettò impaziente davanti alla porta di casa, le scarpe accanto a lui, i piedi fasciati da morbidi calzini in cotone, se ne stavano retti sulla punta, mentre le mani erano poggiate sulla porta e l’occhio fisso a guardare fuori dal piccolo spioncino, in trepida attesa che Kevin arrivasse di soppiatto a bussare. Era così in ansia ed emozionato, che il cuore gli batteva all’impazzata nel petto. Tuttavia, il dolore ai piedi cominciava a farsi sentire e così anche il brutto presentimento che forse Kevin non si sarebbe mai presentato alla sua porta quella mattina. Forse aveva cambiato idea, forse aveva rinunciato a loro due perché in fondo a che pro scommetterci o anche solo provarci?
Si sentì sopraffare da un senso di sconforto e paura. Sì, paura di rimanere solo ed essere abbandonato anche lui, proprio come i suoi genitori avevano cominciato a fare dalla terza elementare, partendo per viaggi di lavoro e tornando solo durante i weekend dove rimanevano il tempo di sfare la valigia, fare il bucato, rifarla e partire di nuovo. Tre giorni dove lui era importante e al tempo stesso solo un cucciolo da coccolare un po’ per poi abbandonare di nuovo. Odiava quella sensazione, sebbene non avesse mai aperto bocca a riguardo con i suoi genitori, odiava rimanere a casa da solo, prepararsi da mangiare da solo e soprattutto svegliarsi con la consapevolezza di non poter dare il buongiorno a nessuno in quella casa. Scese dalla punta dei suoi piedi e le mani andarono a stringersi al bordo della maglietta, mentre alcune lacrime cominciarono a scivolare lungo le sue guance. Dannazione, era così sensibile! Così ingenuo! Pensò mentre faceva due passi indietro e scivolava a sedere su un piccolo sgabello posto al lato del muro. Sentì il petto stringersi forte, bruciare per quanto faceva male, un po’ come il calore ardente di quelle lacrime che gli percorrevano la pelle fresca e liscia. Se solo non si fosse lasciato contaminare da lui, se solo non avesse accettato quel giorno di rimanere a scuola a sistemare la biblioteca con Kevin, forse ora…

“Ahia! Cazz-!”

Una voce in lontananza lo fece sobbalzare, così come i due tonfi che la susseguirono. Alzò di colpo il capo, mettendosi in piedi e sull’attenti. Si sentirono altri suoni provenire dal piano di sopra che lo spaventarono e agitarono terribilmente. Era lui?

“Dannata sedia!”

Sì. Lo era.

“Kevin!”

Esclamò, asciugandosi con le mani le guance calde e umide, mentre correva all’impazzata su per le scale, rischiando più di una volta di inciampare e sbattere la faccia contro. Quando aprì la porta di camera sua, da dove aveva sentito arrivare i rumori, si ritrovò Kevin in piedi a meno di mezzo metro da lui e per un attimo nom ci restò secco. Il suo naso stava sanguinando mentre i palmi delle mani erano arrossati e leggermente graffiati, proprio come le ginocchia scoperte dai pantaloncini neri.

“Do-dobbiamo subito salvaguardare il tuo naso che sta rilasciando sangue e disinfettare le tue mani.”

Kevin sbuffò passandosi una mano tra i capelli, liberi dal cappellino che se ne stava capovolto sul pavimento. Si avvicinò ad Edd, mentre con la lingua andava a leccarsi sopra la bocca, assaporando quel gusto ferroso che aveva il sangue.
Gli afferrò la mano quando furono vicini e lo tirò a sé, così da poterlo stringere in un abbraccio.

“Edd, finiscila, sto bene.”

“Ma-ma-ma il tuo naso!”

“Ssh… va tutto bene. Ora abbracciami e stai zitto.”

Disse con voce rauca, mentre il respiro era pesante e stanco. Edd in quel modo poteva recepire benissimo il suo cuore pulsante e quanto fosse stato faticoso per lui arrampicarsi fino alla sua finestra per poi entrare dentro. Chiuse gli occhi e con le braccia gli andò a cingere l’addome, sentendo il calore di quel corpo invaderlo. Sarebbe rimasto lì per ore, per sempre forse e tutto sarebbe stato bellissimo, perfetto. Sospirò quando Kevin andò con una mano a massaggiargli piano il collo e su sopra il cappello, che sentì scivolare dal suo capo. Sussultò, portando istintivamente le mani ad afferrarlo e piantarlo di nuovo in testa. Il ragazzo più robusto si staccò appena, giusto per guardarlo negli occhi sorpreso e divertito al tempo stesso.

“S-scusami Kevin, è la forza dell’abitudine a spingermi a farlo.”

Borbottò imbarazzato Edd, che intanto aveva abbassato lo sguardo verso il pavimento, completamente rosso in volto.
Il ragazzo davanti a lui scosse le spalle e si leccò di nuovo sopra il labbro superiore, spostandosi poi del tutto da lui.

“Forse ho bisogno di un fazzoletto adesso.”

Gli fece notare ed Edd scattò subito a prenderne uno dal proprio comodino, assieme al kit medico che teneva tatticamente sotto il letto.
Le medicazioni durarono dieci minuti, perché Edd voleva accertarsi che le ferite di Kevin fossero tutte disinfettate e ben fasciate o protette con cerotti. Anche il suo naso venne propriamente tappato con del cotone e sopra Edd vi applicò un cerotto tutto colorato con le stelline. Davvero tremendo secondo il giocatore di football.
Quando uscirono dalla sua stanza e successivamente dalla casa, erano appena passate le nove, fuori c’erano solo alcuni signori anziani e bambini che sfioravano appena i sei anni.
Passarono quatti quatti lungo il vicolo, sgattaiolando subito dopo dietro una staccionata di legno che li condusse verso il piccolo boschetto che stava dietro le case del Cul de Sac. Kevin si chiese dove lo stesse portando e perché proprio lì dietro, un posto che lui tra l’altro non apprezzava molto, visto che a confronto della sua montagna era solo un mero boschetto dove non c’era niente di che, se non cose abbandonate e persone poco raccomandabili durante la notte. Decise di non fare domande o battute poco carine, del resto se proprio Edd lo stava conducendo lì dietro un motivo doveva esserci, no? Il suo sguardo però scivolò velocemente verso la mano del ragazzo poco più avanti di lui e non poté resistere alla tentazione di prendergliela, andando a unire le loro dita, in un intreccio delicato ma intenso. Double D arrossì, sussultando appena, mentre con lo sguardo si voltava verso di lui. Gli sorrise Kevin, dolcemente, in un modo che riservava solo ad Edd e che probabilmente non avrebbe mai fatto con nessun altro.

“Siamo quasi arrivati.”

Annunciò, tornando a guardare avanti a sé, mentre il cuore cominciava a scalpitare ancora più forte dentro il petto. Si sentiva così su di giri, così al centro delle attenzioni dell’altro e tutto ciò era bellissimo e imbarazzante, un mix di cose che gli facevano letteralmente perdere la testa. Forse stava galoppando un po’ troppo con i sentimenti e l’entusiasmo, ma come non poteva del resto? Kevin era bellissimo e ogni cosa che lo riguardava lo catturava come la splendida luce di una lanterna con la sua falena.
Fecero altri pochi metri prima di raggiungere il posto dove Edd lo stava portando e quando arrivarono Kevin sgranò gli occhi sorpreso.

“L’hai costruita tu?”

Chiese, senza distogliere lo sguardo dalla piccola casa sopra i rami forti e grandi dell’albero.

“Sì, io e mio padre molto anni fa.”

“Ma è fighissima! Possiamo salire?”

Chiese con lo stesso tono ed entusiasmo tipico di un bambino piccolo davanti al negozio di giocattoli. Edd ridacchiò piano e annuì. Si avvicinò all’albero e si accucciò a terra, dissotterrando da sotto un grosso gruppo di foglie secche un lungo bastone che successivamente usò per far scendere la scala fatta di corde e legno.

“Prego, dopo di te.”

Gli disse poggiando di nuovo il bastone per terra. Senza farselo ripetere due volte Kevin cominciò ad arrampicarsi sulla scaletta, testando prima se fosse effettivamente stabile anche per un tipo come lui, decisamente più piazzato di Double D.
Salì velocemente, arrampicandosi fino in cima dove sbucò dentro la piccola porta che dava dentro la casa. Era spaziosa e non lo avrebbe mai detto guardandola dal basso. Rimase incantato e notò come Edd l’aveva arredata. Un materasso di medie di menzioni stava in un angolo della stanza, lontano dalla porta e dalla piccola finestra che stava su una delle pareti, poi c’erano uno stereo, delle patatine da aprire, bibite, qualche luce colorata che pendeva dal soffitto e varie foto attaccate a un’altra parete degli Edd’s e alcune di tutti i ragazzi del Cul de Sac.
Si decise ad entrare solo quando sentì che dietro di sé Edd si stava arrampicando. Una volta dentro si sporse di nuovo per dare una mano all’altro, facendolo finire di proposito sopra di sé. Si sdraiò per terra guardandolo dal basso, mentre la testa andava a poggiarsi sul materasso comodo e foderato con un lenzuolo dai colori pastello.

“Hey…”

Sussurrò non troppo lontano dalle sue labbra Kevin. Edd arrossì fino alla punta dei capelli, ma quando l’altro cominciò ad accarezzargli i fianchi si rilassò un poco, sorridendo a sua volta con sguardo caldo e dolce. Si avvicinò per sfregare il proprio naso contro quello del compagno, scivolando sempre di più verso il basso, azzerando lentamente la distanza che separava le loro labbra.

“Hey…”

Sussurrò con voce altrettanto calda ma leggermente più bassa dell’altro, prima di scambiarsi un dolce e lento bacio a stampo. Erano così dolci e morbide, pensò Edd immergendosi di più in quell’intenso profumo che l’altro emanava, inspirandolo a pieni polmoni ed gettandolo fuori quando si separarono.
Kevin lo strinse di più a sé, facendoli scivolare piano lungo il materasso, così da essere entrambi sdraiati. Si strinsero e accoccolarono meglio in quel piccolo rifugio e tra baci, carezze, piccoli sussurri romantici e alcuni appunti e apprezzamenti sulla casetta, (su quanto Edd fosse carino o come avesse trovato un posto anche per alcune delle sue formiche che amava tanto studiare) si addormentarono.
Non era sonno quello che li colpì, era un torpore familiare, dolce e terribilmente perfetto che solo chi è innamorato di qualcuno riesce a provare stando a stretto contatto con la persona amata, fidandosi completamente di quest’ultima. Ed entrambi non avrebbero mai dovuto temere alcun pericolo, o nemico intenzionato a conquistare quella loro fortezza, non finché fossero rimasti uniti.

   
 
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