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Autore: Terre_del_Nord    05/04/2009    14 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Hogwarts - II.009 -  Marauders

II.009


Sirius Black
Castello di Hogwarts, Highlands - lun. 18 ottobre 1971

Avevo capito subito che mi trovavo di fronte a una giornata particolare. Anche la luce che fendeva appena l’oscurità del cielo tempestoso, dando al rosso-oro delle tende una tonalità sanguigna, mi appariva strana. Come al solito, il bagno era già proprietà di Frank: dopo la disavventura col suo gatto, aveva iniziato a ignorarci in maniera sistematica, mentre noi… beh… ogni giorno eravamo più legati… Era dalle settimane passate a Herrengton che non mi sentivo parte di qualcosa. Anzi, forse, il senso di appartenenza, nella Torre di Grifondoro, era anche più profondo di quello provato presso Alshain: lui era il padre che non avevo mai avuto, ma i miei amici... Remus, in particolare, era il fratello che… Forse, sarei stato felice anche a Grimmauld Place, se solo Regulus non fosse stato tanto legato a nostra madre… Cercai di godermi quegli ultimi minuti di pace nel tepore del mio letto, prima che fosse definitivamente ora di alzarmi, invano: gli altri stavano facendo un rumore infernale, si erano presi l’impegno di tirar fuori per tempo quel ghiro di Potter dal suo baldacchino ma, come avevamo già sperimentato altre volte, senza il mio intervento, era una causa persa.

    “Merlino!  James!”
    “Ummfh”
    “Peter, provaci tu, io ci rinuncio…”
    “James… James…”
    “Salazar… Ne avete ancora per molto?”

Tirai le tende di colpo e li lasciai impietriti, ai due lati del letto di Potter: non riuscivano mai a farlo rinvenire per tempo, in compenso finivano sempre con lo svegliare me… Remus era ormai al limite della sopportazione, il viso stranamente roseo per l’impegno che ci stava mettendo, lui sempre tanto pallido ed emaciato… Mi alzai come una furia, non prima, però, di essermi sistemato i capelli via dalla faccia. Al contrario di James, a me bastava passarci distrattamente le mani e subito ero perfetto. Era sempre stata una delle poche cose di me che rendeva orgogliosa mia madre: io, come pure mio fratello, ero sempre impeccabile, con il minimo sforzo.

    “Si fa così…”

Mi avvicinai al letto, presi le coperte senza tanti scrupoli e tirai con forza, lasciando a Potter solo i cuscini per nascondersi.

    “Nohhhwn…”
    “Potter! Esci da quel letto o passo al pigiama!”
    “Però… autoritario!”

Remus stava con le braccia incrociate sul petto e guardava Peter ghignando, mentre io, ormai, gattonavo sul letto di James, pronto a passare alla fase più delicata della questione.

    “Vattene… ummff… Black!”
    “Esci da quel letto Potter!”

Ghermivo ormai la stoffa di pesante cotone e premevo per tirarla via, quando, di colpo, Potter, al primo sentore di aria gelida che gli accarezzava la pelle nuda della schiena, si mosse in maniera spasmodica, tuffando ancora di più la faccia in mezzo al cuscino: da là sotto, da quella sua tana improvvisata, bofonchiò qualcosa che suonava simile a una minaccia.

    “Un altro passo e ti faccio i capelli blu, Black!”
    “Ma allora sei sveglio!”

Ghignai, trionfante.

    “Chissà per colpa di chi?!”

Potter si voltò, sibilando, con ancora un rivolo di saliva incollato all’angolo della bocca e i capelli disperatamente sparati per aria, afferrò gli occhiali dal comodino, ma rintronato com’era, provò tre volte prima di centrare l’appoggio delle orecchie e riuscire a raddrizzarseli sul naso.

    “Merlino… James… Ti fanno proprio male le abbuffate della domenica…”

Peter lo guardava con la sua classica bocca a “O”, gli occhi celesti pieni di meraviglia: con quei capelli biondi e fini come seta, rigorosamente tesi come spaghetti, Minus si stupiva sempre della capacità della capigliatura di Potter di farla franca contro la legge della pisica, ehm fisima… fisica o come diavolo si chiamava. Remus e le sue astruse conoscenze babbane!

    “No, Peter, non sono le abbuffate a rintronarlo così…”

Ghignai serafico e allusivo all’indirizzo di Potter, che di colpo si fece rosso fuoco e mi guardò con occhi assassini.

    “Vuoi proprio che ti cambi la tonalità di capelli, brutta cornacchia di un Black?”
    “Mmm… fa’ pure, purché non sia rosso: sai… non vorrei che, di notte, mentre sogni la tua bella…”

Remus e Peter capirono al volo e iniziarono a ridere, James si slanciò verso di me, mirando ai miei pantaloni, pronto a mettermi sotto, in quel momento Frank, finalmente, uscì dal bagno e vedendo che ci stavamo azzuffando, impallidì, diede un’occhiata spaventata al suo gatto, lo prese in braccio e tornò a barricarsi là dentro…

    “… E così ci siamo giocati l’unica possibilità di lavarci almeno la faccia…”

Remus non lo faceva apposta, usciva con queste sue frasi innocenti che provocavano in tutti noi delle reazioni immediate d’ilarità, così, come al solito, scoppiammo tutti a ridere: trovavamo Frank Longbottom bravo, onesto, gentile, ecc ecc, ma eravamo arrivati alla conclusione che non sarebbe mai stato uno dei nostri, troppo serio e troppo poco avventuroso. Anche Remus era serio, vero, ma Frank difettava di quella capacità di elevarsi con qualche moto di spirito che era propria di Lupin. A casa spesso avevo sentito parlare della serietà della signora Augusta Longbottom, un sergente di ferro sul genere di mia madre: guardai verso la porta del bagno e non trattenni una smorfia di disappunto, non riuscivo a non dispiacermi per lui.

    “Ragazzi… C’è una terribile tempesta, là fuori… Secondo voi dobbiamo proprio andarci alle serre, oggi?”
    “Dai Sirius… Non fare quella faccia... Prima ci sono Incantesimi, Trasfigurazione e il pranzo: magari per questo pomeriggio il tempo sarà migliorato…”

Peter ci guardava speranzoso, ma si capiva che aveva i miei stessi timori, che lo portavano, proprio come me, a essere poco propenso ad affrontare positivamente la giornata.

    “Certo… Come no! Che giornata perfetta! Una mattinata da incubo, con due professori agguerriti che vogliono interrogarci, poi dobbiamo affrontare anche una tempesta!”
    “Lo so, Black, lo so… Vorresti fosse già domani… E hai il coraggio di prendere in giro me…”

Divenni rosso fuoco, mentre finivo di vestirmi e James mi sfotteva: però era vero, che potevo farci se odiavo il lunedì, l’unico giorno della settimana in cui non avevo alcuna occasione per stare con Meissa? Quando finalmente raggiungemmo la Sala Grande per la colazione, era ormai tardissimo e di nuovo ebbi sentore della stranezza della giornata: arrivati per ultimi, ebbi giusto il tempo di vedere e salutare con poco più di un cenno Meissa, prima che le Serpi del primo anno iniziassero a uscire dirette a Trasfigurazione. Non li invidiavo, quel giorno, da programma, la McGonagall avrebbe interrogato. Forse per questo, o nella speranza di un ultimo minuto rubato da passare insieme, vidi Meissa trattenersi al tavolo più di tutti gli altri. Guardai il soffitto magico e vidi ancora fulmini e saette, la tempesta invece di placarsi sembrava peggiorare: il pensiero che avrei dovuto affrontarla nel giro di poche ore, mi spingeva a correre al sicuro su, alla Torre di Grifondoro, a nascondermi di nuovo nel tepore del mio baldacchino. O da qualsiasi altra parte del castello, purché fossi in compagnia di Mei. Mentre divoravo rapidamente la mia colazione, mi sentivo osservato, spaziai con lo sguardo per la sala e intercettai due occhi color acciaio che mi sorridevano, amichevoli: anche dopo la disavventura che mi aveva visto protagonista, un mese prima, nonostante avesse affrontato alcuni guai seri solo per avermi sostenuto, Rigel Sherton non mancava mai di salutarmi e di sorridermi dai tavoli delle Serpi. Quel ragazzo mi sorprendeva sempre, sapevo che era un vero piantagrane, percui non riuscivo a credere che fosse fiscale quanto diceva Meissa. Quanto a Mei, in quegli ultimi rari giorni di sole, avevo continuato a frequentare il Cortile della Torre dell’Orologio con lei, come avevo sempre fatto. Non era cambiato nulla e questo mi aveva portato a vivere quelle settimane in maniera serena e produttiva. C’era solo una cosa che piano piano era cambiata, una presenza che m’innervosiva fin dai primi giorni e che negli ultimi tempi mi era ancora più odiosa.
Evan Yaxley, matricola Slytherin, era un odioso pallone gonfiato, che non smetteva mai di fare il cascamorto con Meissa. Era un ragazzino alto e dinoccolato, biondo cenere, con occhi castani dorati, per lo più odioso con i deboli e abile commediante con chi poteva tornargli utile. Già da alcuni giorni con la scusa degli appunti delle lezioni, soprattutto di Pozioni, vedevo che tratteneva Meissa in aula, lei era gentile con lui come con altri ed io, pur non potendomi sentire minacciato, visto che era palese a tutti la preferenza che lei mi accordava, non riuscivo a evitare di innervosirmi per il suo comportamento. Conoscevo Evan dall’infanzia, essendo il figlio di uno dei migliori “amici” di mio padre: entrambi membri “anziani” del Consiglio Magico, Howard Yaxley e Orion Black collaboravano spesso nelle loro faccende e nei loro affari, Yaxley senior, infatti, unico erede di una ricca e antica famiglia di maghi Slytherin da sempre impegnati nel ramo diplomatico, era un mago molto potente, uno di quelli che avevano un forte peso nella gestione del Ministero e presso la Gringott. Uno di quelli che tendevano a non esporsi mai troppo apertamente, agendo e intessendo soprattutto nell’ombra. Quella mattina in cui, a causa della pigrizia di James, ero sceso troppo tardi, perdendo la possibilità di parlarle, ebbi giusto il tempo di vederlo insinuarsi tra Meissa e Snivellus, sparendo insieme a loro, diretti a lezione. Subito costrinsi i miei amici a mollare metà della colazione nei piatti con la scusa del nostro spaventoso ritardo, in realtà solo per non perdere di vista, per quanto ancora potevo, Evan e Mei.

    “Ah… La gelosia…”

Mentre finalmente risalivamo anche noi lungo le scale, diretti a nostra volta a lezione di Incantesimi, James seguiva la direzione del mio sguardo, puntato saldamente sulla figura delle tre Serpi che avanzavano un paio di rampe avanti a noi. Si divertiva proprio a sibilarmi addosso canzonatorio, se non altro per vendicarsi delle mie continue prese in giro a proposito delle sue cotte per Emily Bones e Lily Evans.

    “Ma vattene…”
    “Smettetela voi due, siamo in ritardo!”

Remus ci diede un giocoso scappellotto a testa, sospingendoci quasi di forza verso il ritratto che immetteva al terzo piano, dove si trovava l’aula di Vitious: io lanciai un ultimo sguardo carico di rimpianto verso quella bella coda corvina che spariva, a sua volta, oltre il passaggio che portava al cortile di Trasfigurazione.
   
*

Osservavo la pioggia fare strani disegni sulle vetrate mentre il prof. Vitious ci faceva vedere una serie di Incantesimi che conoscevo già fin troppo bene: potevo anche distrarmi, tanto sapevo che cosa sarebbe accaduto dopo. Mio padre, notoriamente, non era mai stato un granché con me e mio fratello, ma non si era mai risparmiato per la nostra educazione e istruzione, non facendoci mai mancare nulla, a parte il suo amore e il suo interesse, e procurandoci forse i migliori precettori di tutto il mondo magico. Dal mio punto di vista, poi, permettendoci di passare quei mesi in Scozia, durante l’estate, ci aveva procurato forse la scuola più importante di tutta la nostra vita. Remus si era accorto che mi stavo distraendo e mi colpiva piano il fianco sinistro col gomito, io gli feci un sorriso da discolo, “Very Black-BastardStyle” come diceva lui, poi, facendo “NO” con la testa, rassegnato, tornò a scrivere, senza più staccare il naso dal quaderno. Lo guardai, era un amico perfetto per tutti noi, ma ero preoccupato. Fin dal primo giorno sul treno mi aveva colpito la sua aria malaticcia, pensavo fosse reduce da un’influenza o qualcosa di simile ma, invece di migliorare, la settimana precedente era stato male di nuovo: scosso da brividi, con gli occhi lucidi e acquosi testimoni di febbre, era finito un’altra volta in infermeria per un paio di giorni, ed era di nuovo riapparso con quel colorito pallido e quell’aria pesta che ormai iniziavo a considerare la norma per lui… Non avevo idea di cosa avesse, ma mi si stringeva il cuore al pensiero che soffrisse. Noi cercavamo di non fargliela pesare, però, perché gli volevamo già tutti un bene dell’anima. Vitious mi richiamò, non stavo eseguendo bene il compito, secondo lui dovevo muovere il polso in maniera più gentile e fluida: io, però, non essendo una femmina, volevo dimostrargli che sarei riuscito a eseguire l’incantesimo anche a modo mio. Peccato che nella foga, invece di far levitare solamente la mia, estesi senza volerlo l’incantesimo alle piume di quelli che mi stavano più vicini e le feci esplodere tutte insieme in mille pagliuzze che si depositarono, buffe, sulla faccia di Dana Flint, Tassorosso, seduta nella fila di banchi davanti alla mia, provocando le risate dell’intera classe. Grazie a me, infatti, Dana rimase con la faccia “impiumata” come una paperella!

    “Ops…”

La ragazzina all’inizio non si dimostrò molto comprensiva, ma mi ero già accorto che se facevo quel certo sorriso storto che mandava ai pazzi mia nonna Melania e che faceva inorgoglire tanto zio Alphard, - mi diceva sempre “Sei proprio mio nipote, ragazzo!”-, potevo combinare qualsiasi disastro ma le ragazzine mi guardavano estasiate, diventando rosse in faccia e perdonandomi subito.

    “Se ti vedesse, mia madre direbbe, “Sei un malandrino, Sirius Black!”!”

Iniziò tutto così. Finita la lezione, stavamo ciondolando pigramente per i corridoi, poco convinti all’idea di andare dalla McGonagall, che ci avrebbe interrogato ferocemente. Quando Remus se ne uscì con quella battuta, Potter, davanti a me, camminava all’indietro, facendo l’imitazione delle piumette che si attaccavano alla faccia di Dana e giochicchiando, come suo solito, con il boccino che gli aveva regalato suo padre per l’undicesimo compleanno; Peter l’osservava con occhi sognanti, rapito da un’abilità manuale che non avrebbe avuto mai. Sicuro che fosse un’altra scusa perfetta per canzonarmi, Potter si fermò incuriosito, io m’irrigidii, pronto a mia volta a rispondergli per le rime.

    “Un malandrino? Che cos’è, Remus, uno che fa scoppiare le piume in faccia?”

James già rideva, si fermò davanti all’aula di Trasfigurazione, impedendomi di entrare e vedere se Meissa fosse ancora dentro, come speravo, visto che non l’avevo incrociata per le scale. Remus, ghignando per la mia faccia esasperata, gli diede corda, suscitando ancora di più la mia insofferenza.

    “E’ una lunga storia, James… Mio padre da ragazzo si comportava come lui… con le ragazze intendo… Mia madre chiama Malandrini quei ragazzi capaci di rubare il cuore delle ragazzine con uno sguardo, come fa Sirius…”

Rise e gli altri con lui, mentre io fingevo indifferenza e intanto sbirciavo dentro l’aula, in cui erano rimasti solo Mulciber e Snivellus. Rassegnato, non mi restava che occuparmi di loro, meritavano una lezione!

    “Avete finito? Tutta questa storia per delle ragazzine! Io chissà cosa mi credevo…”
    “Ti pare poco?”

Peter mi guardava ammirato, ma a me non importava molto di quella storia, a me non interessava il cuore di nessuna… tranne una… Al più, potevo sfruttare le mie capacità per ottenere favori o evitare guai. Da bravo Black.

    “In effetti, penso che… Se hai davvero fascino, dovresti sfruttarlo per qualcosa di più delle ragazze…”

Ghignai allusivo, Peter non capiva, Remus sembrava intimorito, ma James non si lasciò sorprendere.

    “Sei un bastardo Serpeverde, Black, davvero, sei una serpe fin nel profondo della tua anima oscura!”

Mi fece l’occhietto ed io, tirando fuori la mia cravatta rosso-oro e sventolandogliela sotto il naso, replicai senza indugi.

    “Sono Grifondoro come te, Potter, vedi?”
    “Se lo dici tu… Per me sei un’incognita, almeno finché non ti vedrò tifare per la squadra giusta alla partita Grifondoro/Serpeverde… E, fidati, quel giorno non sarò solo io a guardarti, sarai osservato da tutti!”
    “Quidditch! Sempre questo dannato Quidditch…”

Me lo lasciai alle spalle, ghignando divertito, mentre la mia mente elaborava rapidamente scenari piuttosto divertenti, su quello che doveva fare un vero “Malandrino” e soprattutto su come fargliela pagare quella sera nei dormitori, poi mi voltai di nuovo, di colpo, costringendolo quasi a cadermi addosso. Remus rise della faccia sbigottita di Potter. Feci finta di non essermi accorto e ripresi a enunciare i miei “programmi” ad alta voce.

    “Secondo me, un Malandrino, uno che, come dice Remus, ha fascino, dovrebbe formare una banda, una banda chiamata “Marauders” e…”
    “E? E cosa, Black? Conquistare il mondo?”

Continuava a ridere e sghignazzare ma vidi che gli altri lo prendevano dannatamente sul serio: sapevo cosa si diceva degli Slytherins, sapevo cosa si diceva delle famiglie come la mia, ed io, pur migliorato rispetto ai primi giorni, continuavo a comportarmi non sempre in modo rassicurante. Da bravo Black avevo messo in agitazione tutti, solo Potter era riuscito a tenermi testa da subito e a vedere com’ero al di là del mio umore bizzarro.

    “Potter per conquistare il mondo non avrei bisogno di una banda, sono un Black…”

Ammiccai, ridendo.

    “E’ proprio vero, sei un pallone gonfiato, Black!”
    “Senti chi parla, occhialuto invidioso!”

Peter, prevedendo una nuova “rissa” andò a nascondersi dietro a Remus.

    “Invidioso di cosa? Della tua leggiadria sulla scopa? O delle tue abilità con le piume?”

Ci guardammo in cagnesco poi scoppiammo a ridere, in quel momento Dana e la sua amica ci superarono, dirette in classe: non era educato, per un Black, lo sapevo, ma non potevo trattenermi, aveva ancora qualche piumetta tra i capelli.

    “Però ammettilo, la mia è una signora scopa!”
    “E’ vero, Black, ma, ti prego, prometti di non salirci mai in pubblico, o diventerai la barzelletta di tutta Hogwarts, dico davvero!”
    “Mmmm… sai, James, forse non hai tutti i torti!”

Remus ci guardò speranzoso, anche se sapeva che, con me e il mio carattere altalenante, era presto per dichiararsi in salvo, così cercò di convincerci a entrare in aula.

    “Forse è meglio darci una calmata e andare a lezione…”
    “E dai, Rem… Sirius ed io stiamo solo mettendo le basi del nostro gruppo… non volete unirvi a noi?”
    “Chi io?”

Peter e Remus risposero titubanti all’unisono, Minus con l’espressione di chi pensa sia solo un sogno irrealizzabile, Lupin leggermente preoccupato che stessimo parlando sul serio.

    “Vedi qualcun altro, Remus?”
    “Ma…”
    “Lupin potrebbe fare da presidente onorario della banda, con licenza di riportarci sulla retta via…”

James, pomposo come un re che investe il suo cavaliere, pose con difficoltà la bacchetta sulla spalla di Remus, alto quasi il doppio.

    “… Peter, invece, potrebbe essere il nostro segretario…”

Stavolta il gesto fu più semplice, Peter era il più basso tra tutti noi. Poi si voltò verso di me, ed io mi ritrassi, spavaldo, andando a urtare Longbottom che entrava con Alice in classe. Potter sghignazzò di nuovo, c’era bastata un’occhiata per capire entrambi cosa stavamo pensando.

    “Vieni qua, Black, così ti faccio mio vice…”
    “Ehi, Potter, non allargarti! L’idea della banda è mia… chi ha detto che ne saresti stato tu il capo?”

James rimase ammutolito, mentre lo guardavo con la mia solita espressione strafottente: capii subito che non aveva considerato neppure per un momento che qualcuno potesse mettere in un dubbio la sua posizione di comando, all’interno del nostro gruppo.

    “Ma sentitelo… chi ti ha fornito l’idea?”
    ”Tutto quello che avete detto voi tre, riguardava le ragazze… sono io che gli ho dato un più ampio respiro…”
    “Vuoi dire i ragazzi?”

Peter disgustato mi osservava sempre più cinereo e preoccupato.

    “Quelli li lascio volentieri a voi pivelli… Se v’interessano…”
    “Beh… Allora qual è il tuo ruolo, Black? Se vuoi fare il capo, per me… va bene… e per voi?”
    “No, no… Né capo né gregario… Io sono un cane sciolto, Potter! Sono appena sfuggito a un guinzaglio, non me ne faccio mettere un altro, neppure per gioco…”

Ghignai e dando loro le spalle mi avviai in aula, dove continuammo a prenderci giocosamente in giro, rimediando un paio di rimproveri dalla McGonagall: in questo modo finì che ci interrogò tutti e quattro sostenendo che, se avevamo tanto da parlare, era meglio che lo facessimo con lei. Per fortuna andò abbastanza bene, così poi continuammo ancora ad azzuffarci per tutta la pausa pranzo, divertendoci con quella storia del cane: secondo Potter era meglio se fossi nato animale, invece che ragazzino, io gli rispondevo sostenendo che anche lui come rospo era più credibile che come umano. Remus ci mise un bel po’ a riportarci alla ragione, ma era palese quanto quell’invito a far parte di un gruppo gli facesse piacere: l’avevo visto spesso sulle sue, a causa della timidezza e di un timore indefinibile, ai miei occhi assurdo, visto quanto fosse in gamba! L’idea di una banda, una banda in cui ci fosse Remus e in cui gli altri mi vedevano non solo come un gregario mi piaceva: io non avevo mai avuto amici e compagni di giochi, a parte mio fratello, inoltre a Grimmauld Place non c’era l’aria adatta ai ragazzini. Sì, iniziavo davvero ad apprezzare la vita alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

*

    “Guardatelo… sogna sempre la sua principessa a occhi aperti!”
    “Finiscila, Potter! Stavo pensando a cosa potremmo fare con la banda…”

Eravamo diretti alle serre per l’ultima lezione della giornata, affrontando una pioggerellina leggera, unica testimonianza, insieme alle pozze di fango sparse un po’ ovunque, della tempesta violenta di quel giorno. Frank, Alice e Lily erano una ventina di passi avanti a noi, io mi aspettavo di incrociare Meissa da un momento all’altro, per la strada: le Serpi avevano avuto lezione di Erbologia subito dopo pranzo, noi eravamo reduci da Difesa col professor Pascal, un’ora, come al solito, al limite dell’assurdo. Peter, dietro a tutti noi, pendeva dalle mie labbra, James giochicchiava di nuovo col boccino davanti a me, evitando le pozze più grandi e schizzando su quelle più piccole, Remus, al mio fianco, ci dava il ritmo.

    “E, sentiamo, che cosa potremmo farci con questa banda?”
    “Mmmm… per prima cosa potremmo affrontare la foresta dei misteri…”

Sentii Peter, inorridito, squittire dietro d me, mi voltai e, con sguardo poco rassicurante, infierii ulteriormente.

    “Non ti preoccupare, Minus, noi maghi oscuri sappiamo come trattare con i mostri della foresta... ”
    “Sì, un Mago Oscuro che fa solo danni con la bacchetta!”
    “Potter, Potter… Tu non sai… Una volta ho persino tinto di blu la coda del gatto di Sherton!”
    “E sei ancora vivo?”
    “Naturalmente, Peter, se le ha fatto quel suo sorriso strano, di certo l’ha messa ko e ha avuto tutto il tempo per fuggire!”
    “E con questi bei precedenti hai il coraggio di distrarti a lezione, Sirius? Non ho parole…”
    “Tu, con lei, staresti benissimo, Remus: tutti e due fissati con i libri!”
    “E due…”

Remus si fece rosso e da quel momento rimase zitto mentre Potter rideva sguaiatamente. Lo fulminai e invece di smettersela, James rise ancora più forte.

    “Quello magari lo faremo in primavera, per ora dovremmo concentrarci sul castello: potremmo esplorarlo, dobbiamo assolutamente trovare una scorciatoia per le cucine… non so voi ma a me spesso viene fame di notte…”
    “Ecco perché i primi giorni facevi tutto quel casino la mattina, Black… Sei sfondato!”
    “Smettila di giocare, Potter, è una cosa seria… Dobbiamo scoprire i segreti del castello… Quando mio padre è abbastanza… ehm… sbronzo da lasciarsi sfuggire qualcosa di troppo… racconta storie davvero interessanti. Una volta gli ho sentito dire che il castello nasconde tanti tesori e che lui ne aveva scoperti alcuni davvero niente male, su al settimo piano… e non sono balle, perché anche Alshain Sherton dice che chi conosce i segreti di Hogwarts può diventare addirittura il padrone del castello…”
    “Mmmm… Anch’io ho sentito storie simili… Non sarebbe male riuscire a conoscere quei segreti, Black… e forse… Conosco anche un modo per farlo, abbastanza facilmente… e in sicurezza”

James aveva un sorriso malizioso: sicuramente celava un segreto succoso, ma anche se morivo dalla curiosità, non potevo indagare oltre, un Black non si abbassa mai…

    ohhhh… Al diavolo i Black!   

    “Secondo me ora che abbiamo una banda, una banda seria, potremmo occuparci anche di un certo Snivellus… Avete visto come alza la cresta ultimamente a Pozioni? Non fa altro che prenderci in giro… Chi si crede di essere?”
    “Mmm… Non lo so, James…”
    “Come? Proprio tu che lo punti da quel giorno sul treno, ora ti tireresti indietro, Black?”
    “Mi manca una vera motivazione, Potter…”
    “E’ un Serpeverde, Black, e fa il bastardo con tutti noi, le motivazioni per me sono sufficienti…” “Non so, James…Voglio dire… Mi prende in giro perché sono Grifondoro e fa il bastardo, vero, ma si comporta come quasi tutti i Serpeverdi, mica posso giustiziarli tutti!”
    “Giusto! Hai ragione… almeno una la devi risparmiare!”

Mi fece l’occhietto e complice la nuova aria cospiratoria che si respirava tra noi, vidi che anche Remus e Peter arricciavano le labbra in un sorriso “malandrino”, seppur ancora timidamente.

    Perfetto… la banda, la mia banda, si è già coalizzata contro di me e mi deride.

    “Manica d’invidiosi!”
    “Hai ragione, forse siamo invidiosi, ma è un vero mistero cosmico che quella principessa ti dia ancora spago, soprattutto ora che vai in giro con questo cravattino…”

Potter mi guardava in tralice, sempre con la risata pronta a scoppiargli di nuovo sulle labbra.

    “Forse c’è qualcosa di più di uno stupido cravattino, Potter!”
    “Wow, Black, sei fantastico! Grazie a te ho appena vinto la scommessa! Remus, mi devi una scatola di cioccorane!”
    “Che stai dicendo?”
    “Avevo scommesso con Remus che… ma lasciamo perdere, a me va bene così, Black… La banda si prenderà le ragazze, visto che tanto non t’interessano, a te lasciamo la principessa e i segreti del castello… è perfetto!”

Fece l’occhietto a Remus che sorrideva un po’ timido e tanto imbarazzato. Fu allora che vidi la scena. Fu allora che accadde tutto, in pochi secondi. Mei ed Evan stavano parlottando animatamente, lui era particolarmente radioso, probabilmente non aveva passato un solo secondo durante quella lunga giornata lontano da lei. Snivellus, al fianco di Meissa, si staccò veloce dai due, per andare a parlare con Lily Evans, ormai a pochi passi da lui. Evan cercò la mano di Meissa, impacciata, sorridendole in maniera assolutamente disgustosa. Sentii il sangue andarmi al cervello, tutto il mio campo visivo assunse una strana colorazione rossiccia, mentre le mie mani si stringevano a pugno e la destra cercava e impugnava la bacchetta.

    “Che cosa fai Sirius?”

La voce di Remus sembrava venire da una terra lontana e misteriosa, James, comprendendo la situazione meglio degli altri, cercò di bloccarmi ma io mi divincolai, mentre il mio corpo sembrava non rispondere a nient’altro che alla furia del sangue.

    “Lasciami in pace, James!”
    “Non fare lo stupido, Black… sono compagni di casa… è… normale… dai…”
    “Lasciami andare ti ho detto!”

Lo fulminai mentre mi divincolavo di nuovo dalla sua stretta, mi avvicinai ancora più rapido, la bacchetta serrata con forza, nascosta tra le pieghe del mantello. Ormai tra me ed Evan c’erano pochi passi e le coppie formate da Alice e Frank, Snivellus e Lily.

    “Sirius!”
   “Furnunculus!”
    “Ahhhhhhh!”

Con sommo orrore mi resi conto che la voce che urlava non era maschile: corsi con lo sguardo verso Meissa, che guardava, orripilata, davanti a sé, mentre Lily si accasciava a terra e si teneva le mani premute sulla faccia. Mei mollò sul posto Yaxley per correre verso la sua amica, con Frank e Alice, Evan rimase indietro con un ghigno trionfante, tipico delle Serpi che godono nel vedere soffrire un Grifone, che riusciva a trattenere a stento. Snivellus si voltò verso di noi, osservando la scena, cercando di capire cosa stava accadendo, posò gli occhi su di me e sembrò comprendere all’istante la verità. Sapevo che me l’avrebbe fatta pagare e che me lo meritavo, nascosi per quello che era possibile la bacchetta tra le pieghe del mantello, mentre la sua faccia si trasformava in una maschera di odio e di rabbia, poi iniziò a camminare velocemente verso di me, via via sempre più rapido, sempre più arrabbiato, brandendo la bacchetta a sua volta.

    “Tu!”

Mi apostrofò con la bava alla bocca e gli occhi assassini. Forse dovevo difendermi, ma ero talmente mortificato… Io non volevo far del male a Evans, non mi piaceva, ma… Severus era ormai a pochi passi, ero pronto a subire l’impatto del suo pugno o una dolorosa fattura, quando lo vidi passarmi a fianco e superarmi. Poi ci fu l’urlo di Remus dietro di me. Davanti a me Meissa guardava al mio indirizzo disgustata. Mi voltai, Snivellus e James si rotolavano a terra nel fango, non riuscivo a capire, se le stavano dando di santa ragione.

    “Fermatevi, fermatevi subito!”

Remus cercava di staccarli l’uno dall’altro, aiutato da Peter e da Frank che li aveva raggiunti, ma appariva poco propenso a intervenire, Snivellus intanto si era attaccato come la piovra gigante del Lago Oscuro a James, che, come una tigre, si difendeva dai suoi pugni tirati a casaccio.

    “Brutto bastardo, te la prendi con le ragazzine!”
    “Veramente ho mirato a un brutto ceffo come te, Snivellus!”

Ancora botte: io non capivo, restavo immobile, come un perfetto idiota. Mei prese sotto braccio Lily, corsi verso di lei. Avevo le lacrime agli occhi, era tutta colpa mia.

    “Come sta?”
    “Begli amici ti scegli, Black…”

Feci alcuni passi per starle dietro, poi fummo richiamati dagli strepiti della professoressa Sprite, uscita dalle serre per le urla e il baccano.

    “Cinquanta punti in meno a Grifondoro! Cinquanta punti in meno a Serpeverde! Potter, Snape, smettetela subito di picchiarvi! Una settimana di punizione a testa e ora via dal preside! Signorina Sherton, accompagni la signorina Evans in infermeria! Grifondoro venite dentro le serre, Serpeverde tornate immediatamente al castello! Lo spettacolo indegno è finito!”
    “Complimenti per il casino, Sirius!”

Remus mi sfilò di fianco con il viso nero di collera, dandomi una mezza spallata, cosa davvero strana per lui, Peter lo seguì all’istante, mogio mogio; passammo tutta la lezione in silenzio, io sempre con la testa lontana, cercando di capire come farmi perdonare da James e soprattutto, capire come avesse fatto a prendersi la colpa al posto mio. E perché.

*
   
Non avevo fame quella sera, studiai per conto mio nascosto nel mio baldacchino, le tende tirate: sapevo che la mia presenza non era gradita agli altri in quel momento. Non avevo mai visto Remus tanto arrabbiato con me, d’altra parte mai l’avevo fatta così grossa, mai avevo tradito tutti, mai avevo… James si era preso una settimana di punizione, una bella lavata di testa da Dumbledore in persona, poi anche dalla McGonagall, che aveva stabilito che avrebbe passato le successive sette serate nel suo studio a subire le sue paternali e non so che cos’altro. Aspettavo con impazienza che tornassero in camera, dovevo farmi spiegare da James che cos’era successo, poi, il giorno dopo, appena possibile, avrei confessato personalmente le mie colpe agli insegnanti. Forse mi avrebbero spedito subito a casa, così finalmente mettevo la parola fine... Ma non importava, non mi andava che James ci rimettesse per me. Anche se, confessando, Meissa…

    “James…”

Alla fine era tornato, seguito da Peter e Remus che andarono a sedersi silenziosi sui loro letti. Frank non c’era, avevo sentito dire che, prima di cena, aveva chiesto alla McGonagall di poter cambiare stanza, perché non riusciva a concentrarsi con noi quattro che facevamo sempre chiasso… In effetti, tornando nella nostra stanza, mi ero accorto che tutte le sue cose erano sparite, restavano il suo letto e il suo armadio, vuoti. In un altro momento mi sarebbe sembrata una delle sue solite idee stravanti da ragazzino troppo per bene, ma in quel momento nemmeno io riuscivo a dargli torto. E nella memoria si riaffacciò il ricordo della prima notte da solo nella mia stanza, a Grimmauld Place, dopo che mia madre aveva trasferito Regulus in un’altra stanza. Sospirai. Potter mise le sue cose sul tavolino che divideva i nostri baldacchini, poi si sedette sul bordo del suo letto, piegato in avanti, a testa bassa, gli altri rimasero in silenzio.

    “Perdonami, James… io… non ho avuto il coraggio di dire che avevo fatto tutto io Domattina andrò a parlare alla McGonagall e a Dumbledore…”

Vidi con la coda dell’occhio Remus che si agitava un po’ sulla sua posizione. James alzò la faccia, mi aspettavo una sequela di giusti insulti e uno sguardo carico di disgusto, invece i suoi occhi dorati mi osservavano sereni come sempre, c’era persino la solita nota d’ironia in fondo.

    “Smettila, Black… Per me era un’occasione ghiottissima per fare a botte con Snivellus: non sai da quanti giorni aspettavo solo il momento giusto… E tu stasera… Non è colpa tua se Snape non ha capito niente come al solito! E non è colpa tua se quell’idiota si è spostato, facendo sì che la Evans si trovasse sulla traiettoria della fattura!”
    “Ma ho taciuto e tu ti sei preso tutta la colpa…”
    “Black… Non sei tu che ti sei rotolato nel fango con Snivellus, la punizione me la merito tutta… E… tu ti sei preso anche la razione di botte che dovevo prendere io, laggiù in quei sotterranei… ora siamo pari…”
    “Non capisco…”
    “E’ tanto chiaro, Black, tu e Potter siete due emeriti imbecilli!”

Remus: lui sì che ancora teneva il broncio, a guardarlo bene aveva la stessa espressione acidina di nonna Melania quando mi diceva “Sei un ragazzino dispettoso!” e trattenni a stento un ghigno, ammirando quella strana e straordinaria somiglianza. Peter continuava a torturarsi le mani, mentre James teneva fissi gli occhi nei miei.

    “Chiudiamola qui, Sirius, tu avevi da perdere molto più di me, perciò ho deviato la tua fattura da Yaxley a Snape, solo che Lily si è messa in mezzo…”
    “Che cosa? L’hai fatto apposta? Ma non è possibile!”
    “Andiamo Black… credi davvero che solo nelle famiglie Slytherin i ragazzini imparano questi trucchi a undici anni?”
    “Perché? Perché l’hai fatto?”
    “Perché siete due idioti…”
    “Perché se avessi portato a termine la tua cavolata Black, ti saresti giocato l’amicizia della tua principessa… poi toccava a noi consolarti…”

Ghignò all’indirizzo di Remus e Peter, che evidentemente non si aspettavano una rivelazione del genere, per un attimo l’espressione delusa di Lupin si addolcì, si mise a far “no” con la testa come suo solito, ma poi tornò a sorridere.

    “Quindi ora sono in debito con te, Potter… molto più di quanto avessi immaginato…”
    “No, Black… perché ora noi quattro siamo parte della stessa famiglia, siamo Marauders, ricordi?”
    “Tutti per uno, uno per tutti?”

Remus guardò James che gli sorrise e annuì, io non capivo. Anche Peter sembrava aver capito qualcosa che a me era oscuro.

    “Di cosa diavolo state parlando?”
    “E’ un bel racconto dei babbani, Sir… ti farò leggere il libro, me l’ha regalato mio padre…”

Remus si avvicinò e tese la mano rovesciata verso la mia, Peter sbucò alle sue spalle e poggiò la mano sulla sua, James a sua volta la mise su quella di Peter. Tutti mi guardarono, mentre basito restavo seduto sul mio letto.

    “Tra amici, amici veri, ci si toglie dai guai a vicenda, Black… giornate come questa, tra amici, sono la norma, metti qui la tua mano e consideraci tuoi compagni e fratelli, perché è questo ciò che siamo l’uno per l’altro, da adesso in poi…”

Mi alzai e come un automa, senza ancora aver capito appieno il valore di quanto stava succedendo in quel momento in quella stanza, misi a mia volta la mano su quella di James. Poi mi ritrovai ad abbracciare e a essere abbracciato da tutti quanti.

*
       
Quella era stata una strana giornata, a questo pensavo mentre cercavo invano di prendere sonno nel mio baldacchino, sentivo James rotolarsi tra le coperte e respirare leggero, Remus non mugolava più come i primi giorni, Peter invece stava ronfando, come sempre. Il senso di appartenenza ormai era ancora più forte, sentivo che ora ero, anzi, eravamo diversi. Avevo appena imparato che non avevo solo tre compagni, ma qualcosa di simile a tre nuovi fratelli.
Per la prima volta mi addormentai consapevole che, pur chiamandomi Black, non sarei stato mai più solo.


*continua*


NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP
(maggio 2010). L'immagine a inizio capitolo è di Lumosita.
Valeria



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