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Autore: arangirl    16/04/2016    2 recensioni
Clarke Griffin sta vivendo il giorno più bello della sua vita, il giorno in cui finalmente sposerà il suo migliore amico e fidanzato dai tempi del liceo, Finn. Clarke non ha mai avuto dubbi sul suo futuro, e sposare Finn, costruire una famiglia con lui, ha sempre fatto parte dei suoi piani. O almeno così credeva prima di incontrare per sbaglio, camminando verso l'altare, uno sguardo verde smeraldo destinato a cambiare la sua vita per sempre.
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Imagine Me and You AU
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Finn Collins, Lexa, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lexa si guardò intorno, lo sguardo impassibile che sondava la sala, cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Tutti intorno a lei stavano ballando o chiacchierando, i volti sereni e felici, e lei non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio. Perché era rimasta?
 

Aveva finito di sistemare quasi tre ore prima i fiori nel grande padiglione del rinfresco e, soddisfatta del suo lavoro, aveva deciso di andarsene prima che arrivassero tutti gli invitati… eppure, per qualche motivo, era rimasta.
 

Ed era rimasta solo curiosità si disse, assolutamente. Non aveva nulla a che fare con il fatto che l’unica cosa a cui era riuscita a pensare dal momento della cerimonia era l’intenso colore azzurro che aveva visto poco prima, che era riuscito in un attimo ad annullare qualsiasi altro pensiero.
 

Così quando Abby l’aveva gentilmente invitata a rimanere per il pranzo, non aveva posto molte obiezioni, e si era seduta in un tavolo a caso. Non aveva fatto in tempo
a sentirsi fuori luogo in mezzo a perfetti sconosciuti che Aden l’aveva raggiunta, entusiasta di poterla sommergere di domande anche durante il pranzo.
 

Era un bambino curioso e intelligente, ma da quello che Lexa aveva potuto vedere anche molto educato e gentile. “Hai visto mia sorella? Non è bellissima?” le chiese a un tratto e Lexa, che ancora non era riuscita a trovare il coraggio di alzare lo sguardo verso il tavolo principale, si era limitata a sorridere e annuire, cercando di non pensare all’immagine che aveva impressa nella mente dalla cerimonia.
 

Un po’ per noia, un po’ per evitare il testimone dello sposo che stava cercando di braccarla da tutto il pomeriggio, Lexa si diresse verso il tavolo delle bevande. Le fu impossibile non capire chi ci fosse davanti al tavolo, con l’enorme e vaporoso vestito bianco che le ostacolava i movimenti. Per un attimo pensò di tornare indietro, ma si diede della sciocca; era più che normale presentarsi alla sposa, visto che era stata lei a sistemare tutte le decorazioni floreali del suo matrimonio.
 

Eppure c’era una voce in un angolo della sua mente, che le sussurrava lentamente che quello che era successo poche ore prima nella chiesa non era stato per niente normale. Ma Lexa scacciò quei pensieri mentre si avvicinava alla ragazza; nel sentirla arrivare, lei si girò, fissandola per un attimo con lo sguardo spaventato di un bambino che ha appena rotto qualcosa di prezioso “Tu sei quella della chiesa” le disse mentre i loro occhi si incontravano per la seconda volta quel giorno.
 

Lexa le sorrise, sentendo dentro di se una piccola sensazione di compiacimento; non era l’unica a essere rimasta colpita da quello sguardo. “E tu sei quella che si è sposata, se l’apparenza non m’inganna.” La ragazza la guardò per un istante, poi le sorrise a sua volta, leggermente impacciata.
 

“Non ci siamo presentate. Sono Lexa.” “Clarke.” Disse semplicemente l’altra evitando il suo sguardo. Lexa non riusciva a capire che cosa la turbasse tanto, sembrava terribilmente nervosa. “Mi sono occupata dei fiori.” Avrebbe dovuto farsi una maglietta con scritta quella frase. Almeno così la gente avrebbe smesso di domandarsi se si era o no imbucata alle nozze di qualcuno che non conosceva.
 

“Ah sì?” lo sguardo di Clarke sembrò distendersi per un attimo “Sono splendidi davvero.” Lexa fece un gesto verso la caraffa di punch dietro di lei “Comunque ero venuta solo per..” Clarke si spostò leggermente, per coprire completamente la grossa bacinella dietro di lei “..un drink?” Lexa la guardò confusa “Non è il caso.” Sussurrò Clarke, avvicinando il volto a quello di Lexa, così che solo le la potesse sentire; per un attimo soltanto, Lexa riconobbe un inconfondibile profumo di gigli.
 

In quel momento sapeva che la cosa migliore da fare sarebbe stata allontanarsi, evitare di entrare ancora più in confidenza con quella strana ragazza con cui sembrava avere una sintonia terribilmente singolare, eppure non riuscì a trattenersi davanti al suo sguardo preoccupato “C’è qualche problema? Posso darti una mano?”
 

Clarke cercò di resistere per due secondi prima di rivelarle il vero problema con voce preoccupata “E’ il mio anello…” si girò a prendere il mestolo, guardando sconfortata la bevanda rosso scuro in cui galleggiavano veri pezzi di frutta “Volevo questa porcheria di punch e…” Lexa per poco non scoppiò a ridere “Parli della fede?” Clarke sorrise guardandola per un secondo, forse non notando quanto erano vicine in quel momento, le teste che quasi si sfioravano sopra la bacinella trasparente; Lexa ne era invece pienamente consapevole “Mi è caduta dentro… qui in mezzo.”
 

Il liquido era così torbido che era impossibile riuscire a distinguere qualcosa, e Clarke la guardò con aria sconsolata “La mia fede, qui in mezzo.” Che fosse un segno del destino, pensò Lexa prima di riuscire a fermarsi, a chiudere ogni tipo di pensiero come quello in un angolo recondito della sua mente a doppia mandata.
 

“Hai provato con il mestolo?” Clarke sorrise ancora, e Lexa si ritrovò a fare altrettanto; la situazione era semplicemente assurda, eppure era probabilmente il momento più divertente della sua giornata “Niente.” “E non puoi svuotare il… no che stupida.” Lexa si guardò intorno per un attimo, poi si girò di nuovo verso la ragazza bionda accanto a lei “C’è solo una cosa da fare. Coprimi.”
 

Clarke la guardò confusa mentre si arrotolava la manica della camicia fin sopra al gomito “Cosa?” “Usa il vestito.” Ma vedendo che Clarke ancora non aveva colto le sue intenzioni, le circondò la vita con un braccio e la spinse davanti a se, in modo da essere almeno coperta dal resto della sala. Era stato un attimo, quindi cercò di non pensare al sussulto che le sembrava di aver sentito quando aveva toccato Clarke; non era nemmeno sicura che fosse stata la ragazza, in quel momento le sembrava di non capire più niente.
 

Certo, prima di quel momento aveva organizzato matrimoni di molte ragazze carine, ma questo era diverso. Era come se tra lei e Clarke, per quanto sembrasse assurdo, ci fosse una sintonia di qualche tipo. Quello era l’unica ragione che riusciva a darsi per essere finita, nel bel mezzo di un ricevimento nuziale, con il braccio immerso per metà nel punch cercando di ripescare una fede.
 
 
 
 

Clarke, nonostante cercasse di apparire disinvolta e tranquilla, sapeva di star facendo una pessima prima impressione sulla ragazza dei fiori. Non che avesse molta importanza quale opinione aveva di lei, cercò di ripetersi, ma chi riesce a perdere la propria fede nuziale in una bacinella di punch il giorno del matrimonio? Se l’avesse vista sua madre, sarebbe morta sul colpo.
 

Per questo non era riuscita a resistere quando Lexa -che razza di nome è Lexa?- si era proposto di aiutarla. Per quello e perché, inspiegabilmente, sentiva di potersi fidare di lei. Non aveva nessun senso, si conoscevano da qualche minuto, eppure era lì che cercava di coprirla con la sua enorme gonna bianca mentre lei recuperava la sua fede dal punch. Perché non ci aveva pensato lei prima?
 

Tutti quei pensieri si affollavano nella mente di Clarke quando un giovane uomo dall’aspetto curato le si avvicinò con un sorriso, e lei sperò fino all’ultimo momento che non fosse diretto proprio lì. Sentì Lexa mormorare qualcosa dietro di lei e le si avvicinò di più, cercando di coprirla meglio che poteva con il suo corpo. L’uomo si allungò per prendere un bicchiere accanto a lei e la squadrò in un modo che Clarke trovò decisamente fastidioso “Dicono che il bianco sia il colore delle vergini, ma se conosco Finn l’unica cosa vergine è l’olio d’oliva.”
 

Clarke cercò di trattenersi dal insultare pesantemente l’uomo davanti a lei, avendo intuito di chi si doveva trattare, ma non riuscì a non sorridere captando l’insulto che Lexa aveva sussurrato dietro di lei.
 

“Le vecchie battute sono sempre le migliori.” L’uomo le sorrise “Sono Cage. Finn lavora per me.” Tombola. Clarke aveva sentito innumerevoli volte il fidanzato lamentarsi del suo capo, a suo dire, un emerito idiota; non poteva dire che Finn avesse torto. “Sei proprio come ti descrive, perfetto.”
 

Gli occhi di Clarke scivolarono velocemente alla bacinella a cui si stava avvicinando l’uomo, notando con sollievo che Lexa non era più lì. Mentre l’uomo davanti a lei continuava a parlare di cose che Clarke non riuscì più a capire, sentì la mano calda di Lexa afferrarle il polso della mano che teneva nascosta dietro la schiena, e la fede scivolare al suo legittimo posto mentre un paio di gocce di punch scivolavano dalla mano di Lexa alla sua; quando la lasciò andare per sistemarsi al suo fianco, come se nulla fosse successo, Clarke provò una spiacevole sensazione di vuoto dove prima lei l’aveva toccata.
 

“Salve” disse Lexa all’uomo che la guardava incuriosito, e che le rispose con un cenno del capo “Lei è Lexa.” Clarke lasciò scivolare le sillabe di quel nome particolare tra le labbra, decidendo che non era poi così male “Fa la fiorista.”
 

Ancora una volta l’uomo lasciò vagare lo sguardo sulla ragazza “Io sono Cage Wallace. Ma puoi chiamarmi come preferisci.” Le porse la mano e Lexa lo guardò con un sorriso, stringendogliela “Sono certa che lo farò.” Solo dopo aver notato l’espressione confusa di lui, Clarke si ricordò che la mano di Lexa doveva essere ancora completamente bagnata di punch.
 

Cage si allontanò guardandosi la mano, confuso, e Clarke rise come non era ancora riuscita a fare quel giorno. “Hai visto la sua espressione?” Lexa scosse la testa “Perdonami, dovevo farlo.” “Hai fatto benissimo. Quell’uomo è un’idiota.” Clarke guardò la fede al dito prima di incrociare lo sguardo di Lexa, anche se solo per pochi secondi. Non riusciva ad ammetterlo con se stessa, ma non riusciva a non sentirsi spaventata da quegli occhi verdi; spaventata e incuriosita.
 

“Ti ringrazio, non sapevo davvero che fare. Le mie damigelle mi hanno abbandonata.” Clarke lanciò uno sguardo verso Octavia, che stava ballando ormai da ore con lo stesso tipo alto e palestrato che lavorava con Finn; Raven invece non si faceva vedere da un po’, e Clarke non voleva nemmeno immaginare dove o con chi potesse essere sparita.  Lexa scosse la testa, come a sminuire la cosa “Felice di averti aiutata.  Sarebbe stato un peccato rovinare il vestito, ti sta molto bene.”
 

Nonostante non fosse la prima ad averglielo detto quel giorno, Clarke si sentì arrossire “Io…” “Clarke!!!” Qualcosa di grosso e pesante andò a sbattere contro la sua gonna e lei sorrise nel vedere il fratello, non aveva avuto un minuto per lui in tutto il giorno “Aden, comportati bene.” “Ho visto che stavi parlando con Lexa e sono venuto a salutarvi!” Clarke guardò stupita prima lei poi il bambino “Vi conoscete?”
 

Lexa sorrise ad Aden e annuì “Tuo fratello è un vero gentiluomo, mi ha fatto compagnia tutto il pomeriggio.” Aden le sorrise di rimando e annuì “Lexa è simpaticissima Clarke! Mi ha spiegato perché i pinguini non volano.”
 

Clarke guardò Lexa con espressione stupita “Ma davvero? “ la ragazza annuì “Abbiamo avuto delle discussioni molto interessanti.” Clarke le sorrise, e per una volta si concesse di guardarla per davvero, di soffermarsi sulla piega delle labbra, il naso sottile, le lunghe ciglia che facevano apparire i suoi occhi ancora più grandi di quanto non fossero già. Se prima Clarke l’aveva trovata carina, in quel momento le sembrò bellissima. “Clarkeee” Si girò verso Aden, che la guardava spazientito “Cosa?” “E’ la terza volta che ti chiamo! Finn ti sta cercando. Lexa perché non balliamo insieme?”
 

Lexa la stava ancora fissando, ma sorrise al bambino “Certo Aden. Se a tua sorella va bene.” Clarke annuì, ancora leggermente confusa “Certo. E’ stato un piacere conoscerti Lexa.”  “Anche per me. Ancora congratulazioni Clarke.” Quando pronunciò il suo nome Clarke sentì un brivido lungo la schiena, ma cercò di non darci peso. Come tutte le emozioni che il loro assurdo primo incontro le aveva suscitato, doveva essere colpa della stanchezza; si girò cercando Finn con lo sguardo, che l’aspettava nel bel mezzo della pista, per invitarla a ballare.
 
 
 

Al terzo ballo da discoteca con Aden, Lexa cominciava a sentirsi stanca. Era in piedi da tutto il giorno ormai e quel matrimonio era riuscito a spossarla sia fisicamente sia mentalmente; voleva solo tornare a casa, infilarsi sotto le coperte e dormire fino al giorno dopo. E doveva chiamare Anya, almeno per assicurarsi che non fosse morta nell’incendio che aveva causato nel suo negozio.
 

Si girò a guardare Clarke che volteggiava nel centro della pista con Finn, entrambi sorridenti e felici. Forse l’unico vero motivo per cui non le piacevano i matrimoni era perché servivano solo a ricordarle quello che lei non aveva più.
 

In quel momento sentì un famigliare e penetrante profumo maschile vicino a lei, e quando si girò, Bellamy era accanto a lei che la guardava sorridendo. “Forza Aden, perché non vai a giocare con i tuoi amici?” Il bambino sorrise a Lexa e corse via, mentre lei lo guardava allontanarsi con una punta d’invidia.
 

Improvvisamente la musica cambiò in una canzone dolce e lenta, con un tempismo che Lexa non riuscì ad attribuire al caso, e Bellamy le porse la mano “Questo ballo tocca a me credo.” Lexa si guardò intorno in cerca di una via di fuga, ma il ragazzo le aveva già appoggiato la mano sul fianco e la stava trascinando verso il centro della sala.
 

“Ci abbiniamo molto bene, vero?” Lexa ridacchiò, leggermente divertita dalla sfrontatezza senza eguali del ragazzo “Sì.” Voleva essere ironico, ma da come Bellamy la strinse ancora di più a sé Lexa capì che non aveva colto, oppure che non doveva essere abituato ad un rifiuto. In effetti non era un brutto ragazzo,  si ritrovò a pensare, se non avesse avuto quel carattere vanesio e infantile, sarebbe stato persino affascinante.
 

Ma nonostante questo Lexa non dubitava che avesse uno stuolo di donne pronte a cadere ai suoi piedi; allora perché insistere tanto su di lei? Nuova idea per la maglietta, pensò, “Mi sono occupata dei fiori e sono lesbica, non disturbare grazie.” Doveva assolutamente parlarne con Anya.
 

“Tutto bene?” Le chiese lui sussurrando “Mi stai stringendo un po’ troppo.” Lui allentò solo un pochino la presa, per guardarla negli occhi “Sai, ho perso la verginità con questa canzone.” Prima che Lexa riuscisse a trovare qualcosa da dire, la musica scemò fino a smettere mentre qualcuno cercava di parlare con un microfono.
 

Lexa approfittò della situazione e si scostò da Bellamy, osservando l’uomo che aveva accompagnato Clarke all’altare mentre cercava di far funzionare il microfono senza troppo successo. Dal nulla spuntò la madre di Clarke, che toccò il braccio a Bellamy “Bellamy per fortuna sei qui. Leva quel microfono a Marcus e fai tu un discorso come si deve, l’ultima volta la gente ha cominciato a dormire.”
 

Lexa capì che era il giusto momento per andarsene, ma decise di restare ancora un attimo per ascoltare i vari discorsi, lasciando la sala solo quando il microfono passò alla sposa, fermandosi solo per lanciarle un ultimo sguardo, cosa che la lasciò sorpresa. Non era solita guardarsi indietro.
 
 
 
 

Clarke sapeva quanto Finn odiasse parlare in pubblico. Mentre ascoltava distrattamente Bellamy fare il suo discorso da testimone, lanciando inviti non propriamente sottili a Raven che gli fecero guadagnare occhiate di fuoco dalla sorella, riusciva chiaramente a vedere come il colorito di suo marito si faceva sempre più pallido ogni secondo che passava. “Alcuni dicono che Finn ci abbia messo tanto a sposarsi per paura di dover fare un discorso. Bene, questo momento è giunto! E lui ci farà un discorso, vero?”
 

Bellamy passò il microfono a Finn mentre la folla intorno a loro applaudiva entusiasta, e Clarke gli strinse la mano per incoraggiarlo.  Lui si alzò, lo sguardo che vagava nervoso per la sala, senza dire una parola. “Conosco qualcosa che aiuta!” gridò Raven, ormai ubriaca “Immaginateli tutti nudi.”
 

Tutti quanti risero, ma lo sguardo di Finn era sempre più terrorizzato. Incapace di guardarlo rimanere lì in piedi da solo, così vulnerabile, Clarke si alzò accanto a lui, senza lasciare la sua mano.
 

“Salve a tutti. Io sono Finn e benvenuti alle mie nozze.” Disse senza esitazione, e tutti quanti scoppiarono a ridere, e Clarke fu sollevata nel sentire che accanto a lei anche Finn sorrideva “Sono felice che siate tutti qui perché voglio dirvi quanto è grande il mio amore per Clarke.” Si fermò un attimo guardando Finn negli occhi “E che straordinaria, meravigliosa, unica e fantastica persona lei sia.”
 

Finn le lasciò la mano e fece per sedersi, ma lei lo bloccò “Vuoi continuare tu?” Lui scosse la testa facendole un gran sorriso, e Clarke si accorse di quanto dovesse essere stanco; anche lei si sentiva incredibilmente stanca “Stai andando benissimo, principessa.”
 

Lei si voltò di nuovo verso la folla e sorrise “Okay, sono Clarke adesso. E’ tutta la vita che attendo questo giorno, e sono felice di condividerlo con molte persone che amo, e con alcune che non so chi siano, ma sono sicura che anche loro sono fantastiche.” Il suo sguardo vagò per la sala per un momento a quelle parole, alla ricerca di occhi verdi e magnetici che non riusciva a togliersi dalla mente, ma non trovando nessuno, riprese il discorso, non senza una punta di delusione che cercò di scacciare dalla mente.
 

“Mi sembra di conoscere Finn da sempre, e lo conoscerò per il resto della mia vita.” Finn le prese la mano e la baciò, guardandola con quella dolcezza che le faceva sempre stringere il cuore. “Lui è il mio migliore amico. Dicono che le favole abbiano un lieto fine, anche se il tragitto può essere accidentato, ma io e Finn siamo stati amici, e poi amanti, ed è andata liscia dal principio alla fine. Forse questa è una favola più bella delle altre. Quindi niente brindisi, non lo faremo, ma se ci auguraste buona fortuna io e Finn lo apprezzeremmo moltissimo.” Tutti si alzarono a battere le mani, e Finn le diede un leggero bacio sulla fronte.
 

Il grande giorno era finito.
 
 
 
 

“Anya, per favore, dimmi che la musica che sto sentendo non viene dal mio negozio.” Lexa strinse il telefono nella mano sinistra mentre cercava la chiave per aprire la porta del suo appartamento. Dall’altro capo del telefono, la voce dell’amica le arrivava distorta e confusa dalla musica “Be, non proprio il tuo negozio… le casse sono fuori.”
 
 
Lexa contò mentalmente fino a dieci prima di rispondere “Hai organizzato un rave party nel mio negozio Anya?” Anya scoppiò a ridere “Un rave? Tesoro quelle cose andavano di moda anni fa, ci sono solo un paio di amici intimi.” “Un paio?” “Forse sono più una trentina. Ma ti giuro che non stanno toccando niente. E non è andato a fuoco nulla… a parte un mazzo di papaveri che qualcuno ha provato a fumare ma te lo ripago io, promesso.”
 

Lexa sospirò mentre entrava in casa, dando una carezza veloce al grosso gatto rosso che si era avvicinato a salutarla “Anya, è tardi, per favore…” “Ma vedi mi avevi chiesto di badare al negozio, ed io avevo una festa a casa di amici, quindi mi sono detta, perché non spostare qui la festa? Così avrei comunque…”
 

Lexa chiuse la conversazione con un gesto irritato, appoggiando il telefono sul comodino, la sua amica era impossibile. Gustus miagolò sonoramente, invocando la sua cena, e la ragazza lo guardò esasperata “Adesso ti ci metti anche tu?” Il gatto le rispose con un miagolio ancora più forte, e Lexa si arrese senza troppe storie, per poi prepararsi per la notte.
 

Il giorno dopo doveva organizzare un battesimo e non avrebbe avuto tempo nemmeno per respirare, ma almeno in quel momento tutto era tranquillo, e lei poteva finalmente stendersi a letto e spegnere completamente il cervello.
 

Spense la luce e lasciò scivolare pigramente la mano sul pelo del gatto acciambellato accanto a lei, sperando che il sonno la prendesse presto. Non aveva messo in conto due paia di occhi azzurri come il cielo, che continuarono a tornarle in mente finché, a notte inoltrata, riuscì a prendere sonno.
 
 
 

Dall’altra parte di Londra Clarke ascoltava i respiri regolari e leggeri di quello che dal quel giorno era ufficialmente suo marito, troppo stanca perfino per dormire, troppo stanca per riuscire a fare altro che sfiorare le fede con la punta delle dita, là dove una ragazza sconosciuta che le sembrava di conoscere da sempre l’aveva sfiorata.
 
 
 
 


Lexa stava sistemando alcuni dei fiori fuori dal negozio quando un uomo sulla quarantina entrò trafelato, guardandosi attorno con aria nervosa.
 

Si salutarono con un salve, mentre l’uomo, incapace di stare fermo, continuava ad andare su e giù per il negozio “Ho bisogno di aiuto. Mi serve un fiore, solo uno, uno bello, il migliore.” Lexa lo ascoltava distrattamente mentre continuava a trasportare i fiori fuori dalla porta d’ingresso “Va bene.”
 

“E’ la mia ultima chance. Il fiore della mia ultima chance.” A quelle parole Lexa si fermò, guardandolo negli occhi “L’ultima chance?” L’uomo annuì “Sì, ho fatto un casino enorme. Solo il fiore giusto può salvarmi. Che ne dice di una rosa rossa? Che cosa significa?”

“Amore.”

“Amore, forte, funziona…”

“E fedeltà.”

L’uomo si girò di scatto “Come non detto allora.” E Lexa provò l’improvviso impulso di sbatterlo fuori dal negozio, ma si limitò a scuotere la testa “No, niente rose, sono troppo banali. Se è davvero l’ultima occasione devo trovarle qualcosa di spettacolare.”
 

Andò dietro al bancone, cercando l’elenco dei fiori che teneva in negozio. Lo sapeva a memoria, ma voleva essere sicura di non perderne nemmeno uno; se c’era una cosa di cui Lexa andava fiera era la precisione nel suo lavoro.
 

Quando sentì bussare alla porta quindi non si girò nemmeno, troppo presa a leggere le carte che aveva in mano “Un attimo e sono subito da lei.”
 

“Tranquilla.”
 

Erano passate tre settimane, eppure Lexa capì subito chi era appena entrato nel suo negozio. Si girò di scatto, i fogli ancora in mano, ritrovandosi faccia a faccia con Clarke. “Sei tu” disse, per poi rendersi conto di quanto fosse suonata patetica “.. ciao.”
 

Ma Clarke sembrava ricordarsi quello che si erano dette, e le sorrise “Sei tu… avevo paura di non trovare il negozio. E’ davvero splendido; non sapevo vendessi anche candele.” Lexa sorrise, guardando distrattamente lo scaffale pieno di candele profumate “Ti ringrazio. Le candele… sono un po’ la mia passione.” Clarke annuì, e Lexa maledisse il suo cervello che sembrava essere andato completamente in tilt davanti alla ragazza “Come stai?” riuscì a dire, mentre non riusciva a tenere le mani ferme, cercando un posto in cui mettere le carte.
 

“Bene, grazie.” Clarke sembrava a disagio quanto lei mentre si fissavano in silenzio, ma nonostante il nervosismo, Lexa capì che avrebbe potuto passare ore intere a guardare come il sole si rifletteva nei suoi capelli dorati. “Io stavo…”
 

“Andiamo a vedere fuori.” L’uomo uscì di corsa passando accanto a Clarke, e Lexa si ricordò solo in quel momento della sua presenza nel negozio. Si era completamente dimenticata di lui. Clarke abbassò lo sguardo, imbarazzata, ma le sorrise, e lei non riuscì a non sorridere a sua volta.
 

“Ero venuta per ringraziarti” le disse Clarke guardandola di nuovo, e lei annuì “E’ stato un vero piacere.” La guardò ancora per qualche secondo, gli occhi fissi su quelli di lei, e quasi non notò l’uomo che fuori stava toccando tutti i vasi di fiori che lei aveva appena riordinato “Scusami io dovrei…” “Si certo, non preoccuparti.” “Ci vorrà un attimo.”
 

Prima che Lexa potesse uscire, l’uomo fece capolino dalla porta, guardando Clarke “Qual è il tuo fiore preferito?” I gigli, pensò Lexa. “Non saprei… penso siano i gigli.” Lexa sorrise, l’aveva capito non appena aveva sentito il suo profumo, ma l’uomo non ne sembrava entusiasta “No, quelli no.”
 

Guardandolo agitarsi in giro per il negozio Lexa si chiese se solo a lei capitassero tutti clienti di quel genere, assolutamente fuori di testa. Ma il cliente ha sempre ragione, no? Anche quando avresti voglia di buttarlo giù da un palazzo alto mille metri.
 

“Che ne dice di questo?” Gli fece vedere un fiore giallo e sottile, dall’aspetto prezioso e delicato, uno dei suoi preferiti “L’uccello del Paradiso.” L’uomo sembrava interessato “Illustrami.” “Il vero nome è Strelitzia Reginae, da Charlotte von Strelitz, consorte di re Giorgio III.” Lexa guardò Clarke, che la osservava con ammirazione, e si sentì inspiegabilmente piena di euforia “Ebbero quindici figli, non passarono neanche un’ora separati e…” “Okay, smetti di parlare.” L’uomo uscì di nuovo, e questa volta sperò Lexa, per sempre.
 

“Vuoi venire a cena?” Lexa si girò di scatto, fissando Clarke negli occhi, sorpresa “Scusa?”
 

Clarke si morse il labbro, imbarazzata “A cena. Da noi. A casa mia.” Lexa aprì un attimo le labbra, mentre nel suo cervello sembrava essersi acceso un grosso segnale antipanico che risuonava in ogni cellula del suo corpo. Non doveva accettare. Non era una buona idea. Non doveva assolutamente… “Con piacere.”
 

Il volto di Clarke s’illuminò con uno splendido sorriso, e Lexa non riuscì davvero a pentirsi della sua risposta. “Questo venerdì?” Lexa annuì “Sì, venerdì, perché no?” “Allora ti scrivo l’indirizzo.” Clarke prese un pezzo di carta dalla scrivania, quelle che sembravano essere le istruzioni che Lexa aveva scritto per Anya, ma questa volta non si preoccupò nemmeno.
 

“Ecco, perfetto.” L’uomo rientrò nel negozio, e Lexa lo fissò stupita, convinta che se ne fosse andato. In mano, aveva una delle piccole piante grasse che aveva appena messo fuori, un piccolo cactus. “Questo qui ci vuole. Ecco il fiore della mia ultima chance. Fammi gli auguri.” Le diede i soldi e senza aspettare il resto corse via, mentre Lexa lo guardava allibita.
 

“Auguri.” Disse piano, ma mentre si girava a guardare negli occhi Clarke che le porgeva il biglietto con il suo indirizzo, si ritrovò a pensare che quell’uomo e il suo cactus non fossero la cosa più assurda che le era successa quel giorno.  






Note: Ciao a tutti! Volevo ringraziarvi per tutte le recensioni e le risposte positive che mi sono arrivate, sono stata davvero contenta! Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto, e che siate pronti per la grande cena che ci sarà nel prossimo (dove c'è uno dei miei dialoghi preferiti di tutto il film). Ho deciso di cambiare le prime battute che Clarke e Lexa si rivolgono perché, anche se in inglese, "you are the one" è stata la prima cosa che si sono dette nel telefilm e l'ho sempre trovata molto romantica (e ho messo le candele, perché quelle ci stanno sempre!). Fatemi sapere come sempre cosa ne pensate, grazie e alla prossima!
  
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