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Autore: DeniseCecilia    20/04/2016    8 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
Capitoli:
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Buongiorno a tutti!
Da quando ho visto (e poi rivisto una seconda volta) Zootropolis al cinema, mi sono innamorata, e il desiderio di scrivere una (due, tre, dieci...) fanfic per questo fandom mi è esploso dentro come i botti del capodanno cinese.
Tra immaginare e scrivere, però, c'è un abisso; così ho deciso di pubblicare una prima storia, molto semplice, di quattro-cinque capitoli per vedere se effettivamente sono ancora in grado di produrre qualcosa di sensato.
Lo faccio per puro divertimento, per piacere, e nient'altro: sarò ovviamente felice, e molto, se chi leggerà vorrà lasciare un commento, anche critico. Ma so che talvolta recensire non è facile come sembrerebbe, e ringrazio in ogni caso chi passerà per queste pagine e apprezzerà in silenzio.

Zootropolis appartiene alla Disney, ecc. ecc.
Lunga vita alla Disney :)


I. Aspettative

Per Judy era stata una lunga giornata, a conclusione di un ancor più lungo fine settimana. Tornava in visita a Bunnyburrow solo in un paio di occasioni ogni mese, perché una volta adempiuti i suoi compiti di polizia ed esaurite le commissioni quotidiane – cose prosaiche come la spesa, le pulizie di casa, oltreché nutrirsi e lavarsi e dormire – le avanzava giusto un poco di tempo libero, e quello sentiva il bisogno di spenderlo quasi interamente con Nick, per lo più gironzolando per la città e dandosi il cambio al “comando”: lei scovava sempre qualche evento che le sembrava imperdibile, lui tendeva invece a vagare senza una meta precisa. Zootropolis aveva molto da offrire, non solo per chi cercava opportunità lavorative e di crescita, ma anche per chi amava semplicemente godere delle sue bellezze naturali e non.
Anche adesso, attraversando in treno la zona di Tundratown, non poté fare a meno di rimanere affascinata osservando quella che apparentemente non era altro che una vasta distesa di ghiaccio tutta uguale a se stessa. Oltrepassati i pochi negozi del centro, due terzi dei quali erano pescherie, si veniva letteralmente inghiottiti dal bianco, dall'azzurro e dal silenzio. Era terribile e a molti ispirava solitudine, ma Judy, dopo un momento di panico durante il quale si chiese cosa sarebbe successo se il treno avesse avuto un guasto proprio lì in mezzo a quel nulla, si lasciò andare alla malìa e immaginò come sarebbe stato magnifico poter pattinare immersi in quello sfavillante scintillìo che le numerose piste artificiali, anche se comode e moderne, non avevano.
Ecco. Ecco cosa avrebbe potuto proporre a Nick... beh, la settimana successiva presumeva, certo non questa sera, perché la visita a casa dei genitori e poi il viaggio l'avevano davvero sfinita. Era stata una lunga, e pesante, visita. Solitamente la famiglia, numerosi fratelli e sorelle compresi, ascoltava volentieri e solo con un pizzico di apprensione i suoi resoconti – le sue storie bisognerebbe dire, perché le adattava e le addolciva un po' secondo il caso – di inseguimenti, arresti, indagini e, naturalmente, vicoli ciechi incontrati durante il lavoro. Ma a questo giro, inaspettate, le erano piovute addosso le richieste non troppo velate, talvolta erano quasi suppliche, di Stu e Bonnie Hopps che la volevano... insomma, la rivolevano indietro. Una cosa mai sentita. Dopo qualcosa come un anno e mezzo nella ZPD, e senza che si ripresentassero casi pericolosi e più grandi di lei come quello degli Ululatori Notturni, ora scopriva che i suoi genitori – e non soltanto loro – credevano ancora possibile che lei tornasse sui suoi passi.

 

“Tesoro, Judy, dimmi un po': hai mai pensato di accasarti?”.
Era cominciata così, con questa bizzarra domanda, che a tutta prima la coniglietta non aveva neppure ben inteso: stavano pranzando con alcuni amici di famiglia e persino un paio di fornitori della fattoria, parlavano dell'ultimo raccolto di carote – una noia mortale, per inciso – e...
… “Judy? Tesoro? Mi hai sentito? Mi chiedevo se tornando qui ogni tanto, sai, avessi notato un coniglio che ti interessa. Che ti piace, insomma. Uno con cui potresti pensare di sistemarti, sai”. Stu Hopps non aveva il dono dell'eloquenza, e men che meno quello del tempismo.
“Ci pensavo perché, ecco... Howie, qui, mi raccontava prima di metterci a tavola che il suo maggiore, Harry, è, beh, maturo al punto giusto e stava...” il padre venne opportunamente interrotto da Bonnie la quale, con un sospiro, terminò per lui così la frase: “Papà vuole dire che Harry si sta guardando intorno, cara. Entrambi pensiamo che potresti rifletterci su, anche se devo ammettere che forse non era questo il momento ideale per introdurre l'argomento”, concluse con un'occhiata al marito, un'occhiata di lieve e condiscendente rimprovero, quella che riservava ai suoi figli più piccoli e inconsapevoli.
Le si mozzò il fiato in gola e stava quasi per fare una tragica e ingloriosa fine, strozzandosi con l'insalata, ma si riprese giusto in tempo. Deglutì, inspirò profondamente e disse soltanto: “Mamma. Papà”. Non era nemmeno un'esclamazione scandalizzata: non ne aveva la forza.
“Te l'ho detto, cara. Riflettici su, e ne parliamo in un altro momento. Più tardi, va bene?”, aggiunse con un sorrisetto diretto ad Howie, il commerciante di sementi che conoscevano da una vita, che lei considerava quasi uno zio... e che da ora non avrebbe più avuto il coraggio di guardare in faccia.
Per la prima volta in quei due giorni a Bunnyburrow si era trovata a pensare a Nick. L'aveva pensato già diverse volte, in realtà, ma questa era la prima davvero seria. Aveva chiuso i grandi occhi nascondendo le iridi viola, e la sua irritazione e lo sgomento, e visualizzato la volpe sua collega così intensamente da farsi quasi venire un'emicrania: proprio come aveva fatto quando, guidando come una forsennata verso la città nel furgoncino blu di famiglia, era andata a cercarlo dopo settimane sconsolate trascorse vendendo verdure al banco, disperando che lui avrebbe accettato di parlarle ancora, e aiutarla a risolvere quel gran casino che aveva combinato.
Cosa avrebbe fatto Nick in una situazione come quella? O meglio cosa avrebbe detto? Le occorreva disperatamente la sua lingua affilata, una delle sue battute sagaci, ma non arrivò nulla. Alla fine, non seppe cosa replicare, i secondi passarono e si sa: una replica degna di tale nome deve giungere immediata. Coniglietta ottusa, si disse tra sé.
Il pranzo era proseguito e terminato nella completa indifferenza, o per lo meno inconsapevolezza di tutti per la tempesta interiore che la attraversava.
 

Judy era rimasta pressoché muta per l'intero pomeriggio, ma la madre no.
Mentre la aiutava a raccogliere le lenzuola lavate, a piegarle e stirarle, Bonnie non mancò di riprendere l'ameno discorso, e senza curarsi di verificare se almeno alla figlia interessasse sommerse Judy di consigli non richiesti, impressioni personali sui single papabili – aveva usato quel termine solo dopo aver visto la figlia inorridire per averle sentito pronunciare scapoli –, di racconti dettagliati dei recenti matrimoni di certi loro conoscenti e via dicendo.
La cosa non aveva colto Judy di sorpresa, ma di certo l'aveva abbattuta ancora di più: nonostante la sua vocazione fosse un'altra, amava tornare dalla madre, aiutarla nelle faccende di casa e approfittare di quel tempo passato insieme per scambiarsi confidenze. Bonnie non era una madre con cui non si potesse discutere: ansiosa, come quasi tutte le madri, eppure al tempo stesso comprensiva. Ma questo desiderio improvviso di vederla sistemata, che termine terribile, da parte di entrambi stava sciupando quel bel momento di intimità che a ogni visita condividevano.
“No”. Judy non aveva nemmeno pensato quel monosillabo, o non se ne era resa conto, le era uscito di bocca e basta. “No, mamma. Non sono interessata”, aggiunse poi, stavolta ponderando le poche parole che in qualche modo doveva pur piazzare, per tentare di chiudere presto e senza troppi danni quella faccenda. Aveva evitato di guardare la madre in volto, sapeva che quello che vi avrebbe trovato l'avrebbe inevitabilmente o addolorata o irritata ancor di più. “Scusami, ti spiace proseguire da sola? Ho bisogno di bere qualcosa”. Detto questo, posò il ferro da stiro gemello di quello che la madre teneva sollevato, immobile, e uscì dalla stanza.
 

Mentre sorbiva, lenta, il suo solito succo di carote all'ombra di un ippocastano piantato decine di anni prima dietro casa – prima che lei nascesse: l'idea le dava sempre una bella sensazione –, il pensiero le tornò di nuovo a Nick.
Di nuovo, trovò che lui non sarebbe scappato da un confronto difficile. Magari non l'avrebbe vinto, ma avrebbe sicuramente anche fatto in modo di non mostrare la sua debolezza, non in modo così plateale... fece per alzarsi e tornare da sua madre, ma il suo cellulare mandò un bip ripetuto. Controllò la schermata: era Nick... un messaggio.
Carotina, mi manchi. Come sai sono anch'io fuori servizio, e non ho nessuno da prendere in giro e stuzzicare. Abbi pietà di una povera volpe: divertiti a casa ma... torna presto.
Il cuore di Judy mancò un battito. Nick era un amico, ma non uno tra i tanti – e lei ne poteva vantare parecchi, dopotutto: era la norma per la sua specie. A dirla tutta, anzi, gli si era affezionata così profondamente in così breve tempo da rimanerne stupita: era una coniglia socievole, certo, disponibile (le sembrava di sentire la voce melliflua di lui: troppo socievole, Carotina. Troppo.), ma in questo caso era andata così oltre che l'amicizia era diventata una specie di... bisogno. Parola impegnativa, ma quanto mai esatta.
Bip bip bip. La suoneria le segnalò l'arrivo di un altro messaggio, così non fece in tempo a portare a termine il suo ragionamento. Cliccò sul tasto Leggi e... ancora Nick.
Con un bastimento carico di mirtilli. Ho bisogno di mirtilli. Muoio, senza.
Judy sorrise. Così era lui. Provocava, si avvicinava pericolosamente a farla sciogliere di soddisfazione, e poi metteva tutto sul piano dello scherzo. A volte giocava per davvero, altre schermava il suo attaccamento verso di lei con l'ironia. Sapeva che era il suo modo per difendersi. Ed era perfetto, a ben pensarci: lei gli andava incontro, anche fisicamente, col suo entusiasmo; lui raramente si sbilanciava in pubblico, ma era sempre pronto ad accoglierla.
Decise di chiarire prima le cose con sua madre, poi forse anziché rispondere con un messaggio avrebbe potuto anche chiamarlo. Si alzò e tornò verso il basso e largo edificio rustico, ben disposta e più serena ora che qualcuno le aveva ricordato dove, e qual era la sua vita.
Ma a quel punto Bonnie aveva finito i suoi lavori domestici ed era sparita.

 

Judy zittì il suo mPod con un leggero tocco della zampa, riaprì gli occhi e guardò oltre il vetro della cabina di testa del treno. La stessa in cui aveva viaggiato, fuori di sé dalla gioia, quando aveva ricevuto notizia della sua ammissione in Accademia.
Le cose, il pomeriggio precedente cioè sabato, non erano andate come sperava. Non solo non aveva trovato la madre – avrebbe scoperto più tardi che era andata a consultarsi con Harry, suggerendogli di parlare a quattr'occhi con lei: e a quello davvero non era preparata! –, il peggio era che tutto era avvenuto a sua insaputa, e la situazione era rapidamente degenerata senza che lei potesse intervenire.
Si era ritrovata con un appuntamento al buio (poiché questo benedetto Harry lo ricordava a malapena dai tempi della scuola: non era nemmeno nella sua stessa classe), fissato senza il suo consenso per la sera stessa.
La sorpresa e l'irritazione l'avevano impegnata in una discussione accesa con i suoi genitori, ma era troppo onesta per farne pagare lo scotto ad un estraneo, che magari proprio come lei era infastidito da queste attenzioni; così aveva dovuto suo malgrado acconsentire a incontrarlo (ma mentre pronunciava uno stringato Ci vado. Voi però non prendete altre iniziative le sembrò di sentire nella testa la voce canzonatoria di Nick: troppo onesta, Carotina. Troppo, persino per una poliziotta integerrima come te.)
Fu soltanto allora che si rese conto di non avergli più risposto, né telefonato come era stata sua intenzione.

  
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