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Autore: Vago    21/04/2016    0 recensioni
Non avrei mai immaginato che quella lettera mi avrebbe portato così tanta sfiga.
Io sono stato chiamato per scacciare una bestiaccia e guarda in che posto sono finito. Non che mi dispiacciano le avventure, sia chiaro, ma se sono remunerate le preferisco...
Oh! Non mi sono ancora presentato! Voi potete chiamarmi Shadowfoot, sono uno splendido Halfling di novanta centimetri che per guadagnarsi da vivere si offre come avventuriero per mandanti paganti. Certo, nel tempo libero non me ne sto con le mani in mano, io provengo da un importante clan di ladri professionisti e, devo ammettere, me la cavo abbastanza bene nel mio lavoro.
Io, assieme ad altri sei non proprio perfetti avventurieri, ci troveremo a confrontarci con un mistero e una visione.
Questa è la nostra storia, la storia della compagnia dei 7 fratelli.
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La trama di questa storia non è mia, io sono solo il bardo che decanta le gesta compiute dai nostri personaggi grazie al master che allora ci ha fatto giocare.
Ora che i nostri ruoli si sono invertiti e che gli appunti di quel periodo si sono persi tra le pieghe del tempo, dubito che questa storia si metterà in pari con la meta allora raggiunta.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Capitoli:
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A mattina inoltrata siamo pronti per partire.
Sirol ha trovato una strada lastricata nascosta dagli alberelli che racchiudono la radura e Panmorn ci ha confermato che, almeno secondo la sua magia, la direzione che punta è il nord.
Ottimo, per lo meno non dovremo farci largo nel bosco.
Il silenzio rilassante ci accompagna nel nostro cammino per almeno un paio d’ore. Nell’aria continua a risuonare solo il fruscio delle foglie. Poi, d’un tratto, si fa strada fino alle nostre un gorgoglio d’acqua, che cresce man mano che avanziamo su quel sentiero.
Il bosco mi si apre davanti, lasciandomi vedere, finalmente, il fiume dal quale questo gorgoglio si leva. Davanti a noi un ponte di pietra si stende per la ventina di metri che ci divide dall’altra riva.
Mentre faccio un veloce controllo sulle condizioni del ponte, impeccabili a mio avviso, il mio sguardo si posa sulla sponda opposta, dove due grosse figure dalla pelle verdastra sembrano discutere animatamente. Quasi sicuramente mezzorchi, viste le dimensioni.
Io e il Padre ci scambiamo un’occhiata chiara. Nessuna offerta ci avrebbe convinti ad attraversare quel ponte per primi. Io, per mettere le cose in chiaro, estraggo la balestra. Perché fidarsi è bene, ma non fidarsi dei mezzorchi vuol dire non finire sul loro menù.
Sirol e Panmorn si fanno infine avanti ad armi ritirate, mentre i due mezzorchi fanno altrettanto.
I due gruppi si incontrano a metà del ponte. L’elfo tenta di parlare con il più alto dei due, quello con indosso un armatura di cuoio borchiata. Lo vedo gesticolare goffamente con le mani mentre la bocca si muove rapida. Le mie orecchie non riescono, però, a capire quello che stesse dicendo.
Segue un momento di calma. Nessuno dice o fa qualcosa. Poi l’imprevedibile, il mezzorco più alto afferra la sua ascia bipenne con entrambe le mani e colpisce violentemente Panmorn all’altezza dello sterno con il piatto della lama.
Uh… quando si rialzerà, se si rialzerà, avrà qualche piccolo problema di respirazione… Si, avremmo dovuto ricordarci che elfi e mezzorchi non sono proprio amici per natura.
Vedo Sirol titubare. Potrei provare a scoccare un quadrello, ma probabilmente peggiorerei la situazione.
Mi volto verso Padre Gavros, che, nel frattempo, ha fatto qualche passo indietro.
- Se la situazione si mette male, io scappo. Sia chiaro. Se vuoi puoi venire con me, io curo i feriti… - comincia a dirmi estraendo la mazza.
- E io intanto li rapino. Mi piace l’idea. – gli rispondo.
La nostra conversazione viene bruscamente interrotta da acute urla provenienti dalla parte opposta del ponte. Là, uno gnomo dalla pelle bronzea e dalla chioma bionda corre nella nostra direzione, urlando disperato.
Poco dietro lo rincorrono cinque cani e un bifolco con un arco lungo in mano che urla iroso – Fermati nano! Nano di merda! Fermati ho detto! –
Il piccoletto, parlo io, gli rispondeva quasi in lacrime – Non sono un nano! Sono uno gnomo! – ma il bifolco pareva non sentirlo.
Lo gnomo riesce a rifugiarsi tra le gambe del mezzorco con indosso una specie di vestito da monaco gridando, questa volta nella nostra direzione – Per favore, gentili avventurieri, aiutate un viandante! –
Il mezzorco in armatura, un barbaro a occhio e croce, è il primo ad essere attaccato. Quattro cani gli si avventano alle spalle mentre uno dalla pelliccia grigiastra, barcollante, è ancora troppo lontano per poter azzannare qualcuno.
Dall’altra parte del ponte il tipo prepara l’arco per attaccarci con le frecce che spuntano dalla faretra che gli penda al fianco.
Padre Gavros, immagino ripensando al suo incontro ravvicinato con l’orso nelle campagne intorno a Borgopio, fa ancora qualche passo indietro, cauto.
Lo gnomo mormora qualcosa, poi dalle sue mani appare una fiammella che colpisce al petto il bifolco che, a sua volta, rincara la dose di insulti diretti al presunto nano.
Il barbaro solleva la sua ascia con uno sguardo omicida negli occhi rossi. L’imponente arma si abbatte sul ponte, intaccando la pietra per la forza del colpo ma mancando l’obbiettivo, che continua a ringhiare.
Io carico in quadrello sulla balestra e fisso il mio obbiettivo. Non ho voglia di sbagliare il colpo.
Sirol estrae rapidamente la sua spada calandola sul cane dalla pelliccia grigia che, a fatica, ci ha raggiunti. La lama scende rapida, ma l’animale barcollando verso destra, la evita con sguardo perso.
Il mezzorco con l’abito in tessuto prova a colpire un cane vicino con un pugno rapido, ma, di nuovo, il colpo non va a segno.
Se continuiamo così non andremo molto lontani…
Due cani si avventano alle caviglie del mezzorco in armatura, intaccando la pelle coriacea e facendo uscire un rivolo di sangue dai buchi lasciati dai denti. Intanto lo gnomo è riuscito a scansarsi quel tanto che basta per evitare il morso di altri due animali.
Finalmente, Padre Gavros si riprende dalla sensazione di paura che lo aveva assalito. Non cerca di curare il nostro mago, ancora svenuto a terra, ma si avventa, con la mazza stretta in pugno, sul cane più vicino, mancandolo per la foga del gesto.
Una freccia viene scoccata dall’arco, piantandosi sul petto del barbaro, che sembra accusare particolarmente tanto il colpo.
Lo gnomo mormora nuovamente qualcosa, poi, dopo una luce abbagliante, un cane cade a terra privo di vita.
Il barbaro in armatura lancia un urlo di rabbia al cielo, sbavando come un animale. L’ascia bipenne si abbatte senza pietà su un cane, lasciandone pochi resti maciullati.
Non devo distrarmi. Il mio obbiettivo è di fronte a me, non ci sono ostacoli tra me e lui. Il quadrello vola veloce, conficcandosi in mezzo agli occhi del bifolco. Il collo dell’uomo si piega all’indietro, mentre il corpo cade schiena a terra, privo di vita. Posso immaginare i sui occhi, sgranati, guardare l’asta del dardo che vibra sulla sua fronte.
Sirol volge di nuovo il suo sguardo verso il cane barcollante, tentando un fendente obliquo degno di menzione. Di nuovo, la bestiaccia barcolla quei pochi centimetri a sinistra utili a schivare la lama. Il guerriero lo guarda con disprezzo stringendo serratamente l’elsa in mano per la rabbia.
Una mascella osa avvicinarsi tanto al mezzorco con gli abiti in tessuto che le zanne riescono a chiudersi sulla spalla dello gnomo che cerca di nascondersi all’ombra del gigante.
Un altro cane tenta di azzannare nuovamente la caviglia del barbaro che, con gli occhi iniettati di sangue, lo scaraventa nel fiume con un calcio. Il mezzorco urla infine, soddisfatto – Gruntu colpisce!-
Credo… stia parlando di sé stesso in terza persona.
L’altro mezzorco salta agile in aria, caricando un pungo diretto al cane che si è avvicinato troppo ai suoi polpacci. Il colpo manca nuovamente l’obbiettivo, andando a schiantarsi sulla pavimentazione del ponte. Non so come possa non essersi rotto la mano…
Il Padre retrocede un poco, alzando il palmo della mano in direzione dello gnomo mentre dalle sue labbra esce live una nenia. Le preghiere del chierico pare abbiano colpito particolarmente Pelor, visto che lo gnomo raddrizza le spalle carico di nuove energie.
Un cane si avventa sul barbaro stringendo il bracciale in cuoio tra le fauci ma non riuscendo ad arrivare con i denti alla pelle coriacea. Il mezzorco lo guarda e sul suo viso ricoperto di cicatrici si fa strada un sorriso terribile. Basta un colpo dell’ascia, netto, violento, accompagnato da un grugnito animalesco. Il corpo martoriato dell’animale viene scagliato addosso al mago ancora svenuto a terra, mentre la testa rimane cocciutamente attaccata al braccio.
Un cane abbrustolito, uno spappolato per terra, uno a mollo nelle acque del fiume e uno decapitato. Ne rimane uno solo, quel maledetto cagnaccio barcollante. Carico un altro dardo e premo il grilletto. Il quadrello si conficca nella scapola del vecchio animale, che comincia a barcollare ancor di più.
Il mezzelfo lo guarda con odio. La spada si leva in alto, riflettendo la luce del sole morente. Poi cala.
Silenzio. Un silenzio magico, interrotto dopo pochi secondi da un urlo liberatorio di Sirol, che guarda il corpo del suo rivale attraversato da parte a parte, dalla testa al basso ventre, dalla lama della sua spada, ora tinta di rosso vermiglio.
Il ponte si è tramutato in una pozza di sangue dove corpi smembrati e interiora varie giacciono sparsi sulla pietra.
Finalmente Panmorn si rialza barcollante, con una mano stretta sullo sterno. – Cosa diavolo è tutto questo casino? – è la sua prima domanda da redivivo.
- Abbiamo di nuovo salvato la situazione senza il tuo aiuto. Inutile di un mago. – gli risponde il nostro chierico biondo.
Lì vicino il barbaro tira fuori una corda da… non voglio sapere da dove l’ha tirata fuori. Non mi importa. Comunque infila la testa sanguinolenta del cane decapitato nella corda, legandosela poi al collo come una collana.
Facendo attenzione a non scivolare sulla pavimentazione viscida mi avvicino al centro del ponte, dove il mio gruppo si sta radunando di fronte ai tipi che abbiamo incontrato.
Il mezzorco in armatura pare accorgersi solo ora che l’elfo è di nuovo in piedi. Le mani si stringono sul manico dell’ascia, pronta ad essere sollevata, ma lo gnomo sparisce prima in una nuvola di fumo, lasciando il posto a un demone gigante, dalla pelle nera e con la testa racchiusa in un rogo divampante. – Fermati! -Ordina in direzione del barbaro con una voce dannatamente bassa.
Per fortuna il mago non viene di nuovo steso.
- Vorrei ringraziarvi per l’aiuto concessomi. – attacca lo gnomo baldanzoso – Permettetemi di presentarmi. Il mio nome è Bimpnottim Ningel, per gli amici Bimp. Sono un archivista e il mio campo di studi sono le divinità. Vedo che qui c’è anche un chierico, noi potremmo discutere su… Pelor, non è così? –
- Si. – gli risponde il Padre – Ma, adesso, lascia che possa presentare la mia compagnia. Il mio nome è Padre Gavros, chierico di Pelor. I miei compagni sono il valoroso guerriero Sirol Highdrasil, l’apprendista mago Panmorn Arburstiate e… -
- Lui nome strano. – lo interrompe il barbaro. – Me chiama lui Gigi. Gigi facile. –
- No che non va bene! – si rivolta l’elfo scocciato. – Non mi chiamo Gigi. Il mio nome è Panmorn, che ti piaccia o no. –
- Gigi arrabbiato? Me mangia Gigi. –
- Non mangiarlo. – articola con un accento gutturale l’altro mezzorco. – Abbiamo già mangiato oggi. –
- Me non ricorda. Cosa abbiamo mangiato? –
- I bambini di quel villaggio di umani. –
- Me ricorda il villaggio. Ma non erano cinghiali? –
- Mi ricordo che erano bambini. E poi i cinghiali non urlano così tanto. –
- Allora erano bambini. Sono buoni i bambini umani. Gli elfi sono secchi. – conclude il barbaro dimenticandosi completamente dell’elfo che si sta allontanando a piccoli passi.
Incontrerai persone incredibili, là fuori, vedrai! Mi diceva sempre mia mamma. Finora, a quanto pare, ho avuto davvero sfiga.
– Ora presento noi due. – riprende l’altro mezzorco. - Io sono Cruamros Silverkin, monaco dei monti orientali. Il mio amico è Gruntu Thokk, lui è un combattente cresciuto dagli orchi del nostro clan. Io sono quello studiato, invece. –
- Io e Silverkin stesso villaggio da cuccioli. Poi lui partito per tanto tempo. –
A quanto pare tocca a me presentarmi. – Signori, voi potete chiamarmi con il soprannome di cui mi fregio: Shadowfoot. Sono il tuttofare, diciamo, della mia compagnia e, tra le mie mansioni, figura anche quella di tesoriere. Vi chiedo, quindi, di portare a me tutto ciò che troverete di valore, in modo che lo possa custodire. –
Grunt infila una mano nel pettorale della sua armatura borchiata, tirandone fuori un sacchetto incrostato di sangue.
- Me trovato questo tra i denti dopo mangiato pastore. Me non può mangiare monete. Me da te! – dice porgendomi l’oggetto.
- Io e te saremo grandi amici, Gruntu. – gli dico con un sorriso a trentadue denti, da basettone a basettone. Il sacchetto è bello pieno, lo sento a peso e, vediamo quant’è il bottino di oggi… fantastico! Quattordici monete d’oro e venti d’argento. Ora si che la giornata mi sorride.
- Vorrei sapere – aggiunge il chierico – come siete arrivati in questo luogo. –
- Grande luce blu. Poi spuntino sparito e noi qui. – gli risponde il barbaro gesticolando pericolosamente con l’ascia ancora in mano.
- Un teletrasporto. – dice lo gnomo. – è stato un teletrasporto a prelevarmi dal mio studio e trascinarmi qui.-
- Qualcosa di simile è successa a noi. – riprende l’uomo biondo passandosi una mano sul petto, là, dove la lama scarlatta lo aveva tranciato. – Se per voi va bene io vi proporrei una specie di alleanza, almeno finché non capiamo cosa sta succedendo e perché siamo qui…-
Io, di nascosto, scopro un poco la sfera nella mia bisaccia, mostrandola al chierico, ma lui mi fa un cenno d diniego con il capo. Pienamente d’accordo, meno persone ne sanno di questo oggetto, meglio è per noi.
- Quindi noi ora come fratelli come stesso clan? – chiede confuso Gruntu storcendo la testa di lato.
- Si, siamo come fratelli. Ecco, saremo la compagnia dei sette fratelli! – dice esaltato Sirol alzando la lama ancora sporca di sangue di cane al cielo.
E compagnia dei sette fratelli sia… anche se non sentivo tutta questa necessità di dare un nome a questo gruppo maledetto.
Lascio il gruppo a discutere su quale sponda del fiume sia meglio montare il campo per andare a fare il mio lavoro. C’è ancora un cadavere umano da depredare, in fondo.
L’armatura che indossa è scadente, non vale nemmeno la fatica di togliergliela. L’arco lungo non è male… forse Sirol ne voleva uno. Poi magari questa spada corta la lascio al mago… la corda, però, me la tengo io. Invece nello zaino troviamo… un quaderno con qualche indicazione inutile sui boschi intorno al ponte e… un diario. Vabbè, Padre Gavros avrà qualcosa da leggere questa sera.
Oh, già! Certo! Devo riprendermi il mio quadrello. Non vorrei mai andare a comprarmene altri.
Mentre i due orchi si preparano un rifugio con un tronco ammuffito e pregno d’acqua sotto il ponte e lo gnomo è impegnato ad ammirare qualcosa, porgo il diario al Padre. – Dacci una letta. – gli dico.
Non che sia un’analfabeta, ma non mi piace particolarmente leggere, specialmente la vita di quelli che ora sono morti.
Il chierico si schiarisce la voce e comincia a sfogliare le pagine sporche.
- Oggi mi hanno insegnato a cucinare pasta e fagioli, secondo me questo è il futuro della cucina… Oggi ho mangiato per la prima volta la mia pasta e fagioli, non c’è male, ma devo migliorare… Oggi ho scoperto che se metto il sale la pasta con fagioli diventa più buona… Oggi ho sentito che stanno cercando un nuovo guardacaccia per il bosco, potrei candidarmi. Mi farò un piatto di pasta e fagioli e ci penserò su… Ho comprato un cane da caccia, barcolla un po’ ma mi sembra simpatico. Lo chiamerò Ubriaco. Sembra che anche a Ubriaco piaccia la mia pasta e fagioli… Ubriaco sta crescendo bene. Ho fatto domanda al sindaco per diventare guardiacaccia, lui mi ha detto che avrei avuto bisogno di altri quattro cani per poter essere ammesso come candidato… Ho comprato quattro cani della stessa razza di Ubriaco e anche un arco. Ora devo imparare ad usarlo. Comunque oggi i fagioli mi sono venuti un po’ molli, forse dovrei tenerli meno nell’acqua… Oggi mi hanno preso come guardiacaccia, ho organizzato un pranzo per festeggiare la notizia. Credo che hai miei ospiti sia piaciuta la mia pasta e fagioli. Oggi ho finito di esplorare tutto il bosco, ora lo conosco tutto a memoria… Oggi un nano mi ha chiesto ospitalità e io gli ho offerto un piatto di pasta e fagioli e un letto… Oggi mi sono svegliato presto, il nano non c’era più. Mi ha rubato i miei risparmi, lasciandomi un foglio con su scritto: Sono stato qui. P. Ora esco e vado a cercarlo con i cani. Se trovo quel nano di merda lo trafiggo con le mie freccia. – Il Padre prende fiato dalla lettura. – Qui il diario finisce. –
- Dunque il prode avversario che ho sconfitto era Ubriaco. – dice fiero Sirol con le spalle dritte.
Glielo dirò un’altra volta che, detto così, non è un gran vanto. Non che ci possa vantare di aver ucciso un vecchio cane barcollante.
- Quindi… il nostro gnometto potrebbe aver svaligiato quel tipo, prima di venire qui? E non mi ha dato la refurtiva… -
- Non fare cose sconvenienti. – Mi ammonisce Panmorn, che sbianca quando sente l’olezzo di sudore proveniente da Gruntu avvicinarsi a lunghi passi alle sue spalle.
- Tranquillo. Non farò nulla di male… - gli rispondo mentre tiro fuori dalla bisaccia la corda delle emergenze. Quindi mi dirigo verso lo gnomo lasciando l’elfo in compagnia del barbaro.
L’archivista mi guarda circospetto.
Forse non avrei dovuto scoprire la corda così presto… vabbè, io provo a legarlo lo stesso, mal che vada… qualcosa per scolparmi me la invento.
- Perché sei giunto da me? – mi chiede Bimp dall’alto del suo metro e cinque centimetri.
- Volevo… chiederti qualcosa. – Si, mi sembra un’ottima scusa.
- E… la corda? –
Dannazione. – La corda? Ah… questa corda. – dico portandola all’altezza del mio naso. – La sto facendo… respirare? Si, perché avevo paura che ammuffisse con tutta l’umidità che ha raccolto in questi giorni. – Sono fiero di me.
- E… cosa volevi chiedermi? –
- Cosa volevo chiederti? Vedi, ecco… volevo chiederti se… sapessi dove abitava il bifolco che ho ucciso, sai com’è, ora che lui non c’è più avremmo potuto fare scorta di provviste e passare una notte dentro un’abitazione. – Halfling due, gnomo zero.
- In realtà non so dove possa essere casa sua… purtroppo quando ho ripreso i sensi dopo il teletrasporto ho avuto pochi minuti per ambientarmi e studiare la zona, prima che i cani fiutassero il mio odore e cominciassero ad inseguirmi. –
- Quindi non avevi mai visto quell’uomo, prima? –
- No, mai. –
Mi sembra dannatamente sincero… lo terrò d’occhio, ma per ora non lo lego ancora.
Il sole cala velocemente dietro alle piante.
- Ieri sera vi eravate resi conto che il sole sta tramontando a est? Cioè, la mia magia mi ha detto che noi stiamo andando verso nord, quindi quello è l’est. – chiede Panmorn guardando il cielo rosseggiante.
Una stranezza in più non mi scuote, oramai. Il mio cuore è stato trapassato dalla lama di un fantasma di tenebra. Ho già visto tutto.
Mentre i due mezzorchi passano la notte sotto il ponte, protetti dalle intemperie dal tronco marcio che avevano trovato, noi rimaniamo sulla riva da cui siamo giunti, protetti dalle tende dall’umidità della notte che, salendo dal letto del fiume, condensa sul terreno.
Il sole sorge a ovest, facendo risplendere la rugiada sull’erba come diamanti.
Smontiamo il campo velocemente e riprendiamo il sentiero, gettando uno sguardo veloce alla catasta di corpi a lato della strada.
La mattina la passiamo camminando sulla strada, senza svoltare quasi mai, poi, poco prima dell’ora di pranzo, un bivio ci si propone davanti, là dove le strade si dividono sorge un cartello in legno rovinato. Da una parte reca scritto: “NORD. FOREVERWINTER: ARENA DEI COMBATTIMENTI.”. Dall’altra, invece: “SUD. NEVERWINTER: ACCADEMIA DI MAGIA.”.
- Un uomo che abbiamo incontrato ci ha caldamente consigliato di andare a nord. – dice il chierico in direzione dello gnomo e dei mezzorchi.
- Ma se sole scende est, nord è sud? –
Cosa? Gruntu ha detto una frase sensata? Non è irrecuperabile come pensavo. Vabbè, come barbaro le cose fondamentali per la sopravvivenza deve averle apprese, in fondo.
Panmorn chiude gli occhi, mormorando parole dal sapore arcano mentre il mantello che copre la sua armatura leggera svolazza sotto un vento impercettibile.
Il mago riapre le palpebre con il volto corrucciato e la fronte solcata da una profonda ruga.
- Gigi sta male ancora? – chiede il barbaro guardandolo dall’alto verso il basso.
- La mia magia non può rivelarmi quale sia il nord. –
Ed ecco che entrano in gioco le mie doti per salvare la situazione, di nuovo.
- E che problema c’è? Olidammara, la signora della fortuna, è con me! – Dalla mia bisaccia prendo una delle monete d’argento che appartennero al pastore divorato e la lancio in aria, riprendendola al volo con sicurezza. – Se c’è lo stemma dell’impero il nord è nord, se c’è il sigillo del coniatore il sud è il nord. – dico sicuro.
Il mio palmo si apre lentamente e i raggi del caldo sole fanno risplendere lo scudo bipartito, a sinistra campeggia la mano con la moneta d’oro, a destra quella con la spada. Gold et Blood continua a campeggiare sopra la figura.
- Bene, il nord è il nord. – Lascio cadere nuovamente la moneta nel sacchetto sporco di sangue e con un gesto teatrale lascio che i miei compagni meglio armati procedano per primi.

La cittadina che ci attende non è nulla di che. Costruita su un altopiano veramente basso, protetta da una palazzata di legno getta la sua ombra sui campi e sui boschi attorno. Al centro sorge una muraglia in pietra da cui nascono due torri che fanno da guardia al torrione centrale. Alle spalle di questo, in lontananza, si vedono solo lontane montagne innevate.
Superiamo la palizzata senza difficoltà mentre le due guardie ai lati della porta ci accolgono con un largo sorriso.
Le prime case sono basse, sporche, con le pareti in tavole di legno e i tetti ricoperti della paglia che, probabilmente, prima apparteneva a una stalla. Avvicinandosi però al torrione la situazione migliora, i muri cominciano a farsi in muratura, la maggior parte anche coperta di calce, e non sono rari i coppi in argilla sui tetti spioventi.
Tutt’a un tratto la stradina che fino ad ora abbiamo seguito si apre su una piazza incuneata tra le case. Al centro vi è un pozzo con un secchio appeso a una corda appoggiato lì di fianco, dietro a questo una strada decisamente più grossa sale verso il torrione mentre, sulla sinistra, una più piccola serpeggia tra la bottega chiusa di un fabbro, le tende a lato strada di un mercato errante e negozietti di oggetti di prima necessità, passando sotto all’insegna arrugginita ma ancora ben leggibile della locanda a due piani che porta fiera il nome “Da Bob”.
Intorno a noi non si vedono altro che umani, ma non per questo ci guardano con sospetto. E io sono il più normale in compagnia di uno gnomo e due mezzorchi, di cui uno viaggia con un’ascia bipenne perennemente in mano.
- Me sete. – dice Gruntu annusando l’odore nell’aria.
- Adesso ti offro io da bere! – gli rispondo. Non vorrei mai che quell’arma a due lame per sbaglio calasse su di me come sull’elfo.
Rinfoderiamo le armi, per non dare un’impressione troppo negativa di noi, e passiamo sotto l’insegna.
La locanda è un buco pregno di fumo di pipa denso. La stanza in cui entriamo è buia, a una prima stima una quindicina di metri di lunghezza per altrettanti di larghezza.
Sulla destra si allunga il bancone del barista, che ci accoglie con un largo sorriso, ai tavoli chiassosi sono seduti diversi paesani che ammirano le cameriere mentre queste portano in continuazione boccali di birra agli avventori.
Una guardia in armatura è seduta al bancone, a chiacchierare con il barista, altre quattro sono sedute a un tavolo nell’angolo più lontano dalla porta, sulla sinistra, proprio sotto la scala che credo porti al piano superiore.
Mi avvicino al bancone baldanzoso, in quanto custode delle finanze della compagnia, e, salito in piedi su uno sgabello, ordino un giro per tutto il mio gruppo della migliore birra che quella locanda potesse offrire.
- Siete stranieri, non è così? – chiede l’uomo moro di fronte a me – Allora per voi il primo giro lo offre la casa! – urla, sollevando un’ovazione dalla stanza con tanto di brindisi.
Non voglio sembrare il taccagno del gruppo, ma se mi offrono qualcosa, questa ha un sapore sempre migliore.
I sette boccali arrivano di fronte a noi e Gruntu, pronto, ne afferra uno versandoselo in gola d’un fiato. È un mezzorco, infondo, quasi niente può abbattere quell’organismo.
Sto per afferrare il mio, ma una mano mi afferma il polso.
Non so chi sia, ma se si mette tra me e il mio alcol spero non abbia moglie e figli.
Alle mie spalle Padre Gavros mi fa un cenno di diniego con il capo. Il chierico passa quindi una mano sui bicchieri, recitando una breve litania in cui riesco a distinguere uno o due Pelor.
Un bagliore si leva anche dalla mano di Panmorn, così come da quella di Bimp.
Lo gnomo, poi, soddisfatto esclama – Perché mi avete fatto così paura questa birra è ottima… - sta per accostare le labbra al bordo del boccale, quando vede che nessun’altro allunga la propria mano al proprio.
- Forse qualcosa mi è sfuggito. – Aggiunge posando nuovamente il bicchiere.
L’archivista si fa avanti e, ripreso il boccale dal bancone, urla in direzione dell’oste – Non è che ne prenderesti un sorso tu per primo?-
L’uomo, avvicinandosi incerto, gli risponde con il sorriso incerto un “sicuramente”. Poco prima che il contenuto del boccale bagnasse le labbra bianche, la guardia seduta al bancone tira un colpo in testa allo gnomo, facendolo svenire. Veloce come una freccia Sirol estrae la spada, puntandola alla gola dell’oste e intimando alla guardia al bancone di non muoversi.
La punta della lama si fa strada nella pelle dell’uomo, lasciando scendere un rivolo di sangue che, scorrendo piano, va a bagnare la camicia.
La bolgia scoppia in un istante. Avventori e cameriere si rifugiano in fretta e furia al piano superiore, lasciandoci soli con il locandiere e le guardie.
Approfitto dell’attimo di confusione per allontanarmi dal bancone e dare un’occhiata da sotto le scale, non si sa mai se può servire una via di fuga.
Riesco solo a intravedere un lungo corridoio con diverse porte, tutte chiuse.
Intanto, Gruntu, senza sentire nemmeno gli effetti del veleno, prende la testa dell’oste con la mano destra, mentre con la sinistra afferra un boccale.
Capisco troppo tardi le intenzioni del barbaro per poterlo fermare. Il liquido velenoso scorre a forza nella bocca dell’uomo, tenuta aperta dalla stretta poderosa della mano verde. Bastano pochi secondi che il veleno faccia effetto, lasciando il locandiere appeso alla mano come un burattino, che cade a terra non appena il mezzorco perde interesse in lui, per concentrarsi di nuovo sui boccali rimasti pieni.
Sirol guarda con uno sguardo a metà tra la disperazione e l’incredulità il suo ostaggio a terra, senza capacitarsi di quello che è successo.
In realtà non capisco nemmeno io cosa diavolo sia successo… ma, soprattutto, perché è successo.
Intanto il gruppo di guardia si è alzato dal tavolo, muovendosi rapidamente verso l’uscita.
Silverkin prende per primo l’iniziativa, saltando in alto, dandosi lo slancio sul bancone, attaccandosi al lampadario che pendeva dal soffitto e tentando un’acrobazia per bloccare la porta. La mossa non gli riesce, ma, in compenso, al termine della caduta imprigiona sotto di sé una guardia particolarmente sfortunata.
Bimp si riprende dalla botta ricevuta, guardando intensamente una guardia e pronunciando qualche parola. Di nuovo un fumo misterioso porta via con sé la figura dello gnomo, lasciando al posto un demone fumoso dagli occhi di brace e i capelli d’argento. L’uomo rimane pietrificato a quella vista.
Io estraggo la mia spada corta, preparandomi a quel combattimento.
Una delle guardie, la più vicina alla porta, riesce a portarsi fuori, sulla strada che conduce alla piazza.
- Gruntu piscia. – dice il barbaro alle mie spalle.
Aspetta… cosa?
Il mezzorco dopo un grugnito, carica la porta per uscire in tutta fretta, colpendo in pieno petto la guardia appena uscita con una spallata. La schiena del povero uomo in armatura si inarca innaturalmente, rimanendo ripiegata su dalla parte sbagliata mentre l’uomo innaffia il terreno con il sangue pompato da suoi ultimi batti.
Questo deve avergli fatto male…
Gruntu, afferra una mano dell’uomo morto, staccandola con un colpo secco per poi infilarla nella collana dei trofei vicino alla testa del cane. Come aveva detto, poi, comincia a liberarsi dei liquidi in eccesso estraendo nel frattempo l’imponente arma con una tranquillità invidiabile, vista la situazione, e… menomale che la porta si richiude alle sue spalle, non ho intenzione di ammirare quello spettacolo.
Poco lontano, dalla piazza, due guardie hanno assistito alla stessa scena, per poi dileguarsi in men che non si dica.
Una seconda guardia tenta di uscire, ma, superata la soglia, si trova di fronte il petto del barbaro, ancora intento a svuotare la propria vescica. Inutile dire che l’uomo ci va a sbattere contro, cadendo con la schiena sulla terra coperta di sangue e urina.
Sirol si volta quindi in direzione della guardia che aveva colpito lo gnomo, trafiggendogli la gola con la spada e bagnando di sangue vermiglio il bancone.
La guardia rimasta sotto Silverkin riesce, a fatica, a scivolare fuori, ma il monaco le afferra la testa con tutta la forze che la sua razza gli ha donato per poi sbatterla contro il pavimento, ammaccando l’elmo. Il mezzorco, infine, si risiede di nuovo sull’uomo.
Il mago, impietoso, finisce la guardia imprigionata sotto il sedere del monaco con un dardo magico dritto sul volto.
Padre Gavros si riprende dalla concitazione iniziale, estraendo la mazza e avvicinandosi alla porta.
Lo gnomo sempre sotto le spoglie del demone, chiede alla guardia paralizzata dal terrore cosa volessero dalla nostra compagnia, ma questa non riesce a produrre più di qualche bofonchio incomprensibile.
Va bene, ho capito. Lascio il divertimento della lotta agli altri e mi concentro sulle cose che amo fare.
Tiro fuori la corda dalla mia bisaccia e, una volta davanti alla guardia terrorizzata, la lego con calma, tanto non prova nemmeno a imporre resistenza. Dubito riuscirà a slegarsi da questi nodi.
Gruntu pare aver finito, pescando lo stomaco della guardia a terra per rientrare nella locanda e finire i boccali lasciati ai tavoli dagli avventori fuggiti.
Le porte si richiudono, nascondendo alla nostra vista l’uomo steso a terra, che riesce ad alzarsi e scappare, piegato a metà, verso la piazza.
Sirol tenta un ultimo colpo disperato. Preso l’arco, incocca una freccia e la scaglia fuori dalla finestra aperta in direzione dell’uomo. Il dardo vola, conficcandosi nel terreno poco lontano dalla gamba dell’uomo in fuga, che riesce a scampare alla morte.
Non ho il tempo di pensare a una strategia che lo gnomo tornato sé stesso, richiama la mia attenzione. -Chierico, vai a controllare che non arrivi nessuno. – gli ordina – Gruntu, preparati con la tua ascia, quando te lo dirò io, solo quando te lo dirò, dovrai sfondare la parete in fondo, quella dall’altra parte della porta. Noi qui dobbiamo far parlare il signore. Halfling, Shadowcoso, se si rifiuta tagliagli un dito. –
- Sarebbe Shadowfoot. – gli rispondo estraendo la spada corta mentre il mezzorco si muove pesante e barcollante verso la parete indicata.
- Rispondimi! Perché volevate avvelenarci? –
- Io non vi dirò un bel niente! – gli risponde il tipo sputando a terra.
La mia lama lacera la carne e i tendini, portandosi via il pollice sinistro. Un urlo disumano rompe il silenzio.
- Gruntu, vuoi un altro trofeo? – gli urlo lanciandogli il moncherino. Lui lo guarda, poi con mochi movimenti di mandibola lo deglutisce.
Non mi aspettavo proprio questo…
- Ora vuoi parlare? –
- No! Tra poco i miei commilitoni saranno qui! –
Uno non basta? Me ne prendo due. Medio e indice volano con uno zampillo di sangue.
Un altro urlo scaturisce dalla gola dell’uomo, mentre lacrime cristalline gli invadono gli occhi.
Forse dovrei avere pietà di lui… No, hanno tentato di avvelenarci, perché non dovrei farlo soffrire? Così imparano cosa vuol dire mettersi contro Shadowfoot.
- Rispondimi! –
Lo gnomo ha bisogno di trovare un modo per scaricare la rabbia repressa che non siano le persone…
- D’accordo… Dovete sapere che lo spettacolo sta per cominciare. –
- Non mi basta. Taglia! –
Come vuoi… anulare e mignolo raggiungono i fratelli maggiori per terra.
Questa volta l’urlo, più che di dolore, mi sembra disperato.
- Le belle e le bestie cominceranno a danzare! –
- Delle guardie si stanno ammassando qui di fronte, ce ne sono troppe perché possiamo abbatterle! – ci avverte Padre Gavros allontanandosi dalla finestra.
Gruntu emette un misto tra una russata e un grugnito.
Si è addormentato. Ovvio.
- Uccidilo. –
Cosa? – Cosa? –
- Fallo fuori. Non voglio che dica agli altri cosa ci ha detto.-
Va bene…
La lama passa sotto la gola, tagliandola di netto e scalfendo la colonna vertebrale. Un fiotto di sangue gli inzacchera i vestiti.
Raccolgo la corda sporca, e, pulita al meglio, la risistemo nella bisaccia, accanto al Globo delle Profezie Passate.
- Gruntu! – urla lo gnomo svegliando il mezzorco – Sfonda ora quel muro! –
Il barbaro, con gli occhi socchiusi, solleva e lascia ricadere l’ascia pesantemente, facendo esplodere in mille schegge la parete di legno.
Fuori, nel giardino sul retro, tre guardie ci si parano davanti. Due, vicine, pronte a colpirci con il filo della spada, la terza, in disparte, con la corda dell’arco tesa e la freccia incoccata.
Merda. Siamo fottuti.

   
 
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