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Autore: Emmastory    25/04/2016    1 recensioni
La bianca lupa Runa, ora protetta dal suo branco e da un amore che non cesserà mai di esistere, continua il suo viaggio alla ricerca delle sue radici. Ne è completamente all'oscuro, ma gli umani, odiati dal suo intero branco, potranno un giorno rivelarsi la chiave del mistero che tenta di risolvere. Lei ha fiducia in loro, e muovendosi controcorrente, ignora i pregiudizi che circondano tali creature. (Seguito di Luna d'argento: Primordio notturno)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luna d'argento'
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Capitolo XII

A caccia di prove

Il buio raggiungeva il suo culmine, e la luce ritornava a dominare sul villaggio degli umani con l’arrivo del mattino. Sono sveglia e piena di energie, e la paura si annida nel mio animo. Il sogno della scorsa notte continua a tornarmi in mente, e guardando fuori dalla finestra, noto la presenza di un lupo. Chiudendo gli occhi per un singolo attimo, stento a credere a ciò che vedo. Un lupo dal pelo grigio mi fissa dritto negli occhi, e guardandomi, sembra volermi parlare. Incuriosita, esco subito da casa di Saskia, e avvicinandomi a quella bestia, mantengo il silenzio. Nello spazio di un momento, un ricordo. Una sorta di flashback che mi permette di rimembrare una realtà mai dimenticata, e assieme alla stessa, un particolare. Il muso di quella fiera era solcato da una piccola ferita, e il colore del suo pelo, unito all’odore che emanava, la riconobbi quasi subito. “Astral?” la chiamai, dubbiosa e incerta sul da farsi. “Come sai che ero qui? E perché sei venuta?” le chiesi, per poi scivolare nel silenzio in attesa di una sua risposta. “I tuoi amici gufi mi hanno detto tutto, e questo posto è intriso del tuo odore.” Rispose, con la voce rotta dall’emozione. In perfetto e religioso silenzio la guardai fissamente, e raccogliendo le mie forze e il mio coraggio, le posi una domanda di vitale importanza. “Dove sono gli altri?” indagai, sperando che nulla di infausto fosse accaduto ai nostri congiunti. “Non li vedo da giorni.” Continuò, parlando in tono serio e al contempo preoccupato. Subito dopo, la vidi voltarsi, e muovendo un singolo passo verso di lei, la incoraggiai a restare. “Non andartene.” La pregai, avvicinandomi ulteriormente a lei e conservando la speranza di vederla rimanere immobile. “Ti voglio bene, e vorrei, ma non posso. Questo luogo pullula di umani.” Mi disse, con la voce che tremava come i fragili rami di un albero mossi dal vento. “Te l’ho detto! Non sono tutti uguali, fidati e resta.” Continuai, alterandomi senza volere e sentendo gli occhi e la gola bruciare per lo sforzo. Alle mie parole, mia sorella non rispose, e voltandosi, ritornò sui suoi passi. “Mi dispiace. Addio, Runa.” Quella l’unica frase che mi rivolse poco prima di sparire dalla mia vista, e dolorosa l’unica sensazione che provai dopo il suo allontanamento. Ad ogni modo, l’assolato pomeriggio prese il posto del mattino, e quel giorno, le sorprese per me sembravano non aver fine. Il padre di Saskia era rimasto fuori dal paese per tutta la notte, e al suo ritorno, portava in spalla quella che identificai come la carcassa di uno dei miei simili. La stessa Saskia era felice del ritorno del genitore, e pur avendo imparato ad amare la mia famiglia umana, io non potevo certamente esserlo. Ero infatti attonita, e mantenendo la mia immobilità, mi limitavo a fissarli. Una giovane donna mi si avvicinò, e sopraffatta dal dolore e dalla rabbia, ringhiai sonoramente. Per sua pura sfortuna, non ero in vena di carezze, e sapevo bene che nessuno, inclusa la mia grande amica Saskia, sarebbe riuscito ad ammansirmi. Non volevo crederci. Al mio occhio attento e indagatore, nessun particolare passò inosservato, e avvicinandomi a quel corpo ormai privo d’anima e forza vitale, feci la scoperta peggiore al mondo. Di fronte a me non c’era un lupo normale, ma bensì il mio amato Scott. Ancora una volta, mi rifiutavo di accettare la realtà, ma nulla di ciò che vedevo era falso. L’amore della mia vita mi aveva lasciata, non dandomi scelta dissimile dall’iniziare a provare puro odio verso gli umani, creature violente e capaci di indicibili stragi. Riflettendo, compresi che la famiglia di Saskia non aveva colpa, e non avendo la forza necessaria a condannarla, sparii dalla sua vista come nebbia per il resto di quella giornata. Approfittando della solitudine, organizzai la moltitudine di pensieri che aleggiava nella mia mente. Con la nuova alba, e l’aiuto del mio indomito spirito, avrei scoperto la verità. “Perché i lupi stavano morendo? Chi li uccideva? Morivano per scelta umana? Di chi era la colpa?” domande che disturbavano il mio sonno e la mia lucidità, alle quali avrei saputo rispondere solo affidando al mio istinto e andando a caccia di prove.
   
 
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