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Autore: Lala96    25/04/2016    0 recensioni
Lalage, giovanissima promessa della musica classica, a seguito di una serie di eventi dolorosi e di fallimenti professionali si trasferisce dalla capitale francese a Aix en Provence, dove si ritrova a vivere con la bislacca zia materna. Tormentata da dolorosi ricordi ma tenace, troverà ad attenderla persone, ragazzi giovani come lei, che l’aiuteranno a ritrovare l’amore mai scomparso per la musica. E le daranno il coraggio di affacciarsi investigando negli abissi della Storia, alla ricerca dell’amore perduto di sua nonna…
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Hai capito??” “Oh poverina, Lalage mi dispiace tanto! Sai quanto è cocciuto…” “Vado dall’altra parte del paese per lasciarmi indietro il mio passato, non per trascinarmelo nella sua componente più zuccherosa e appiccicaticcia!”. Le tubature gorgogliarono e si udì il rumore di uno sciacquone. “Ma da dove stai chiamando?” “Dai bagni delle donne. Mi ci sono barricata dentro” “Ma allora sei nel nuovo liceo!! Com’è? Conosciuto qualcuno di carino??” “Laety, sono entrata e mi sono chiusa in un gabinetto per sole donne, secondo te come faccio ad aver incontrato ragazzi carini??”. Lalage sospirò. “E visto che Ken mi sta appiccicato, dubito che mi si avvicinerà qualcuno” “Capisco. Hanno la saponetta o il dispenser?” “Eh??” "I bagni” “Hanno il disp…ma che c’entra ora?!?” “L’arredamento di un liceo è sintomo della sua qualità. Così come la presenza di bei ragazzi. Qui da noi non ce n’è nemmeno uno decente…” “Terra chiama Laety, yuhuuu! Possiamo restare sulle priorità? Priorità, Laety” “Non riesci a scollartelo di torno? Magari l’hai seminato e non te ne sei nemmeno accorta! Dai, è impossibile che sia rimasto fuori dal bagno delle donne ad aspettarti!” “ Provo a vedere”. Sgattaiolando fuori dal gabinetto Lalage si avvicinò alla porta d’ingresso dei bagni, girò lentamente la maniglia e ne aprì un minuscolo spiraglio. “Sembra se ne sia andato…” “Oh vedi? Tutto nella tua testa” “Sarà, ma ora dovrò farmi in quattro per non trascinarmelo dietro per il liceo” “Però Lala…come dire…in fondo” “Laety?”  “…in fondo è un po’ colpa tua, ecco” “No, ora spiegami  CHE COSA sarebbe colpa mia” “Tutta questa storia di Ken. Cioè quando ti ho conosciuta era un tuo amico d’infanzia no? E a lui dicevi tutto, ti confidavi. A lui i tuoi problemi li raccontavi ecco”. Lalage notò una sfumatura … come un’accusa, in queste ultime parole. “E allora? Ci conosciamo dall’asilo, cavolo! Eravamo pure vicini di casa!!” “E allora io? Anch’io ero tua amica, no? Ma a me non dicevi mai niente” “Arriva al punto, Laety” “Il punto è che adesso lui è convinto che tu gli sia affezionata nello stesso modo in cui lui è affezionato a te”. Lalage decise che era tempo di chiudere la telefonata. “Scusa Laety arriva qualcuno. Ci riaggiorniamo dopo” “Oh ok, ciao”. Si alzò e si guardò allo specchio.  Tutto a posto. Guardò l’ora sul telefono. Le nove e un quarto. Si era persa sicuramente la prima ora, e ormai anche la seconda era andata. “Devo andare dalla preside” bisbigliò a sé stessa, e preso lo zaino uscì. “Allora va meglio?”. Lalage alzò gli occhi al cielo. “Da quanto sei qui, Ken?” “Non ti vedevo uscire, così sono andata alle macchinette  a prendere qualcosa da mangiare. Biscotto?” “No grazie. Senti Ken, io ora devo andare a parlare alla preside”. Ken sorrideva senza dire niente. Sembrava un Golden Retriever che aspetti che il padrone lo porti fuori per la passeggiata. “Ti accompagno!” “No Ken, è…personale” “Ah capisco. Vuoi che ti aspetti fuori dal suo ufficio?” “Ken, ho bisogno che…tu mi lasci sola per un po’”. Ken sussultò. Lalage ne aveva un po’ pena. Forse Laety aveva ragione: lei era debitrice verso Ken di un po’ di attenzione.

“Lalage non mangia mai con nessuno?” “Com’è magra!” “Non è neanche così carina” “Sta sempre per i fatti suoi. Si crede di essere chissacchi” “Michel della D le ha chiesto di essere la sua fidanzata” “Cosa? Ma non piaceva anche a Colette?” “Infatti. Ha passato tutto il pomeriggio a piangere” “Poverina!” “Comunque è colpa di Lalage. È minuta, pallidina e magrolina e così tutti sono premurosi con lei!”.
Chi crede che la vita di uno studente delle medie sia una passeggiata, provi a sopportare tutto questo. Ogni giorno. Lalage non voleva ferire Colette, né nessun’altra compagna di classe. Aveva molto da fare, per questo aveva sempre la testa fra le nuvole. A casa passava i pomeriggi a suonare. Si esercitava. Riusciva a tenere il passo con gli studi solo perché i suoi genitori avevano spiegato agli insegnanti che Lalage era una professionista, un portento, e quindi era molto impegnata con i concorsi e le competizioni. Che erano massacranti, perché il mondo della musica è come quello della danza: non ammette secondi posti. Per questo le maestre la trattavano con un occhio di riguardo.
“E poi si da tante arie solo perché suona già in Conservatorio!”

Non era vero. Lalage non si dava delle arie. Era dura frequentare due scuole. Era entrata in Conservatorio quando ancora faceva le elementari, ma spesso sua nonna la costringeva a saltare le lezioni e la faceva esercitare in casa, seguendola personalmente. Quelli del conservatorio lasciavano correre. Anche se in canto singolo e corale era appena sufficiente. Anche se si arrabattava ogni anno per un “Ammessa alla classe successiva” al corso di pianoforte complementare. Anche se a volte portava a lezione brani diversi da quelli assegnati. Perché la nonna di Lalage, ai tempi, era stata una leggenda del violino, una dea. Riempiva i teatri ogni sera che dava un concerto. E la nipote aveva un talento naturale straordinario. Le altre bambine però non giocavano con lei. Quando gli serviva una mano per le materie in cui era meno brava-matematica ad esempio- trovavano cento scuse per non andare a casa sua, o in biblioteca.
“Non ci fare caso, sono solo delle ochette invidiose”. Alzava gli occhi, e Ken era lì. I maschi lo chiamavano Mosca per via degli occhiali, ma nonostante tutto trovava il tempo per preoccuparsi di lei. La conosceva dall’asilo, ed era il suo unico amico. La aiutava con Matematica e Scienze, in cui era piuttosto bravo. La veniva a vedere ai concerti. A volte era difficile supportarsi l’un l’altra. “Guardali, i fidanzatini!” “Non è un po’ troppo per te Mosca?” “La Tomba e la Mosca, ma lo sai che tanto non ti rivolge parola?” “Guarda che è muta come una tomba Mosca!” .Ma poi un giorno… “Ciao, posso sedermi qui?”. Era una loro compagna di classe. Quando le altre parlavano male di lei, non si pronunciava. La chiamavano Laety. “Io sono Laetitia, piacere” “Piacere…” mormorò titubante Lalage. “Posso mangiare con voi? Certo che potrebbero evitare di darci la pasta al pomodoro no? Secondo me è tossica, guarda che aspetto ha!”. Aveva mangiato con loro quel giorno. E quello dopo. Tutti i giorni dopo. Lalage aveva un’amica, e si divertivano tantissimo ogni giorno. Laety era decisa e coraggiosa. Si difendevano, a vicenda, tutti e tre; facevano i compiti insieme- Laety era molto brava negli sport ma appena sufficiente nelle altre materie; i giorni festivi uscivano tutt’e tre insieme.

Era bello avere degli amici. “Sapete” disse loro una volta Laety mentre aspettavano la metro “la mia allenatrice, l’ultima volta che sono andata ad atletica, mi ha detto che per me  avere due amici come voi è proprio l’ideale”. Ken sbocconcellava biscotti, mentre Lalage dondolava le gambe a tempo: un due tre, un due tre…”E perché?” “Perché” rispose Laety rubando un biscotto a Ken “ avere un buon amico, ha detto, nella vita, è avere qualcuno con cui correre” “Ma io sono scarsissimo, non faccio nemmeno dieci metri!” protestò poco convinto Ken, guardando con rammarico il biscotto perduto. “No, tu fai sollevamento pesi!” sogghignò Laety guardando di sottecchi le braccia graciline del ragazzino. “Con i tuoi compiti dei corsi di recupero?” “Touchè”. Risero. Tutti e tre insieme. E Lalage sentì che nessun problema, nessuna difficoltà, era insuperabile. Poi…

Poi, tutto il resto. Poi, i problemi del passato. Poi, il trasferimento necessario. Ma Laety aveva ragione-odiava ammetterlo: in ogni caso, era debitrice verso Ken. “Ehi, che faccia lunga! Non ho detto che dopo non possiamo parlare!” si sforzò di dire sorridendo. Ken si illuminò. ”Davvero?” “Sì, davvero. Però ora vai in classe. Mi devi raccontare come sono le lezioni!” “Roger! Allora ciao!” “Ciao!” lo salutò sorridendo Lalage mentre Ken salterellava verso l’aula. “Ciao…” e mentre continuava a salutare, era sempre meno convinta. Smise di agitare la mano. Guardò in fondo al corridoio e tirò un respiro profondo. “Qualcuno con cui correre…” rimuginò a bassa voce, avviandosi con passo misurato verso l’ufficio della preside.
 
   
 
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