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Autore: Margo_Holden    25/04/2016    1 recensioni
Con un passato travagliato alle spalle, mai del tutto superato, Hazel si trascina ogni giorno nel diner in cui lavora come cameriera, cercando di evitare tutti, perfino la vita stessa. Ma il destino è inarrestabile ed imprevedibile.
Così un giorno mentre si reca a lavoro, incontra lui.
Alex è un criminale, con una montagna di cicatrici e tatuaggi che parlano per lui, del suo passato, che come una tempesta lo ha corrotto dentro, fino a divorarlo, a distruggerlo, a cambiarlo.
Queste due anime che sembrano pianeti opposti, finiranno per convergere, nel modo più improbabile possibile.
Ma il loro non sarà amore, perché il cuore di Hazel è infestato dal veleno della vendetta, che l'acceca e la rende sorda. Nel suo personale inferno infatti, torreggia come un re, fra tutti i mostri, Alexander.
Così mentre una guerra tra gang divampa per la grande mela, e mentre Hazel sente su di sè, la costante presenza di due losche figure che sembrano reclamare il proprio sangue, i due riusciranno finalmente a lasciarsi il fantasma del passato alle spalle, per tornare a vivere?
[DA REVISIONARE]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 2




-Amico te lo ripeto una terza volta, perché ti dico…amico…che non ce ne sarà una quarta…quindi, dicci tutto quello che sai o ti infilo questo, su per il culo. Sono stato abbastanza chiaro, amico?!-
L’uomo, che aveva appena parlato, agguantava tra le mani una spranga di ferro, già macchiata dal viscido color rosso della povera vittima che quella sera, si era ritrovato a martoriare.
Vicino a lui, Alexander stava con le braccia conserte e il viso calmo.
Sam, un grande testa di cazzo, un sadico, un pazzo e un perfetto stronzetto dell’alta borghesia americana, ed Alexander, non aveva mai capito cosa ci facesse nel loro gruppo, in un gruppo di spiantati come loro.
Ma era anche quello più bravo nel lavoro di sicario, nel trovare la gente e nel spiarla senza farsi vedere o sentire.
Era oscenamente portato per il male.
C’era una cosa che odiava del collega non che amico, la sua repulsione nei confronti del genere femminile e il suo essere completamente, esasperatamente un melodrammatico di natura.
Ogni volta che doveva uccidere un uomo o una donna, impiegava tutta la teatralità di cui il suo animo più che nero, ne era fornito.
E quindi  minacciava solo per poter vedere la paura emergere dagli occhi delle vittime, poi cominciava a torturarli, per vedere trasformata quella paura in dolore e in sofferenza, poi soddisfatto, li ammazzava. Nei modi più barbari che conosceva magari facendo anche riferimento a qualche libro sui serial killer o su film di impronta horror.
Alexander, Alex, invece, andava dritto al sodo, preferiva farlo con una pistola perché procurava meno dolore e perché non si perdeva tempo.
Non che lui non avesse un anima nera ed oscura, anzi, rispetto al ragazzo che aveva vicino, lui era anche più cinico e se doveva ammazzare un intera famiglia, non si tirava di certo indietro, ma lo faceva con meno sadismo. Quello era tutto. Ma era anche la cosa che più fregava il ragazzo. Perché chi era meno sadico riusciva a ricoprire un posto più alto nella loro organizzazioni di assassini regolarmente  pagati.
-Dal tuo stupido silenzio, deduco che sia un no, e questo vuol dire, che ancora non hai capito con chi hai a che fare. Con che razza di gente hai a che fare. Bene, presto lo capirai perché vedi, gli equivoci non mi piacciono per niente…no, proprio per niente.
E prese a picchiarlo con il bastone non una ma due, tre, quattro, cinque volte.
L’unica cosa che si sentiva in quel garage erano i rumori delle ossa rotte, unite alle grida dell’uomo che stava per morire in una pozza di sangue ed ossa, per mano del ragazzo riccioluto.
Dall’aspetto angelico ma dall’animo di un dannato, di uno che ha venduto per niente l’anima al diavolo. Sam era il diavolo, perché se il diavolo avesse avuto una faccia quella era di Sam, con i suoi ricci biondi e gli occhi neri come le piume di un corvo, cattivi, sadici e pazzi.
Tutto quello sarebbe stato risparmiato se l’uomo, la vittima della serata avesse parlato e li, entrava in azione Alex.
 
Si mosse appena, come un puma, allungò un braccio verso il ragazzo che come scottato si ritrasse e buttò a terra l’arma.
-Sai perché sei qui…George Tone?- l’uomo parlò con calma e freddezza quasi stesse raccontando a qualcuno di quanto bello e interessante fosse il film appena visto.
George, la vittima, si teneva stretto al petto, mentre un osso faceva capolino dalle pelle lacerata che stava buttando giù un fiume di sangue.
Cautamente fece no con la testa, così Alex riprese a parlare.
-Perché sai delle cose che al mio amico e soprattutto a me, interessano.
-Non so niente- piagnucolò l’uomo a terra.
Alex butto fuori un bel po’ d’aria ma non era ancora spazientito, era solo dispiaciuto che la tortura per lui stava per ricominciare.
Guardò Sam e l’amico capendo cosa i suoi occhi gli stessero comunicando, fece un sorrisetto e prese a pestare George.
Cinque colpi ogni qual volta l’uomo non rispondeva o faceva il finto tonto, come poco prima.
-Adesso ti è tornata la memoria George.
Freddo e distaccato. Questo era Alex.
-Guarda che non li reggi altri cinque colpi, tesoro.- a parlare fu Sam che intanto aveva portato la spanna di ferro sulla spalla, quasi stesse aspettando di tirare la palla nel gioco del baseball.
-Avete sbagliato uomo. Vi prego lasciatemi andare, giuro che non dirò niente alla polizia.
Supplichi inutilmente, penso Alex.
Odiava quando le vittime si riducevano a non avere più palle o coraggio. Lui era sempre stato abituato a combattere per l’unica vita che aveva ma anche per ottenere da essa tutto quello che aveva o possedeva, o semplicemente pensava di poter ottenere.
Non era un tipo che si dichiarava vinto anzi, lui non perdeva mai una sfida, figurarsi una guerra.
-Certo che non andari dalla polizia, perché se continui così, l’unica cosa che vedrai sarò io, il mio amico e l’unica cosa che udirai, sarà il rumore delle tue ossa rotte, forse anche del tuo collo. Quindi, prima che mi incazzi, parla porca troia!-
Non era arrabbiato no, per queste cazzate non si arrabbiava mai, lui era solo stanco dell’uomo e della sua omertà.
Sam rise, l’uomo cominciò a piangere e più lui piangeva e più Sam rideva come un pazzo.
Fu quel comportamento dell’amico a portare l’uomo a parlare.
Terrore e paura, non era la violenza che aveva fatto parlare quell’uomo.
Ma la pazzia di Sam. E come dargli torto. Perfino il più perfido dei demoni aveva paura di Sam quando era elettrizzato dal sangue e dalla morte. Lui amava vedere la morte dipinta sulla faccia delle persone ma mai quanto la paura.
 
Come se avesse capito tutto, Alex cominciò con le domande.
-Lavoro li da più di due anni e posso dirvi che Patrick, ha in mente di rovesciare dall’interno una delle organizzazioni criminali, di cui non so il nome.
-Chi è Patrick?
-Il nuovo capo.
-E Jeremy?
-L'hanno fatto fuori.
Poi prese dalla tasca posteriore dei pantaloni una pistola e come soddisfatto da quello che aveva ottenuto, che era poco, ma comunque qualcosa, puntò la pistola nella bocca dell’uomo e fece fuoco.
Il corpo ormai senza vita dell’uomo cadde all’indietro mentre altro sangue si univa a quello causate dalle mazzate.
-Fa sparire il corpo.- ordinò con la stessa compostezza con cui aveva premuto il grilletto poco prima.
Poi mentre si incamminava verso la sua macchina, come ricordandosi di qualcosa, si girò verso l’amico che intanto cospargeva il corpo del tizio con del liquido trasparente che stava facendo alzare un grande nube di fumo bianco e stava corrodendo l’uomo. Acido.
-Dalla prossima volta saremmo in tre, ci hanno affidato un nuovo pivello da lavorare e fortificare, queste sono state le parole di Damon.
Il ragazzo annui e continuò a fare quello che stava facendo.
Alex intanto raggiunse il SUV nero che aveva parcheggiato a 100 metri di distanza dal garage.
Un vento gelido portatore di pioggia,  si stava alzando costringendo l’uomo ad alzare il bavero del cappotto nero che indossava.
Un cappotto di Gucci nuovo di zecca.
Estrasse dalla tasca le chiavi e aprì la macchina con un click. Ci si fiondò dentro un po’ per il freddo e un po’ per la voglia di tornare a casa e farsi una doccia. Poi mangiare ed infine andare a dormire. La ricerca della vittima gli era costata una settimana intera. Era andato più di una volta presso l’ufficio dove l’uomo lavorava e lo aveva spiato da lontano, in verità aveva spiato tutti i movimenti che aveva fatto l’uomo dandosi il cambio di tanto in tanto, con Sam.
Era veramente triste sapere che dei poliziotti fossero d'accordo con i criminali che appartenevano a diversi clan o che comuqnue gli passassero delle informazioni. Se anche la polizia era venduta, di chi ci si poteva fidare allora? Ma senza la loro complicità, senza i loro nomi scritti sui i loro libri paga, non sarebbero mai potuti diventari quelli che erano oggi. Uno dei tanti clan più rispettati di tutta Brooklyn.
Sospirando mise la chiave nel cruscotto e quando stava per accenderla, sentì il suono di un messaggio provenire dal suo cellulare, che gli era costato più di quattrocento dollari.
 
Da: FastHand
Sabato sera festa all’Elephant. Sei dei nostri Ice eyes?
 
Che nel loro gergo voleva dire:
Ha cantato l’uomo, Alexander?
Dovevano usare quei messaggi in codice perché in quel modo non correvano nessun pericolo di essere rintracciati o peggio, scoperti.
 
A:FastHand
Certo, che sono dei vostri!
Ora?
 
Quello invece voleva dire che l’uccellino aveva cantato ma aveva comunque puntualizzato l’ora, perché dovevano incontrarsi e parlare della questione Patrick.
Ripose il cellulare sul sedile vicino al guidatore e accese finalmente il motore.
13 ore di sonno ininterrotto lo attendevano a casa.
 
 
***
 
Andava veloce, lo sapeva bene, ma nonostante tutto, quello sembrava non fermarlo.
Continuava a macinare metri senza rendersene conto, mentre stralci di palazzi o strada grigie o lampioni dalla splendente luce rossa, gli passavano attraverso il finestrino. Lui altrettanto velocemente spingeva il piede sull’acceleratore.
Era una strada deserta, a quell’ora.
Pensò.
In realtà quella era la strada che una giovane ragazza di ventitré anni attraversava per tutta la sua lunghezza quasi ogni mattina, dalla fermata del pullman fino al diner dove lavorava.
Stava correndo, voleva solo tornare a casa, lavare via la stanchezza di una intera settimana e poi dormire per tutta la vita.
Ma dovette frenare a secco la macchina.
Una ragazza era sbucata dal nulla e lui se la stava per ritrovare spiaccicata sul parabrezza della macchina, se il suo lavoro non gli avesse permesso  di vederla in tempo e ucciderla.
La stava studiando perché non le sembrò normale come cosa.
La ragazza non si era nemmeno a corta che stava per morire quella sera, era tranquilla, troppo. La seguì fino a quando non attraversò le strisce per ritrovarsi sull’altra parte del buolevard.
Alzò gli occhi e vide dove nasceva la sua tranquillità.
Uno stupido semaforo che lui non aveva visto per colpa della stanchezza, se non della velocità.
Poi ripartì adottando la stessa andatura di poco prima.
Intanto però ripensava a quella ragazza strana che alle due di notte girava da sola per quelle vie poco illuminate e minacciose, silenziose e sole. Come lei d’altronde.
Poi, come un fulmine colpisce gli oggetti metallici, il suo sguardò si illuminò nel ripensare ai capelli di quella strana ragazza.
Erano capelli colorati.
Ma ci aveva veramente visto bene? Oppure era solo un miraggio dato dall’ora tarda?
Dio no, cavolo se non ci aveva visto bene.
Quella li aveva capelli blu. O forse erano verdi abete?
Ma chi è quella persona che si tinge i capelli con i colori dell’arcobaleno? Si doveva essere estremamente pazzi per fare una cosa del genere!
Finalmente vide il suo “condominio”.
Parcheggiò nel box destinato alle macchine e con tutta fretta salì al piano dove abitava.
Tutto suo. Il piano terzo era tutto dannatissimamente suo.
L’ascensore che faceva da porta di casa si aprì, e lui si precipitò in bagno.
Doveva assolutissimamente recuperare una settimana di sonno.

 


Spazio Autrice
Salve a tutti.
Questa è la prima volta che scrivo lo spazio autrice qui.
Come ho già detto, la storia è stata pubblicata originariemente su Wattpad e infatti lì, sono già arrivata a pubblicare il capitolo 13, però questo non centra assolutamente niente.
Avevo inoltre inserito la storia nella sezione "Storie Originali: Drammatico"  però ho capito, cioè, trovo che la sua categoria sia la sezione "Thriller" quindi ha subito questo cambio di rotta.
Che dire (hai parlato pure troppo) se vi è piaciuto il capitolo, se non vi è piaciuto, insomma ditemi qualcosa, anche solo per dire "la sintassi è sbagliata, la virgola doveva andare lì o di la", ditemi quello che pensate.
Grazie di cuore a tutte quelle persone che si fermerano anche solo per leggere il titolo :)
Alla prossima <£

 
   
 
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