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Autore: aturiel    26/04/2016    1 recensioni
Daenerys Targaryen, nata dalla Tempesta e Madre dei Draghi è una grande donna, forte e determinata.
Ma la sua vita è stata segnata da uomini che l'hanno cambiata, amata, odiata, rispettata, invidiata... e ora, un ultimo uomo segnerà invece il suo futuro.
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Scritta a due mani con idkrugens per il contest "Round Robin: perché due mani in più servono sempre".
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Jorah Mormont, Khal Drogo, Viserys Targaryen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il volo
 
 Daenerys volava.
Mai, in tutta la sua vita e in altre mille, avrebbe immaginato che una sensazione simile potesse esistere. Inconsciamente l’aveva bramata sin dall’istante in cui si erano schiuse le uova, quando per la prima volta aveva toccato i suoi figli. Li aveva visti crescere, fin troppo velocemente, e aveva iniziato a intuire quali fossero le loro potenzialità.
Drogon era sempre stato il primo. Il più maestoso, il più forte, il più fiero, il più pericoloso; esattamente come l’uomo da cui prendeva il nome. Era quello più temuto da tutti.
Daenerys volava e sapeva che non avrebbe mai potuto cavalcare nessun altro.
Inizialmente aveva tenuto gli occhi serrati, aggrappandosi disperatamente alle squame e cercando di contrastare quella forza che la spingeva indietro, mentre Drogon saliva in picchiata.
Poi però li aveva aperti, gli occhi.
C’era il vento che le sferzava il colpo, che trovava riparo solo in parte dietro al collo del drago.
C’era l’enorme ombra cha lasciavano sul verde mare dothraki.
C’era, ovunque, il cielo.
 
Essere il sangue del Drago aveva appena assunto un significato completamente diverso.
 
 
Drogon sapeva dove stava andando. Sordo ai comandi della regina, volava sicuro sopra alle immense praterie, seguendo il richiamo di casa. Casa. La casa di Daenerys era Meereen. Erano Missandei e Daario Naharis, Verme Grigio e ser Barristan, le sue ancelle e i cavalieri di sangue. Hizdar. I liberti che vedevano in lei la loro Mhysa.
Daenerys aveva avuto un figlio vero, una volta. Quando era una bambina che faceva l’amore sotto le stelle, condividendo i respiri con il resto del khalasar.
Daenerys aveva dei figli veri. Tre, per la precisione, e non erano liberti ma mostri. Lei lo sapeva, era come loro.
Non sarebbe più tornata a casa.
 
 
Si fermarono solo al tramonto, in una collina rocciosa in mezzo al mare verde erba. O meglio, si fermarono davanti alla bocca della caverna scavata ai suoi piedi. Drogon aspettò pazientemente che lei si lasciasse scivolare lungo il suo fianco fino a terra, poi entrò. Le stava mostrando la sua casa? Oppure aveva semplicemente perso ogni interesse per lei? Siccome non aveva altre alternative, Dany lo seguì. Scoprì che l’interno era molto più grande di quanto non sembrasse da fuori; era difficile fare una stima delle esatte dimensioni per via dell’oscurità che regnava nella caverna, ma era grande abbastanza da diventare la tana di un drago. Inciampò nelle carcasse degli animali che Drogon aveva divorato, si strappò il tokar contro le rocce, si fece dilaniare dai morsi della fame.
«Drogon?» chiamò, titubante.
Non percepì alcun suono.
«Drogon» ripeté. Stavolta gli occhi del drago si accesero nell’oscurità, fissandosi in quelli di Daenerys Targaryen la Non Bruciata per la prima volta dopo tanto tempo. Rimasero così a lungo, scrutandosi, attaccandosi a vicenda con quegli occhi pieni di rabbia e biasimo e dolore. Sicuramente era tutto nella sua testa, un drago non poteva essere così espressivo. O sì?
Aveva perso il controllo, non era stata in grado di capire la vera natura di un drago, aveva lasciato che scappasse, aveva incatenato i suoi fratelli.
«Hai ucciso quella bambina» gli disse. «Mi hai forzato la mano, per colpa tua ho perso i miei draghi! Perché nessuna regina permette che i figli dei suoi sudditi vengano divorati da mostri. Cos’avrei dovuto fare?»
Drogon la guardava come un cacciatore guarda la sua preda. Una ragazzina indifesa davanti a un mostro. Non mi riconosce? Mi odia? Non mi ritiene degna?
Non puoi essere la Madre dei Draghi senza draghi” aveva detto Daario Naharis. 
Daario che era a Meereen, ostaggio degli yunkai, che non avrebbe più rivisto.
In quel momento Daenerys realizzò di stringere ancora la frusta tra le mani. la scagliò contro Drogon con tutta la forza che aveva e colpì il bersaglio. Drogon emise un suono gutturale, infastidito e carico di rabbia.
«Dracarys» ringhiò lei, colpendolo ancora.
Un altro verso. Un altro colpo di frusta.
L’aveva montato come Aaegon il Conquistatore aveva montato Balerion il Terrore Nero. Daenerys poteva volare.
Risveglierai il drago” diceva sempre suo fratello Viserys.
La frusta saettò una terza volta nell’oscurità. Drogon ringhiò ancora.
Non ne aveva il diritto.
«Dracarys!»
Rhaegar ha combattuto con valore, Rhaegar ha combattuto con nobiltà, Rhaegar è morto” ser Jorah.
«Dracarys!»
Salvata? Dimmi esattamente in che modo mi avresti salvata!”
«DRACARYS!»
Le fiamme illuminarono a giorno la caverna.
 
 
Ci fu un secondo volo e poi un terzo.
Nel cielo Daenerys Targaryen si sentiva completa. Si sentiva viva, fiera e potente come un drago. Nel cielo non esisteva Mereen e nemmeno Westeros, la sua città non era stata assediata e lei non aveva sposato un uomo che non avrebbe mai amato. Nel cielo non esistevano nemmeno un alto e un basso.
Però a un certo punto dovevano toccare terra. Nonostante Drogon sapesse atterrare con una delicatezza sorprendente, per Dany quel momento era sempre troppo brutale: avrebbe voluto restare in volo per sempre, libera di vivere come un drago.
Daenerys Targaryen non era mai stata veramente sola in tutta la sua vita. Anche nei momenti peggiori, come gli anni dell’esilio o la traversata della Desolazione Rossa, aveva sempre avuto accanto qualcuno di cui si fidava. Le piaceva pensare di essere indipendente, in grado di prendere decisioni in autonomia, senza sentire il bisogno delle sagge parole di ser Barristar o ser Jorah. Era la khaleesi, lei.
Adesso però le era rimasto solo Drogon, un figlio che a malapena accettava la sua presenza. Non poteva tornare a Meereen, non poteva volare fino a Westeros come Aegon il Conquistatore, non poteva stare lì. Non sapeva cosa fare e nemmeno a chi chiedere aiuto. Non era regina senza Meereen, non era una khaleesi senza khalasar, non era più nessuno. I giorni passavano e Dany sentiva ogni contatto con la realtà affievolirsi, sbiadire fino a dissolversi nel vento durante uno dei suoi voli. A che scopo tornare a Meereen? Che senso avevano i complotti, le guerre, le malattie, i tradimenti, le profezie, il sangue versato ingiustamente? Il mondo non aveva bisogno di Daenerys Targaryen, era lei ad avere bisogno del mondo. Di qualcuno che le ricordasse chi fosse o che semplicemente la prendesse tra le braccia. Aveva bisogno di sapere che sarebbe andato tutto bene.
Non era abbastanza forte per sopravvivere così, cibandosi di bacche e degli avanzi del drago, parlando al vento e dormendo sulla roccia; avrebbe perso la ragione e dimenticato chi fosse. Sarebbe diventata una creatura del mare dothraki senza passato e senza nome.
 
Capì di essere perduta il quindicesimo o sedicesimo giorno. O forse era già il ventesimo? Ormai tenere il conto era diventato difficile. Capì di avere definitivamente perso il senno quando, mentre si rinfrescava al ruscello, video una bambina con le caviglie immerse nell’acqua.
Per alcuni lunghissimi istanti si limitò a fissarla, chiedendosi se si ricordasse ancora come si facesse a parlare. Provò allora ad aprire la bocca, ma ne uscì solamente un suono rauco e animalesco, molto diverso dalla sua vecchia voce.
Chi sei?, avrebbe voluto chiedere, Dimmi il tuo nome!
Non sembrava una dothraki, i lineamenti si avvicinavano di più alla gente della Baia degli Schiavisti.
«Chi sei?» articolò, con la gola in fiamme.
Per tutta risposta, la bambina si mise a correre.
Daenerys la inseguì senza nemmeno pensarci, correndo in modo scoordinato, disperato, animalesco. Non era più un drago, solo l’ombra di una ragazzina che un tempo era stata regina.
La bambina si inoltrò nella caverna. Scendeva sempre più in profondità, inghiottita dal buio, senza accennare a fermarsi. E Daenerys dietro di lei.
«Parlami» la supplicava. «Dimmi da dove provieni!»
L’altra però pareva non sentirla. Il terreno era ripido e Daenerys scendeva alla cieca, ferendosi i piedi e distruggendo i sandali che ancora indossava. I polmoni minacciavano di esplodere nella sua gabbia toracica, la milza le mandava fitte lancinanti, ma le gambe continuavano a correre. Finalmente la bambina rallentò. Irradiava una luce biancastra, l’unico bagliore nell’oscurità della caverna. Si voltò a fronteggiare Daenerys e iniziò a camminare all’indietro. Gli occhi trasparenti si fissarono in quelli viola della Madre dei Draghi, incatenandola a sé.
Si fermò.
«Chi sono, mia regina?»
Daenerys fece un passo in avanti e precipitò nel vuoto.
 
 
«Riceverai delle visite».
Buio. Una pietra fredda e liscia sotto al corpo.
«Li conosci. Senti la loro mancanza».
Una colonna e frammenti di statue antiche.
«Ascoltali, mia regina».
«Ti prego» rantolò un’ultima volta, «dimmi il tuo nome».
«Mi chiamavano Hazzea».
Hazzea. La bambina che Drogon aveva ucciso.
«Non temere i fantasmi, mia regina».
 
 
Daenerys aspettò. I suoi sensi si adattarono lentamente alla nuova realtà, una dimensione in cui tutto sembrava ovattato. Non provava più alcun dolore.
Si trovava in quello che doveva essere stato un tempio. C’erano sagome di draghi sul pavimento e statue dell’antica Valyria ormai distrutte. Daenerys era a casa. Lo esaminò, quando riuscì di nuovo a camminare, facendo scorrere i polpastrelli su ogni superficie che trovava. Le sue dita danzavano sulle ali dei draghi, seguendone forma e spessore, si perdevano sugli affreschi e indugiavano sui bassorilievi ormai rovinati.
Stava dimenticato Hazzea e la ragione per cui si trovava lì, quando percepì un brivido.
Daenerys seppe di non essere più sola.




 
Note autrici:
Questo capitolo è stato scritto da idkrugens/
madelifje.
   
 
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