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Autore: Shir    01/05/2016    1 recensioni
Fra le tante cose che Dipper Pines aveva progettato per la sua vita non aveva messo in conto l'idea di finire in un istituto psichiatrico. Ma i suoi non sono problemi gravi, solo una perdita di memoria dovuta al trauma di un incidente, o almeno questo pensava finchè strane allucinazioni iniziarono a comparire. Attraverso un viaggio nella sua mente tra situazioni paradossali nel suo Paese delle Meraviglie e ricerche condotte grazie all'aiuto di sua sorella Mabel, una delle poche persone che gli è permesso vedere, Dipper cercherà di scoprire la verità legata all'incidente, fantasia e realtà si scontreranno a discapito della sua sanità. Non gli resta altro che entrare nella tana del Bianconiglio
(accenni di Rick and Morty e Alice Madness Returns)
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Cipher, Dipper Pines, Mabel Pines, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dum. Dum Dum.
 
Il suo cuore batteva ritmicamente ad ogni passo che faceva, ogni falcata sul pavimento bianco che lo faceva avanzare e gli dava una spinta verso il suo obbiettivo mobile che si trovava proprio sulla sua traiettoria, spiccava in mezzo a quelle pareti bianche e quella luce fredda che faceva riflettere tutto, era quasi abbagliante, i suoi occhi facevano fatica a vedere la figura di sua sorella che sfrecciava in quel mare di bianco che li avvolgeva, mentre pazienti e inservienti facevano da ostacoli per la loro corsa sfrenata. Mabel era veloce, agile, scattante, saltava le barelle e schivava i pazienti, sembrava un anguilla che sgusciava continuamente dalle sue mani, irraggiungibile. E Dipper non poteva essere da meno, metteva potenza nelle gambe, ogni scatto in avanti gli sembrava di guadagnare terreno, si appiattiva per passare in mezzo alle persone, scivolava sotto le barelle e spintonava gli inservienti per raggiungerla, doveva raggiungerla, doveva afferrare quel miraggio intangibile che era sua sorella in mezzo a quel bianco abbagliante, la sua risata cristallina echeggiava in quelle mura fredde, mentre tutte le proteste e le urla erano coperte da quello sprizzo di felicità che fuoriusciva da entrambi. Il ragazzo era così concentrato sulla forma della propria gemella che correva verso la fine del corridoio che non si rese conto del muro che si era parato fra lui e lei, non un muro letterale, una presenza che gli impediva di vederla in quel momento, ma era una presenza familiare, molto familiare ai suoi occhi e alla sua anima. Lasciò che il suo corpo sbattesse con quello dell'uomo di fronte a lui, il petto duro lo frenò all'istante, ma riacquistò subito l'equilibrio facendo qualche passo indietro per guardare in volto il suo medico curante, nonché suo familiare. 
《Cosa ti avevo detto a proposito di correre nella struttura?》
La voce profonda e severa di suo zio lo colpì come una martellata nell'orecchio, in un certo senso non si aspettava che gli rivolgesse la parola, pensava che lo sguardo di ammonimento bastasse, ma vedeva che dietro gli occhiali gli occhi si erano addolciti subito dopo, infatti bastò solo un suo sorriso scanzonato  di chi sa che ha sbagliato per addolcire completamente l'espressione dell'anziano.
《Mi spiace zio Ford...》
Disse poi con fare e tono dispiaciuto, anche se non era completamente così in colpa per aver giocato ad acchiapparello con sua sorella in un ospedale psichiatrico nonostante i loro diciassette anni. Stanford si massaggiò il posto del naso spostando di poco gli occhiali prima di rispondere a quel ragazzo dall'aria furba ma allo stesso tempo composta.
《Ci devo credere?》
Chiese allora l'uomo dai capelli grigi mettendo su anche lui un sorrisetto furbo di chi di cose ne aveva viste e vissute, ne sapeva certamente di più di un ragazzo di nemmeno vent'anni, chissà quante volte aveva mentito e si era perfezionato nel tempo, anche se non poteva mai essere bravo ed eccellente come suo fratello, ah lui era un bugiardo nato, probabilmente riusciva a convincere anche se stesso di quello che diceva.
《Il fatto è che Mabel mi era venuta a trovare e... 》
Dipper lasciò la frase a mezz'aria, il resto si capiva benissimo, era ovvio che stando con la propria sorella il ragazzo avesse sviluppato il bisogno fraterno di passare del tempo con lei. Ford sospirò appena, passandosi una mano tra i capelli, da bambini ad adolescenti non vi è un passaggio significante, lui dovrebbe saperlo bene.
《Va bene, va bene. Che ne dici di andare a prendere le tue medicine ora?》 
Se prima il volto del ragazzo si era illuminato di un sorriso, in quel momento sembrò dissolversi appena. Non che gli desse particolarmente fastidio prendere le sue pillole o camminare per i corridoi, quello un po' meno a dire il vero, non gli piaceva vedere chi aveva problemi ben più gravi di lui, ma il problema principale era che avrebbe voluto raggiungere prima sua sorella, probabilmente stava ancora correndo all'impazzata credendo che suo fratello la stesse inseguendo per tutto l'ospedale. Il ragazzo annuì appena, per poi farsi condurre dall'uomo più anziano per i corridoi, rimanendo il più vicino possibile a lui, nonostante fossero tre mesi da quando era arrivato in ospedale, ancora non si era completamente abituato a stare in mezzo ai malati più gravi, per qualche strano motivo aveva paura che qualcuno potesse sfuggire alla custodia degli inservienti e fargli del male, ma dopotutto non era un terrore così infondato. La sua attenzione fu richiamata da Ford che, prima di schiarirsi la gola, aveva iniziato a porgli delle domande per quanto riguardava la sua condizione.
《La tua memoria come va?》
Già, come andava la sua memoria? Da quel che poteva constatare non vi era stato il minimo miglioramento dall'incidente in poi, nulla che fosse ricollegato ad esso o alle tre ore antecedenti, l'unica cosa che ricordava era di essersi svegliato in un letto di ospedale con una ferita all'addome, in seguito gli era stato detto che era stata causata da un pezzo di vetro. 
Una semplice amnesia non era un qualcosa di così grave da dover essere internato in un ospedale psichiatrico, ma grazie alla presenza di suo zio e alcune "attenuanti", come l'esperienza traumatica e il probabile sviluppi di ulteriori problemi una volta recuperata la memoria, aveva un posto assicurato nella struttura, una struttura molto efficiente del resto. Per quello che gli era stato detto l'incendio aveva distrutto l'edificio dove si trovava, ma nient'altro gli era stato detto, i medici avevano particolarmente insistito affinché recuperasse con le proprie capacità e con l'aiuto  delle medicine, in modo da rendere l'esperienza meno traumatica di quanto già non lo fosse. Non gli era consentito nemmeno di vedere nessuno che non fosse interno alla struttura, ma Mabel faceva eccezione, non poteva assolutamente privarsi del tempo passato con la propria gemella, anche se gli mancavano terribilmente lo zio Stan, Wendy e Soos, per non parlare dei suoi genitori, li aveva visti solo quando si era svegliato nel letto di ospedale e poi avevano acconsentito di partire per un esperienza lavorativa all'estero, comunque non avrebbero potuto vederlo, quindi tanto valeva tenere la mente occupata altrove da nuove esperienze, nemmeno Dipper lo riteneva un ragionamento tanto sbagliato. Fatto mente locale con ciò che aveva riportato alla mente, il ragazzo scosse la testa sconfortato, ma poi sentì la mano a sei dita dell'altro pattargli il capo da sopra il cappello, per poi rivolgergli un debole sorriso.
《Non deve essere immediato, prenditi pure il tuo temp-》
La sua voce calma e rassicurante si fermò quasi all'istante nel sentire un imprecazione da lontano, oramai era abituato a sentire pazienti o medici perdere la propria compostezza, chi era abbastanza cosciente nel caso dei pazienti, ma c'era una voce in particolare che si sentiva spesso imprecare, in altrettante occasioni anche ruttare senza ritegno.
 《Ma dannazione, po-possibile che- URP- possible che ogni fottuta volta si de-debba trovare sempre della sborra a terra in questo punto?》
Capitava spesso che vi fossero pazienti con problemi psicofisici, altrettanto spesso che sporcassero o revesciassero mobili e oggetti vari, ma accadeva ancora più spesso che Rick Sanchez, medico inviso alla maggior parte dei suoi colleghi, sfogasse ad alta voce la sua frustrazione. Ford oramai conosceva alla perfezione il soggetto e, al contrario dei suoi colleghi, aveva deciso che era meglio non farselo nemico, un normale rapporto tra colleghi era la soluzione migliore con persone del genere. Aggirò la pozza di... di qualunque cosa fosse quella lì per terra e altrettanto fece Dipper, per poi trovarsi faccia a faccia con l'altro medico e il paziente dietro di lui.
《Come è stato il tuo giro, Rick?》
L'altro sbuffò rumorosamente, era evidente che non era stata per niente una passeggiata.
《Lo stronzetto dro-URP- drogato ha preso delle medicine che non erano le sue e le stava usando per fare chissà quale c-cosa, quella con le crisi su-suicide ha tentato di strozzarsi con l'asciugamano, non chiedermi come. Per- per il resto i soliti p-probl-ER-mi, lamentele e cazzate varie.》
Dopo lo sfogo, che lasciava trapelare la grande umanità dell'uomo, Dipper si rivolse al ragazzo dietro di lui che era stato in silenzio per tutto il tempo.
《Te come va, Morty?》
Morty Smith era un paziente "avvantaggiato", se così si poteva definire, dato che il suo medico curante era un suo parente, il nonno per la precisione. Dipper non sapeva molto del problema psicologico che lo affliggeva, ma si trovava molto bene a passare del tempo con lui dato che non poteva uscire dall'istituto e anche l'altro ragazzo sembrava avere trovato conforto dalla loro amicizia. Da quel poco che sapeva Morty era schizofrenico, non aveva mai visto un sua crisi psicotica, ma aveva sentito alcuni dei suoi deliri. Parlava di viaggi nello spazio e di realtà alternative, diceva che quando un sé stesso di un'altra dimensione moriva si sentiva morto anche lui, la sua mente produceva avventure sempre nuove, ma in ogni suo racconto vi era l'immancabile presenza del nonno. Dipper avrebbe solo voluto che guarisse, così come il ragazzo riccio voleva che lui recuperasse la memoria.
《N-non c'è male, sto p-pre-prendendo le medicine e gli incubi dei miei vi-viaggi stanno sparendo. Tu?》
《Ancora niente.》
Rispose sconsolato aggiustandosi il cappello, ricevendo solo un espressione triste dato che non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che il nonno aveva iniziato a trascinarlo per la manica.
《Fate dopo s-salotto. Ci sono cose più importanti ora.》
Fu la risposta secca dell'anziano mentre trascinava il ragazzo per il braccio, mentre l'altro uomo mise una mano sulla spalla del nipote per esortarlo ad andare. Non furono necessarie parole, iniziò a muoversi nuovamente a fianco dello zio verso la fine del corridoio, dove vi era l'inserviente con il carrello delle medicine, da quel che ricordava era il turno di Robbie di distribuire sul piano, ma non trovarono nessuno vicino al carrello; Ford storse il naso, lo avrebbe rimproverato dopo. Ma lo sguardo di Dipper più che sulla mancanza di Robbie aveva notato la chioma bionda di Pacifica muoversi mentre era probabilmente intenta a cercare le sue medicine. Ford si avvicinò cautamente alla ragazza per poi richiamarla per nome, al ché la ragazza si girò con aria scocciata.
《Dottor Pines, potrebbe cercare lei le mie medicine? Robbie se n'è andato a flirtare con l'infermiera al piano inferiore. Come è che si chiamava? Tammy, Tambry, una cosa del genere.》
Il medico si passò una mano nei capelli grigi sospirando, avrebbe dovuto immaginare l'esatta locazione del giovane inserviente.
《Immaginavo, dammi un attimo.》
Disse prima di mettersi a cercare il barattolo adatto in mezzo alle decine di medicine diverse presenti sul carrello; nel frattempo la ragazza bionda aveva iniziato ad aggiustarsi i capelli con fare teatrale e a poggiarsi contro Dipper, iniziando a parlare con voce drammatica.
《Meno male che siete arrivati voi, non avrei saputo cosa fare altrimenti!》
In nemmeno venti secondi Dipper potè  notare tutti i sintomi principali del disturbo istrionico di personalità, la malattia che affliggeva la ragazza che si era letteralmente spalmata su di lui: gesti teatrali, un modo di fare al limite del drammatico che porta inevitabilmente ad essere al centro dell'attenzione e atteggiamenti sensuali, troppo sensuali, in pubblico.
Per quanto la situazione fosse imbarazzante, Dipper tentò di rimanere il più calmo possibile e di non darle corda, proprio come gli aveva detto Ford. Ma nel momento in cui lo zio gli passò quelle che sembravano le sue pillole, dei cori angelici giunsero alle sue orecchie, la sua via di fuga. Prese il barattolo e delicatamente si spostò da vicino la ragazza, scusandosi con un sorrisetto imbarazzato. 
《Scusate, devo correre, Mabel mi starà certamente aspettando.》
Nemmeno il tempo di finire la frase che già stava correndo verso la fine del corridoio, andando verso l'ascensore così che nel frattempo potesse prendere le sue pillole. Pacifica allungò una mano verso di lui, aprendo la bocca come per dire qualcosa, un qualcosa che forse era importante, ma la mano di Stanford sulla propria spalla la persuase abbastanza da non provarci ulteriormente, prese le medicine che gli aveva dato il medico e tornò nella propria stanza.
L'ascensore lo portò al piano superiore rispetto a dove si trovava prima, su quel piano vi era la sua stanza e molto probabilmente sua sorella lo stava aspettando lì, si mise il barattolo in tasca, dato che aveva preso le solite due pillole, e si incamminò verso la sua camera. Per qualche strana ragione il corridoio era vuoto, lui odiava quando ciò accadeva.
Soprattutto quando passava vicino la camera blindata.
Quella stanza gli metteva i brividi, soprattutto per le storie che aveva sentito dagli inservienti; qualcuno diceva che avesse ucciso la sua intera famiglia, alcuni che aveva fatto stragi di innocenti. Non vi era una versione unica, ma tutti concordavano che gli era stata concessa l'infermità mentale per il rotto della cuffia. Una profonda sensazione di ribrezzo gli faceva accapponare la pelle mentre era lì, fermo, a contemplare la porta con lo sportellino per la visiera semi aperto, sembrava che una belva potesse sfondare la porta da un momento all'altro, e in effetti accadde quasi una cosa del genere. Lo sportellino si aprì completamente di scatto, rivelando due occhi ambrati, sembravano quelli di un gatto nero nella notte, anzi, forse più simili ad un serpente dato che la pupilla era strettissima, quasi innaturale, che fosse in realtà un'allucinazione? Chi può dirlo, fatto sta che lo spavento generato da quel gesto fece correre un brivido lungo tutta la spina dorsale, dandogli la spinta e la forza necessaria per correre il più velocemente possibile verso la fine del corridoio, per poi trovarsi la strada sbarrata da una presenza familiare.
Sua sorella stava con le braccia incrociate, appoggiata contro il muro e con un espressione di disappunto, mentre il fratello, ancora terrorizzato, si fermò per riprendere fiato, non si sarebbe più fermato per quella parte del corridoio, poco ma sicuro.
《Come mai mi hai fatto correre come una cretina per mezza struttura inutilmente? E come mai ora stavi correndo?》
Come c'era da aspettarsi da un tipo dinamico come Mabel, non diede a Dipper nemmeno il tempo di riprendersi dalla corsa e dallo spavento, quindi, ancora con il fiatone, il ragazzo moro provò a rispondere alla sorella.
《Zio Stanford doveva darmi le medicine e..》
Per qualche strano motivo aveva una certa vergogna nel dirle che si era spaventato nell'osservare la camera blindata, era vero che vi era un pericoloso sociopatico all'interno, ma era pur sempre chiuso a chiave.
《Ti ha spaventato ancora la camera blindata?》
Chiese lei con un dolce e comprensivo sorriso sul suo volto mentre Dipper annuiva timidamente. Non c'era niente da fare, Mabel era l'unica persona capace di comprenderlo pienamente. Il loro era un legame indissolubile, una forte connessione, si poteva definire quasi telepatia, a loro piaceva definirla "dote dei gemelli" e probabilmente era così, quella strana connessione ce l'avevano anche i loro prozii, anche se Stan e Ford avevano perso quell'immediato tocco magico con il tempo.
Dipper era così confortato da quel momento tra di loro che quasi non si accorse di come sua sorella gli aveva preso il cappello, saltellando all'indietro come una scimmietta dispettosa, per poi riprendere quella corsa sfrenata nel lungo corridoio. 
Ripresosi dallo shock iniziale anche Dipper iniziò a correre verso di lei mettendo quanta più potenza poteva nelle gambe, in modo da fare slanci più lunghi ma diminuendo il tempo tra un appoggio e un altro. Come al solito la luce fredda che rimbalzava sulle piastrelle bianche era quasi accecante, come un fascio di luce che avvolgeva ogni cosa. Stavolta non vi erano ostacoli, era un rettilineo libero da persone o barelle, non vi erano più scusanti per lui; con uno scatto veloce allungò la man verso la ragazza mora, ma proprio in quel momento la luce si era fatta troppo forte, tanto da dover chiudere gli occhi.
 
Nel momento in cui li riaprì, però, notò che vi era un qualcosa che non andava, un qualcosa che probabilmente sfidava tutte le leggi fisiche esistenti e non, un evento fuori dal mondo che non aveva alcuna spiegazione logica e razionale. Sentì un terrore crescente fargli rizzare i peli sulla cute mentre si osservava attorno; le piastrelle bianche furono sostituite da un rigoglioso prato verde, si potevano notare le gocce di rugiada scivolare sui fili d'erba come perle sulla morbida seta, le lunghe pareti bianche furono come abbattute, ora vi era solo uno spazio sconfinato ma non si limitava solo al prato verde, vi erano anche altri elementi naturali come rocce, un corso d'acqua e dei fiori. Qualunque cosa fosse successa in quel momento Dipper la ricollegò alle medicine che aveva preso, forse suo zio aveva sbagliato a dargli le pillole, magari aveva cambiato le medicine ma non avevano sortito l'effetto sperato; qualunque cosa fosse doveva aspettare di svegliarsi da quell'allucinazione, un'allucinazione così reale da fargli sentire la fresca brezza dell'aria aperta, l'odore di fresco e di primavera che gli pervadeva le narici e lasciava un senso di calma interiore, insieme all'intenso frusciare delle foglie e degli uccelli che cinguettavano in lontananza, sembrava di essere in una versione romanzata e principesca del Central Park di New York. Ma nonostante la calma iniziale data dall'ambiente un profondo senso di sconforto si fece nuovamente strada nella sua mente, facendo nascere nella sua testa gli scenari più terribili e spaventosi, come se a quella situazione non vi fosse rimedio o se portasse a conseguenze ancora più negative.
《Hey ragazzo, rilassati! Non sta mica finendo il mondo.》
Proprio mentre pensava che le sorprese stavano finendo lì una voce particolarmente acuta e fastidiosa, ma per qualche ragione familiare, giunse alle sue orecchie facendolo sobbalzare, alzando il suo livello di allerta. Chi poteva mai essere in un posto del genere, circodato dalla più pura natura lussoreggiante? Ma nello specifico, sempre entrando nell'ottica della razionalità, chi c'era nella sua mente?
《Chi va là?》
Chiese il ragazzo con timore crescente mentre si guardava freneticamente attorno, ma non ebbe nessuna risposta. L'individuo, l'essere, qualunque cosa lo avesse chiamato, non si era degnato nemmeno di palesarsi davanti ai suoi occhi. Dipper avanzò con cautela, lui faceva tutto con cautela, era un tipo organizzato a cui piaceva calcolare ogni singola cosa, ma quell'evento fuori programma lo aveva totalmente sconvolto, come si poteva gestire una situazione del genere quando non si capiva nemmeno la causa di tutto ciò? La voce gli parlò nuovamente, ma questa volta la figura gli passò velocemente davanti, come per indicargli una via.
《Seguimi.》
Aveva sussurrato con fare misterioso la voce, c'era un qualcosa di mellifluo nel suo tono, ma anche una forte carica di personalità, tanto da convincere anche una persona come Dipper che guarda tutto con occhio torvo. Il ragazzo avanzò di qualche passo, dritto fino a quella che sembrava essere una fitta foresta formata da alberi compatti e altissimi, ma che poi alla fine si rivelò solo un sottile muro di querce che portavano ad un corso d'acqua riconducibile ad una cascata molto più in là. Il moro non aveva mai visto un luogo simile nemmeno nei film o descritto nei libri, sembrava così armonioso da essere fatto di pura magia; la cascata sembrava sottile come un filo di velluto mentre il corso d'acqua era talmente trasparente da far intravedere delle rocce color turchese, mentre l'acqua sembrava avere un leggero colorito lilla. Se era un'allucinazione, cosa molto probabile, allora suo zio gli aveva dato della roba davvero forte, nemmeno nei suoi sogni più remoti avrebbe immaginato di vedere una cosa del genere. 
《Hey ragazzo!》
Dipper sgranò gli occhi per la sorpresa, non si aspettava che la voce lo richiamasse proprio nel momento in cui stava ammirando la splendida e fiabesca realtà attorno a sé. Nel momento in cui si girò si aspettava di trovare di nuovo solo l'ombra della figura che lo aveva guidato fino a quel punto, ma la creatura era così sproporzionata e raccapricciante che urlò spaventato, cadendo all'indietro e indietreggiando freneticamente in preda al panico. Lo strano individuo aveva la forma di un gatto giallo ocra ma la testa era molto più grande e sproporzionata rispetto al corpo, mentre un enorme sorriso campeggiava nella parte inferiore del muso, mentre in quella superiore vi era un solo ed enorme occhio giallo con una pupilla sottile come uno spillo. La cosa meno strana era che avesse le zampe anteriori e la coda neri, mentre all'estremità di quest'ultima vi era una mano; il suo petto era completamente bianco, l'unico colore scuro era dato da un papillon nero sotto il collo, completato da un lungo cappello a cilindro che fluttuava sulla testa. Dipper riprese fiato e guardò con incredulità lo strano essere, quell'unico occhio era orripilante, il suo sorriso era inquietante e la sua presenza, la sua esistenza, un enorme sbaglio; iniziò nuovamente a guardarlo, stavolta con curiosità e con aria indagatoria, lo stava studiando nei minimi particolari, sia nelle sue fattezze da felino più naturali che quelle più impossibili, ma ancora non riusciva a guardare fisso quell'enorme occhio da rettile.
《Sai che non è educato fissare gli altri, Dipper?》
Disse il gatto con voce melliflua mentre si muoveva sinuosamente attorno al ragazzo ancora seduto per terra da quando era caduto. Riscossosi dai suoi pensieri grazie alle parole dello Stregatto, aveva deciso di soprannominarlo così dato che gli ricordava quello del libro, si alzò di scatto all'inpiedi aggiustandosi i vestiti, scompigliati dalla caduta e inumiditi dalla rugiada sull'erba, mentre ancora registrava e si capacitava di ciò  che quella sottospecie di gatto, che tra l'altro essendo un animale non avrebbe dovuto parlare, non solo gli aveva detto che era stato maleducato ma lo aveva anche chiamato per nome. Ormai il ragazzo non aveva più tempo né modo per rimanere shoccato, la situazione era talmente fuori dal comune che non sapeva più cosa era stranezza e cosa era normalità; e francamente non voleva nemmmeno sapere se vi erano differenze.
《Come sai il mio nome?》
Chiese il ragazzo con leggera apprensione, se pure era in parte cosciente che quella era un allucinazione o un illusione, comunque quell'individuo in teoria era un estraneo, nonostante la voce vagamente familiare non ricordava di aver mai incontrato un obbrobrio del genere. Il suddetto obbrobrio si avvicinò ulteriormente, per poi fare uno scatto finale e il suo grande occhio si trovò a pochi centimetri da quelli dell'altro, senza sbattere nemmeno un attimo la grande palpebra. La tensione di Dipper saliva fino a fargli contorcere le interiora; la voce minacciosa e cupa del gatto gli rimbombava nelle orecchie.
《So molte cose. Molte.》
Il suo sussurro sembrava quasi un sibilio e come si era avvicinato si allontanò, iniziando a fluttuare attorno al ragazzo che lentamente stava cercando di assimilare quanto più dettagli appartenenti al paranormale possibili.
《Benvenuto nel tuo esclusivo e personale Paese delle meraviglie!》
Era vero che non vi era significato a quello che stava succedendo e che prima aveva trovato un'assonanza fra quell'essere e lo Stregatto del libro, ma che addirittura avesse trovato inconsciamente, dato che era sicuro che quello fosse frutto del suo subconscio, una connessione così forte con il libro di Lewis Carroll, la cosa era inquietante e non poco dato che si basava sui racconti di una persona psicotica. Che fosse impazzito anche lui?
《Hey ragazzo, qua dentro non sei ne il primo ne l'ultimo con problemi di questo tipo. Almeno tu ne sei cosciente.》
Ci pensò lo Stregatto a esemplificare e spiegare i suoi dubbi e le sue preoccupazioni, allora era vero che stando in mezzo ai pazzi si diventava pazzo oppure era stato causato dall'incidente? Ma cosa più importante avrebbe dovuto parlarne con suo zio? Avrebbe dovuto rischiare di essere sottoposto ad un trattamento più serio? Oppure dato che era cosciente poteva evitare tutto ciò?
《Dato che ti vedo confuso, se non capisci la tua presenza qui è praticamente inutile, spiegherò io, Dipper. Altrimenti come farò a divertirmi anche io?!》
Disse nuovamente la creatura fluttuante sopra e attorno a lui, concludendo quella frase che non presagiva nulla di buono con una risata divertita.
《La tua mente cerca di riportare alla luce dei ricordi ma senza alcun successo. Questo è solo un meccanismo affinché sia tu in prima persona a cercare la verità, i vari frammenti sono sparsi in giro così come-》
Lo Stregatto si fermò subito dopo, il suo ghigno si allargò tanto da arrivare fino alle orecchie, assumendo un aspetto più che inquietante.
《Direi che ho parlato anche troppo, lascio il resto a te.》
No, no no no no. Non poteva lasciarlo così, non poteva dirgli metà di quello che c'era da sapere e poi andarsene, non poteva, non doveva, lui aveva il bisogno vitale di sapere, doveva capire cosa gli stesse succedendo in quel momento. Quell'enorme occhio continuava a fissarlo divertito, come se si stesse prendendo gioco di lui e quel sorriso, quel sorriso che voleva dire tutto e voleva dire niente, la sua espressione indecifrabile che scomparì come il resto del corpo, rimanendo solo il sorriso e l'occhio e poi nemmeno quelli, lasciando il povero ragazzo da solo con i propri pensieri e le proprie incertezze.
Frammenti di memoria, era così che li aveva chiamati. Avrebbe dovuto cercare letteralmente nella sua mente per trovare la verità dietro ciò che lo affliggeva? E poi cosa voleva dire subito dopo? Perchè si era fermato prima? Quell'essere gli nascondeva definitivamente qualcosa, ma cosa poteva mai rappresentare quella mostruosità nella sua mente? Non aveva una risposta per nessuno di questi quesiti, ma era sicuro che scavando e fronteggiando se stesso, il suo più grave ostacolo, sarebbe certamente riuscito a risalire dalla Tana del Bianconiglio.
 
(( oooook, dovrei tipo continuare altre storie in altri fandom,ma questa idea mi ronzava in testa già da giorni e non ho potuto resistere, dovevo scrivere questa storia. Purtroppo ancora non riesco a fare un lavoro decente con le descrizioni, ma imparerò, vedrete! Non è che abbia molto da dire in questo primo capitolo, qindi spero che vi sia piaciuto e che resyerete per leggere il prossimo.
Al Prossimo capitolo!
Shir
p.s si ringrazia Will per la correzione! <3 ))
  
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