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Autore: Lilith_Luna    01/05/2016    1 recensioni
In una buffa cittadina della Groenlandia di nome Lullybrokh i pochi abitanti della zona vivono una vita tranquilla e felice. Non esistono il silenzio, la tristezza e l’apatia. Tutti hanno un compito ben preciso sin dalla nascita e nessuno osa porsi alcuna domanda. Dal cielo, un’instancabile melodia discende giorno e notte sul paesaggio, dono degli Déi, allietando lo svolgimento della routine giornaliera. Al mattino, la melodia è calda e allegra. Dopo il tramonto, invece, l’armonia diventa più simile a una ninna nanna. Un giorno d’inverno, però, giungerà in città un misterioso bambino che porterà il chaos nelle loro vite perfette.
*Racconto creato per un contest partendo da una trama di Frey-B*
Genere: Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente quei deliziosi villaggi in ceramica che vendono durante le feste natalizie? Ora, immaginate il più bello che abbiate mai visto. Ecco. Lullybrokh è ancora più bello.
Incastonato come un gioiello in una corona d’oro bianco, Lullybrokh è situata in una piccola insenatura sulla costa; abbracciata da un lato dalle montagne innevate e dall’altro dallo splendore del mare punteggiato di iceberg. Una mezzaluna dalla bellezza glaciale. Una cittadina ridente dai colori sgargianti, ogni casa un colore e una forma diversi.
  A vederla da lontano penseresti “E’ perfetta”, ma aspetta, diamo un’occhiata più da vicino a questo paese per capire meglio cos’ha di speciale. Osservate, laggiù tra quelle montagne: il sole sta sorgendo. Un’aura dorata discende i monti portando con sé il soffio degli déi su cui danza la melodia del dolce risveglio. Note musicali si stiracchiano durante la corsa giù per il monte Sol, alcune ancora sbadigliano, quelle più paffute rischiano un capitombolo e una purtroppo inciampa davvero e giunge a valle come una palla di neve, schiantandosi contro una delle porte di legno dipinto della cittadina, svegliando la famiglia che dorme beata nei loro letti caldi. Le altre scelgono metodi più consoni al loro esistere leggiadro e musicale: scendono per i camini, si fanno piccole per passare nelle serrature oppure sottili sottili per sgusciare sotto le porte e andare a destare i loro protetti.
                                                                                                                  
  Felice mattino! Svegliatevi e danzate!
 
  E così fanno i cittadini di Lullybrokh tra un sorriso e una fetta di pane tostato, tra un abbraccio e una salsiccia per colazione. I bambini sono sempre felici di andare a scuola, nelle loro divise rosso ciliegia e i cappelli in tinta, perché è bene indossarli se non si vuole rischiare il mal di orecchi. C’è una routine a cui tutti sono abituati, e per niente annoiati, proprio come in quei villaggi di ceramica in cui ogni statuina si sposta sui piccoli binari. Il Fornaio e sua moglie, svegli da prima del sorgere del sole grazie alle note più veloci del cielo, infornano e sfornano una dietro l’altra forme di pane e focacce, pizze e pasticcini, torte e grissini. Il Fabbro batte sull’incudine di buona lena al ritmo scandito dalle note più potenti e muscolose. Il Pastore lucida le corna del suo gregge di renne fischiettando, mentre le sue note scivolano sui manti castani, lisciandoli. Lo Scultore si affretta ad andare a recuperare altri blocchi di ghiaccio dai Tagliatori, perché la creatività proprio non può aspettare!
  Quando le note dorate delle campane che battono l’ora di pranzo volteggiano di strada in strada, i cittadini tornano alle loro case per consumare il loro piccolo pasto prima del riposino, efficace per recuperare le forze spese durante la mattina di lavoro intenso.
 
  Buon pomeriggio! Alzatevi e danzate!

  E via che si riprende con le proprie mansioni, tranne i bambini, per loro è il tempo di giocare. Giù con gli slittini per le strade che i Pulitori non hanno ancora sgombrato, gare di corsa con le gambine che a volte sprofondano nella neve fino alle ginocchia; qualche volta capita che le note che li tengono d’occhio se li perdano nel bianco e allora agitate trillano come campanelle.
  Arriva l’ora dei vespri, le note di bronzo delle campane suonano l’ora di compieta e le famiglie finalmente si riuniscono per la cena e per passare tranquillamente la serata seduti accanto al fuoco, aspettando la Ninna Nanna delle note d’argento della luna.
 
  Buona notte! Dormite e sognate!
 
 Oh, vedo la meraviglia nei vostri occhi dopo aver assistito ad una giornata di Lullybrokh e qualcuno di voi ho sentito esclamare “Diavolo se è perfetta!”
  Ebbene, pensate ancora una volta a quei piccoli villaggi felici di ceramica, lo state facendo? Sì, vi vedo ancora sorridere ad occhi chiusi. Ora, pensate a cosa potrebbe accadere a quei villaggi se si inceppasse un circuito, saltasse la corrente o esplodesse una lampadina. Lo so, lo so, non è per niente carino. Eppure è proprio ciò che è successo a Lullybrokh all’arrivo di un bambino. Il ditino di un bambino soltanto è riuscito a spegnere l’interruttore del villaggio, ma cosa dico, peggio!, è riuscito a farlo andare in corto circuito.
   Prima del suo arrivo la cittadina non conosceva sentimenti di odio, rabbia o tristezza, e neppure aveva parole per descriverli. L’unico dolore che aveva provato era quello di un dito pestato col martello, un ginocchio sbucciato giocando, o il dolore di un parto, tutti piccoli o grandi dolori che passavano in fretta col bacio musicale di un La o di un Fa.
   Arrivò un giorno questo bambino dell’età di dieci anni, nessuno sapeva da dove venisse e lui si rifiutava di parlare, squadrando tutti dall’alto in basso nonostante fosse piuttosto piccolo d’altezza. Ciò che sorprendeva di più i gioiosi cittadini, era che quel bambino sembrava sputato fuori dalla fuliggine del camino: capelli neri, occhi neri, labbra violacee e vestiti completamente neri; a differenza di tutti loro che erano biondi con gli occhi azzurri e vestivano dei colori delle loro casette. Persino le note musicali faticavano a svolazzargli vicino, perché lui cercava di afferrarle e gli déi solo sapevano cosa avrebbe fatto loro se le avesse acchiappate!
  Ma come potevano lasciare che quel bambino si congelasse in mezzo alla neve? La famiglia della Casa Azzurra si offrì di ospitarlo, poiché era la casa in cui vivevano i Medici del villaggio, e che purtroppo non aveva avuto figli, forse per volere degli déi, perché si occupassero di tutti i bambini di Lullybrokh.
  La prima cosa che notarono di lui, all’indomani del suo arrivo, fu che non cantava. Avete capito bene, lui non cantava!
  Tra le note del cielo, una soltanto osò andare a svegliarlo, dopotutto, era un Re. Il bambino aprì gli occhi di onice e con una cuscinata schiacciò la nota contro il muro, spezzandola. Oh, il dolore che aveva dovuto provare quella nota coraggiosa possiamo solo immaginarlo. Il bambino aveva capito quanto fossero importanti per i cittadini quelle note e non voleva essere cacciato, non finchè non avesse trovato un modo per tornare a casa sua. Nel frattempo, avrebbe pur dovuto mangiare e dormire da qualche parte. Perciò raccolse i pezzi della nota e li nascose sotto il materasso, leccandosi via il sangue dalle dita.
  Quella, purtroppo, fu la fine di molte altre note. Il bambino ormai aveva preso gusto nell’uccidere la Musica e nel sentire quell’orribile schiocco che facevano quando si spezzavano, povere creature. Con il legno che rubò all’Intagliatore e l’elastico che sfilò di tasca alla Sarta, si costruì una fionda micidiale. Nel pomeriggio, dopo la scuola – che tortura per lui stare in mezzo a bambini tanto allegri e volenterosi di imparare – andava nel retrobottega dello Scultore e raccoglieva pezzi di ghiaccio che tante meravigliose statue avevano abbandonato, per amore dell’arte. Li teneva tutti in una borsetta dalla quale non si separava mai e dalla quale, quando nessuno lo guardava, tirava fuori un cubetto di ghiaccio, lo posizionava sull’elastico, prendeva la mira e STACK, un’altra nota musicale andava in pezzi, che lui raccoglieva e conservava in una tasca laterale della borsetta, in attesa di tornare a casa e metterla con le altre sotto al materasso. Le svariate macchie di sangue che gli impregnavano i vestiti scuri non si notavano. Quando uccideva le note all'aperto stava sempre attento a ricoprire di neve fresca le pozze di sangue e in camera sua, dove si divertiva a farle a pezzi più piccoli, o a pestarle e schiacciarle contro il muro, teneva sempre un secchio e uno straccio con cui pulire. Qualche volta gli piaceva sentirne il sapore sulle labbra livide, un sapore dolceamaro di cui era diventato dipendente.


  Col passare del tempo la sete musicida del bambino divenne più forte, portandolo a compiere gesti estremi, come colpire le note vicino alle persone. Voleva vedere che effetto facevano.
  Un giorno prese di mira un compagno di scuola che stava giocando a far rimbalzare sassi con un bastone. Tirò fuori la fionda, mirò ad una nota rossa che gli svolazzava vicino alla testa e la spezzò. In un attimo il bambino barcollò, stordito e colpì un compagno alle gambe con tanta violenza da spezzargliene quasi una. Le note musicali attorno a loro stridettero, inorridite.
  Fece molti tentativi simili, creando il chaos a scuola, causando dolore, un dolore nuovo che prima gli abitanti di Lullybrokh non conoscevano. Le famiglie dei bambini offesi iniziarono ad accusarsi a vicenda, a lanciarsi male parole gli uni con gli altri, parole dapprima sconosciute che col tempo acquistarono significato. Ad oggi viene ancora da chiedersi: siccome non conoscevano determinate parole, non potevano provare certi sentimenti, o non li provavano perché non avevano le parole?
  Il bambino diveniva via via più cattivo, non si accontentava più di qualche livido, lui voleva il Chaos vero e proprio, voleva fare del male, godeva nel fare del male e nel vedere che le mani insanguinate non erano le sue ma quelle degli altri. Si sentiva come un dio, un burattinaio di appena dieci anni che comandava i fili di un intero villaggio di marionette colorate.
  Le note musicali, ormai decimate, arrancavano giù per il monte di Sol tremanti per la paura. Gli abitanti, confusi, arrabbiati, nervosi, proseguivano con le loro mansioni sperando in una nevicata di musica che potesse riequilibrare le loro vite disastrate. Il bambino, stanco di Lullybrokh, aveva finalmente capito come poter tornare a casa sua, era solo questione di tempo ormai. La sua ultima azione sarebbe stata la più devastante e la più divertente, per lui.
  Arrivò il giorno in cui dal monte Sol non discese nemmeno una nota. Il silenzio in città era assordante, gli abitanti si svegliarono solo quando il sole inondò i loro visi stanchi poggiati sui cuscini intrisi di lacrime. Soffrivano, soffrivano sopra ogni dire. Solo uno di loro andava in giro per il paese saltellando, godendosi finalmente il Silenzio. Questo diede la forza ad alcuni di loro di andare da lui, ebbri di odio e di rabbia, per cacciarlo da casa loro, una casa che a lui non era mai appartenuta. Non avevano prove per accusarlo che la decadenza della città fosse dovuta a lui, ma ormai non v’era dubbio che quel bambino fosse il Diavolo in terra e che finchè fosse rimasto, la Musica non sarebbe mai tornata.
  Il bambino, con le guance arrossate per l’intensità dell’odio che provava per quel posto, fece una promessa a tutti quanti. Promise che quella notte avrebbe lasciato Lullybrokh. E così fece.
  Tornò a casa, pieno di rabbia, ribaltò il letto, aprì l’armadio e i cassetti e ne tirò fuori tutti i pezzi di note che aveva spezzato, dilaniato, sventrato, soffocato, ucciso. Iniziò a cucirle insieme come una sciarpa di origami, i colori mischiati, pezzi capovolti, piegati. Cucì dalla mattina fino dopo cena, si fece sanguinare le mani a forza di tirare fili e di pungersi le dita. L’unico colore addosso a lui che non fosse il puro, profondo nero.
  Finì il suo interminabile lavoro che la luna era alta nel cielo, era il momento perfetto per tornare a casa. Il suo ragionamento doveva, doveva, essere giusto: se le note scendevano dal cielo intonando dolci melodie, allora potevano fare la strada inversa gracchiando orribili accordi.

  Ebbene, miei cari lettori, il suo ragionamento non faceva una piega, anzi si spiegava nell’aria allo srotolare della sciarpa magica come un tappeto volante. Il bambino lanciò in aria il suo lavoro che lentamente iniziava a salire e salire, con lui a bordo. Ma il filo con cui aveva cucito le note spezzate non era abbastanza resistente e iniziò via via a scucirsi. Il bambino si vide costretto a correre lungo la sciarpa, verso la volta celeste, cercando di battere sul tempo il disintegrarsi del suo mezzo.
  Riuscì a tornare a casa, si aggrappò alla luna con un ultimo balzo e svanì nel nulla.
  Una ninna nanna mortale piovve sulla cittadina, portando i suoi tormentati abitanti al riposo eterno.
  Oggi Lullybrokh non esiste più. Giace sepolta sotto la neve, nel silenzio delle montagne. 
 
  
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