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Autore: Agent Janice    02/05/2016    1 recensioni
«Sono l'Agente Phil Coulson, lavoro per la Strategic, Homeland, Intervention, Enforcement & Logistic Division. Sei al sicuro adesso.»
Questa che (spero) state per leggere è la storia che ho creato intorno all'Agente Phil Coulson, mio personaggio preferito dell' MCU e dela serie TV "Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D."
La storia comincia nel 2002, circa dieci anni prima gli avvenimenti del film "Marvel's The Avengers" e della "Battaglia di New York", ed ha come protagonista una ragazza, personaggio di mia invenzione, che non ha un vero nome se non il codice 3-1-7 che l'Istituto in cui è segregata le ha affibbiato. Non rivelo di più su di lei, non sono brava nei riassunti vi rovinerei i punti interessanti dei primi capitoli. E' una storia di lotta tra bene e male, come la 'casa delle idee', la Marvel, ci insegna e che, se riesco a portare a termine, dovrebbe ripercorrere e rivisitare alcune delle vicende salienti che abbiamo visto sia nei film, sia nella serie tv.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria Hill, Melinda May, Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Commento personale: Questo capitolo mi è venuto corto e molto sbrigativo, non so bene perché, a dire il vero vi ho speso tempo sopra e ho le idee chiare di quello che volevo, però allo stesso tempo ho l'idea di aver tralasciato qualcosa, di averlo reso particolarmente superficiale. Se leggendolo trovate dei buchi, per voi che non avete in mente la storia, scrivetemi e ditemelo così anche io mi rendo conto del perchè ci sia qualcosa che non mi torni. Grazie per aver avuto pazienza di leggere queste righe. 

                    
 
La fine del nuovo inizio...

L'agente e la ragazza si alzarono da terra e in silenzio lasciarono la stanza dirigendosi ai piani alti dove il Direttore Fury, che nel frattempo aveva sistemato le cose per far tornare attiva la base, li stava aspettando. 
Janice notò che c'erano agenti armati ad ogni piano, pronti ad agire se lei avesse fatto qualcosa di storto, sentiva la loro tensione formicarle sulla pelle, qualcuno era confuso e in ansia, altri erano scocciati di essere lì per una "ragazzina". Abbassò lo sguardo sulle scale cercando di concentrarsi per isolarsi da quelle sensazioni. 
Pochi passi dopo, Coulson si fermò davanti ad un ascensore che attivò passando il suo tesserino sulla fotocellula della tastiera. Guardò Janice che ancora teneva lo sguardo fisso a terra.
«Se collabori, andrà tutto bene.» Gli uscì con un tono severo, voleva che la ragazza si rendesse conto di quello che era successo, però allo stesso tempo cercava anche di comprenderla. Lei gli annuì continuando a tenere la testa bassa. 
L'ascensore si aprì e i due vi entrarono, le porte si chiusero e scivolando tra i piani arrivarono all'ultimo, direttamente nell'ufficio del Direttore. 
Le porte si aprirono in una stanza più piccola di quello che ci si potrebbe aspettare. Coulson uscì per primo dall'ascensore facendo strada alla ragazza. Fury era seduto dietro alla scrivania con un gomito appoggiato sul ripiano di vetro e la testa appoggiata alla mano. Dietro di lui le vetrate mostravano una Los Angeles notturna invasa da un' infinità di luci. 
Il Direttore guardò i due farsi avanti, si sistemò dritto sulla sedia poggiando anche l'altro gomito sulla scrivania e facendo cenno con una mano a Janice di sedersi su una delle sedie davanti a lui. 
Coulson si fece da parte e rimase lì in piedi ad osservare la scena in silenzio. 
La ragazza si avvicinò alla sedia e titubante si sedette. 
«Penso che tu ci debba delle spiegazioni ragazzina.» La voce di Fury era atona, non trasparivano emozioni. 
Janice alzò gli occhi sull'uomo, asserì con un cenno della testa rimanendo in silenzio, cercò di mettere in ordine i suoi pensieri per trovare le parole giuste per raccontare la sua storia, la sua versione era ovviamente più completa di quella che aveva dato all'inizio ai due uomini ma mancava lo stesso di alcune parti. 
«Non so da dove vengo e chi fosse la mia famiglia, i miei ricordi cominciano da quando ero già nell'Istituto.» si schiarì la voce e si appoggiò con la mani alla scrivania avvicinandosi con la sedia: «Mi hanno detto più volte che avevo dieci anni quando mi portarono lì per studiarmi. Perchè... beh ero diversa dagli altri bambini. Ho sempre avuto l'abilità di influenzare l'umore della gente, di questo sono sicura, non so bene perchè ma sin da piccola se piangevo o se ridevo gli altri piangevano e ridevano con me, riuscivo a percepirne i  loro sentimenti e potevo...» Si fermò un attimo e guardò i due uomini, Coulson scambiò il suo sguardo e annuì incoraggiandola.
«Potevo trasformarli a mio piacimento se erano sensazione che mi facevano star male. E penso di aver dato dei problemi ai miei genitori. Non ho ricordi visivi di loro solo qualche sensazione.» Si fermò nuovamente e vide che la stavano ascoltando entrambi con aria sorpresa e preoccupata allo stesso tempo. 
«Nell'Istituto mi istigavano ad usare questa mia abilità e cercavano di monitorarla e di capirne il funzionamento. Le cicatrici che ho alla testa...» Alzò una mano e si toccò alcuni punti dietro la testa: «...sono tutte di operazioni che mi hanno fatto per analizzare il mio cervello e per impiantarmi delle micro-sonde che avrebbero dovuto registrarne e spiegarne la natura ma ogni volta duravano poco tempo e poi si fulminavano. Non importava quanto fossero di ultima tecnologia, finivano tutte per rompersi. Penso che... inconsciamente fossi io a fulminarle. Ci fu una volta in cui una delle micro-sonde si guastò e mi procurò danni cerebrali e persi l'uso delle gambe.» Si voltò verso l'agente Coulson: «Da lì mi misero le protesi interne per camminare.» 
«Durante i primi anni passati nell'Istituto, ricerca dopo ricerca la mia abilità si trasformò e si potenziò, ogni volta che riuscivo a controllarne una parte scoprivo qualcosa di nuovo che non riuscivo a gestire, così mi ordinarono di testare i miei poteri su delle persone... e così scoprii che se le toccavo potevo arrivare alla loro mente, non solo potevo percepire i loro stati d'animo ma potevo controllarli cerebralmente e scoprii anche di poter far perdere loro i sensi. Riesco a controllare la parte 'elettrica' del sistema nervoso in qualche modo.» Coulson si avvicinò alla scrivania incrociando le braccia e ascoltandola attento.
«Ma un giorno durante i test uno dei medici mi sfiorò a pelle un braccio, si fece immediatamente tutto lontano e arrivarono le prime visioni, vidi cosa avevano fatto ad un'altra cavia come me, 2-9-3 era il suo nome ed erano giorni che non si vedeva più, la visione era vivida come se fossi stata al posto del medico e mi spaventai per quello che gli avevano fatto e dalla paura mi ribellai facendo un bel casino, persi il controllo del potere un po' come è successo stanotte ma alla 10ima potenza. Intervennero le guardie e ne uccisi involontariamente una. Riuscirono a mettermi k.o. con un teaser.» 
Si toccò nuovamente la nuca stringendo gli occhi lucidi e i denti per non riprendere a piangere. «Dopo quel giorno mi sottoposero ad un test dell'obbedienza.» Coulson si avvicinò a lei appoggiandosi all'angolo della scrivania: «Dell'obbedienza?» domandò incuriosito. «Si... non so come funzioni non ho ricordi. Ti portano in una stanza e so solo che una volta uscita di lì hanno una parola chiave che ogni volta che viene pronunciata ti annichilisce i sensi.» Coulson e Fury si scambiarono un'occhiata, ricordarono tacitamente che era esistito in fase di sperimentazione un test simile nello S.H.I.E.L.D. che sarebbe dovuto servire a far scordare dati segreti di missioni importanti agli agenti in situazione di pericolo, così che non potessero raccontare niente. Però non aveva mai superato la fase di sperimentazione. 
«Dopo il test ero praticamente in balia del loro volere, facevo tutto quello che mi ordinavano senza poter avere una mia coscienza. E non sempre sono state cose buone...» Abbassò lo sguardo a terra piangendo silenziosamente. Si prese qualche attimo e fece un sospiro profondo. «Di tutto questo c'è stato un minuscolo lato positivo, quando rimanevo da sola potevo concentrarmi meglio nel controllare quello che sapevo fare... così ho imparato a gestire questo potere.» Si asciugò gli occhi con il palmo della mano: «Non so infatti come sia possibile che io abbia perso il controllo stanotte. Era un po' che non mi succedeva.» 

«Come sei arrivata nel vicolo dove Coulson ti ha trovata?» Janice guardò Fury confusa, e cercò di ricordare bene quello che era successo quella sera: «Da qualche mese il test per l'obbedienza non aveva più grande effetto su di me, dopo poche ore potevo riprendere atto delle mie azioni... è stato istintivo, ho provato a scappare. Ma non sapevo come, è stato questione di un attimo e sono entrata nel panico, ho ucciso tre persone... mi hanno colpita e ho reagito d'istinto, non volevo arrivare a tanto. E poi niente... hanno usato il teaser e mi sono risvegliata nel vicolo.» 
Coulson strinse le labbra ad una fessura. Quello che aveva passato era terribile, ma purtroppo ancora più terribile era il fatto che non poteva controllarsi davvero come diceva. C'erano troppi punti a suo sfavore nella storia. 
Fury prese la parola interrompendo i pensieri dell'agente: «Mi dispiace ragazzina ma da oggi il programma di copertura per te salta, rimarrai sotto la nostra supervisione, in isolamento finchè non troveremo una soluzione, dovrai mostrarci e descriverci quello che sai fare in modo che una equipe scientifica possa capire se sia possibile contenere il tuo potere. Non posso aiutare una persona che in 10 minuti mi mette fuori gioco un'intera squadra di agenti, intesi?» Janice annuì non capendo se quella era la fine o un nuovo inizio. Coulson le aveva ripetuto che erano i buoni, ma non ne era più così sicura in quel momento. 
«Da oggi entrerai a far parte dell'INDEX.» Queste furono le ultime parole di Fury prima di alzarsi e portar via la ragazza. Coulson guardò Janice uscire dalla stanza insieme al Direttore, rimase in silenzio, non poteva obbiettare. Era la cosa giusta da fare. Però... era anche la più triste. 


 
   
 
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