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Autore: GirlWithChakram    03/05/2016    6 recensioni
Pochi mesi sono passati dalla morte di Xena e Gabrielle deve trovare il coraggio di andare avanti per dimostrare al mondo di essere la degna erede della Principessa Guerriera. Ma cosa accadrebbe se, in una terra lontana, trovasse qualcuno disposto a darle una seconda possibilità per stare con la donna che ama?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gabrielle, Un po' tutti, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 27: L’aedo e l’angelo caduto
 
I was right beside you
When you went to Hell and back again
And I, I couldn’t save a fallen angel
Fallen angel, in the dark,
Never thought you’d fall so far
Fallen angel, close your eyes,
I won’t let you fall tonight
Fallen angel, just let go,
You don’t have to be alone
Fallen angel, close your eyes,
I won’t let you fall tonight
Fallen angel…
(Three Days Grace – Fallen angel)
 
La frescura della brezza sulla pelle, il rumore delle fronde di alcune palme scosse da quello stesso vento e la piacevole sensazione dei granelli di sabbia sotto la pelle lavorata degli stivali le riportarono alla mente l’inizio di quell’avventura. Non era trascorsa più di una quarantina di giorni da quando era salpata dalle coste dell’Anatolia, per raggiungere il misterioso individuo che aveva richiesto i servigi della ragazza con il Chakram.
Inspirò a fondo, osservando il sole tramontare tra le dune. Era uno spettacolo meraviglioso.
Una lieve pressione sulla spalla destra le comunicò di non essere sola. L’ombra di un sorriso fiorì sulle sue labbra, la presenza della Principessa Guerriera era in grado di portarle gioia anche nei più tragici frangenti.
Avevano percorso l’intera tratta senza parlare, seguendo la via che le avrebbe ricondotte ad Alessandria e, da lì, nuovamente in Grecia. Dopo quasi una giornata intera di marcia, sempre senza proferire verbo, avevano predisposto un rapido accampamento accanto ad un pozzo, situato non molto distante dalla via principale. Avevano dovuto rinunciare al fuoco, data la mancanza di legna, quindi si stavano godendo gli ultimi istanti di luce prima che l’Egitto ripiombasse preda dell’oscurità.
La presa sulla spalla si fece un po’ più forte. Le dita di Xena si contrassero trasmettendo un comune pensiero.
La morte di Masika pesava sul cuore di entrambe. Avevano perso molti amici ed alleati durante le loro imprese passate, ma il sacrificio di un innocente era sempre difficile da elaborare.
Gabrielle portò la propria mano a sfiorare quella della compagna. Era venuto il momento di rompere quel silenzio.
Inaspettatamente, fu Xena a parlare per prima. «Mi sei mancata molto» disse in un soffio.
«Anche tu» rispose la poetessa, continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé «Vuoi mangiare qualcosa?» proseguì «Isis ci ha lasciato qualche provvista.»
La Principessa Guerriera acconsentì ed entrambe tornarono là dove avevano sistemato i bagagli. Prima di sedersi per cenare, la mora prelevò un po’ d’acqua dal pozzo e fece abbeverare Argo e il dromedario. I due animali, poi, vennero lasciati legati tra loro, liberi di passeggiare nei dintorni, intanto entrambe le donne erano certe che la giumenta non si sarebbe mai allontanata dalla padrona.
Spezzarono una forma di pane non lievitato, impastato con diversi aromi dal sapore intenso, e lo accompagnarono con frutti aspri e un pezzo di carne di dromedario arrostita in precedenza. Il gusto non era male, ma entrambe fecero fatica a masticarla, dato che il freddo incalzante l’aveva resa morbida quanto un pezzo di cuoio da armatura.
«Mi sembra di addentare la suola di uno stivale» borbottò Xena, strappando un ennesimo morso della propria cena.
Gabrielle sorrise. La compagna si lasciava andare all’ironia solo quando era tranquilla. «Quasi quasi preferirei una ciotola della zuppa lassativa che Joxer aveva preparato per Acestus e la sua armata di Sciiti. Ti ricordi?»
«E come potrei non farlo? Quella settimana è stata una delle peggiori della mia vita! Metà del tempo l’ho trascorso alla latrina… E l’altra metà a fare quei bagni maleodoranti per combattere il maledetto fungo della pelle che tu mi avevi attaccato.»
Risero entrambe al ricordo di quell’episodio.
«Vorrei tornare a vivere avventure come quella» commentò la Principessa Guerriera, una volta che le risa si furono fermate «Eravamo così spensierate, sembrava che nulla di male potesse capitarci.»
Nell’oscurità, la mano di Gabby cercò quella della compagna, incapace di darle supporto in altro modo, sapendo che non ci sarebbero state parole in grado di placare l’animo turbato della combattente.
«Sei stranamente silenziosa» osservò la mora «Mi sarei aspettata un discorso poetico sul come, alla fine, anche le tragedie condivise siano servite ad avvicinarci.»
«Sapevo che non avrei avuto bisogno di dirlo» replicò la bionda «Lo pensavi già. Ormai è come se condividessimo un’unica mente, abbiamo assunto l’una tratti dell’altra. Credo che potrei trascorrere ore al tuo fianco senza bisogno di dire nulla, intanto sapresti esattamente quello che penso.»
La pallida luce della luna piena cominciò a posarsi tra le dune, mentre il satellite sorgeva dalla linea dell’orizzonte. Il silenzio era nuovamente il protagonista della scena.
Gabrielle sospirò. Aveva immaginato tante volte il momento in cui si sarebbe ricongiunta col suo angelo caduto, ma tra tutti gli scenari che aveva contemplato nessuno si avvicinava a quello che stavano vivendo.
Ci fu un singolo istante in cui si domandò se avesse fatto la scelta giusta. L’incantesimo di Isis aveva disturbato le anime dei defunti e forse ne aveva in qualche modo interrotto il riposo, inoltre era costato la vita della Rana Gialla. Non era un bilancio tragico, ma non aveva modo di essere sicura di aver fatto la cosa giusta. Aveva sempre agito per il bene superiore, ma come avrebbe potuto sapere se riportare Xena in vita non avrebbe causato poi una serie incontrollabile di eventi catastrofici?
La mano che stringeva la sua sciolse la presa e un paio di braccia toniche le avvolse il busto.
I dubbi si dileguarono senza lasciare traccia. Qualunque fossero le conseguenze dell’aver sfidato il Fato per riportare la Principessa Guerriera in vita, le avrebbe affrontate fianco a fianco della sua anima gemella.
Quel tenero abbraccio si protrasse a lungo, ma venne il momento in cui il sonno arrivò a solleticare le palpebre di entrambe. Avevano sonnecchiato durante la cavalcata nel deserto, ma dormire in sella non era particolarmente comodo e avevano bisogno di essere ben riposate.
La mora si premurò di scuotere per bene le pelli, per eliminare il più possibile la sabbia, poi si sdraiò, battendo con la mano lo spazio vuoto accanto a sé.
Gli occhi di Gabrielle brillarono, le era mancato quel gesto. Si allungò accanto alla compagna senza farselo ripetere, rilassata dal calore residuo delle dune sotto di lei e da quello del corpo vicino.
Una folata di vento più forte delle altre portò il bardo ad accoccolarsi nuovamente tra le braccia della guerriera. Chiuse gli occhi, sentendosi in pace, al sicuro.
«Gab, sei sveglia?» domandò Xena dopo un po’.
La bionda mugugnò.
«Non riesco a prendere sonno.»
L’aedo si voltò per osservare l’altra in viso. La luna e le stelle le rivelarono che la Principessa Guerriera aveva gli occhi lucidi.
«Vorrei che mi parlassi della bambina.»
Gabrielle si sciolse dall’abbraccio e si puntellò sui gomiti, per poter dialogare più comodamente. «Davvero?»
«Sì» rispose « L’avevo osservata dall’aldilà mentre vegliavo su di te, ma mi piacerebbe che mi raccontassi di lei, vorrei conoscerla per quanto possibile. Il suo sacrificio è ciò che mi ha permesso di essere qui, glielo devo. E poi, da quanto tempo è che non mi racconti una storia?»
«Troppo» commentò la poetessa, pensierosa.
«E allora, forza» la incoraggiò l’altra «Narrami le sue gesta come solo il bardo battagliero di Potidaea saprebbe fare.»
Gabby sorrise a quella richiesta, ma la sua espressione mutò in fretta. «In realtà» mormorò «Non so molto di lei…»
Un primo singhiozzo proruppe dalle sue labbra, mentre le lacrime iniziavano a scorrere.
«Insomma, non so neppure se avesse una famiglia, una madre che magari ora è in pensiero per lei o un padre che la sta cercando in lungo e in largo… Ho lasciato che mi guidasse, che Heqet adempisse il suo compito senza preoccuparmi della persona oltre la divinità…»
Balbettava perdendo qualche sillaba tra i singulti.
«Le piaceva ascoltare le leggende della nostra terra, era così curiosa, così desiderosa di imparare… Sarebbe diventata una brillante giovane donna.»
«Non volevo causarti tutto questo dolore» mormorò Xena, quasi stesse cercando di scusarsi «Possiamo riparlarne più avanti, quando ti sentirai pronta.»
Gabrielle si asciugò il volto ed annuì. Ripensò a quante volte avesse compiuto quel semplice gesto durante i mesi passati. Aveva pianto più in quel breve periodo che non durante l’intero corso della propria vita, doveva farsi coraggio.
«Non c’è da vergognarsi per il dolore che provi» sussurrò la mora, passandole piano il pollice su una guancia a raccogliere una nuova lacrima «Con me puoi sfogarti, lo sai. Lo hai sempre fatto, non c’è motivo per cambiare adesso.»
Lo sapeva, per quanto la Principessa Guerriera l’avesse cambiata, il suo primo insegnamento era quello di rimanere fedele a se stessa. Continuò a piangere, mentre veniva cullata piano da quelle braccia che l’avevano stretta per tante notti in passato e finalmente erano tornate per darle conforto.
Smise quando si sentì completamente svuotata. Non erano rimasti né tristezza, né dolore, né rimorso, solo tanta stanchezza.
«Dormi bene, Gab» disse il suo angelo caduto, prima di baciarla dolcemente sulla fronte «Veglierò su di te.»
 
Il vento sbuffava imperioso nel deserto, sollevando grandi quantità di sabbia che le finiva negli occhi, le intasava naso e orecchie, le si incastrava tra i capelli facendole prudere la testa, mentre le ciocche le frustavano il viso. Non riusciva ad alzare lo sguardo, ma era certa che non sarebbe riuscita a vedere il cielo oltre quella tormenta.
Le sembrava di essere tornata agli incubi di un tempo, in cui avanzava senza meta, ma quella volta qualcosa sembrava contrastare il suo incedere. Le raffiche iniziarono a fischiare, trascinando con sé sempre più polvere e altri suoni distanti.
Mettere un piede davanti all’altro divenne sempre più difficile, le pareva di affondare ad ogni passo. Non poteva fermarsi o sarebbe stata sepolta dalla tempesta.
Seppe di doversi mettere a correre quando udì il primo ruggito.
Sekhmet lo aveva detto: lei era in grado di entrare nei sogni dei mortali, così come poteva farlo suo padre Horus. Non le avrebbe dato pace.
«È solo un sogno» iniziò a ripetersi, mentre si sforzava di procedere «Non può davvero farmi del male» si disse, ma ogni volta che pronunciava quelle parole sentiva che perdevano di credibilità. Non poteva sapere di cosa fosse capace visto che aveva assorbito parte dei poteri di Isis.
Un ringhio sordo, unito al fragore della tormenta, le scosse i timpani.
Inciampò.
Il terrore di sentirsi ghermire dagli artigli della leonessa la fece tremare fin nelle ossa, ma il vento continuò ad ululare senza che nulla, oltre la sabbia, le piombasse addosso.
Si rialzò e riprese l’insensata fuga.
Come poteva scappare da qualcosa che era dentro di lei?
Il monotono paesaggio color ocra venne spezzato da un riflesso bluastro. Aguzzò la vista, notando comparire dell’acqua, ma non esultò, temendo che potesse trattarsi di un miraggio o di un trucco.
Eppure non aveva scelta, doveva provare a raggiungere quella speranza di salvezza.
Non aveva mai sfidato tanto i propri limiti, i muscoli le dolevano oltre l’immaginabile, il fiato le mancava per via dello sforzo e della polvere che le stava riempiendo i polmoni. Era certa che le ginocchia si sarebbero paralizzate da un momento all’altro e sarebbe crollata, faccia a terra, senza la possibilità di rimettersi in piedi.
Invece continuò a correre inarrestabile verso la meta.
La cortina caotica sollevata dalle raffiche le offuscava la vista, ma sapeva di dover avanzare di fronte a sé.
Quando la punta del piede sinistro toccò la superficie perfettamente piatta del fiume, tutto si immobilizzò. Il vento cessò, lasciando ogni granello di sabbia sospeso nell’aria. Il Nilo era statico, le ninfee non ondeggiavano, le canne di papiro sembravano colonne di un tempio, non si scorgeva neppure un’increspatura.
Gabrielle indietreggiò spaventata, ma nulla cambiò.
Notò che il suo petto si alzava e abbassava rapidamente nel tentativo di riprendere fiato, ma i frammenti sospesi attorno a lei rimanevano imperturbabili anche a ciò.
Non aveva senso.
Dopo essersi ripresa, lasciando che la curiosità avesse la meglio sul timore, sfiorò uno dei granelli vicini alla mano destra.
Come se qualcuno avesse fatto ripartire lo scorrere del tempo, la sabbia sospesa precipitò a terra con un lieve fruscio, lasciando che quel frangente di deserto piombasse nella calma più totale.
Allora la poetessa ebbe l’istinto di alzare lo sguardo. Il cielo rimase terso per un istante, poi si ingombrò di nuvole nere.
Cadde un’unica goccia di pioggia, che si posò sul suo palmo aperto, levato verso l’alto.
Osservò la piccola semisfera correre lungo le linee della sua pelle, poi la lasciò scivolare verso il fiume.
Impattando contro la superficie, quella lacrima delle nubi originò un cerchio che risuonò con un tintinnio cristallino. Dal luogo di quel contatto iniziò a diffondersi uno strano alone scarlatto che presto si propagò lungo tutto il nastro argenteo, tramutandolo in una stola cremisi.
Gab osservò inorridita le piante acquatiche avvizzire e venire inglobate dal vischioso liquido rosso, mentre sopra la sua testa rimbombavano tuoni e brillavano lampi.
Sopravvisse un bianco fiore di ninfea, che sembrava opporsi con tutte le proprie forze a quel destino.
La donna si chinò ed allungò il braccio, arrivando con le dita a sfiorare il coraggioso bocciolo. Si sporse per riuscire ad afferrarlo e, con un colpo deciso, lo sradicò.
I petali si chiusero con uno scatto e la quiete sembrò tornare a regnare.
Da uno squarcio tra le nubi calò un raggio di sole che illuminò il fiore, tingendolo di colori dorati.
L’aedo osservò impotente, mentre una raganella gialla si dibatteva per uscire dall’improvvisata prigione floreale.
Lasciò ricadere la ninfea nel Nilo e l’acqua tornò ad essere tale, mentre tra le onde generate dal fiore vedeva formarsi una figura nota.
Masika uscì dal fiume, rimanendo perfettamente asciutta. Indossava una tunica candida, con una fascia d’oro stretta in vita, mentre una spilla a forma di rana, dello stesso colore della cinta, brillava sul petto.
La bambina, sorridendo, tese le braccia verso l’amica.
La donna tentennò. Era sorpresa di vedere la Rana Gialla, naturalmente la prima emozione da lei registrata era stata la gioia, ma il dubbio si era insinuato presto: quello poteva essere l’ennesimo tranello.
Rimase in attesa, senza sapere se fidarsi o meno di quel visino tanto espressivo e familiare.
«Che c’è, Gabby?» domandò la piccola con voce squillante «Non sei contenta di vedermi?»
L’innocenza traspariva da quelle poche parole e dagli occhi luminosi che la osservavano, eppure non poteva fare a meno di ripensare a come si era lasciata imbrogliare da Meskhenet e le sue commedie all’inizio del viaggio in Egitto.
«Gabby?» ripetè Masika, avvicinandosi leggermente.
L’interpellata, senza distogliere lo sguardo, fece un passo indietro. «Come faccio a sapere che sei davvero tu? Potrebbe essere un altro tiro mancino di Sekhmet.»
Il volto della bimba si rabbuiò ed assunse un’espressione dispiaciuta, che venne, però, spazzata presto via da un nuovo sorriso. «Ho una prova» disse, gongolando «Se te la mostro, mi crederai?»
Gabrielle annuì, sospettosa.
Con un gridolino di contentezza, la bambina alzò la testa e si mise a guardare le nuvole, imitata subito dopo dalla scettica poetessa.
Con uno stridio portentoso, spazzando via il maltempo con un colpo d’ali, comparve un maestoso, gigantesco falco color del sole. Sembrava che la luminosità del cielo provenisse dalle sue lunghe penne che vibravano sospinte dalle invisibili correnti aeree.
Il volatile atterrò accanto alla Rana Gialla e, chiudendosi nelle braccia piumate, mutò nella figura che era apparsa all’aedo durante la traversata verso la Terra dei Faraoni.
«Horus…» mormorò Gab, strabiliata.
«Sono contento di rivederti, Gabrielle» rispose il dio con la testa di rapace «Alla fine hai ottenuto la tua seconda possibilità, ero certo che tu e la tua compagna avreste superato anche le prove più ardue.»
La bionda balbettò un ringraziamento, ancora scossa da quell’apparizione.
«Ti basta come prova?» chiese trepidante Masika, molleggiando sulle punte dei piedi, come fosse sul punto di saltare in braccio all’adulta.
«Ma… La tempesta? I lampi? Il sangue? Non era un tentativo di Sekhmet per farmi del male? Ho persino sentito i suoi ruggiti!» replicò il bardo, troppo diffidente per accettare la realtà dei fatti.
La bambina scosse il capo. «Era tutta opera tua, una suggestione, il manifestarsi delle tue paure e dei tuoi sensi di colpa.»
Nel momento in cui quella frase venne pronunciata, la poetessa capì la verità in essa contenuta. Allora sentì tutta la tensione sciogliersi e lasciò che la piccola le gettasse le braccia al collo.
Pianse, nascondendo le lacrime nella folta chioma chiara che profumava di fiori.
Il principe degli dei osservò quella scena tenendo le braccia incrociate sul petto. Sembrava mantenesse un atteggiamento severo e distaccato, ma lo faceva solo per abitudine, se gli fosse stato concesso, si sarebbe quasi unito a quell’abbraccio.
«Cosa è successo dopo… Dopo che sei entrata nel portale?» volle sapere Gabrielle, una volta che si furono ricomposte.
Senza perdere la contentezza dipinta sulle sue labbra, la bambina si mise a raccontare: «Ho provato una sensazione davvero strana. È stato come liberarmi di un peso e sono arrivata in un posto bellissimo, pieno di luce. Ho rivisto mia mamma, mio papà e anche mio fratello, insieme alla sacerdotessa Aziza, che se n’era andata lo scorso anno…» La fronte di Masika si corrugò, mentre rifletteva su qualcosa. Schioccò le dita esclamando: «E c’era lui!»
Horus, sentendosi chiamato in causa, annuì.
«Mi stava aspettando perché voleva parlarmi. Posso dirglielo?» proseguì, rivolta al dio falco.
Lui fece cenno di sì.
«Mi ha affidato un incarico ufficiale, molto importante» riprese, questa volta in direzione del bardo «Guarda questo.»
Da sotto la tunica, appeso al collo con una sottile catenella, mostrò all’amica un medaglione aureo, su cui era inciso il famoso Occhio di Ra, la cui pupilla era costituita da un brillante rubino.
«Cosa sarebbe?» chiese la poetessa, ben sapendo che avrebbe avuto quella risposta anche senza porre la domanda.
«È il mio lasciapassare» gongolò inorgoglita Masika, riponendo il gioiello sotto la veste «Quello che mi permette di entrare nei sogni dei mortali.»
«Le ho concesso il grande onore di essere la mia ambasciatrice» intervenne il rapace «Svolgerà qualche lavoro per me. Ogni tanto i più giovani vengono intimoriti dal mio aspetto, quindi ho pensato che affidare i messaggi ad una figura meno autoritaria fosse una buona idea.»
«Andrò in giro per tutto l’Alto e il Basso Egitto a diffondere il volere degli dei» ribattè la bimba, con un sorriso trionfale.
«È un meritato premio per ciò che ha fatto» tornò a parlare Horus «Lo stesso Ra ha fatto pressioni affinchè le assegnassi questo compito.»
«Quindi, sei felice?» domandò Gab alla Rana Gialla.
«Molto! E adesso che sai che sto bene, sono ancora più felice. Avevo paura che tu e Xena vi incolpaste per il mio sacrificio e non volevo che foste tristi a causa mia.»
L’altruismo di quella coraggiosa piccolina continuava a sorprendere l’aedo, era una qualità ai limiti del divino e, forse, era proprio quella la ragione per cui gli ultraterreni sovrani della Terra dei Faraoni l’avevano accolta tra loro.
Gabrielle si ricordò all’improvviso della richiesta che le aveva fatto la Principessa Guerriera prima di addormentarsi.
«Immagino che non possiate trattenervi a lungo» commentò la donna «Ma prima che andiate vorrei sentire la tua storia, Masika. Xena vorrebbe sapere il più possibile su di te, per ricordarti come più che una vittima sacrificale.»
«Ma certo» ribattè la bimba, ma poi venne assalita da un improvviso dubbio e aggiunse: «Cioè, posso, vero Horus?»
«Certo, bambina mia» la rassicurò lui.
Lei sorrise e iniziò a narrare: «Sono nata undici anni fa, alla periferia di Alessandria, da mamma e papà. Mio fratello Kaphiri è stato molto contento di avere una sorellina con cui giocare, ma purtroppo il tempo dello svago è finito presto. I nostri genitori si sono ammalati e noi siamo stati portati in una casa di accoglienza per orfani. È stato lì che la sacerdotessa di Heqet, Aziza, mi ha trovata e mi ha portata al tempio, quando avevo sei anni. Due anni dopo sono venuta a sapere che Kaphiri era rimasto ucciso mentre lavorava come scaricatore al porto, a quel punto non avevo altra famiglia che le donne del santuario. Sono rimasta con loro fino a che non ti ho incontrata, dopo aver ricevuto l’incarico di portati da Isis.»
«E dimmi» disse Gabby, sedendosi per terra ed invitando la bimba a sederle in braccio «Cosa ti piaceva fare mentre eri con le sacerdotesse?»
«Spesso dovevo occuparmi di tranquillizzare le partorienti e ogni tanto mi veniva chiesto di badare ai neonati, ma la maggior parte delle volte dovevo sedermi tranquilla sotto la statua al centro del tempio e lasciare che Heqet parlasse attraverso di me.»
«Non sembra molto divertente» osservò il bardo.
«Infatti. Mi divertivo quando facevo i viaggi per visitare gli altri templi, ma capitava di rado. Appena potevo sgattaiolavo nelle biblioteche per leggere di miti e leggende, ma le storie che trovavo non erano belle quanto le tue.»
Le due andarono avanti a chiacchierare ancora per qualche tempo, sempre osservate in silenzio dal dio falco.
«Masika, ora dobbiamo andare» le interruppe Horus, notando che il dialogo non accennava a terminare «Doveva essere una visita rapida.»
«Sì, agli ordini» trillò, balzando in piedi accanto al principe.
«Abbi cura di te» la salutò la poetessa con un ultimo abbraccio «E ancora grazie per quello che hai fatto. Non hai salvato solo l’amore della mia vita, ma anche gli abitanti dell’intero Egitto. Sei una vera eroina.»
La piccola allargò ancora di più il sorriso in un tacito saluto.
Un attimo dopo, il dio dalla testa di rapace tornò a splendere come il sole e levandosi in alto portò con sé la bambina, mentre Gabrielle chiudeva gli occhi per riaprirli in un altro mondo.
 
Sopra di lei il cielo riluceva trapuntato di stelle, che però impallidivano a confronto con il disco lunare al massimo del proprio splendore, adagiato candidamente su quel manto ricamato.
Guardandosi attorno intuì che il giorno dovesse essere ancora lontano.
Il freddo era intenso, ma non fastidioso, soprattutto sotto il morbido strato di pelli che la copriva. Sfilò le mani, impigliate nella coperta, e non appena la pelle bollente venne esposta all’aria notturna venne percorsa da un brivido.
Sorrise, sentendosi viva.
Inspirò a fondo ed espirò, assaporando la tranquillità del deserto.
La quiete venne rotta da un bizzarro rumore, un misto tra un debole gorgoglio e un profondo sospiro. Facendo leva sull’avambraccio, la poetessa osservò il mondo intorno a sé. Argo e il dromedario erano lontani, affiancati, intenti a riposare. Non si vedeva altro se non tonnellate di sabbia.
Il suono si ripetè, disperdendosi tutto intorno.
Solo allora Gabrielle lo riconobbe. Erano passati mesi dall’ultima volta che lo aveva udito e non lo aveva immediatamente associato alla donna supina che dormiva poco distante.
Non poteva farci niente, la Principessa Guerriera poteva essere perfetta ed impeccabile sotto ogni aspetto, ma quando riposava sulla schiena emetteva uno strano verso che si ostinava a sostenere non fosse sinonimo del russare.
Le prime volte il bardo aveva temuto che si trattasse del rantolo di qualche animale, ma aveva presto individuato la vera fonte del disturbo. Quando lo aveva fatto notare alla compagna, Xena era arrossita e aveva negato di aver mai russato in tutta la propria vita, ma trascorso qualche tempo la mora era arrivata ad ammettere che, già in passato, altri le avevano appuntato quella spiacevole caratteristica. Col passare degli anni aveva smesso di farci caso, non le capitava spesso di sentirlo e quando accadeva serviva a ricordarle che anche la più inarrestabile delle eroine manteneva comunque un tratto umano.
Con lo sguardo seguì il profilo della figura addormentata. Sarebbe potuta restare ore a farlo. Non si era mai soffermata a riflettere su quanto le mancassero quelle piccole cose, gesti a cui non aveva dato peso ed importanza, fino a che non era stato troppo tardi.
Come se fosse consapevole dell’essere fissata, Xena fece un respiro più profondo e schiuse una palpebra.
«Gab? C’è qualcosa che non va?» domandò con la bocca impastata.
«Assolutamente niente» replicò la bionda, con aria persa «Volevo solo guardarti per recuperare tutto il tempo perduto. Non ti ricordavo così bella.»
La luce lattiginosa della luna illuminò le guance arrossate della Principessa Guerriera. «Cosa ti ha preso?» chiese, per dissimulare il proprio imbarazzo.
«Ho visto Masika» fu la risposta.
La mora si mise a sedere, scrutando le iridi verdi che le sembravano animate da una nuova luce. «Cioè, hai avuto una sorta di visione?»
«La definirei più una visita dal mondo degli spiriti» commentò la poetessa «Però, sì. Mi ha detto che è felice e che sta bene.»
La guerriera sorrise, notando come l’altra fosse sollevata nel pronunciare quelle parole.
«Ha avuto occasione di raccontarmi la sua storia, così da potertela riferire. Sai qual era la sua preoccupazione più grande?»
Xena scosse la testa, aspettando che la compagna proseguisse.
«Che ci incolpassimo per quanto accaduto» disse, infatti, la poetessa «Anche adesso non può fare a meno di preoccuparsi per il bene degli altri. Mi sarebbe piaciuto avere una bambina così, insomma, avrei voluto insegnarle i valori dell’altruismo disinteressato e del coraggio… Sarebbe stata un’esperienza speciale.»
«Sei ancora in tempo» replicò la Principessa Guerriera con tono serio «Se tu lo volessi, potremmo trovare un modo per farti avere un figlio, ma non si accettano divinità malvagie come Dahak questa volta.»
La battuta fece ridere Gabrielle, che poco dopo fece un lieve movimento con la mano, come per allontanare quegli ultimi pensieri. «Non è il caso. Come hai giustamente ricordato, una gravidanza l’ho già fatta ed è stata sufficiente, inoltre, i primi, pochi, mesi passati ad accudire Eve mi hanno fatto passare la voglia di badare ai neonati.» Detto ciò, tacque e si sdraiò sulla schiena per osservare il cielo.
«Forse potrai comunque insegnare qualcosa di buono a qualche marmocchio» mormorò la mora, tornando ad allungarsi al suo fianco «Eve ormai è una donna adulta e tra qualche anno potrebbe decidere di mettere su famiglia. Ci ritroveremmo a fare le nonne senza neppure avere il tempo di rendercene conto.»
La mente del bardo iniziò a vagare, immaginando di trascorrere lunghe giornate sul portico di una bella dimora nei boschi badando ad uno stuolo di piccoli briganti intenti a rincorrersi e a duellare con i bastoni. Lei, seduta su una comoda sedia imbottita, li avrebbe osservati scuotendo la testa con disapprovazione, mentre Xena si sarebbe dilungata a spiegare loro le tecniche migliori per un attacco efficace.
Sapeva bene di illudersi, a lei stessa quella vita sedentaria sarebbe stata stretta. Loro due erano fatte per l’azione, per il pericolo. Avevano ancora tanti torti da raddrizzare, amici da aiutare e terre da esplorare, era presto per appendere le armi al chiodo.
«Sai, non mi importa cosa faremo» proseguì la combattente «Finchè saremo insieme, mi farò andare bene anche il rammendare braghe da mattina a sera.»
Gabby si voltò per fissarla in viso. La Principessa Guerriera non sarebbe mai sopravvissuta ad una quotidianità simile, ma sarebbe stata disposta a provarci, per lei. Calamitata dai limpidi pozzi azzurri, sentì di amarla più di quanto credesse possibile.
«Ti amo anche io» mormorò la mora.
Tutto d’un tratto il mondo per Gabrielle tornò ad essere un luogo meraviglioso in cui vivere: il suo angelo caduto era di nuovo al suo fianco e l’amava, non l’avrebbe lasciata mai più.
Assecondando il proprio istinto, la bionda si fece più vicina alla compagna e la baciò, come se l’avesse nuovamente ritrovata dopo lungo tempo. Non l’aveva mai desiderata tanto.
Xena reagì immediatamente, portando la mano destra ad afferrare la nuca dell’altra, lasciando che le dita si intrecciassero con le corte ciocche bionde mentre si avvicinava le labbra che tanto le erano mancate.
Con un colpo di reni e un calcio alle coperte, la poetessa si portò sopra la compagna, mentre questa continuava ad attirarla a sé. Sentì la mano che dalla collottola scendeva in direzione dei lacci del corpetto, andando a scioglierli con dita esperte, per poi dirigersi ancora più in basso, verso il bordo dei calzoncini e la cinta.
Sentì un gemito nascerle in fondo alla gola, ma lo soffocò, andando ad immergere il viso nell’incavo della spalla della mora, iniziando poi a lasciare una scia di baci risalendo verso le labbra, passando prima dal collo e la mandibola.
Sotto di lei percepiva fremere ogni muscolo della Principessa Guerriera, che mal tollerava di essere intrappolata in quel modo.
Dopo qualche secondo, infatti, la rediviva ribaltò le posizioni, torreggiando sulla biondina, che nel frattempo ne approfittò per far scivolare via l’abito che la separava dalla candida pelle dell’altra.
I corpi presero a muoversi in sincronia, mentre i baci si facevano più intensi e voraci.
Durante il resto della notte si dichiararono il rispettivo amore, in modi che le parole non si sarebbero mai potute neppure lontanamente avvicinare a descrivere, perché ogni gesto, ogni carezza, ogni incontro di labbra serviva a rinsaldare un unico concetto: loro si appartenevano e non sarebbero mai state più complete di come lo erano in quel momento. Avevano rischiato tutto, si erano guadagnate una seconda possibilità, solo per godere di quell’istante, solo per essere insieme fino ad essere uno.
 
Le prime luci dell’alba sorpresero le due donne ancora abbracciate.
Con un mugolio di protesta, Gabrielle osservò la flessuosa figura della Principessa Guerriera alzarsi, rivestirsi ed iniziare a preparare i bagagli. Poco dopo fu costretta ad abbandonare il tepore del giaciglio per permettere all’altra di arrotolare le pelli su cui erano state adagiate fino ad un momento prima.
Sellarono Argo e il dromedario, approfittando di ogni movimento per sfiorarsi mentre sistemavano i bagagli sugli animali. Il solo atto di toccarsi, anche se per pochi secondi, ricordava loro quanto avessero perso in tutti quei mesi.
Xena balzò in sella alla giumenta come sempre, ma poi, invece di attendere che la compagna salisse a dorso della gobba della seconda cavalcatura, allungò un braccio, invitandola a prendere posto dietro di sé, come ai vecchi tempi.
Con un sorriso, l’aedo accettò l’aiuto e si issò sulla schiena color miele della cavalla, sistemandosi su una pelle scientemente posta così da farla cavalcare più comodamente.
Lasciarono il luogo del campo che il sole non era ancora sorto.
Osservando un ramo secondario del Nilo scorrere accanto alla strada, il bardo mormorò: «Nonostante tutti i mesi che ho vissuto nei panni della Conquistatrice, non mi sono mai soffermata abbastanza ad apprezzare quanto fosse bella questa terra, anzi, ne conservo solo ricordi brutali che vorrei tanto tenere lontani dalla mia mente.»
«Beh, quel mondo non era poi tanto male» replicò la mora per sdrammatizzare «Mi piaceva vederti così sicura ed autoritaria.»
Gabby ridacchiò. «Effettivamente, ci siamo trovate in realtà alternative di gran lunga peggiori… Come quella in cui eri moglie di Caesar e stavano per crocifiggermi, di nuovo.»
«Almeno non era tutto in rima come ad Illusia» commentò la guerriera «Quanto ho odiato quella specie di teatrino…»
«Per non parlare del fatto che, in quel luogo, mi hai trafitta» rispose la bionda «Con molta noncuranza, aggiungerei.»
«Oh, andiamo, Gab» sbuffò Xena «Quante volte mi dovrò scusare per aver ucciso un’illusione con le tue sembianze?»
«Non saranno mai abbastanza» sogghignò Gabrielle «Dopo tutti questi anni, ancora non sono riuscita a perdonarti quella bravata.»
La Principessa Guerriera tirò leggermente le redini di Argo, facendole rallentare il passo, e voltò il capo per incrociare lo sguardo della compagna. «Forse mi è venuta un’idea.»
L’altra aggrottò le sopracciglia e corrugò la fronte in un’espressione che fece cantare di gioia il cuore della redenta signora della guerra.
«Ci fermeremo un po’ ad Alessandria, prima di tornare a casa» annunciò «Nessuno ci mette fretta per rientrare in Grecia.»
«E perché dovremmo fare tappa lì?»
La mora tornò a fissare di fronte a sé, ghignando, ma il suo gongolare durò poco perché sentì una serie di implacabili pizzicotti iniziare a tormentarle i fianchi e le cosce. «Dai, dai, dai, dimmelo» implorava Gabby, continuando con l’innocente tortura.
«Ti ricordi cosa mi hai detto la prima volta che siamo venute in Egitto?» cedette l’angelo caduto.
Il bardo riflettè un momento poi affermò: «Che volevo visitare la grande biblioteca.»
«Esatto. Visto che è da tanto che non scrivi, forse ti farà bene respirare un po’ di quell’aria polverosa, magari ritroverai l’ispirazione.»
Gli occhi verdi si riempirono di lacrime di gioia.
La combattente sentì le braccia della compagna stringerla con tale forza da mozzarle il fiato, poi, facendo tintinnare il Chakram che le pendeva al fianco, la morsa si allentò e le mani della poetessa si intrecciarono ancorandola definitivamente a lei.
«Grazie» sussurrò Gabrielle, poggiando la testa contro la schiena fasciata dal corpetto di pelle.
Nessuno fu in grado di scorgere il sorriso di soddisfazione farsi largo sulle labbra di Xena.
Con uno schiocco di lingua e un leggero colpo alle redini da parte della padrona, la giumenta tornò ad aumentare il passo, sollevando una piccola nuvola mista di polvere e sabbia.
Levandosi ad Oriente, il sole, con i suoi raggi color arancio, inondò di placida luce quella scena: finalmente riunite ed in pace, cavalcavano verso il futuro l’aedo e l’angelo caduto.


 
THE END



 
NdA: Ebbene, a due anni esatti dalla pubblicazione del primo capitolo, siamo giunti alla fine. Non so cosa ne pensiate voi, ma a me ancora sembra impossibile di stare davvero scrivendo queste parole di congedo, sono piuttosto certa che si tratti di una specie di vivida allucinazione. E invece no, è la fine, per davvero. Che poi, chi può davvero dirlo? Forse avrete fatto caso al fatto che l'ultimo paragrafo dello scorso capitolo lascia aperto una specie di spiraglio e c'è una ragione: le vostre paure più segrete si sono realizzate, ho abbozzato un possibile (breve) seguito. Dato che è ancora molto in "forse" prendetelo per quello che è: un progetto a cui lavorerò in mezzo a mille altri, quindi siamo realisti, potrebbe non arrivare mai. Ma non voglio che vi concentriate su quello, per il momento. Godetevi questo finale, che spero sia stato all'altezza delle vostre aspettative, per me è tutto ciò che importa. Vorrei avere modo e tempo di ringraziare tutti voi lettori uno per uno, soprattuto per il vostro supporto e la vostra pazienza, ma mi vedo costretta a concedervi solo qualche parola qui. Un grazie di tutto cuore ai recensori, tutti, presenti, passati e spero anche futuri, quelli dello scorso capitolo in particolare: grascalisi, Stranger in Paradise, xena97 e un bonus a Petricor75. Un grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite, a coloro che hanno letto e basta, perchè lo avrò già detto un milione di volte, ma sono ripetitiva quindi: grazie perchè senza lettori questa storia non sarebbe mai diventata quella che è. Un grazie speciale a wislava per questi due anni di supporto, correzioni e consigli, perchè ormai questo testo è diventato anche un po' suo e dunque merita un serio riconoscimento. E per concludere un grazie a te, sì, proprio a te che stai leggendo, che anche se sei incluso in una o più delle categorie sopracitate, meriti un grazie da parte mia, per avermi accompagnato (per lungo o breve tempo, dipende) in questo percorso.
E ora che le note stanno diventando più lunghe del capitolo, capisco che è il momento di salutarci. Ho amato scrivere questa storia, anche se è chiaro che io abbia avuto dei problemi a concluderla e stia avendo altri (ben più gravi) problemi a lasciarla andare. Ci saranno altre storie da parte mia, anzi, una è già in pubblicazione, ma nessuna potrà mai equipararsi a questa, la mia prima vera Fanfiction, quindi spero sia stata speciale tanto per voi quanto per me.
Ancora un grazie e chissà, forse ci rivedremo, presto o tardi.
Possa il vostro Chakram essere sempre affilato e non mancare mai il bersaglio
GirlWithChakram
   
 
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