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Autore: Keyrim    03/05/2016    2 recensioni
Questa storia parla di Tiara.
Lei è una ragazza alla quale ogni cosa che aveva le è scivolata via dalle mani senza che lei se ne rendesse conto diventando come uno scrigno vuoto lasciato in soffitta che, anche se meraviglioso, non è immune allo scorrere del tempo.
Un giorno come un altro, dopo essere stata prelevata dalla sua scuola, farà la conoscenza di Pandora una fanciulla che sarà in grado di riscoprire di nuovo la bellezza di quello scrigno lasciato in disparte.
Spero davvero che possa piacervi, accetterò volentieri ogni genere di recensione, positiva o negativa che sia.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Continuo a guardarla da quando il pullman è partito.
La osservo, si sta rigirando con attenzione tra le mani quella piastrina. L'ammira come se avesse davanti il dono più bello e meraviglioso del mondo. Alza improvvisamente lo sguardo incrociandolo col mio, rimango estasiata dalla bellezza dei suoi occhi neri e lucenti come l’onice.
Lei mi sorride, tira fuori un vecchio MP3 dalla tasca dei jeans e mi porge una cuffietta per sentire la musica insieme.
La canzone parte a tutto volume stordendomi per un secondo.
Pandora appoggia la testa sulla mia spalla e chiude gli occhi. Decido di non muovere un muscolo lasciandola riposare.
Rimaniamo in quella posizione per tutta la durata del viaggio alla fine del quale ci alziamo dai nostri posti e seguiamo la donna bruna.
Ci conduce dentro un gigantesco edificio completamente bianco, privo di ogni finestra. Pochi altri oltre a me e lei sembrano notarlo o dargli importanza.
Sento Pandora stringere improvvisamente la mia mano con la sua esile e calda.
«Non so se puoi avere paura ma in caso tu non possa sappi che la sto sentendo io per entrambe.» Mi dice ridendo e io le rivolgo uno sguardo interrogativo.
Non capisco perché ha paura, non ci hanno incatenate, è solo un imponente edificio.
Entriamo ed il mio naso viene investito violentemente da un forte odore di disinfettante misto a lavanda che mi nausea per qualche minuto.
Ci radunano in un’ampia sala dove ci fanno mettere una accanto all’altra.
C’è un grande brusio di sottofondo del quale riesco a cogliere solo parole sconnesse tra loro prodotte da altri che non riesco a vedere.
Noto due uomini vestiti di bianco indicare me e Pandora, anche lei li vede ed inizia a stringere più forte la mia mano.
Sembra spaventata, dovrei fare qualcosa?
Chiamano ognuno di noi e ci dividono in insiemi di numeri.
Pandora sorride sapendo di essere nel  gruppo 01 insieme a me anche se io non vedo alcun motivo per gioire.
Non so quali siano i criteri coi quali ci hanno divisi e lo scopo di ciò ma non mi interessa scoprirli.
Seguiamo un uomo coi capelli raccolti e rasati ai lati, dall’aspetto non mi sembra avere molti più anni di noi, mi pare poco più che ventenne.
Ci porta in una lunga camera, ai lati opposti del muro vi sono una serie di letti a castello completamente neri con le coperte bianche sulle quali sono posati dei vestiti interamente grigi.
Appoggio la mia borsa su quello inferiore vicino alla porta mentre Pandora lancia il suo zaino su quello sopra al mio.
Poco tempo dopo entrano altre ragazze come noi ma molto più cupe in viso e nei movimenti. Quando ci notano ci rivolgono uno sguardo sconsolato per poi richinare il capo verso il gelido pavimento in piastrelle sul quale non scorgo nemmeno un granello di polvere.
Da un altoparlante viene detto a tutti i soggetti del gruppo 01 di tornare nella grande sala, alcune si dicono offese per essere state chiamate con l’appellativo di “soggetti”, Pandora non si esprime al riguardo.
Noi e le ragazze appena rientrate in camera ci ridirigiamo nella grande sala, ci mettiamo in fila come poco prima e rimaniamo in attesa.
Pandora è alla mia sinistra, riprende la mia mano con la sua che è diventata improvvisamente gelida e mi accenna un sorriso. Trema come una foglia d’autunno scossa dal vento che si rifiuta di lasciarsi cullare dalla fredda corrente premonitrice di un rigido inverno.
La guardo non comprendendo il suo timore, vedo i suoi occhi schizzare da un lato all’altro del suo campo visivo come se stesse cercando qualcosa o qualcuno in particolare fino a quando, improvvisamente, si fermano puntando la porta chiusa alla nostra destra dalla quale irrompe un uomo adulto dalla statura imponente.
Lui ci osserva per un secondo, si dirige dalla prima ragazza in fila alla mia sinistra che non emette un singolo sospiro così come ogni altra persona presente.
L’unico quasi impercettibile rumore che riesco ad udire è il battere dei denti che Pandora sembra cercare disperatamente di soffocare.
L’uomo con disinvoltura estrae dalla tasca del camice una pistola, spara in fronte alla giovane che crolla a terra rompendo il silenzio.
Alcune di quelle che erano con me sul bus sussultano ma le più cupe bisbigliano loro di non muovere un muscolo.
L’assassino fa un passo verso la ragazza successiva, alza l’arma ma invece di colpirla spara a quella accanto. Osservandolo con la coda dell’occhio lo vedo uccidere una persona sì ed una no, in modo sistematico, senza alcun criterio di scelta e senza esitazione alcuna.
In poco tempo arriva alla ragazza alla sinistra di Pandora che non viene colpita.
Lo guardo posizionarsi precisamente davanti a lei e alzare l’arma, la vedo mordersi il labbro inferiore stringendo la mia mano.
Io rompo la fila e, tirandola indietro, mi piazzo esattamente tra Pandora e lo sconosciuto.
Faccio un passo verso di lui sentendo la volata della pistola sfiorarmi la fronte.
«Torna in fila.» Mi dice ma non mi muovo di un centimetro.
«Perché stai facendo questo.
Torna al tuo posto e ignorerò l’accaduto.» Insiste subito dopo ma io non mi sposto.
«Perché ti stai ostinando a proteggerla?» Mi domanda premendo lievemente la volata calda contro la mia pelle coperta di miei capelli corvini.
«Perché non può morire.» Rispondo atona.
«Perché?» Mi richiede con fermezza.
«Perché sì. Mi spari se vuole.» Gli dico.
Mi scruta per qualche secondo cercando di intravedere i miei occhi celati dietro alla mia folta frangia per poi abbassare l’arma, si allontana di qualche passo e si volta verso gli altri uomini in camice presenti nella sala.
«Riportatele alla loro camera.» Afferma.
«Lei viene con me.» Aggiunge subito dopo ed io lo seguo senza voltarmi.
   
 
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