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Autore: Kim WinterNight    04/05/2016    7 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mia morale





«Dai, ragazze, volete decidervi?»

«Senti un po', datti una calmata Giaco!» sbotta Tita, lanciando un'occhiataccia al nostro amico che ci richiama dall'interno della piscina.

Io li osservo divertita, ma per qualche motivo non riesco a muovermi dalla sdraio. Sono troppo comoda e non ho voglia di andare in acqua.

«Ma smettetela! Sembrate balene spiaggiate!» rimarca lui, facendoci la linguaccia.

Balzo in piedi e lo fisso malissimo; da quando siamo arrivati in piscina non fa che rompere le palle, non so perché sia così intrattabile, ma pare in fase premestruale più di me.

«Hai rotto Giaco! Senti, vuoi farti il bagno? Fattelo e lasciaci perdere!» ribatto acida.

Gabri, dal canto suo, lancia un'occhiata interrogativa a Tita, poi interviene: «Su, non litigate. Ragazze, se entrate in acqua, promettiamo di non schizzarvi!».

«Ma chi ci crede?» sospira la mia amica, sfilandosi il prendisole color sabbia.

«Appunto» concludo.

Dopo altri battibecchi riescono a trascinarci in piscina, anche se io so che sarei dovuta rimanere sulla sdraio a fare l'indifferente, ma questo non rientra nel mio carattere.

Non appena sfioro l'acqua con la punta del piede, sia Giaco che Gabri cominciano a inondare sia me che Tita, che finiamo per tuffarci cercando di vendicarci.

Ma ora non ha più senso: loro hanno raggiunto il loro scopo e noi siamo fregate. Che sfiga.

Quando finalmente usciamo, sono sfinita ma felice, perché alla fin fine mi sono divertita con i miei amici. Loro sono le persone che non mi giudicano, che non invadono i miei spazi e a cui riesco a tenere testa come se niente fosse. Tita, in particolare, sa quando non voglio essere disturbata, quando sono in un momento negativo o cosa può usare per minacciarmi quando mi rifiuto di dirle cosa mi affligge.

Come quella mattina nel bagno della scuola.

Non devo pensarci, lo so. Però, anche se non sembra, qualcuno mi ha dato le facoltà mentali per elaborare pensieri, e spesso questi pensieri sono fastidiosi e poco piacevoli.

Quando io e Tita riusciamo a spedire i ragazzi al bar perché devono farsi perdonare e un gelato è la cosa più adatta a tale scopo, la mia amica mi osserva con uno sguardo un po' preoccupato, che non riesco tanto a interpretare.

«Tita, cosa c'è?»

«Tu pensi che Gabri mi ami, Berty?» mi chiede a bruciapelo.

«Ma certo!» salto su senza esitazioni. Non ho alcun dubbio a riguardo, quei due sono fatti l'uno per l'altra, perché mai si mette certe stronzate in testa?

«Sono confusa, mi sembra...»

Mi guardo intorno per paura che i ragazzi siano di ritorno, poi ribatto: «Senti, non devi avere dubbi! Lo vedo come si comporta. Forse non sono adatta a queste cose, non sono esperta e non ne voglio sapere... però non sono cieca, né rincoglionita! Ma ti dico una cosa: parlagli. Solo così potrai capire se ti nasconde qualcosa, se ci tiene davvero. Parla con lui e guardalo negli occhi, non permettergli di scansare lo sguardo».

Da dove viene tutta questa saggezza? Mentre questa domanda prende forma, vedo che anche Tita sta pensando la stessa identica cosa, dato che mi fissa a bocca aperta senza sapere cosa ribattere.

«I consigli sono più facile da dare che da seguire» ammette infine chinando il capo.

«Lo so, ma bisogna provarci. Cosa ti fa pensare che lui...»

«Lo sento distante Berty, tutto qui. Ma tu hai ragione, ne discuterò con lui e si vedrà.»

Ci guardiamo in silenzio e sento che mi dispiace davvero che Tita abbia dei dubbi su Gabri, perché a me pare che tra loro vada tutto benissimo e che non potrebbero mai stare separati.

«Ma dovresti seguire anche tu il consiglio che mi hai dato» se ne esce lei all'improvviso.

«Eh?» sbotto sorpresa.

«Con Filippo. Dovresti parlarci.»

Non capisco cosa dovrei dirgli. Io non volevo pensare a lui, non ora, non più. Ma lei sembra volermi indurre verso questa direzione e io non so cosa dirle. Da quando lui è venuto a pranzo a casa mia e dopo che insieme abbiamo vissuto quello schifo, non abbiamo più parlato.

Non ho voluto farlo io e lui ha rispettato la mia decisione, semplicemente perché è convinto che tornerò da lui non appena me la sentirò. Non ha ancora capito che non dipendo da lui, che la mia vita va avanti e non c'è niente che possa accomunarmi a una persona del genere.

«Per dirgli cosa?»

«Che ti dispiace» mormora Tita serissima.

«Ma non mi dispiace» sibilo tra i denti, rendendomi conto troppo tardi di aver stretto i pugni e che lei se n'è subito accorta. «Semplicemente non ha senso, io e lui non abbiamo niente da spartire» aggiungo, e mi sento piuttosto patetica. Cerco sempre di mentire a Tita, ma ormai dovrei sapere che lei – come nessun altro – mi conosce troppo bene.

«Albertina, ascoltami» dice lei con tono solenne, allungandosi per afferrarmi le mani e stringerle tra le sue.

La scena mi preoccupa, è un momento molto strano e ho anche paura di ciò che lei sta per dirmi, ma mi limito ad annuire e attendere. Inoltre spero che i ragazzi non tornino proprio ora da noi.

Ma ovviamente, proprio in quel momento, quei due cretini piombano da noi sventolandoci davanti agli occhi due cornetti. Quando io e Tita li osserviamo, hanno dipinto in faccia un sorriso troppo stupido che ci fa scoppiare a ridere, perciò non riusciamo a incazzarci per aver interrotto il nostro momento.

Cominciamo tutti insieme a fare merenda, ma io sono curiosa di sapere cosa voleva dirmi la mia amica.

Non appena finisco di mangiare, mi alzo per andare a buttare la carta del gelato in un cestino e i miei occhi incontrano quelli azzurri di Checco. Cerco di non paralizzarmi in mezzo al nulla, però è fottutamente difficile, merda.

Faccio tutto di fretta e distolgo subito lo sguardo, non ho proprio voglia di incasinarmi.

Tita invece sta guardando proprio in quella direzione e non mi dà neanche il tempo di tornare a sedermi, afferra la sua borsa, si alza e annuncia: «Ragazzi, noi andiamo in bagno. Grazie ancora per il gelato, siete dei tesori!».

E poco dopo mi sento trascinare verso la toilette delle donne. So cosa sta succedendo, ma non ne ho voglia, ora non me la sento di affrontare cose poco importanti e che potrei affrontare con calma prima o poi. Perché non lo capisce?

«Ti dicevo prima, appunto, che devi fare qualcosa!» mi incita Tita senza neanche entrare in bagno. «Ma hai visto come ti ha guardato?» aggiunge fermandosi di botto e afferrandomi per le spalle.

«E come?»

«Ti stava mangiando con gli occhi, ti stava...»

«Okay, stop! Non voglio vomitare, ti prego» la blocco, sollevando le mani in segno di resa.

Ho capito il concetto, ma non lo accetto.

«Insomma, si nota che c'è qualcosa tra di voi! Sai, è un po' come quando tu parli di me e Gabri: cosa mi hai detto poco fa?»

Rimango basita da quelle parole, faccio per dire qualcosa, ma lei subito mi ferma con un gesto della mano.

«Non sono cieca Albertina, anche io mi rendo conto delle cose, sai?»

«Ma tu lo sai come sono fatta» mi arrendo, stanca di negare l'evidenza. Non so perché, ma quel ragazzo mi fa uno strano effetto e io non posso negarlo neanche se lo volessi con tutta me stessa. Ci ho provato, ho fatto di tutto per allontanare il pensieri, ma purtroppo è evidente.

«Puoi migliorare, puoi farcela! Devi darti un'opportunità, e darla anche a lui» sorride lei con una dolcezza infinita. «Quel ragazzo stravede per te, lo vuoi capire una buona volta?»

Mi volto nella direzione in cui ho visto Checco poco fa: è seduto su una sdraio e scherza con i suoi amici, i capelli scompigliati dalla brezza e la pelle abbronzata esposta al sole; mi soffermo a osservare i suoi movimenti e all'improvviso avverto come l'impellente necessità di essere accanto a lui e di toccarlo.

Mi riscuoto con violenza e fisso Tita, dopo aver preso la mia decisione.

«No» dico con fermezza. «Non funzionerà.»

Poi le do le spalle, osservo la piscina e comincio a correre ancor prima che lei possa aggiungere altro. La sento chiamare il mio nome, ma mi getto in acqua e dimentico tutto ciò che mi circonda.

Non funzionerà mai.

Chiudo gli occhi e comincio a nuotare per tutta la piscina come una forsennata, scaricando così tutta la tensione che il farneticare di Tita mi ha scaraventato addosso.

Mi conosco. Posso capire il romanticismo di Tita, posso capire le sue speranze e posso capire anche che tra me e Checco c'è irrimediabilmente qualcosa. Ma la realtà è un'altra cosa, la realtà è fatta di traumi da dover superare, traumi che non si riescono a superare.

E il fatto che mia madre si sia già fatta le pippe mentali su me e il suo adorato allievo mi fa ribrezzo, oltre che irritarmi all'inverosimile.

Ogni tanto quel terribile momento in camera mia torna a tormentarmi, il ricordo di me e Checco che ci guardiamo impietriti mentre quelle due bestie si accoppiavano come se non ci fosse un domani. Quell'abominio che mi rende così inavvicinabile.

Quando riemergo, mi viene quasi un colpo e d'istinto cerco di indietreggiare, ma in acqua – e soprattutto in un punto così profondo – mi risulta veramente impossibile.

Filippo è di fronte a me e mi sorride tristemente, tenendosi a galla senza quasi muoversi.

«Vuoi farmi morire?» lo aggredisco cercando di calmarmi prima che lui si renda conto di qualcosa.

«No» risponde semplicemente, poi mi afferra per un polso e mi trascina verso un punto meno profondo della piscina, poco distante dal bordo.

Non oso sollevare lo sguardo verso i miei amici, perché non so cosa stanno pensando e ho paura di scoprirlo.

Quando ci fermiamo, lui subito mi lascia andare e spiega: «Avevo paura che non saresti più riemersa».

Rimango spiazzatissima, non me l'aspettavo minimamente e credevo che avesse delle intenzioni completamente diverse.

«Cercavo solo di dimenticare» mi sento dire, e non so perché cazzo l'ho detto. Sto diventando cretina e la cosa peggiore è che questo è anche e soprattutto causato dalla sua presenza.

«Dimenticare non è mai facile, a volte è inutile provarci» commenta.

Senza accorgermene, mi ritrovo con le mani intrecciate alle sue sott'acqua e la cosa non mi sembra poi così male; è come se avessi l'impressione che nessuno può saperlo, nessuno se ne può accorgere. Sì, sono proprio andata, completamente!

«Perché non lasci che io ti eviti?» gli chiedo stancamente, non sapendo più cosa utilizzare per difendermi da questa situazione impossibile.

«Perché non voglio» ribatte subito. «Perché ti voglio» aggiunge in un sussurro.

Mi sento invadere da una sensazione incredibile, indescrivibile, qualcosa che non avevo mai provato prima e che non sono sicura di star provando adesso. Sembra paradossale, qualcosa di così strano che non riesco neanche a sentire reale, ma che è reale eccome!

«Albertina, lasciati amare, ti prego» continua a dire, stringendo più forte le mie mani tra le sue. Mi strattona leggermente e mi fa avvicinare di più a lui.

Sono impotente, non posso impedirglielo, non voglio impedirglielo, dannazione! Non devo permettere a Maria Vittoria di rovinarmi la vita più di quanto non abbia già fatto. Non è detto che stare con Checco significhi che io e lui ci accoppieremo come bestie, no, assolutamente no. Lo sento, sento che lui avrà rispetto nei miei confronti, per la prima volta lo capisco. Sa cosa vivo ogni giorno con i miei genitori, non farebbe mai nulla per farmi soffrire e per farmi sentire a disagio. Avrei dovuto capirlo da quell'abbraccio in camera mia, ma ero troppo scossa e cocciuta per ascoltare le sensazioni che stavano più in profondità.

«Non qui» sussurro soltanto, poi mi allontano da lui ed esco dalla piscina, sconfitta per la prima volta nella mia vita, anche se mi sento tutto fuorché perdente.


Ho capito qualcosa di me stessa, devo soltanto metterla in pratica. Forse questo è solo uno dei piccoli passi che dovrò fare nella mia vita, ma da qualcosa si deve pur cominciare.

Lo so che voi, cari lettori, stavate leggendo una storia comica, ma c'è sempre una morale anche nelle scene più divertenti e nelle situazioni più buffe.

La mia morale è questa: i mostri non spariscono da soli, bisogna combatterli; ed è sempre meglio quando qualcuno accanto a noi ci tiene la mano e ci dà la forza per affrontarli, perché noi esseri umani non siamo fatti per vivere in solitudine e abbiamo tanto da imparare da chi ci circonda.

Albertina vi saluta, augurando buona vita a tutti voi.

Siate forti, abbiate fiducia nel prossimo, ma soprattutto in voi stessi.



Lo so, lo so... non vi aspettavate che la storia di Albertina finisse così, immagino.

Be', neanche io, devo essere sincera: pensavo che si sarebbe conclusa presto, ma non così presto. Non odiatemi, vi prego.

So che i più romantici avrebbero voluto saperne di più di Berty e Checco, ma vi dico fin da ora che ho altri progetti per loro e che quindi vi conviene stare all'erta! ;)

Per il resto, la storia – come vi ha detto Berty stessa – è nata come una comica e come tale dev'essere letta e interpretata, ma diciamo che non sono portata per le nonsense o le demenziali che non hanno un messaggio tra le righe, se capite cosa intendo. La mia intenzione è sempre quella di far crescere i miei personaggi, spesso facendo capire a loro e a me stessa cose che senza la scrittura e senza un cammino di questo tipo non verrebbero mai comprese.

Spero che questa idea di comico/morale sia piaciuta a tutti e che non mi uccidiate per aver già concluso la narrazione XD

Bene, ora passiamo ai ringraziamenti! Un grazie, innanzitutto, a chi ha seguito questa storia, anche senza mai commentare: se l'avete letta e vi ha fatto piacere farlo, ben venga. Io comunque sono qui se volete lasciare una recensione, non la rifiuto e non vi mangio! :P

Ma il grazie più grande va a DreamNini, Seiyako, Marss, Soul_Shine, nanami02, Frenzthedreamer (anche per avermi concesso di utilizzare i suoi Scarti del Caseificio), Hanna McHonnor, Milkendy, Martinez_, MaximWalker, ToraStrife. Ognuno di voi mi ha dato tanto e mi ha sostenuto durante la stesura della storia, che non è stata per me affatto semplice. Chi più chi meno ha recensito i miei capitoli e qualcuno di voi c'è stato dall'inizio alla fine, senza lasciarmi neanche un attimo da sola, ma per me siete stati importanti tutti. Grazie di cuore, davvero, se Berty è cresciuta ed è arrivata fin qui non è solo merito mio, lo sapete bene.

Ora mi ritiro e vi saluto tutti, alla prossima e non dimenticatevi di stare attenti, perché Berty potrebbe spuntare da un momento all'altro nel mio profilo e lanciarvi una delle sue assurde sfide :D

A presto,

Kim ♥

  
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