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Autore: Cryinglightning    07/05/2016    1 recensioni
“Una minima quantità di questa cocaina e ti ritrovi strafatto come un’astronauta.” Mi disse Fabrizio. Che azzardata comparazione, ma era suo solito esagerare. “Suvvia, che sarà mai?” Presi il mio pacchetto di Pall Mall e mi accesi una sigaretta, nel frattempo con la carta di credito -di Fabrizio- tagliavo, sul nostro solito tavolino, la roba per farmi un’abbondante striscia. Fabrizio mi ripeté in continuazione di fare attenzione e che fosse roba veramente pesante quella, ma chi avrebbe mai creduto a uno con la nominata di raccontaballe?
Genere: Avventura, Demenziale, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una minima.




“Una minima quantità di questa cocaina e ti ritrovi strafatto come un’astronauta.” Mi disse Fabrizio. Che azzardata comparazione, ma era suo solito esagerare. “Suvvia, che sarà mai?” Presi il mio pacchetto di Pall Mall e mi accesi una sigaretta, nel frattempo con la carta di credito -di Fabrizio- tagliavo, sul nostro solito tavolino, la roba per farmi un’abbondante striscia. Fabrizio mi ripeté in continuazione di fare attenzione e che fosse roba veramente pesante quella, ma chi avrebbe mai creduto a uno con la nominata di raccontaballe? Tirai. “Madonna, che botta!” Esclamai, ma l’effetto durò meno di 3 secondi per poi calare immediatamente. “Cazzo, fa veramente cagare ‘sta roba, quante volte ti devo ripetere di non andare dagli zingari della stazione?” Dissi su tutte le furie. Abbassò lo sguardo e con aria dispiaciuta mi passò un cartoncino di LSD. All’inizio rimasi sbalordito nella vista di questo. Non avevo mai provato questo tipo di droghe psichedeliche ma essendo offerto da Fabrizio, poteva essere una fregatura esattamente tale e quale a prima. Decisi di prenderlo. Per i primi 15-20 minuti non sentii nulla. Straziato ormai dalla roba di merda che portava sempre il mio amico Fabrizio andai a coricarmi un po’ sul divano di fronte. Mi risvegliai dopo forse 10 minuti in massima. Controllai l’ora. “Le 21:13?! Ma se 10 minuti fa erano le 15:20?” Urlai. Mi guardai intorno e vidi Fabrizio addormentato sulla sedia, esattamente dove l’avevo lasciato. Abbassai lo sguardo verso le mie gambe e vidi il mio solito alzabandiera da appena sveglio che diventava un ponte di pietra, sotto scorreva l’acqua di un fiume verde oliva. C’era una specie di ragazza, forse una fata che volava leggiadra sull’acqua e giocherellava con il proprio riflesso nell’ultima. “Ciao, come ti chiami?” Le chiesi. “Il mio nome è Cassiopea, tu sei un essere umano? Che emozione! Non ne avevo mai visto uno prima d’ora.” “Oh, cara, proprio così, sono un essere umano, e tu? Cosa saresti?” Le chiesi con un tono da gentiluomo. “Io provengo da una razza molto antica di rettiliani fataloidi, arrivo dal regno delle nubi.” Io rimasi affascinato ma l’atmosfera cambiò quando dalla finestra vidi tramontare il sole. La strana fatina volò di corsa via senza neanche respirare una parola. Sconcertato dalla situazione e forse ancora un po’ dall’imminente diminuzione della luce del sole, presi un pennello e lo accesi. Mentre fumavo notai un qualcosa di luminoso a terra. Provai a prenderlo ma sembrava davvero non volesse venire via. Riprovai con più forza. Ancora nulla. Riprovai un’ultima volta, stavolta venne via e caddi dal divano finendo nel pavimento che si aprì diventando un tunnel di luce nera. Ci finii dentro. C’erano fasci di luce di vari colori che provenivano da ogni angolazione e strumenti musicali come pianoforti, chitarre, fisarmoniche e arpe che cadevano da su. Ero impaurito dall’idea di essere beccato da uno di questi. Una volta arrivato alla fine atterrai su un divano color ghiaccio –di certo non era il mio-, mi girai verso sinistra e vidi un castello molto, molto e ancora molto grande. Sceso dal divano scrutai fra l’erba, una canna, gialla??? L’accesi, aveva il sapore di un girasole. Andai in direzione del castello fino a quando iniziai ad addentrarmi nel bosco dagli alberi spogli. Persi di vista il castello ma trovai un enorme tavolo, con una tovaglia arcobaleno, ci salii e mi comparve una bicicletta sotto le gambe. Così iniziai a pedalare e pedalare, sembrava stessi girando in tondo senza arrivare a una meta. Fra gli alberi vidi una luce. Provai a seguirla ma la persi subito dopo. La rividi e ricominciai a inseguirla, questa volta la continuavo a vedere. Riuscii a seguirla solo fino a una cascata poi iniziò a percorrerla all’insù. Passò qualche secondo e sentii un fortissimo terremoto, e un altro, e un altro ancora. “Ma cosa sta succedendo?” Chiesi a me stesso. Non mi seppi rispondere ma fu altro a rispondermi. Dal cielo vedevo delle gambe molto alte, più delle nuvole. Credevo fosse un gigante e credevo anche stesse venendo verso di me. Così mi presi di forze e cominciai a sfrecciare di qua e di là con la bici cercando di non scontrare neanche un albero, fino a quando presi il volo e finii con la faccia in un laghetto. Mi girai e mi accorsi di essere inciampato con una ruota su un rospo violastro, il fatto strano è che fosse ancora intatto. “Tu chi sei?” Mi chiese. Io balzai all’indietro. “T-tu parli? P-per caso ti ho fatto del male?” Chiesi scombussolato. “Caro umano, pensi davvero di potermi fare del male con questo semplice veicolo a due ruote?” “Intendi la bicicletta?” “Sì, quella, pff. In ogni caso, mi sembri un po’ smarrito. Ti porterò in un luogo in cui ti sentirai più a tuo agio.” Io annuii e d’un tratto tutto divenne bianco. Piano a piano questa luce diminuiva. Ero in un giardino con un sacco di statue, probabilmente di qualche divinità. “Dove mi trovo?” Chiesi alla rana che prese un colorito più chiaro. “Ti trovi nel giardino dell’imperatrice Antasya.” Le statue iniziarono a ballare allegramente, iniziai a ballare pure io finché mi arrivarono degli schiaffi da qualcuno di invisibile. Le statue incominciarono a sciogliersi lentamente, continuando a ballare. Il rospo stava scappando via fra l’erba alta. Rimasi con una tazza di tè alle rose, ancora bollente, in mano mentre tutto stava crollando. Dal cielo vidi arrivare un pezzo di nuvola diretto proprio verso la mia testa. Chiusi gli occhi e… “Cazzo! Svegliati, coglione.” Mi trovai sotto Fabrizio che piangeva a singhiozzi. Mi toccai il viso, avevo un bel po’ di bava che mi scolava giù per la bocca e mi esplodeva la testa. “Oddiooo, sei sveglio per fortuna. Mi hai veramente fatto spaventare, sembrava avessi le convulsioni.” Mi disse preoccupatissimo Fabrizio. Io lo guardai negli occhi. “Forse avranno anche ragione sul fatto che sei un tipo che racconta cazzate, ma di sicuro non c’hai roba di merda, cazzo amico.” Lo presi fra le braccia e lo strizzai contro di me.
   
 
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