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Autore: Giandra    07/05/2016    3 recensioni
❧ Kastle
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Storia scritta secondo il prompt: "Non sei un eroe, non devi portare tutto il peso del mondo sulle tue spalle da solo", della pagina Facebook "We are out for prompt".
«L’ultima volta che hai cercato di aiutarmi sei quasi morta.»
«Ma tu mi hai salvata» gli fece notare, rispondendo quasi per impulso, poi calò il capo e sospirò. «Non sei un eroe, Frank, non devi portare tutto il peso del mondo sulle tue spalle da solo»
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Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Castle, Karen Page
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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She doesn’t need a hero
 
 
Ormai aveva imparato ad ascoltare quella voce, a darle ragione; del resto l’aveva sempre aiutata nella sua carriera, l'aveva spinta a inseguire ogni possibile traccia, ogni pista, per quanto pericolosa essa potesse essere, purché avrebbe portato alla luce qualcosa.
Risentire quella canzone, un venerdì di dicembre in uno dei tanti bar di New York, seguita dalla perplessità sui volti dei dipendenti nell’udire un motivetto sconosciuto ai più, aveva fatto tornare in gioco la sua vecchia amica: era uscita spedita dal locale e aveva ispezionato i dintorni, senza notare nulla di insolito; non che si fosse aspettata di trovarselo di fronte, in pieno giorno e in una strada trafficata, dato che tutti lo consideravano morto e/o avrebbero voluto che fosse tale.
Così aveva iniziato a passeggiare sovrappensiero, con l’adrenalina nelle vene e l’agitazione a mille; non sapeva bene quale sarebbe stata la sua reazione nel rivederlo, ma fino a quel momento — per quanto avrebbe voluto negarlo — non gli era mai dispiaciuto. Frank si era sempre assicurato che lei fosse al sicuro, l’aveva protetta e in un certo senso era stato presente molto più dell’unica persona da cui lo aveva preteso. A suo modo, era stato meglio di Matt in tante cose — rivelazione su Daredevil o meno.
«Per fortuna sei intelligente.»
Una voce, quella voce, la stessa che avrebbe riconosciuto fra mille; si girò lentamente, notando il profilo massiccio di una figura sui trentacinque, con il volto pieno di cicatrici e i pettorali messi in mostra da una maglietta attillata con su stampato il Teschio del Punitore.
«Non ero sicuro che avresti collegato a me la canzone.»
Erano mesi che non lo vedeva, mesi di preoccupazione e malinconia, ma non aveva dimenticato neanche un attimo passato con lui; figurarsi quella canzone, che le aveva dato un barlume di speranza di fronte alla minaccia di morte più spaventosa della sua vita.
Agì senza pensarci due volte: non le importava se qualcuno li avrebbe visti, se avrebbero visto The Punisher, lei voleva solo abbracciare Frank Castle; e lo fece, prendendo la rincorsa e gettandosi sul suo petto largo e possente.
Frank non rimase troppo spiazzato da quel gesto — forse ormai più niente poteva spiazzarlo —, si limitò a carezzarle i capelli con una mano mentre l’altra restava penzolante sul fianco. «È un modo per dirmi che ti sono mancato?» domandò, con un sorrisetto appena accennato.
«È un modo per dirti che sei un cretino» ribatté la giovane, pronunciando quelle parole ovattate dalla maglietta dell’altro; infatti, Karen non gli si era ancora scollata di dosso.
L’uomo rise, sospirando. «Non sei la prima che me lo dice. Anche la mia vecchia signora me lo ripeteva sempre.»
La bionda si distolse dalla stretta, sentendosi a disagio come non le era mai successo di fronte a lui: non era la prima volta che menzionava la sua defunta moglie, ma in quel momento avrebbe tanto voluto che la sua mente fosse concentrata solo su di lei, per quanto egoistico poteva sembrare.
«Che c’è?» le domandò, notando il cambiamento di umore.
«Niente. Dove... dove sei stato?» chiese lei, ignorando la sua domanda, lasciando sottinteso un per tutto questo tempo.
«In giro.»
«In giro?»
Frank annuì. «Volevo pensare.»
«A cosa?»
Inclinò il capo in un lato e increspò le labbra, varcando la soglia tra il buffo e il serio. «Un po’ a tutto» rispose alla fine, facendo spallucce.
«Si pensa meglio in compagnia» gli fece notare lei, addolcendo sia il tono sia l’espressione.
«L’ultima volta che hai cercato di aiutarmi sei quasi morta.»
«Ma tu mi hai salvata» gli fece notare, rispondendo quasi per impulso, poi calò il capo e sospirò. «Non sei un eroe, Frank, non devi portare tutto il peso del mondo sulle tue spalle da solo
Frank sogghignò. «Questo tuo non sei un eroe suona tanto come un complimento.»
«Forse lo è» Karen si scostò una ciocca dei bei capelli d’oro dietro l’orecchio. «Insomma, gli eroi sono sopravvalutati e...» un piccolo pensiero su Matt le passò per la mente, ma decise di tornare a concentrarsi sul suo compagno: «... beh, se anche tu avessi in mente di salvare il mondo niente ti obbliga ad agire come un lupo solitario.»
L’ex-militare la osservò da capo a piedi, scrutandola attentamente, come se stesse valutando la situazione. Alla fine portò indifferente le labbra all’insù, iniziando a camminare. Karen lo affiancò e rimasero in silenzio per molto tempo, girovagando per il quartiere più deserto di New York; più tardi, svariati minuti dopo, la donna si sentì avvolgere da un braccio muscoloso ma dal tocco delicato all’altezza del collo; il suo corpo sfiorò di profilo quello dell’altro e in quell’istante comprese che non ne avrebbe più voluto fare a meno; non era un eroe ciò di cui necessitava: lei aveva solo bisogno di Frank Castle.



   
 
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