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Autore: Ale_Shima    07/05/2016    1 recensioni
[DADAroma]
"Poteva sentirlo, mentre con un soffio nell'orecchio, gli sussurrava quel "Ti amo" scritto con mano ferma, nonostante la sofferenza. E pianse. Lasciò che le lacrime scendessero irruente, senza tentare di trattenersi. Takashi era morto, e lui era rimasto. E in tutto ciò non c'era nulla che lui potesse fare."
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Mi chiamo Ale~
Questa è la prima storia (che pubblico), motivo per cui mi sono fatta DAVVERO molte paranoie prima di prendere coraggio e fare il grande passo! QwQ
Ho scritto questa cosina in un tempo abbastanza breve, quindi non è lunga... Anzi è abbastanza corta ;u;
Vorrei ringraziare una cara amica per avermi importunata abbastanza da convincermi a cedere e pubblicarla~ (Grazie Cami! <3)
E niente, spero che vi piaccia....  Perché personalmente ho sofferto parecchio a scriverla ;;

Buona lettura q//w//q
Ale~


 
[-SUNSET-]

Posò delicatamente le labbra su quelle dell'amato. Erano morbide e ancora tiepide... Quelle labbra che aveva baciato così tante volte, di cui riusciva a percorrere i contorni chiudendo gli occhi, e il cui sapore era scolpito indelebilmente nella sua memoria.
Sentì gli occhi bruciare. Con la fronte ancora appoggiata su quella di Takashi, Tomo gli accarezzò le gote pallide, mentre nella sua testa la consapevolezza si faceva largo brutalmente.
L'uomo che amava era morto.
Aveva sofferto in silenzio per mesi, non lasciando trapelare nulla. Tomo non capiva come avesse fatto a non accorgersi di niente. Ora gli sembrava tutto così palese. I giorni in cui Takashi era silenzioso, quelli in cui non aveva fame e quelli in cui non sorrideva. Pensavano tutti che fossero semplici giornate no, quando invece c'era così tanto sotto.
Una lacrima finalmente riuscì ad uscire e, cadendo, scivolò veloce lungo quel candido viso, che non si sarebbe mai più illuminato.
Quando Tomo all'improvviso realizzò, venne scosso da un forte fremito. Non avrebbe più visto quel sorriso che tanto amava, non avrebbe più baciato quelle rosee labbra, non avrebbe più stretto tra le braccia quel corpo di cui conosceva ogni centimetro. Niente di tutto questo. Mai più.
Strinse le spalle di Takashi in un doloroso abbraccio, quasi tentasse di non lasciarlo scappare, e affondò il viso nell'incavo del suo collo. Profumava ancora. Ed era proprio il porfumo che Tomo gli aveva regalato, per il suo compleanno, solo pochi mesi prima. Si chiese se già allora Takashi sapesse...
Lasciò che le lacrime uscissero, bagnando il collo, la spalla di Takashi, e le lenzuola. Non gli importava. Desiderava solo poter piangere abbastanza da disidratarsi e morire lì.
Non aveva idea di quanto tempo fosse stato così, quando sentì la porta della camera aprirsi e il rumore dei passi di qualcuno. Con immenso sforzo si costrinse ad alzare la testa, e vide Yoshiatsu e Yusuke, fermi, ai piedi del letto, mentre lo guardavano. Entrambi avevano gli occhi gonfi e rossi; dovevano aver pianto anche loro.
Quando dopo un po', giunse il momento di portare via Takashi, Tomo avvertì la sensazione di un pugno nello stomaco. Ma come se non fosse lui a muoversi, dopo un veloce e casto bacio sulla fronte dell'amato, il moro si allontanò dal letto e annuì piano.
Mentre quel corpo fragile veniva spostato, Tomo non distolse mai lo sguardo. Percorse con gli occhi i lineamenti di Takashi e sentì di nuovo gli occhi riempirsi di lacrime; sbattè le palpebre per scacciarle, ma alcune scesero comunque, bagnandogli le guance. Non le asciugò; permise che lo facessero da sole, lasciandosi dietro quella sensazione di secchezza sulla pelle.
Alla fine di tutto, rimase da solo nella camera vuota. Sentiva solo il battito sel proprio cuore, che gli martellava nel petto e nelle orecchie. Dopo un tempo che non avrebbe saputo definire, il medico che si era occupato di Takashi negli ultimi mesi, entrò nella stanza e gli porse una busta. 
"Voleva che te la dessi... quando tutto fosse finito..." disse, senza riuscire a celare la voce rotta dal dolore.
Tomo la prese con mani tremanti e accarezzò la carta liscia. 
Non si accorse del dottore che lo salutava e usciva. Vedeva solo quella lettera, e la sua mente andava al pensiero che proprio quella, era l'ultima cosa che la persona che amava aveva fatto prima di andarsene. Lo aveva pensato fino alla fine.
Aprì la busta con un po' di paura. Non sapeva come avrebbe reagito al suo contenuto.
Trasse un repiro profondo, e lesse.


"Ciao Tomo-chan,
quando leggerai queste righe, io sicuramente non ci sarò più.
Perdonami. Perdonami per non averti detto nulla del tumore. Perdonami per averti lasciato all'oscuro di tutto. Vorrei poterti dire che l'ho fatto per evitarti dolore, per proteggerti. Ma sono stupidamente onesto, e ti dico che l'ho fatto perché avevo paura. Ero terrorizzato. E  lo sarò fino alla fine. Non voglio morire.
Non sapevo come dirti la verità. E non sapevo come avrei potuto asciugare le tue lacrime, quando a fatica, trattenevo le mie ogni volta che ti guardavo. Non sarei riuscito ad essere forte altrimenti.
E poi, volevo con tutto il cuore che voi mi ricordaste con il sorriso, e non in un fottuto letto d'ospedale.
So che stai pensando che sono stato uno stupido. Ed è vero...
Ti amo Tomo-chan. Ti amo come non avevo mai amato nessuno prima. Mi hai dato tanto da ricordare, e ho imparato innumerevoli cose al tuo fianco. E sono proprio questi ricordi a darmi la forza di scriverti ora...
Tutto sommato, morire non è tutto sto gran dramma. Ho vissuto una bella vita, ho amato, ho riso e ho fatto ciò che mi rendeva felice.
Eppure non voglio morire. La vita è ingiusta, lo so. Ma nonostante tutto sono felice.
Sono felice di aver incontrato te. Di aver conosciuto gli altri. Di esserti stato accanto. Di aver passato i momenti più belli insieme a voi. Insieme a TE.
Ti prego Tomo-chan, sii forte. Non lasciare che la mia morte ti trascini nel baratro. Sorridi quando mi penserai. Ricorda le cose belle. Non piangere.... e non smettere di amare. Ti prego...
Avrei voluto avere più tempo, e ora rimpiango quello che ho sprecato inutilmente. Ora tutte le nostre discussioni mi sembrano così insensate, quando avremmo potuto usare quel tempo per amarci. Cazzo quanto siamo stati sciocchi a pensare davvero di avere a disposizione tutto il tempo del mondo... Il mio è finito.
Tomo-chan.... ti ho amato davvero. E lo farò per sempre, ora lo so per certo.
Saluta gli altri da parte mia, abbracciali forte.
Ti amo. Non dimenticarlo.
Takashi ♥"

Tomo non si era reso conto di quando si era accasciato a terra.
Rilesse la lettera, ancora e ancora. Si impresse nella mente ogni parola, mentre la sua memoria evocava la voce di Takashi.
Poteva sentirlo, mentre con un soffio nell'orecchio, gli sussurrava quel "Ti amo" scritto con mano ferma, nonostante la sofferenza. E pianse. Lasciò che le lacrime scendessero irruente, senza tentare di trattenersi. Takashi era morto, e lui era rimasto. E in tutto ciò non c'era nulla che lui potesse fare.
Gli occhi gli facevano male, e sentiva i polmoni in fiamme. Alla fine le lacrime si fermarono da sole, e Tomo rimase in silenzio, a fissare quel semplice foglio di carta, cercando disperatamente di aggrapparsi al ricordo di Takashi.



I giorni passarono, e così anche quello del funerale. Tomo non ricordava quasi nulla di ciò che avvenne. Solo tanti volti, le lacrime dei parenti di Takashi, e persone che gli facevano le condoglianze. Lui non aveva pianto. Aveva fissato il viso del ragazzo, gli aveva dato un ultimo bacio sulla fronte, aveva chiuso gli occhi mentre lo seppellivano. Sentiva che il suo cuore era morto insieme a Takashi.
Altri giorni passarono. Yoshiatsu e Yusuke andavano ogni giorno a casa sua; sapevano che altrimenti lui si sarebbe davvero lasciato morire. Gli parlavano, cercavano di riscuoterlo da quell'incubo... ma Tomo non li sentiva. Non sentiva nessuno. Era assente. Continuava a rileggere quella lettera, giorno dopo giorno. Come una preghiera se la ripeteva in mente, e quando sentiva che le lacrime stavano arrivando, le lasciava andare.
Non si sapeva cosa ne sarebbe stato dei Dadaroma. Non avevano più il chitarrista, e non ne volevano un altro. Molto probabilmente si sarebbero sciolti. Il moro sentiva una fitta al petto ogni volta che ci pensava ma, d'altronde, dal giorno in cui Takashi era morto, non era più riuscito a prendere in mano il basso. A dirla tutta, non ci aveva neanche provato.
A distanza di un mese da quel giorno maledetto, non era cambiato nulla. Tomo non era uscito di casa, se non per scendere al conbini per comprare degli alcolici.
Così anche quel giorno. Aveva esaurito le scorte che aveva in casa, perciò si alzò, deciso ad andare a comprare dell'altro alcol. Lo aiutava, per modo di dire, a pensare di meno. Beveva finché non crollava. E quando si svegliava ricominciava da capo. Nel momento in cui si voltò, vide nell'angolo il suo basso, fermo là dove lo aveva lasciato l'ultima volta. Allora Takashi era ancora vivo. Sentì il battito accelerare e la gola bruciare, ma cercò di pensare che fosse dovuto a tutte le bottiglie che si era scolato. Decise però di prendere in mano quelo strumento che gli aveva dato la possibiltà di mostrare la sua anima. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta, ma il contatto con il materiale freddo e la rigidità delle corde, lo fece rabbrividire come se fosse la prima.
Senza nemmeno accorgersene, lo collegò all'amplificatore e fece passare la cinghia sulla spalla. Fece vibrare una corda, poi un'altra, poi un'altra ancora, finché non si ritrovò a suonare "Kurt". Era una delle loro preferite. Takashi amava strimpellarla quando era sovrappensiero, e quel ricordo così vivido all'improvviso, gli riempì gli occhi di lacrime. Senza fermarsi, mentre il suo viso era rigato da una lacrima dopo l'altra, continuò a suonare quella melodia che sapeva di Takashi. Ogni accordo era un nuovo ricordo. Takashi che dormiva beato. Takashi concentrato durante le prove. Takashi che brillava di luce propria durante i live. Takashi che chiamava il suo nome. Takashi che sorrideva imbarazzato. Takashi. E quando la canzone finì, Tomo ricominciò da capo, ancora una volta. E ancora. Finché non sentì le dita intorpidite. Solo allora si fermò. Posò il basso e, infilando il pacchetto di sigarette in tasca, insieme alla lettera e ad una penna, uscì dall'appartamento.
Tempo prima, quando erano ancora agli inizi della loro relazione, Takashi lo aveva portato sul tetto di un magazzino abbandonato. Non che fosse diroccato, eppure non lo usava nessuno da anni. Era poco fuori dalla caotica città, non lontano, ma in una posizione tranquilla. Oltrettutto da quel punto, si godeva di un'ottima visuale del lato tranquillo della città. Cosa che compensava la totale assenza di qualsivoglia romanticismo. Quando lo disse al ragazzo, ricevette in risposta una smorfia e la minaccia di tenergli il broncio tutto il giorno. Alla fine cedette e scoppiò a ridere, mentre veniva circondato dall'affettuoso abbraccio da parte del moro.
Quello stesso giorno, seduti su quel tetto, avevano mangiato panini e guardato il tramonto. Poi avevano fatto l'amore, ed infine, sdraiati su quella morbida coperta, avevano sognato guardando le stelle e pianificato il loro futuro insieme.
Al pensiero di quest'ultima cosa, Tomo sentì lo stomaco contorcersi. Non potevano immaginare, all'epoca, come le cose sarebbero andate in modo decisamente diverso.
E mentre camminava ripensava ai loro momenti insieme. I battibecchi e le prese in giro. Le prime volte e le paure. I sorrisi timidi, di quando ancora la storia era giovane. 
Sorrise malinconico, pensando a quando avevano fatto coming out con gli altri membri della band, e Takashi era diventato rosso fino alla punta dei capelli. O a quella volta che Yoshiatsu non la smetteva di sghignazzare per via dei succhiotti ben visibili sul collo di Takashi. Il ragazzo gli aveva tenuto il muso per giorni dopo quell'episodio, e Tomo aveva dovuto fare molta attenzione da allora in poi. 
Takashi aveva ragione... Avevano avuto una bella vita.
Perso nei suoi pensieri nostalgici, era andato con molta calma, perciò, quando raggiunse il magazzino, il sole stava ormai morendo a ovest.
Il moro salì sul tetto e si sedette sul cornicione, lasciando penzolare le gambe nel vuoto. Volse lo sguardo verso quella palla di fuoco che calava lenta e inesorabile, e si immerse nuovamente nei ricordi. Lasciò che lo trascinassero via, lontano dalla città, lontano dalla gente, lontano da quel dolore che lo struggeva e consumava ogni giorno.
Le sue labbra si incurvarono di nuovo in un sorriso pensando a quello di Takashi. Alla sua risata cristallina e contagiosa. Ai suoi occhi che si illuminavano. Alla passione che ci metteva a suonare. A tutte le volte che lo aveva tenuto per mano ridacchiando come un'adolescente innamorata. 
Poteva sentire il sapore delle sue labbra, dolci e rosse, come frutti maturi, semplicemente chiudendo gli occhi. Nelle orecchie ancora l'eco della sua voce, che centinaia di volte aveva mormorato un "Ti amo" dolce come il miele.
Si lasciò cullare dai ricordi felici. Accese una sigaretta, e rilesse la lettera, permettendo alle lacrime di cadere sul foglio, cosa che finora aveva evitato temendo di rovinarla. Fumò senza alcuna fretta, assaporando il retrogusto acre della sigaretta e la calma che gli trasmetteva la nicotina. Poi tirò fuori la penna e, volgendo la lettera di Takashi, iniziò a scrivere. Le parole uscirono come le note di una canzone, violente e prepotenti, imponendosi decise. Scrisse le memorie, le promesse, gli abbracci, i baci e le carezze. Rivelò a tutti il ragazzo che solo lui conosceva, quello buono e malinconico; le sue occhiate maliziose e gli sguardi pieni d'amore. La sua voce e suoi sospiri.
Si fermò a guardare gli ultimi raggi di sole svanire, e scrisse ancora.
Raccontò la bellezza di Takashi, le sue paure e i suoi sogni. Scrisse tutto, fitto fitto, rimepiendo ogni spazio bianco del foglio, delle parole che erano il ragazzo che amava, ma che gli era stato tolto prepotentemente dalla vita.
Quando finì, posò la penna e rilesse con calma, sentendo calde lacrime cadere incessantemente, mentre Takashi tornava a vivere e sorridere. Era sorpreso di poter ancora piangere; con tutte le lacrime che aveva versato nell'ultimo mese, era convinto di essere sul punto di esaurirle.
Traendo poi un profondo respiro, ripose la lettera e la penna nella tasca. Si alzò in piedi su quel cornicione e inspirò mentre la brezza, leggera, gli accarezzava il viso.
Avvertì un soffio leggero sulla spalla, che poteva benissimo essere scambiato per un alito di vento, ma lui sapeva che non lo era. Tomo sapeva di non essere solo.  
"Mi dispiace Takashi..." disse. "Non sono abbastanza forte per affrontare una vita intera senza di te... Davvero...".
Alzò gli occhi al cielo, dove le sfumature si facevano sempre più cupe. "Perdonami" disse, e fece un passo avanti, nel vuoto.
E mentre precipitava, fu avvolto dal tepore di un abbraccio che conosceva meglio di chiunque altro.
"Scemo".
Fu certo di averlo sentito.
Fece in tempo a sorridere, poco prima che il buio si chiudesse intorno a lui.
Nessuno lo sapeva ancora, ma adesso erano insieme. Due anime strette in un abbraccio lungo l'eternità. E non ci sarebbe stato modo di dividerli. Nè ora. Nè mai.

 

   
 
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