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Autore: Freya Crystal    07/05/2016    6 recensioni
Seconda classificata al contest "Tutti gli anime della nostra infanzia" indetto da 9dolina0 sul forum di EFP.
Il silenzio premeva sulle sue spalle come un macigno.
"Ne è passato di tempo dall'ultima volta che ci siamo visti... sono cambiate tante cose da allora" aggiunse, giocherellando nervosamente col suo tovagliolino di carta.
"Già, hai ragione."
C'era un'amarezza velata nelle parole di Ryou, una rassegnazione alla realtà dei fatti che faceva a pugni con la sua, ma che al tempo stesso ci andava a braccetto.
"Ne sono successe fin troppe, di cose, e in troppo poco tempo" proseguì lui.
Retasu sentiva che la stava guardando, ma non trovò il coraggio di ricambiare il suo sguardo.
"Eppure siamo di nuovo qui."

Storia partecipante al contest "È dolce sognar... dolce?" indetto da eleCorti sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Di vetro e opali

 

I rami del faggio s'inerpicavano verso il cielo come supplici in attesa della salvezza, sorretti da una cupola di luci e ombre che si fondevano e si scontravano al ritmo del suo battito cardiaco. Retasu correva, il suolo inconsistente sotto ai suoi piedi per l'eccessiva velocità con cui lo stava calpestando. Aspettava di superare la prigione di rami, agognando la vista di un cielo vergine e limpido, ma la cupola non finiva mai. 

L'albero cresceva, sdoppiandosi, mentre il fogliame continuava sadicamente a macchiare l'orizzonte. Gli stralci di luce lunare che s'aggrappavano tra le sue fessure legnose erano una crudele consolazione, le ricordavano cosa c'era ad aspettarla e al tempo stesso a sfuggirle.

Una voce femminile cantava lontano d'abbandono e malinconia inespressa, le parole indecifrabili come il respiro del mare. Dolce, cullante, ma sinistra come il brillio di un coltello nel buio, sapeva d'inganno e immorali rivelazioni taciute. Sotto il suo ipnotico effetto gli alberi parevano manichini animati da una spettrale follia. 
Retasu cercò di non prestarvi ascolto, i polmoni che bruciavano e le gambe divenute fragili come stoffa. Il cielo era sempre più lontano, ormai, e dietro di lei quel suono familiare cominciava ad avvicinarsi.

Acqua.

Doveva correre più veloce, prima che fosse troppo tardi. Doveva allontanarsi da lei, raggiungere la radura spianata, aggrapparsi alla scala di vetro e opali. Doveva saltare, liberarsi da quelle catene, sconfiggere il parassita, le ombre, i rami, tutto.

Il serpente strisciò alle sue spalle, l'onda s'ingrossò di 
pari passo con la sua paura, in un solo istante, poi il nulla la inghiottì.



Retasu scattò a sedere, una mano premuta sul cuore. Le tende argentate danzavano pigramente contro la finestra aperta, smosse dal vento primaverile. La luna, intagliata nel cielo stellato come una fiera regina, l'osservava placida nella sua muta contemplazione. Focalizzarsi su di lei le permise di acquistare un briciolo di lucidità.

La ragazza si alzò dal letto, massaggiandosi le tempie, e si versò un bicchiere d'acqua dalla bottiglia che teneva pronta sul comodino. Mentre beveva socchiuse gli occhi, ma rivide subito l'onda travolgerla con brutale violenza. Fece un profondo respiro per scacciare quella visione, poi si diresse verso la finestra aperta.

La spiaggia era una distesa farraginosa di sabbia bianca, il mare un drappo scuro cristallizzato in una quiete confortante. Una così piacevole vista non poteva instillarle simili sogni. Era stata lei a decidere di affittare quella casa, con la speranza di riuscire a disintossicarsi dai brutti ricordi: Retasu se lo ripeté fino allo sfinimento per evitare di fare le valigie e tornare a casa. Non le piacevano le vacanze in solitudine, eppure il giorno prima aveva deciso di partire. Sfidando timori e insicurezze, si era rivestita di una spavalderia che non le apparteneva, negando a se stessa la possibilità di tirarsi indietro di fronte a quell'improvvisa decisione.

Era forse la prima volta che rompeva gli schemi della sua vita per concedersi una piccola follia, una vacanza dalla se stessa abitudinaria e dalle incombenze quotidiane. Era arrivato il momento di fare quel salto, di sconfiggere la paura inaspettatamente tornata a galla dopo l'incidente. Sapeva fin troppo bene cosa volesse dirle il sogno ricorrente con la cupola di rami e il serpente d'acqua, doveva solo riuscire a salvarsi nella realtà, anziché nel sonno.

Retasu sorrise al suo riflesso alla finestra, respirò salsedine e brezza confortante, poi tornò a dormire, abbracciando il cuscino con la certezza che l'indomani le avrebbe regalato una piacevole sorpresa.


 
~●~




Il giorno precedente non si era neppure avvicinata alla spiaggia, aveva preferito fare una passeggiata sull'isola, ma quella mattina Retasu si era svegliata col preciso intento di raggiungere almeno il bagnasciuga. Aveva intenzione di procedere per gradi, non avrebbe corso per forzare un vano scontro con la sua prigione.

Un passo alla volta. Raggiungerò quella scala, prima o poi.

Sedeva poco distante dalla riva, sotto all'ombrellone con un libro sulle ginocchia. Il vestito a motivi floreali le solleticava le gambe, sotto l'effetto di una carezzevole brezza che le smuoveva i capelli e le dissetava lo spirito. 
Le pagine del libro rilucevano come lampade, mentre le sfogliava assorta.

Il mare era uno spettatore tranquillo che non la turbava.

Di tanto in tanto la vista di un bambino sorridente, che correva verso sua mamma dopo il bagno, la distraeva piacevolemente. La presenza dei vacanzieri, il loro chiacchiericcio allegro e il rumore del vento l'aiutavano a familiarizzare con il luogo che da mesi aveva evitato come la peste. L'assenza di persone care al suo fianco e, conseguentemente, del timore di deluderli, le stava permettendo di vivere l'esperienza con maggiore leggerezza. La sorpresa, che aveva la sensazione di ricevere, non era tuttavia lontanamente paragonabile a ciò che si era aspettata.

Retasu distolse lo sguardo dal libro, avvertendo che qualcuno la stava osservando. Ciò che vide, o meglio chi, la lasciò senza fiato. Un ragazzo alto e biondo, una tavola da surf sotto braccio, il fisico abbronzato e gli occhi chiari che la scrutavano sorpresi.

Era passato un anno e mezzo dall'ultima volta che lo aveva visto. Sebbene la plateale attrazione per lui le fosse passata a quindici anni, non poté impedire la fitta che le colpì lo stomaco.

"Sei proprio tu..."

Non fu una domanda, bensì una constatazione. Ryou le si avvicinò, un lieve sorriso a incurvargli le labbra, e lei subito scattò in piedi.

"Che piacere rivederti, Ryou. Ne è passato di tempo."

Gli fece un inchino, arrossendo, mentre lui posava la tavola da surf sulla sabbia e continuava a scrutarla con quell'aria che hanno le persone che non si sentono mai a disagio, sebbene non sappiano come comportarsi in determinate circostanze.

"Da quanto sei arrivata?"

Le sembrava tutto così assurdo, irreale, veloce. Parlargli, guardarlo, essere in sua presenza al di fuori del Caffè, senza la compagnia di Keiichiro o delle altre ragazze.

"Da ieri, ho deciso di fare una vacanza solitaria. E tu?"

Ryou sembrò sorpreso alle sue parole. "Sei qui da sola? Non l'avrei mai detto."

Retasu sorrise impacciata, scostando una ciocca di capelli dietro all'orecchio. "Già, è... una nuova esperienza che volevo provare, diciamo."

Lui si passò distrattamente una mano tra i capelli bagnati. "Io sono qui da una settimana... Posso offrirti un caffè? "

Retasu arrossì nuovamente, colta alla sprovvista, constatando che Ryou non aveva perso il suo modo di fare diretto e ai suoi occhi maledettamente spiazzante.

"Certo!" riuscì a sillabare.

Il sorriso di lui le scaldò il cuore.


 
~●~



 
"Non ci credo!" sbottò sorpresa.

Ryou annuì, un'impronta di sfuggente malinconia nello sguardo. "Keiichiro e Rei meritavano i loro spazi."

Non viveva più al Caffè, ormai. Si era trasferito in una villa nello stessa quartiere in cui aveva abitato Minto; le aveva spiegato che anche se lo spazio al locale era vasto, riteneva fosse giusto prendere la propria strada e lasciare al migliore amico la possibilità di mettere su famiglia nel posto che per lui, tra dolci e torte da sperimentare, era indubbiamente casa sua, più di quanto lo fosse stata per Ryou stesso.

"Che corso hai detto che frequenti all'università?"

Retasu rigirò la cannuccia nel bicchiere. "Lingue e letterature straniere: inglese, russo e finlandese."

"Scelte ardue."

Lei sorrise, scuotendo la testa. "Detto da te è insolito. Quanto ci metti, in media, a correggere le prove scritte dei tuoi studenti?"

Ryou alzò un attimo gli occhi al cielo, riflettendo. "Di solito dai quindici ai trenta minuti l'uno, se lo studente è preparato."

"E quanti frequentano il tuo corso?"

"Mi pare siano ottanta."

"Caspita, considerando la difficoltà del corso, non sono pochi!"

"E non sono tutti diligenti come dovrebbero" sospirò lui, in un modo che per un istante le ricordò l'aria spazientita che assumeva dopo infruttuose ricerche sull'acqua Mew.

Il chiosco s'affacciava direttamente sul mare, un ponte in legno conduceva alla schiera di tavoli e panche, dove i primi vacanzieri s'attardavano per una colazione rilassante. Alcuni bambini correvano intorno alla staccionata, i piedi sporchi di sabbia e pistole ad acqua sottobraccio, mentre una graziosa barista si destreggiava fra i tavoli, portando vassoi colmi di bevande e cibo ai clienti. Si respirava un'atmosfera ridente e tranquilla, complici la primavera e l'ora del mattino.

"Mi hai detto che lavori part-time, di cosa ti occupi?"

La voce di Ryou aveva sempre avuto il potere di calmarla e ipnotizzarla al tempo stesso, inevitabilmente e inspiegabilmente. Retasu cominciava sentire che alcune sensazioni sopite dentro di lei si stavano risvegliando.

"Lavoro in un ufficio editoriale. Quando gli scrittori vogliono pubblicare un libro, spesso chiedono aiuto per scegliere la prefazione o migliorare l'introduzione, io mi occupo della correzione grammaticale e dell'impostazione stilistica."

"Io non permetterei a nessuno di modificare quello che scrivo" rivelò Ryou. "Hai mai ricevuto lamentele al riguardo?"

"Oh, no" s'affrettò a spiegare Retasu, gesticolando con le mani. "Non procedo di mia iniziativa, sono gli scrittori stessi a chiedere consigli sull'impostazione stilistica, se non sono d'accordo possono sempre rifiutarsi di pubblicare."

Ryou scosse la testa. "Se non fossi sicuro della mia abilità di scrittore, non pubblicherei a prescindere."

"È vero, tu vuoi fare tutto da solo" sorrise Retasu.

A poco a poco stava tornando a familiarizzare con la sua presenza, riscoprendo in lui il ragazzo che ricordava: meticoloso, preciso e orgoglioso.

"Capisco cosa intendi, per questo cerco sempre di non alterare l'impronta personale di chi scrive, limitandomi a rendere il testo più scorrevole e a eliminare gli errori."

"Immagino ci sia competitività con i colleghi per appropriarsi dei testi scritti meglio."

"Ovviamente, la competitività esiste dappertutto!" ridacchiò lei.

Lui le concesse un cenno d'assenso che racchiudeva consapevolezza rassegnata frammista a divertimento. "Non me ne parlare, tra professori universitari diventa una questione di stato."

Retasu lo osservò mentre lui spostava lo sguardo sull'orizzonte. Era straordinariamente intelligente, ma bastava guardarlo per capire quanto fosse giovane; non si sarebbe stupita, se avesse scoperto che molti professori più anziani lo avevano preso di mira, etichettandolo come raccomandato o venduto. Non osò indagare a tal proposito, consapevole che per lui fosse difficile parlare di sé agli altri; l'era parso fin troppo loquace solo per la curiosità che aveva mostrato nei suoi confronti.

"Come mai hai deciso di venire in vacanza da sola, se posso chiedere?"

I magnetici occhi chiari di Ryou erano di nuovo puntati su di lei, taglienti come vetro e limpidi come il cielo sopra di loro. Avevano la capacità di farla sentire diversa, migliore di quanto lei stessa credeva di essere, ma al tempo stesso fragile, esposta.

"Volevo staccare la spina dalla quotidianità, avevo bisogno di... riflettere su me stessa" concluse, stringendosi nelle spalle.

Ryou le sorrise comprensivo. "Anche io sono venuto qui da solo."

"Sul serio?" 

Retasu era sorpresa, si era aspettata di veder arrivare Keiichiro da un momento all'altro, abituata a saperli sempre insieme, o magari la sua fidanzata. Quella notizia la mise a disagio e al contempo la colpì piacevolmente.

"Sì, lo faccio spesso."

Ryou non smetteva di fissarla, come se fosse un esperimento da analizzare. La stava mettendo in soggezione, non ai livelli di quando aveva quattordici anni, ma pur sempre col potere carismatico e illogico che esercitava su di lei involontariamente.

"C-che mi dici di Keiichiro e Rei?" cercò di conversare ancora, per impedirgli di notare il suo imbarazzo.

"Vogliono sposarsi l'estate prossima."

Retasu s'illuminò. "Veramente? Che splendida notizia!"

Ryou annuì. "Chiaramente sei invitata anche tu" rivelò, poi abbassò la voce per aggiungere qualcos'altro. "A Kei piacerebbe se tutta la squadra Mew venisse al completo."

Lei sospirò malinconicamente. "Si, sarebbe bello. Dobbiamo trovare il modo di riunire tutte." 

Restarono lì, seduti a quel tavolo circondato da fiori più di quanto avessero previsto. Mentre i bambini correvano ridacchiando, continuarono a scoprirsi impercettibilmente, spontaneamente, senza la fretta di scappare o la voglia di salutarsi. Non s'accorsero, entrambi, di aver perso la cognizione del tempo.


 

~●~




Passeggiare sulla riva non le trasmetteva ancora quel senso di pace che stava ricercando. Se spostava lo sguardo sulla superficie marina, l'azzurro limpido mutava in onde agitate che si sollevavano improvvisamente, pronte a inghiottirla. Retasu distoglieva lo sguardo ogni volta, il cuore che le galoppava nel petto e il passo incerto sulla sabbia. Se pensava al modo in cui Ryou cavalcava le onde con la tavola da surf le veniva il panico. Come faceva a non avere paura di cadere?
Sospirò, mentre ricordi involontari riaffioravano alla memoria.

Uri correva e la incitava a raggiungerlo, mentre il vento soffiava dispettosamente intorno a lei, presagio funesto di un pericolo presentito. Quel clima era normale in spiaggia, eppure lei aveva la sensazione che non promettesse nulla di buono, non riusciva a stare tranquilla. 

"Aspettami, non ti allontanare!" 

Uri non le prestò ascolto, complice la lontananza e il forte soffiare del vento. Retasu si guardò attorno, all'orizzonte stava iniziando a imbrunire, non c'era più nessuno sulla spiaggia.
Se fosse successo qualcosa...
Il cuore le capitombolò nello stomaco. Non aveva nemmeno fatto in tempo a pensarlo, era assurdo.

Coraggio, sta calma.

Deglutì, fissando l'acqua increspata e priva di alcuna presenza, speranzosa di vedere Uri riaffiorare.

Ma dov'era finito?

"Uri, non è divertente!" gridò con voce tremula. 

L'agitazione, mischiata al brutto presentimento, agì come uno schiaffo su di lei. Retasu iniziò a correre, facendo uno scatto talmente brusco che avvertì le gambe formicolare. Il vento le frustava il viso, assordandola, lasciandola sola con la paura che le fagocitava il respiro. La sensazione gelida dell'acqua sotto ai piedi stemperò il calore dei muscoli infiammati, ma lei non se ne accorse nemmeno.

In un attimo, mentre continuava a chiamare suo fratello, s'immerse fino alla vita. Fu allora che vide una testa affiorare in superficie, ma il moto di sollievo che provò durò solo un istante, perché Uri scomparve di nuovo. 

Brividi di freddo e terrore la invasero.
Suo fratello era finito in un mulinello d'acqua. In quel momento Retasu non pensò alle conseguenze, ma anche se lo avesse fatto si sarebbe comunque precipitata da lui. Cercò di nuotare più in fretta che poteva, il sole che calava sempre di più, sipario di un tragico evento da scongiurare.

La corrente la trascinò verso il basso, tuttavia lei trovò la forza di opporsi alle sue spinte, complici la disperazione e la volontà di salvare il fratello. Quando lo vide riaffiorare in superficie, protese le braccia più che poteva per afferrargli la mano, ma riuscì soltanto a sfiorargliela. Uri continuava ad allontanarsi, trasportato dalle onde, mentre lei gridava e scalciava per raggiungerlo. Un'onda la travolse, l'acqua s'infiltrò nelle sue vie respiratorie e una coltre nera la imprigionò sotto di sé.

Retasu chiuse gli occhi spaventata, ma si sforzò di tenerli aperti, il suo corpo in balia della corrente. Quando riuscì a riemergere, capì di essere finita a sua volta nel mulinello. Uri le si aggrappò alla vita, spingendola involontariamente verso il basso. La paura aveva risvegliato in lui una forza inaudita, suo fratello era piegato dal timore di affogare, non riusciva a smettere di spingerla verso il basso, usandola come ancora per tenersi a galla.


Retasu sentiva l'acqua aggredirla e scuoterla come un rametto vecchio, i polmoni in fiamme e le braccia deboli. Non fu più in grado di tornare in superficie e quando capì che non ce l'avrebbe fatta – che non ce l'avrebbero fatta – un urlo di disperazione le esplose nella testa, seguito da un calore tiepido alla schiena.
Rimasugli di potere Mew, miracolosamente sprigionatisi per salvarli.

Retasu vide bianco, bianco ovunque. Mentre il nero veniva inglobato nel suo raggio, si diede la spinta per risalire, tenendo Uri stretto a sé. In un attimo, o forse dopo un secolo, furono entrambi fuori dal mulinello, a nuotare verso la riva.

Retasu aveva perso la concezione dello spazio e del tempo, si sentiva stordita, come se avesse fatto un vivido incubo. Non capiva cos'era successo, ma di quella sera, dopo aver appoggiato i piedi sulla sabbia asciutta, ricordava soltanto di essere scoppiata a piangere. 

Quella era stata la prima volta in tutta la sua vita in cui si era arrabbiata con il fratellino. Gli aveva riversato contro paura, disperazione, shock, sgridandolo come non sarebbe mai stata capace di fare con nessuno, in nessun'altra circostanza. Lui era rimasto a guardarla con gli occhi lucidi, le labbra arricciate e le spalle tremanti. 

Il ricordo di quell'incidente aveva continuato a tormentarla ogni notte, sottoforma d'incubi sempre troppo realistici.

Retasu sobbalzò, avvertendo un tonfo alle sue spalle.

"Scusi, signorina!" sentì gridare da un ragazzino, mentre si voltava per recuperare la palla che si era fermata ai suoi piedi. 

"Figurati" mormorò sorridendogli. 

Il ragazzino la guardò dubbioso prima di riprendere la palla, segno che forse la sua espressione non sembrava accomodante come avrebbe dovuto. Retasu sospirò, riprendendo a camminare.

La spiaggia era gremita di persone che facevano il bagno, correvano o prendevano il sole, in un'atmosfera di relax e divertimento. Era assurdo pensare a come si potesse trasformare quel paesaggio di sera, una volta divenuto deserto e con il vento a fargli da padrone. Forse era stata troppo precipitosa a tornare al mare da sola, dopo quello che era successo, ma non ne poteva più di quegli incubi e di quel terrore vorace su ciò che un tempo amava.

Se ripensava all'incontro con Ryou sentiva una stretta al cuore, fatta di nostalgia per sentimenti cancellati e felicità cullante. C'era stato un tempo in cui il pensiero di metterli da parte le aveva fatto mancare il respiro, finché non si era decisa a reprimerli con malinconica rassegnazione. Era stata meticolosa, li aveva ingabbiati con precisione chirurgica, anche se la spinta maggiore l'aveva avuta con l'arrivo di Sayuri. Allora aveva veramente capito che Ryou non l'avrebbe mai vista con interesse sentimentale, indipendentemente dalla presenza di Ichigo.

Retasu si decise a tornare sui propri passi. Leggere sotto all'ombrellone sarebbe stato terapeutico, soprattutto di fronte a quei pensieri scomodi, che stavano riaffiorando nella sua mente a briglie sciolte. Per prima cosa rispose ai messaggi delle sue compagne di corso, assicurando loro che stava bene e che la settimana successiva sarebbe tornata a Tokyo.

Jin ha l'ansia per l'esame di russo, dici che s'arrabbia se gli dico che ho bisogno di una mano con svedese? Manchi, un bacione.

Oggi ho comprato un vestito da sera al centro commerciale, dovresti vederlo! È bianco con una cintura dorata in vita e una sola spallina, fa molto dea greca! Quando torni, che voglio tornarci assieme a te? Ogni tanto dovresti comprarti qualcosa di meno ordinario! Un abbraccio fortissimo.

Fu mentre scriveva alle ragazze, che si rese conto di non voler tornare realmente a casa dopo una settimana. Per quanto il mare la intimorisse, sentiva che l'esperienza traumatica accaduta nove mesi prima le aveva strappato via di dosso una parte di sé. Voleva recuperarla a ogni costo, tornare a familiarizzare col suo elemento prima della fine della vacanza. Se non voleva rischiare di fallire, forse avrebbe dovuto fare passi più decisi.


 
~●~


 

Il chiosco era semideserto, a eccezione di un'anziana signora che leggeva tranquilla il giornale. Un venticello pigro soffiava sulla spiaggia ancora addormentata, mentre i baristi allestivano di cibo e bevande gli scaffali ordinati.

Retasu sedeva a un tavolino vuoto con aria assorta, una spremuta d'arancia tra le mani, godendosi il profumo dei croissant caldi mentre ripassava per l'esame d'inglese. 

Il sole tiepido, portavoce di un'alba appena passata, la cullava dolcemente, mentre il lungo mare era cristallizzato in una pace scolpita. Adorava svegliarsi presto la mattina, specie quando era in vacanza, perché non voleva sprecare un solo, prezioso momento in più.

"Buongiorno."

Retasu sollevò lo sguardo dal libro e un sorriso radioso le nacque spontaneo. Ryou era davanti al bancone, il viso disteso e rilassato. Lei gli fece cenno di accomodarsi al suo tavolo, una sensazione di tepore incontrollata a farle compagnia. 

Nonostante tutto, quel ragazzo rimaneva sempre il primo che le aveva fatto battere il cuore, anche in pantaloni corti e t-shirt era il più elegante e carismatico che avesse mai visto; l'azzurro della maglietta ne metteva in risalto il colore tagliente degli occhi, provocandole una fitta allo stomaco.

Retasu prese inconsapevolmente un respiro profondo, mentre lui si voltava verso la barista per prendere la tazzina di caffè. Lo scricchiolio della sedia smossa accanto alla sua la fece irrigidire per un istante. Quegli occhi oltremare, adesso, erano troppo vicini a lei.

"Mattiniera, vedo."

"Anche tu" constatò lei, il bicchiere di spremuta che le tremava tra le mani.

Il giorno precedente si erano salutati nello stesso posto. Lui doveva raggiungere degli amici e le aveva chiesto se volesse unirsi a loro, ma lei aveva rifiutato imbarazzata, preferendo rilassarsi per conto suo. Aveva persino appreso di alloggiare nello stesso viale del suo hotel.

"Che cosa stai leggendo?"

Retasu diventò rossa come un peperone, fissando distrattamente uno dei paragrafi.

"Stavo ripassando grammatica inglese per l'esame."

"Need some help?"

"No, thank you."

Ryou le sorrise. "La tua pronuncia è buona, ma dovrei ascoltare vere e proprie frasi per accertarmene."

Retasu ci pensò su, poi disse quello che l'era venuto in mente, il rossore che non accennava a stemperarsi sulle sue guance. "I came here two days ago, 'cause my boss gave me two weeks' vacation. I will work all the summer, but it won't be a problem, since I'm going to finish my exams before June."

Ryou annuì soddisfatto. "Brava, sei sulla strada giusta."

Lei rise nervosamente. "Grazie."

Parlare con lui in inglese la metteva in soggezione, non era sicura di essere stata spigliata come suo solito.

"Però ricordati che la pronuncia americana è diversa, più nasale."

"Esatto, quella inglese è più... sofisticata."

"Direi snob, quindi farebbe più al caso mio."

Retasu rise. "Non intendevo offenderti."

"Lo so."

Lui la fissò serio, facendo mutare la sua ilarità in imbarazzo; sembrava che la stesse studiando, alla ricerca di qualcosa che lei non riusciva lontanamente a immaginare.

"Dopo Kei sei la sola persona capace di ridere per quello che dico."

Retasu avvampò, richiudendo il libro d'inglese con un colpo secco. "Per me sai essere divertente" rivelò impacciata.

"Divertente? Io?"

Con la coda dell'occhio lo vide inarcare un sopracciglio.

"B-beh, c'è chi trova divertenti anche gli incontri tra lottatori di sumo. Io personalmente preferirei studiare l'alfabeto finlandese al contrario."

Ma cosa sto dicendo?

Retasu distolse lo sguardo, abbassando la testa con l'aria di una che avrebbe voluto sotterrarsi in un fosso. Sussultò sorpresa, non appena avvertì i capelli spostarsi. Ryou glieli aveva scompigliati sulla fronte. 

"È molto carino da parte tua farmi complimenti che non ho mai ricevuto."

Quel breve, innocente contatto le fece perdere un battito. 
Non c'era niente da fare. Poteva negarlo a se stessa, dire che dopo la relazione con Koichi le era passata, ma la cotta per Ryou ce l'aveva ancora. Le sarebbe rimasta cucita addosso, con persistenza, perché certe sensazioni, con gesti fugaci come quello di prima, solo lui gliele sapeva trasmettere.

"P-per caso hai degli impegni adesso?"

Aveva parlato così piano che si stupì di ottenere una risposta.

"Perché me lo chiedi?"

Retasu deglutì. "Volevo sapere se ti andava di fare due passi. Ma magari... ecco, che ne so... se da fastidio a..."

Si sentiva annaspare, mentre gli occhi magnetici di Ryou, fissi su di lei, contribuivano a mandarla ulteriormente in tilt. Finalmente lui, per probabile intervento di un miracolo divino, venne in suo soccorso.

"Non sono fidanzato, niente scenate di gelosia all'orizzonte."

Retasu si sgonfiò come un palloncino. Lo shock della scoperta si sovrappose al sollievo di essere sfuggita a quel pantano discorsivo, al dispiacere e a un'istintiva euforia. Sbatté le palpebre, picchiettando le dita sul bicchiere di spremuta, poi ne bevve un piccolo sorso con le spalle incassate.

Dopo la battaglia contro Profondo Blu, Retasu aveva frequentato il Caffè come cameriera per altri due anni, ma Ryou non si era mai addentrato nel campo sentimentale con lei, ogni volta che avevano parlato. Decise che non aveva la minima intenzione di farlo neanche in quel momento, così s'affrettò a dire qualcosa, tuttavia lui l'anticipò nell'intento, lo sguardo rivolto verso il mare.

"Io e Sayuri ci siamo lasciati un anno fa. Eravamo troppo diversi. Lei esuberante, io noioso. Non andavamo più d'accordo."

Retasu era interdetta. Non credeva alla sue orecchie, mai si sarebbe aspettata di sentirlo parlare con lei della sua ex.

Sayuri... se la ricordava bene. Poco più grande di lui, il viso delicato e lo sguardo vivace: fisicamente era perfetta, con quei capelli scuri fatti di seta e le gambe snelle; caratterialmente sapeva il fatto suo, era colta, spigliata e decisa, ma nel suo egoismo inespresso Retasu non l'aveva mai vista realmente adatta a Ryou. Spesso non lo ascoltava come avrebbe dovuto, soffriva d'egocentrismo e col genere femminile era piuttosto competitiva, anche se lui non se n'era mai accorto, estraneo a quel tipo di socializzazione.

"Scusa, non voglio deprimerti coi miei discorsi."

Sul suo viso era calata una tristezza compassata, trattenuta a fatica in un mezzo sorriso che non gli arrivava agli occhi.

Retasu scosse la testa. "Non ti preoccupare."

In un'altra circostanza avrebbe saputo trovare parole di conforto, qualche perla di saggezza, come dicevano Purin e le sue compagne di corso, ma in quel momento si sentiva bloccata. Era un fragile foglio di carta, alla prese con un cristallo da maneggiare con cura. Il fatto che Ryou non stesse più insieme a Sayuri la rendeva ingiustamente felice, provocandole una sensazione di scomdo disagio. Sentiva che non sarebbe riuscita a sembrare sincera, se gli avesse detto qualche parola di circostanza.

"Koichi dove l'hai lasciato?" le domandò Ryou, una nota più leggera nella voce.

Retasu distolse lo sguardo. "È in Florida. Indovina... non stiamo più insieme" concluse.

Il silenzio premeva sulle sue spalle come un macigno. "Ne è passato di tempo dall'ultima volta che ci siamo visti... sono cambiate tante cose da allora" aggiunse, giocherellando nervosamente col suo tovagliolino di carta.

"Già, hai ragione."

C'era un'amarezza velata nelle parole di Ryou, una rassegnazione alla realtà dei fatti che faceva a pugni con la sua, ma che al tempo stesso ci andava a braccetto.

"Ne sono successe fin troppe, di cose, e in troppo poco tempo" proseguì lui.

Retasu sentiva che la stava guardando, ma non trovò il coraggio di ricambiare il suo sguardo.

"Eppure siamo di nuovo qui."

A quelle parole alzò la testa, sorpresa. Il sorriso luminoso e malinconico di lui le mozzò il respiro. 
Si erano persi di vista quando lui aveva iniziato a insegnare all'università e lei aveva smesso di lavorare al Caffè, ma dopo tutto quel tempo a lei sembrava che la loro distanza non fosse mai esistita, come se alla resa dei conti finale le loro strade avessero dovuto riunirsi inevitabilmente.

"Allora, andiamo a fare questa passeggiata?"

Retasu annuì, emozionata. 

Il mare, si rese conto, era meraviglioso se c'era lui.


 
~●~


 

Stare in compagnia di Ryou le annebbiava il cervello e le scaldava il cuore. La sua presenza non era invadente, né eccessivamente destabilizzante come lo era un tempo. Parlare con lui le riusciva naturale, se si escludeva l'argomento sentimentale, lui la sapeva ascoltare senza metterle fretta o darle l'impressione d'annoiarsi. 
C'erano parecchi libri che entrambi avevano letto, su cui potevano confrontarsi, concordare o dissentire, precisazioni linguistiche su cui discutere, argomenti d'ingegneria da condividere, città esotiche su cui fantasticare. 

Le piaceva stare con Ryou perché entrambi condividevano la curiosità per la ricerca, l'amore per la lettura e un'indole riflessiva, ma al tempo stesso c'erano argomenti sui quali erano in disaccordo e atteggiamenti diversi, che li rendevano oggetto di un confronto e di una scoperta continua.

Negli anni precedenti non avevano mai avuto modo di stare da soli come allora. Anzi, si erano se possibile allontanati più che mai, dopo la fine del progetto; lui alle prese con Sayuri, lei con Koichi.

Koichi... il suo primo ragazzo. Lui l'aveva aiutata a fiorire, smussando la sua timida personalità da topo di biblioteca, come l'aveva scherzosamente definita una volta. L'aveva sempre fatta sentire bene, facendosi precipitosamente  spazio nelle sue giornate, regalandole fiori e libri d'illustriazioni.

C'erano state passeggiate intime, conversazioni al chiaro di luna, baci fugaci e abbracci impacciati; c'era stata una prima volta imbarazzante, una vacanza da non dimenticare, un viaggio a Praga, un primo incontro al parco Inohara di cui ridere nostalgicamente. 

Un amore sbocciato come un fuoco d'artificio, spentosi poi altrettanto rapidamente.

Koichi era un tipo sportivo, dinamico, non sapeva stare fermo, si stancava subito di fare le stesse cose, di vedere gli stessi posti, di uscire con le stesse persone. 
Voleva che lei si truccasse sempre, che passasse meno tempo a leggere, che s'iscrivesse al corso di boxe con lui – così un giorno saprai difenderti – ma a lei tutto ciò non era congeniale. 

Koichi aveva iniziato a pretendere troppo da lei, semplicemente, perché aveva voluto cambiarla, renderla colei che, evidentemente, non aveva ancora trovato.

L'aveva lasciata in un giorno d'inverno, dicendole che il sentimento che provava per lei era passato – volato via, come un cerotto tenuto troppo a lungo su una sbucciatura, che si stacca da solo e cade a terra senza fare rumore. 

Retasu ci era rimasta male, ma non quanto aveva temuto.
Forse non sapeva amare veramente, magari non se n'era mai resa conto, oppure la fine della sua relazione era stata talmente veloce da congelare persino il suo dolore.

Nei mesi successivi aveva pianto, si era isolata, aveva smesso di mangiare, concentrandosi sullo studio, mentre Koichi era in Florida, a vivere una vita piena di stimoli nuovi, a pubblicare foto di serate festose sui social, a scriverle messaggi di scuse che non la lasciavano andare, tenendola sempre in bilico tra la possibilità di un nuovo inizio e una delusione continua, costante, senza via d'uscita.

Alla fine Retasu aveva esaurito tutto, di lui. Aveva spento le palpitazioni al cuore non appena vedeva un suo messaggio, aveva scordato l'ammirazione, cancellando il rimpianto; poi la sofferenza e il tormento per il suo atteggiamento erano evaporate. 

Aveva smesso d'incolparsi, di vedersi responsabile, gli aveva scritto una lettera e ci aveva messo una pietra sopra. Era tornata a vivere, finalmente, sostenuta dalle amiche e dagli impegni che le tenevano la mente occupata.

Di quell'esperienza fugace e passionale avrebbe ricordato solo i bei momenti e ringraziato la vita per ciò che le aveva permesso d'imparare su se stessa, al di là dell'esito spiacevole della relazione. 

Stare in compagnia di Ryou, in quei due giorni, le aveva fatto capire tante cose. Se lui le sfiorava un braccio per sbaglio erano vertigini, non brividi. Se lui le sorrideva era calore, non tepore. Se lui la guardava dritto negli occhi erano pulsazioni, non battiti regolari. Perché Ryou non era Koichi, e Koichi non era stato vero amore. Da inesperta qual'era, lei non l'aveva mai capito prima d'allora.

Retasu si rigirò tra le coperte, chiudendo gli occhi. Aveva la sensazione di sentire il suo profumo incollato addosso, come se Ryou le fosse ancora vicino. Non vedeva l'ora che la notte passasse per rivederlo.

Per la prima volta, dopo mesi e mesi, non ebbe paura di addormentarsi, consapevole che al suo risveglio avrebbe trovato un motivo per continuare a sorridere.

Quella notte la cupola di rovi smise di moltiplicarsi. 
Prima di essere inghiottita dal serpente d'acqua, Retasu riuscì a sfiorare la scala di vetro e opali. Notò che il loro colore, baciato dai raggi lunari, era di un tagliente, irresistibile azzurro

 
~●~


 

Il mattino seguente Retasu si alzò alle sei e mezza con aria riposata. Una strana euforia l'accompagnò durante i preparativi, mentre indossava il suo vestito bianco preferito. Mentre osservava il suo viso rilassato allo specchio, si vide bella come non l'era mai capitato. 

Decise di tenere i capelli sciolti, voleva che la sensazione di leggerezza e libertà che provava si riflettesse anche nel suo aspetto esteriore. Non avvertì il bisogno di un'acconciatura, né di mezz'ore spese a fissarsi da tutte le angolazioni possibili per controllare di non avere un filo scucito, una piega di troppo sul vestito o nodi inesistenti tra i capelli. 

Osservò le sue spalle scoperte, il modo in cui il vestito le stava morbido sui fianchi, arrivandole sopra il ginocchio.
Aveva dimenticato l'ultima volta in cui si era sentita così a suo agio col proprio aspetto, come una qualunque diciannovenne spensierata. Era una bella sensazione, totalizzante e rigenerante per lo spirito. 

Uscì di casa, dirigendosi al chiosco con una piacevole sensazione di pienezza. Non appena il barista la vide avvicinarsi al bancone, le porse una busta.

"Retasu Midorikawa, giusto?"

Lei lo fissò incuriosita. "Sì, sono io."

"Mi hanno detto di consegnarti questo, non appena fossi arrivata."

"Oh... grazie."

Ordinò una spremuta d'arancia e una macedonia fresca, poi si sedette al solito tavolo, dove aprì la busta accuratamente sigillata. Dentro trovò un biglietto scritto in una grafia sottile, precisa a tal punto da sembrare quasi fatta a computer.

*Conosci la Roccia Segreta? Se sì, ti aspetto lì. Buona colazione.*

Retasu si avvicinò al bancone, richiamando l'attenzione del barista.

"Scusi, qui non c'è nessuna firma. Potrebbe dirmi chi gli ha lasciato il biglietto?"

Lui inizialmente parve confuso. "Il ragazzo biondo che fa colazione con te."

Retasu sussultò. La calligrafia le era sembrata la sua, ma c'era qualcosa di strano nella faccenda.

"Capisco, grazie."

Peccato che io non sappia dove sia questo posto.

"Mi scusi infinitamente per l'ulteriore disturbo. Saprebbe dirmi dove si trova la Roccia Segreta?"

Il barista si passò una mano tra i capelli, sorridendole complice.

"Il tuo ragazzo ti ha voluto fare uno scherzetto, eh?"

Retasu avvampò. "No, no" s'affrettò a specificare, scuotendo la testa. "I-io e Ryou non stiamo insieme."

Lui studiò la sua espressione con aria divertita, prima di fornirle le indicazioni. "Allora: lo vedi quello scoglio che divide il nostro bagno dalla spiaggia libera?"

Retasu seguì il punto indicato. "Sì."

"Devi camminare per circa dieci minuti, finche sulla sinistra non vedrai un piccolo sentiero che s'inerpica verso il basso. Da qui non riesco a indicartelo, perché è nascosto da quegli ombrelloni."

"Non importa, si figuri."

"Ti dispiacerebbe darmi del tu?" rise il ragazzo, passando uno strofinaccio sulla macchina del caffè.

"Okay, scusa."

Lui proseguì con le indicazioni. "Una volta preso il sentiero in discesa, attenta ai sassi, sono parecchio d'intralcio."

Ah, perfetto.

"Prosegui a sinistra alla prima biforcazione, poi a destra quando arrivi alla seconda. La Roccia Segreta è là."

Retasu gli fece un inchino, poi afferrò la borsetta che aveva appoggiato sulla sedia.

"Ma la tua colazione?"

Si bloccò sul posto, arrossendo, al che lui rispose con un occhiolino. "Fallo aspettare un po', fidati. E poi è meglio camminare con qualcosa sullo stomaco."

In effetti, considerò Retasu, le conveniva sedare l'emozione e mangiare qualcosa. 


 
~●~


 

La Roccia Segreta era una piccola spiaggia celata fra gli scogli. Questi ultimi abbracciavano una porzione marina formando una conca semichiusa, che somigliava più a una piscina. Retasu la raggiunse trafelata, miracolosamente intatta dopo l'escursione fra sassi e stradine in pendenza.
 
Solitari bagnanti prendevano il sole sulla riva, mentre alcuni gruppetti nuotavano o stavano sdraiati su lettini gonfiabili. A eccezione del rumore del vento regnava un silenzio riposante. Retasu individuò Ryou seduto sotto un ombrellone bianco, completamente assorto nella lettura di un libro. Si tolse le infradito e lo raggiunse. 

"Ho interrotto un momento critico?"

Lui sollevò la testa, voltandosi a guardarla. "Ah, sei arrivata. No, in realtà mi hai salvato da una parte noiosa."

Retasu chinò la testa di lato per leggere il titolo sulla copertina. Un instintivo senso di nausea la investì. "Come fai a leggere queste cose sotto il sole?"

Ryou scosse le spalle. "Non avevo niente di meglio della statistica. È arrivato il momento di comprare qualcosa di nuovo. Suggerimenti?"

Lei ci pensò su. "Visto che ti piace l'Antico Egitto, ti consiglio 'Il settimo Papiro' di Wilbur Smith. Se ricordo bene, non l'hai ancora letto."

"Infatti, lo terrò a mente. Vuoi sederti?"

Retasu scosse la testa, incrociando le mani in grembo. "Come mai volevi che venissi qui?" 

Lui le sorrise, poi spostò lo sguardo sull'orizzonte. "Perché il mare è sempre calmo qui. È protetto dagli scogli che ne delimitano il perimetro."

Lei sospirò. "Ti sei accorto che non faccio il bagno." 

Il pensiero che lui si fosse soffermato a pensarla le riscaldò il cuore, carezza tiepida di vento e arcobaleno. Le sembrò di tornare indietro nel tempo, a uno step che aveva già superato, sempre grazie a lui. 

"Pensavo che la paura dell'acqua ti fosse passata" ammise lui, scrutandola con aria attenta. 

I suoi occhi non avevano nulla d'inquisitorio, la sfioravano con una delicatezza impensata, riflessiva, alla ricerca di un perché. Retasu sentì che parlare con lui non le avrebbe causato problemi, così ascoltò quella sensazione e iniziò a raccontare. Descrisse gli avvenimenti in maniera asettica, chirurgica, come se fosse un'estranea ai fatti. Lui l'ascoltò in silenzio, l'espressione immutata, portando pazienza durante i momenti di pausa improvvisa tra una parola e l'altra, in mezzo alle increspature dei ricordi più aspri.

Quando lei ebbe finito, Ryou fece un'osservazione breve, diretta, veritiera. Fu la più semplice, quella che nessuno, per assurdo, aveva mai pensato di esporle.

"Non è l'acqua a farti paura, ma tuo fratello."

"Come?"

Lui si alzò dalla sedia, facendole cenno di accomodarsi. 
Di fronte al suo diniego sbuffò appena. "A me non va più di stare seduto, giuro." 
Quello fu l'unico modo per farla acconsentire. Sorrise appena, non visto, della sua ostinata apprensione, mentre lei disegnava con l'indice piccoli cerchi immaginari sul ginocchio scoperto – gesto che presupponeva una riflessione nervosa. 

"Come vanno le cose fra te e Uri?"

A quella domanda Retasu esitò appena nel suo gioco distratto, poi riprese a muovere l'indice più lentamente. 

"Abbiamo affrontato un discorso per chiarirci, siamo tornati a essere affettuosi l'una con l'altro nel giro di poco tempo, come se non fosse successo nulla... ma da parte mia avverto la paura di sbagliare, di deluderlo. È ridicolo, l'ho sempre saputo, eppure me ne rendo conto davvero solo adesso, mentre te lo dico. Non sono spontanea come un tempo con lui."

Ryou appoggiò una spalla all'ombrellone, incrociando le braccia al petto. "È questo che ti ricorda il mare, ogni volta che lo guardi. Ti dice che sei meno spontanea con tuo fratello e, siccome è una consapevolezza scomoda per te, la eviti, fingendo che il vero problema sia un altro."

La voce di Ryou era calma, ponderata, velluto che agiva come un massaggio su di lei. Ascoltare le sue parole equivaleva a guardare allo specchio la verità, disseppellirla dall'inconscio, farla tornare a galla con morbidezza. Quel ragazzo, su di lei, aveva sempre esercitato un ruolo speciale; riusciva a metterla di fronte al proprio io con serenità e disinvoltura, quando per lei, invece, avrebbe significato intraprendere un percorso scivoloso, irto d'ostacoli. 

Ryou smussava gli spigoli dentro di lei, riuscendo a prendersene cura con una naturalezza disarmante. Retasu sollevò lo sguardo verso di lui, sorridendogli grata. 

"Penso che tu abbia ragione. Ho sbagliato a non parlarne con nessuno, mi sono preclusa la possibilità di fare chiarezza con me stessa per troppo tempo." 
Afferrò il libro di statistica che Ryou aveva appoggiato sullo zaino, rigirandoselo fra le mani. "Devo ringraziarti. Non è la prima volta che parlare con te mi fa stare bene."

Lui non disse nulla, poi si sedé sulla sabbia, di fronte a lei. 

"Anche io sto bene quando parlo con te."

Retasu sollevò la testa, arrossendo appena. Quello era lo sguardo di lui che preferiva: luminoso, sereno, sgombro, dalla malinconia e dalle verità taciute. Quando Ryou aveva quegli occhi, significava che stava veramente bene, bene come gli capitava di rado; dismetteva le voci concitate, i pensieri troppo intricati nel suo cervello, i ragionamenti complessi, per lasciare posto a una quiete gentile. 

"Ti va di fare un bagno?"

Sentì la propria voce pronunciare quelle parole prima che potesse rendersene conto, ma non ebbe nessun ripensamento. 

Ryou si alzò in piedi, porgendole una mano in segno d'assenso. Lei l'afferrò, lasciandosi trascinare dal calore soffuso e dalle vertigini di quel contatto. Non le importava di essere senza costume, non le importava di bagnare il suo vestito preferito, pensò, mentre si perdeva nel mare di quegli occhi magnetici. Era insieme a Ryou, sprecare quei momenti preziosi con inutili paranoie sarebbe stato ridicolo. Niente era minaccioso o irraggiungibile con lui. 


Quella notte Retasu riuscì a salire sulla scala di vetro e opali. Uri l'aspettava in cima, un sorriso d'incoraggiamento sul viso sereno. 


 
~●~


 

Retasu sorseggiava distrattamente il suo succo d'arancia. Quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di vacanza, ma era felice di tornare a casa perché avrebbe rivisto suo fratello e avrebbe saputo cosa fare. Il motivo che la rendeva malinconica sedeva invece di fronte a lei. 
Temeva che il ritorno a Tokyo avrebbe sancito la fine del suo legame con Ryou, che tutto ciò che avevano condiviso sarebbe rimasto relegato su quella piccola spiaggia dimenticata. Lui l'avrebbe portato con sé, una volta tornato alla sua vita da professore? 

"A cosa pensi?"

Retasu si perse a guardarlo. La sfumatura d'azzurro dei suoi occhi era ciò che conosceva meglio, avrebbe potuto riprodurla nero su bianco, ma non ne sarebbe mai stata soddisfatta; ci sarebbe sempre stato quel dettaglio inespresso, quella punta di luce mozzafiato che non avrebbe potuto catturare con la matita. 

"Mi dispiace partire, mi stavo affezionando a questo posto, alla sua atmosfera dolce e riposante."

Ryou sorseggiò il suo caffè. "Ah, devo smetterla di bere questa roba, è dannosa per l'organismo."
Retasu ridacchiò appena, mentre lui scuoteva la testa.
"Comunque non devi, puoi tornare qui con le prossime ferie."

Non sarà la stessa cosa. 

"Hai ragione" annuì lei con un sorriso forzato. 

Rimasero lì, ad ascoltare il respiro della brezza gentile e il verso dei gabbiani. I raggi del sole depositavano macchie dorate sul chiosco e il fogliame degli alberi, ravvivandolo di un'energia pura. Stare seduti in quel posto dava l'impressione di essere protetti in un limbo a sé stante, figlio di un mondo più giusto – ma forse era la reciproca presenza dell'altro, a farli sentire così. 

"Credo proprio che tornerò a casa con te."

Retasu lo fissò sorpresa. "Davvero? Pensavo volessi restare di più."

Lui le sorrise nostalgico, piegando le labbra in una linea inconsapevolmente sensuale agli occhi di lei. Il suo sguardo si fece più assorto, offuscato dalla realizzazione di una verità luminosa. 

"Non ne ho più motivo."


 
~●~



 

Decisero di partire quel pomeriggio stesso. Retasu stava finendo di riempire le valigie, quando Ryou l'avvisò che era arrivato. Assimilato il senso di quel messaggio, sobbalzò di scatto e il reggiseno che stava per riporre via le cadde di mano. Con un piede richiuse una valigia, iniziando a correre trafelata verso l'armadio.

Odiava far aspettare la gente, ma non avrebbe certo fatto entrare Ryou in una casa dove la sua biancheria era ancora in bella vista, adagiata sul letto e nella valigie aperte. Non era da lei essere in ritardo, quella telefonata inopportuna da parte della segreteria studentesca le aveva fatto perdere tempo. 

Forza, forza. Chiuditi, ti prego!

Comprare souvenir per le amiche non era stata una buona idea, ne aveva presi decisamente troppi per la capienza di quella maledetta valigia. Retasu ci si sedé sopra, pregando di riuscire a chiuderla. Rialzandosi, inciampò sulla manica sporgente di un coprispalle e rischiò di cadere. 

Cinque fatidici minuti dopo, poté uscire di casa con le valigie alla mano, tutta rossa e trafelata. 

"Ryou, scusami tanto per..."

Si bloccò sul vialetto d'ingresso, diventando color pomodoro. Possibile che vederlo in jeans e giacca di pelle le facesse quell'effetto? Scosse la testa, terminando la frase con gli occhi rivolti altrove. "... ho perso tempo con una telefonata."

"Tranquilla."

"D-devo consegnare la chiave di casa al proprietario. Ti spiace accompagnarmi da lui?"

Ryou negò col capo. "Nessun problema."

I passanti lungo il marciapiede sferravano occhiate perplesse alla macchina grigio metalizzato parcheggiata di fronte a quella casa. Non capitava tutti i giorni di vederne una lungo quelle strade di mare.

"Esibizionista..."

"Abbiamo capito che hai i soldi."

Frasi di quel tipo s'alternavano in un inglese scadente, erano perlopiù osservazioni dei turisti occidentali, meno inclini al garbo della civiltà giapponese. Retasu lanciò un'occhiata apprensiva a Ryou, mentre lui apriva il baule; le sembrò che fosse perfettamente a suo agio, per nulla scalfito dai commenti pungenti. Sollevò una valigia per caricarla, imbarazzata da tutti quegli occhi puntati addosso.

"Lascia, faccio io." 

Non ebbe il tempo di premeditarlo. Ryou, mentre le si avvicinava per toglierle la valigia di mano, sporse il viso verso di lei, un po' più del dovuto, poi le sfiorò le labbra. Trattenendo a stento un sorriso, interruppe quel bacio fugace, si scostò da lei per caricare la valigia nel baule, come se nulla fosse successo.

Stordita, imbarazzata e confusa -  terribilmente confusa - Retasu si portò l'indice alle labbra, toccandole appena, gli occhi fissi sulla schiena del ragazzo. 

Non capiva più niente.

Lui si voltò, le tolse di mano l'altra valigia e dopo aver richiuso il baule con un colpo secco, le si avvicinò con espressione incredibilmente seria. "Il mio motivo per restare, adesso, sei tu."

Glielo aveva sussurrato all'orecchio, la voce carezzevole come seta. Retasu socchiuse appena gli occhi mentre lui le spostava una ciocca di capelli dietro all'orecchio, ancora troppo stordita per capire cosa fosse successo. 

"Andiamo?"

Li riaprì, estatica, rossa per l'emozione. Ryou era fermo davanti alla portiera, sulle labbra un leggero sorriso divertito. 

Retasu gli andò incontro, nebbia e sole che danzavano in un unico spirito festante davanti a lei. Spostò quel velo confuso in un battito di ciglia, concentrandosi unicamente su Ryou, e si sollevò in punta di piedi per baciarlo.

La scala di vetro e opali si sgretolò davanti a lei, mutando nelle braccia di lui, pronte ad accoglierla. 



"Perché mi hai baciata?"

"Perché quando sono con te è sempre primavera."








 
~●~





Spazio dell'autrice 
Storia scritta senza pretese, mi ci voleva un po' di Retasu e Ryou : D Dove ci sono loro, c'è sempre il mare per me. Di solito preferisco trame più dinamiche, ma stavolta ho voluto rischiare con qualcosa di più introspettivo. 
Perché quella frase finale? Perché per una persona col passato che ha avuto Ryou, secondo me una ragazza dolce e tranquilla come Retasu è quella che gli ci vuole per farlo stare bene davvero. Il bacetto a sgamo mi sapeva troppo di atteggiamento alla Ryou, non era premeditato, ma alla fine si è scritto da solo :D 
La traduzione della frase in inglese (I came here two days ago, 'cause my boss gave me two weeks' vacation. I will work all the summer, but it won't be a problem, since I'm going to finish my exams before June) è: "Sono arrivata due giorni fa, perché il mio titolare mi ha dato due settimane di ferie. Lavorerò tutta l'estate, ma non sarà un problema, dal momento che finirò gli esami prima di giugno." Dedico questa storia a Blackmiranda, che mi ha sempre regalato letture appassionanti. Spero tu gradisca <3
La storia partecipa al contest "Tutti gli anime della nostra infanzia" indetto da 9dolina0 sul forum di EFP.
  
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