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Autore: ChrisAndreini    07/05/2016    1 recensioni
Ci sono tante cose terribili che accadono quando un incendio brucia tutti i tuoi averi: perdi la posizione di prestigio cadendo in rovina, perdi il rifugio sicuro dalle intemperie, perdi la sicurezza di cibo e acqua.
Ma Dipper, un tredicenne sveglio e nobile, perse molto di più.
E quando la sua famiglia cadde nel baratro, e lui fu costretto a lavorare insieme al prozio nella magione della più prestigiosa e importante famiglia della cittadina medievale di Gravity Ville, solo una cosa, una persona, gli mancava.
E desiderava così tanto riaverla indietro, che lei tornò da lui.
Dal testo: 
“-Mabel- sussurrò il ragazzo, mentre le lacrime iniziavano ad uscire senza che lui potesse controllarle -Sei proprio tu, sei proprio…- iniziò a singhiozzare, incapace di trattenersi, mentre la sorella gli metteva una mano sulla spalla, trapassandolo.
-Oh- ritirò la mano di scatto, diventando leggermente violetta, e abbassò lo sguardo.”
 
5° classificata al contest "AU Contest- Wherever we are" di EmmaStarr
Genere: Malinconico, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dipper Pines, Mabel Pines, Stanley Pines, Un po' tutti, Wendy Corduroy
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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A Shooting Star may fall

Un giorno come tanti

 

Era stata una giornata come tante, non c’era stato proprio nulla di strano, e questa era la cosa peggiore.

Di solito, quando accadeva un evento tragico, lo si sentiva nell’aria, c’era sempre quella sensazione di stordimento, quello strano peso sul petto, che spesso veniva ignorato, ma che comunque metteva sull’attenti, spaventava.

Invece Dipper non l’aveva sentito, e il giorno prima che la sua vita cambiasse radicalmente, fu un giorno come tutti.

Aveva passato la mattinata a studiare mentre la sorella provava l’abito che avrebbe indossato al matrimonio combinato con il primogenito di una delle famiglie più importanti della piccola cittadina scozzese di Gravity Ville, i Gleeful.

Avevano poi passato il pranzo insieme, e Mabel aveva deciso di organizzare un picnic e aveva portato il fratello ai confini della proprietà, in mezzo al boschetto di alberi di pino che davano prestigio alla famiglia e che avevano coniato il cognome.

Avevano chiacchierato parecchio, parlando del futuro, del matrimonio imminente che Mabel non apprezzava affatto e degli studi di Dipper.

Poi avevano giocato a chi sarebbe arrivato per primo a casa, e Mabel aveva vinto con parecchio scarto, pur portando scarpe non molto comode e il vestito lungo e pesante.

Sua madre si era vista parecchio infastidita da quel comportamento infantile, ma a Mabel mancavano così pochi giorni di libertà che aveva deciso di lasciar correre e farla vivere in allegria, dato che il futuro marito non avrebbe certo tollerato un comportamento del genere.

Il pomeriggio era passato con altri preparativi da parte dei genitori. Mabel era rimasta a casa a tessere e Dipper era stato costretto a sostituire il padre come controllore per il trasporto dell’ultimo carico di legna in città.

Lui e sue sorella erano tredicenni, e gli unici discendenti della famiglia Pines, un tempo una delle famiglie più importanti della città perché mercanti di legname, uno dei maggiori prodotti da asporto del villaggio.

Dopo alcuni scandali erano finiti sul bordo del precipizio, ma il matrimonio combinato di Mabel Pines avrebbe risollevato la famiglia.

Anche se sarebbe più corretto dire avrebbe dovuto.

Infatti quella notte accadde l’inevitabile.

Dipper si ricordava gli ultimi momenti di quella che sembrava normalità come se nella sua testa li continuasse a rivivere all’infinito.

Dopo un’elegante cena offerta dai domestici, lui e sua sorella erano risaliti nelle loro camere, e si erano salutati come al solito non appena arrivati alle rispettive porte, che erano l’una davanti all’altra.

Si ricordava chiaramente che Mabel, che si sarebbe dovuta sposare dopo pochi giorni e lasciare la casa della sua famiglia, lo aveva sconsideratamente abbracciato, e gli aveva dato in dono il suo portafortuna: una catenella d’argento con un ciondolo che raffigurava una piccola stella cadente.

Dipper non sapeva perché avesse scelto proprio quel giorno, ma non l’aveva chiesto, e non ebbe più l’occasione di farlo.

Forse, a differenza sua, Mabel aveva avvertito quel peso sul petto e la sensazione che sarebbe potuto essere il loro ultimo addio.

Un altro ricordo vivido nella mente di Dipper fu il proprio saluto, stanco, quasi dato per scontato, visto che era assonnato quella notte e il giorno dopo si sarebbe dovuto svegliare molto presto per aiutare il padre a tagliare la legna, dato che non aveva lezioni.

Si era messo la catenella al collo quasi distrattamente, con l’intenzione di toglierla prima di dormire, ma si era appisolato sul momento, non appena ebbe chiuso gli occhi.

E li riaprì dopo quelli che parvero pochi secondi, perché l’aria si era fatta improvvisamente troppo calda, e il respiro più affannoso.

Non capì subito quello che stava succedendo, anzi in un primo momento sembrò solo un sogno parecchio vivido e quasi doloroso.

Ci mise qualche secondo a rendersi conto che la sua stanza era completamente avvolta in fumo nero, che quasi gli impediva la vista e che era scaturito da muri di fiamme che lentamente stavano consumando il legno.

Balzò fuori dal letto, ancora poco lucido, ed inciampò nelle coperte di lana, cadendo con la faccia nel pavimento.

Non ricordò, a posteri, cosa pensò in quel momento, ma era abbastanza sicuro che non fosse il salvataggio di sua sorella, quanto il proprio.

Era stanco, non respirava ed i suoi occhi sembravano bruciare quanto la gola.

Strisciò verso la porta, il più velocemente possibile e cercando di non respirare troppo fumo.

Tirò con se la coperta per coprirsi davanti alla bocca, e raggiunse in fretta la sommità delle scale.

Fu solo a quel punto che, sentendo un urlo, si ricordò della sorella nella stanza davanti alla sua.

Era tradizione chiudere a chiave le stanze delle giovani ragazze, soprattutto se erano in età da marito e dovevano sposarsi a breve.

“Mabel?” pensò con l’ultima parte di suo cervello che ancora era razionale.

Prima che potesse anche solo pensare di andarla ad aiutare la scala su cui si era posato un attimo assalito dall’incertezza non resse più, e il ragazzo cadde in un mare di fiamme ancora più alte.

Non capì come fece a salvarsi, ricordava solo che ce la mise davvero tutta, e i suoi sforzi vennero ricompensati.

La fine delle scale era proprio davanti alla porta, quindi bastò un leggero sforzo di volontà per raggiungere l’uscio, e al resto pensarono le robuste mani del padre, che lo presero con forza e lo portarono lontano dal fuoco, nel freddo della notte d’inverno che sembrò tutt’altro che gelida, dopo quel caldo infernale che lo aveva avvolto.

Ci mise qualche secondo a capire appieno quello che stava succedendo, mentre sentiva sua madre piangere disperata in ginocchio vicino alla casa, i lamenti demoralizzati e devastati dei domestici che da una parte cercavano di consolarla, dall’altra erano spaventati e sconvolti ben più di lei, visto che alcuni di loro erano ancora dentro, e visto che non avrebbero più avuto lavoro vista la tragedia.

Il padre lo abbracciava, sollevato di poterlo ancora stringere tra le braccia.

-Mabel?- chiese Dipper, in un sussurro, quasi non riusciva a parlare.

Il padre sciolse l’abbraccio, guardando preoccupato la casa, che come carta al fuoco stava lentamente piegandosi su se stessa e crollando inesorabilmente.

-Mabel?- chiese ancora il ragazzo, iniziando ad acquistare lucidità ed iniziando a sentire nel petto quel peso che non aveva avvertito dalla mattina, o che forse aveva sentito ma di cui non aveva voluto tener conto.

Di lì a poco, non sarebbe rimasto che un mucchio di cenere, ma Mabel non poteva essere lì, forse era uscita, e Dipper si era immaginato tutto.

Il padre si avviò velocemente verso la casa, prendendo qualche domestico fedele e disposto a rischiare la vita per una eventuale missione di soccorso, ma proprio in quel momento gli ultimi sostegni della casa cedettero, e tutto crollò in un enorme falò di fuoco, cenere e morte.

Il capofamiglia Pines si portò la mano alla bocca, tenendosi ad un servo per non cadere in ginocchio, e lasciando andare qualche lacrima.

Dipper continuava a non capire, o forse semplicemente il suo cervello si rifiutava di crederci.

Doveva essere un sogno, un bruttissimo sogno, ma allora perché non si svegliava?

-Mabel!- cercò di correre, inciampando parecchio, verso la casa ormai distrutta, senza neanche pensare di credere che sua sorella potesse essere intrappolata, senza possibilità di salvezza, forse già… 

No! Non poteva essere, c’era sicuramente una soluzione, e lui l’avrebbe salvata.

-Dipper, no!- suo padre lo prese appena in tempo, prima che si precipitasse in soccorso, e il tredicenne provò a dimenarsi con la massima forza possibile per un ragazzino così provato.

Mano a mano la consapevolezza di quello che era accaduto iniziò a farsi breccia dentro di lui, contemporaneamente alle lacrime che iniziavano ad uscire, senza contegno.

Cercò di trattenerle, dando a loro la colpa di quella disperazione, senza sapere che erano solo una conseguenza, la conseguenza di un futuro distrutto, di una persona che se n’era andata via per sempre dalla sua vita, della sorella che non aveva neanche potuto salutare che era completamente scomparsa inghiottita da fuoco e cenere.

I singhiozzi del ragazzo furono persino più forti di quelli della madre, che continuava a disperarsi con la testa tra le mani lamentandosi che la loro famiglia era maledetta.

Dipper si portò una mano al petto, constatando che la catenella regalatagli da Mabel era ancora lì, completamente integra nonostante il caldo che aveva dovuto subire.

La strinse forte, nonostante fosse cocente, e gli sembrò quasi di sentirla vibrare, come se un piccolissimo cuore di metallo battesse all’interno dell’argento.

Come se sua sorella fosse lì e cercasse di rassicurarlo.

“Andrà tutto bene” sembrava comunicargli.

Ma Dipper non le credette.

   
 
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