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Autore: scarlett_midori    08/05/2016    1 recensioni
«Tu esisterai sempre, okay? Qui, per me, per tutti. Nessuno potrà mai dimenticarti, Ian.»
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si ubriacava; sembrava essere l'unica via d'uscita che era riuscito a trovare in quella situazione. 
«Dovresti smetterla con l'alcool» gli ripeteva ultimamente Ian, un po' troppo spesso e forse, non aveva torto. 
Mick non aveva davvero la forza di rendersene conto, comunque, appunto grazie all'alcool. 
Ringraziava ogni goccia di birra che entrava nel suo organismo e gli permetteva di smettere di pesare per alcune ore, lasciandolo libero da ogni pensiero che lo riconducesse ad un avvenimento che non era riuscito a superare... Non che fosse facile farlo, nel suo caso quasi impossibile.
Per quella ragione ringraziava l'alcool che gli permetteva di smettere di pensare, non di soffrire.
Almeno finché l'effetto durava.
Talvolta, quando si svegliava la mattina con un gran mal di testa e una nausea terribile, gli sembrava che tutto fosse okay per qualche secondo. Poi il flusso dei ricordi lo travolgeva e il ragazzo si trovava steso nel letto, senza alcuna speranza di reagire.

  «Basta, Mick, dai. Ti stai facendo del male, testa di cazzo.»
Ian era seduto sul tavolo e dondolava le lunghe gambe nel vuoto. Milkovich, invece, era sul divano, con la chiara intenzione di non muoversi da quel posto per il resto della serata. Eppure, se fosse uscito, sarebbe stato da solo per un paio di ore.
«Sei arrabbiato con me? Perché non mi parli?»
Per quale ragione quel dannato Gallagher non smetteva di parlare, una buona volta?
Mickey cercava di non rispondere, ma era difficile. Ian era capace di parlare per ore senza mai stancarsi e conosceva modi molto persuasivi per far comunicare Mickey. 
«Da quando è successa quella cosa, non mi parli più. Dovremmo discuterne.»
«Discutere di cosa?» Non poteva credere di avere davvero risposto, che assurdità. Prese l'ennesimo sorso di birra, nella speranza di addormentarsi presto.
«Uh, bene. Allora hai ancora la voce.»
Sentì i piedi di Ian calpestare il pavimento, attraversare la cucina e avvicinarsi al divano.
Dannato Gallagher.
«Basta, Mick. Se continuerai a ber-»
«Siamo a casa.» La voce di Svetlana. Forte, stranamente rassicurante e viva. 
Accompagnata alla sua voce, il rumore dei piccoli piedini di Yev, che scalpitavano. 
Aveva sicuramente in mano qualche giochino, perché a Mickey sembrava di star sentendo un rumore infernale. 
«Da quanto tempo sei lì?» domandò la donna e il ragazzo si limitò ad indicare la fila di birre accanto al divano.
«Smettila di ignorarmi» disse Ian, coprendo in parte la voce di Svetlana, che stava domandando "come stai?"
Che domanda assurda. Se Mickey avesse dovuto descrivere il suo dolore, sarebbe stato come qualcosa di simile ad una lenta e dolorosa tortura. Come se qualcuno gli avesse aperto il petto e si fosse divertito a staccare ogni ora una piccola parte di cuore, che poi si rigenerava per essere ulteriormente staccata.
Quindi, uno strazio. Ma non rispose, si limitò a stendersi sul divano, ignorando il rumore del respiro del fidanzato, proprio vicino all'orecchio.

«Mickey... Parlami.»
Si svegliò di soprassalto a causa dell'ennesimo incubo e la cosa non lo sorprese molto, in realtà. 
Un sonno tranquillo sarebbe stato troppo, immaginava.
«Mickey...»
Possibile che Ian fosse ancora lì? Cosa aspettava? Perché non andava via?
Il moro si mise seduto sul divano e posò il volto tra le mani, socchiudendo poi lentamente gli occhi.
«Stavo pensando che potremmo andare al mare, appena il tempo sarà migliore. Che ne dici? È una bella sensazione quella di correre sulla sabbia.»
Porca puttana. 
Mickey deglutì e prese un respiro profondo.
«Allora?» domandò Ian ancora.
«No» si limitò a rispondere l'altro, non potendo credere di aver davvero risposto un'altra volta.
«Smettila di fare così! Che ti succede? Perché mi ignori e non la smetti di trattarmi male? E perché non vuoi venire a mare con me?»
«Perché sei morto, cazzo! Ian, tu sei morto, smettila di fare così...
Ti prego.»

Non poteva credere di averlo finalmente detto e di averlo ammesso a se stesso. Era come se si fosse liberato da un peso, ma la sensazione durò poco. Subito tornò a farsi sentire quel dolore all'altezza del petto, che lo stava dilaniando da giorni, da settimane. 
Maledizione. 
Alzò la testa, nella speranza che Ian non fosse più lì, che non lo stesse osservando con quegli occhio dal verde ormai spento. Ogni volta che incontrava il suo sguardo, non riusciva a trattenersi dal piangere. I Milkovich non piangevano, certo, ma da ubriachi si poteva fare un'eccezione. O almeno era quella la stupida teoria di Mickey, che però non avrebbe retto a lungo.
«Devi andare via, Ian. Lontano da me.»
«Non voglio andare via» sussurrò il rosso, con un tono che quasi non gli apparteneva. 
«Non lasciarmi andare...»
«Cazzo! Sei morto da settimane, Gallagher. Io sto impazzendo, forse. Continuo a vederti e questo non mi aiuta...»
«Non lasciarmi andare» ripeté ancora, sembrava disperato.
Mick, a quel punto si alzò, per allontanarsi. Ma non sarebbe mai riuscito a sfuggurgli... Lo amava così tanto e quella continua visione distorta della vecchia persona amata era troppo dolorosa.
«Se non sono qui con te, mi sembra di non esistere, Mickey. Io non esisto...»
Il ragazzo scosse la testa, facendo un ulteriore passo all'interno. Era sul punto di crollare. 
«Smettila, smettila cazzo.»
Cercò di respirare piano, la sua mente cominciava a fare brutti scherzi.
«Tu esisterai sempre, okay? Qui, per me, per tutti. Nessuno potrà mai dimenticarti, Ian.» 
Il che era vero, troppo e dolorosamente vero. 
Non sarebbe mai riuscito a dimenticarlo; semmai fosse riuscito ad essere felice ancora una volta, Ian Gallagher avrebbe rappresentato quella piccola parte spezzata nell'anima e nel cuore; avrebbe rappresentato quel tipo di crepa insanabile, un dolore che ti coglieva di sorpresa nei momenti migliori e che ti ricordava che, un incidente, si era portato via la parte più bella della tua intera esistenza.

Quando Mickey si svegliò la mattina seguente, ancora steso sul divano, aprì piano gli occhi chiari. Aveva paura di vederlo ancora lì... Invece, non c'era. 
Si sarebbe dovuto sentire meglio, ma non fu così. Adesso non aveva più nessuna immagine di Ian davanti agli occhi, gli rimaneva solo qualche vecchia fotografia. 
Si alzò e allungò lo sguardo verso la cucina... Gli occhi vagarono un po', cercando la presenza di qualcuno, ma era solo, per fortuna. 
Ad un tratto, notando un foglio sul frigorifero, si avvicinò all'elettrodomestico. 
Nonostante tutto, un piccolo sorriso increspò le sue labbra. 
Il disegno riportava la data di un mese prima e rappresentava, in modo alquanto stilizzato, Ian, Mickey, Svetlana e Yevgeny. 
Il rosso aveva aiutato il piccolo a colorare e a scrivere sotto alle figure colorate: "questa è la mia famiglia. Voglio tanto bene a mamma, a papà Mickey e a papà Ian." 

   
 
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