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Autore: DB_K    08/05/2016    1 recensioni
One shot ambientata qualche mese dopo la sesta serie.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One shot. Ambientata qualche mese dopo la fine della sesta serie.
I personaggi appartengono ai rispettivi autori. Fatti, nomi, luoghi sono di fantasia.
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Era passato quasi un anno dall’ultima volta che lo aveva visto. Gaetano era partito subito dopo la nascita di Camilla junior, per un lavoro a Sondrio in sostituzione del vice questore della città e Camilla si era gettata a capofitto nella gestione della nipotina insieme a Livietta, la quale nonostante fosse diventata mamma, era comunque ancora una diciottenne e non aveva tutte queste conoscenze in merito.

L’estate era trascorsa tra pianti notturni, poppate e pannolini da cambiare a tutte le ore del giorno e della notte. Ed era così trascorsa piuttosto velocemente. Era anche arrivato settembre e di conseguenza l’inizio delle lezioni e il ritorno in classe, in mezzo a volti nuovi da aiutare e da far crescere cercando di infondere in loro le giuste basi per quel futuro così incerto. La classe era abbastanza variegata, ragazzi e ragazze di tutte le nazionalità. Ed il bello era proprio questo. Il poter fare così lezione con contributi e pensieri di tutti le tipologie.

Tra Camilla e Gaetano invece, nessuna chiamata e nessun messaggio. Lui di tanto in tanto si faceva sentire direttamente con Livietta per sapere i progressi della piccola ma non aveva mai cercato o chiesto di Camilla, nonostante la ragazza durante quelle poche telefonate tra i due cercasse sempre di passare la telefonata per farli parlare, ma lui non voleva. Aveva deciso di rispettare quella decisione presa davanti la macchinetta del caffè e se e quando lei avesse capito e cambiato le sue idee e i suoi sentimenti, doveva essere lei a trovare quel coraggio e quella voglia di cercarlo per chiarire. Ma non era sicuro che sarebbe rimasto sempre li ad aspettarla. Il tempo passa ma certe ferite restano e tendono a farsi pesanti e difficili da alleviare. Camilla d’altro canto, con la scusa della piccola non faceva altro che rimandare i suoi pensieri. Era come se li avesse chiusi dentro un cassetto del suo cuore con una strana combinazione di cui non ricordava o faceva finta di non ricordare la combinazione esatta. E così oggi, domani, dopodomani, il tempo era trascorso, erano passati mesi, tra lavoro e casa, ed era arrivato febbraio. Una settimana prima dal suo compleanno.

“Mamma, ascolta: pensavo che domenica prossima sarà il tuo compleanno e visto che quest’ultimo anno lo hai dedicato interamente a me e alla piccola, io e George pensavamo di organizzare una cenetta fuori per ringraziarti.”
“Tesoro grazie, ma non dovete ringraziarmi. È il mio dovere di nonna, ricordi?” sorrise, ma allo stesso tempo ebbe un flashback che la riportò a quella mattina dove rischiava di essere scoperta dalla figlia quando appena rientrata da una notte di amore con Gaetano, si stava sistemando sotto le coperte per non dare nell’occhio e si ritrovò a parlare dei miracolosi effetti omeopatici che da un lato la ringiovanivano e dall’altro la facevano commuovere pensando a quel ruolo che di lì a poco avrebbe dovuto affrontare.
“Si mamma lo so, ma noi volevamo farlo, per te, per noi stessi. Ecco, posso dirlo anche a papà e Carmen?!” chiese un po’ incerta. I rapporti tra le due famiglie erano tutto sommato civili, probabilmente dovuti alla presenza dei due piccoli che avevano attenuato gli animi e i contrasti.
“Ah! Ok, dai! Se non ho scelta…dillo anche a loro. Per me va bene!” facendole l’occhiolino e scacciando via per l’ennesima volta certe emozioni passate.
“Grazie, non te ne pentirai. Promesso!” l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia. Era sempre la sua bambina. Mamma è vero, ma la sua bambina.

La domenica in questione era arrivata. E Camilla si stava preparando per andare alla cena organizzata da Livietta e il genero. Avevano prenotato in un ristorante subito fuori Torino. Avevano deciso di svincolarsi con le macchine e di giungere al locale separatamente, poiché Livietta e George dovevano passare a prendere la torta, mentre Renzo e Carmen li avrebbero raggiunti con qualche minuto di ritardo visto che rientravano da fuori città. Tra i due era rimasta solo una semplice amicizia e naturalmente Lorenzo in comune. Non avevano ripreso rapporti di altro tipo. Renzo per Carmen e Lorenzo c’era sempre, nelle diverse visite mediche di routine del piccolo e nella sua gestione quotidiana. Ma nulla a che vedere col rapporto che c’era stato tra i due qualche tempo fa.

La cena era prevista per le 21.00 e tutti riuscirono ad arrivare senza troppo ritardo. Alle 21.30 erano già seduti a tavola all’interno di quel locale dai tratti moderni, dai colori tenui di appartenenza di un gruppo di giovani universitari che avevano messo da parte i loro capitali per dar vita a questo lavoro e che stava effettivamente dando i suoi frutti.

“Saranno pure tutti giovani qui, ma devo dire che la cena è stata ottima”
“Hai ragione Renzo, Livietta ha fatto un’ottima scelta. Grazie, tesoro!”
“Prego! Lo sai che il titolare è un amico di George con la passione per la musica e la cucina. Ed insieme ad altri ragazzi, ha deciso di metter su il locale. Ciascuno con la mansione più appropriata. E a quanto mi ha detto George va pure bene. Vero amore?”
“Si, Liv. Sono felice che vi piaccia” sorrise George alternando lo sguardo tra Camilla e Renzo.
“E adesso mamma, la torta e i regali!” facendo segno al cameriere di poter portare in tavola la torta fatta appositamente da Boffi.
“Eh, che meraviglia!” rispose commossa alzandosi in piedi per accogliere il cameriere con la torta piena di candeline già accese. “Ma…ci sono proprio tutte?” domandò a Livietta con lo sguardo tra il divertito e il finto offeso.
“Si, mamma! Tutte!” replicò ridendo.
“Che cattivi che siete! Non è giusto infierire così su una povera nonna!” mettendo il broncio ma aprendo le braccia per accogliere l’abbraccio della figlia. “Soffio?”
“SI!!!” tutti all’unisono.

FWWD!!! E Camilla soffiò sulle numerose candeline tutte colorate presenti sulla torta. Ed in mezzo al fumo emanato dallo spegnimento le sembrò di vedere qualcosa. O meglio qualcuno. Scrollò la testa. Aguzzò la vista. Non poteva che essere un’allucinazione. Forse il vino bevuto con qualche grado più del previsto. Certo. Non era reale. Ed invece era proprio lì. Nel tavolo diametralmente opposto a quello suo. Gaetano.

“Gaetano…” riuscì a dire sottovoce, sconvolta da quell’immagine di fronte a sé. Non se n’era accorta durante tutta la serata perché non si era mai alzata dalla sedia. Ma adesso, lui era lì. E non era solo.

Si trovava al tavolo con una donna sulla trentina, al massimo quaranta, portati bene. Entrambi vestiti in modo elegante ma non troppo. E chiacchieravano tenendosi per mano. E ridevano. E brindavano. E sorridevano. E lei lì imbambolata ad osservarli. Quando… lui si alza senza staccare gli occhi da quella donna e tenendole la mano, le si inginocchia accanto alla sedia ed estrae dalla giacca un cofanetto rosso. All’interno un solitario. Ed un “SI” quasi urlato per la gioia da parte della donna che si affrettò ad alzarsi e baciarlo.

“Mamma! Tutto bene? Ci sei?” chiese Livietta passandole la mano davanti il viso per far sbloccare Camilla da quella fase di blocco totale.
“Eh…non è possib…eh…scusatemi tutti. Devo…io… devo andare…” prese la borsa e lasciò quella sua famiglia allargata lì, senza dare spiegazioni, facendo il giro più lungo per non passare davanti al tavolo dei due.

Si affrettò ad uscire di corsa dal locale, recuperò l’auto dal posteggio ed uscì a velocità come se fosse inseguita da qualcuno. Già in effetti era inseguita, da tutte quelle emozioni che l’avevano travolta in un colpo solo. Non era possibile. In meno di un anno Gaetano aveva trovato un’altra donna e le aveva chiesto la mano, proprio il giorno del suo compleanno, in quello stesso locale. Che destino infame! Non poteva farlo in un altro posto, o magari non farlo proprio? Che premura aveva di sposarsi un’altra volta? Magari aveva messo incinta pure quest’altra! E che ci faceva di nuovo nei paraggi? Non era a Sondrio? Perché era tornato e lei non lo sapeva? Anzi perché lo avrebbe dovuto sapere? Tanto non era lei che aveva deciso di essere libera e indipendente, per cui che pretendeva? Tutte domande che stavano affollando la sua testa e quel suo cuore che batteva come un matto mentre aveva in background l’immagine di lui inginocchiato con in mano l’anello e di lei commossa a pronunciare quel “SI”.

Camilla girovagò per un bel po’ tra le strade di Torino senza meta. Era sconvolta. Aveva perso Gaetano. E perché poi? Per non aver avuto il coraggio di mettersi davanti ad uno specchio e parlare francamente con se stessa in merito a ciò che realmente provava per lui e sui motivi che l’avevano portata ad avere quell’atteggiamento ingiustificato nei confronti dell’uomo. Rientrò a casa che era quasi mezzanotte. Prese un’intera bottiglia del suo caro vermouth, bevanda compagna di tante avventure, ed iniziò a bere. Così, direttamente dalla bottiglia. Con un fare disgustato della vita e del destino in generale. Non aprì nemmeno le tende, solo una lieve luce del salotto, e si lasciò cadere seduta a terra accanto al divano, con la bottiglia in mano e quelle lacrime tanto trattenute che le inondavano il viso ed il vestito nuovo preso apposta per l’occasione. E il povero Potty lì vicino a tentare di consolarla per l’ennesima volta.

“Non ci posso credere…sigh…che stronza che sono stata con lui…sigh…me lo merito…! Ho il cuore che mi scoppia Potty…lo capisci… avevo la felicità tra le mani e l’ho lasciata andare via…anzi l’ho proprio gettata…e per chissà quale stramaledetto motivo, non sono corsa a riprendermela…sigh” bevendo l’ennesimo sorso di vermouth e abbracciando il cagnolino.

Aveva lo sguardo perso nel vuoto e la mente rivolta a chissà quali pensieri, quali flashback del suo passato, quando sentì aprire la porta di casa. Pensando che fosse Livietta, preoccupata cercò di darsi un contegno, ma aveva esagerato un po’ col vermouth e non riuscì nemmeno ad alzarsi. A malapena si asciugò le lacrime.

“Camilla ci sei?” chiese Renzo entrando quasi chiedendole il permesso. In fondo quella non era più casa sua. Lo era stata. Ma ora non più.
“Che ci fai qui…vattene…lasciami da sola…” coprendosi il viso con le mani perché le lacrime non volevano proprio smettere di cadere giù.
“Camilla, tesoro, ma…” corse Renzo vicino al divano capendo subito la situazione. “Sei ubriaca?!”
“No, che non lo sono. Ho appena iniziato e non voglio nemmeno smettere…vai via ti prego…”
“Vieni, alzati…mettiti sul divano…dai su…” la tirò su dalle braccia e lei debole come una foglia lo seguì senza discutere. Si sedette sul divano, dandogli le spalle, non voleva farsi vedere in quello stato. Non da lui.
“Mi sono alzata…adesso puoi andare…” continuò senza nemmeno voltarsi.
“No! No, non che non vado…” sedendosi anche lui sul divano e cingendole le spalle con le braccia. “Non voglio lasciarti così… qui… sola… rimango in silenzio… ma sto qui…” avvolgendola di più nell’abbraccio.
“Ti prego Renzo…non capisci che voglio essere lasciata sola!!!” quasi urlò girandosi repentinamente verso di lui e trovandosi faccia a faccia con quello che un tempo era stato l’uomo che aveva sposato e a cui aveva promesso amore eterno. Silenzio. Entrambi racchiusi in quel mezzo abbraccio. E chissà se complice quel vermouth di troppo Camilla si ritrovò stretta tra le braccia di Renzo immersa in un pianto liberatorio e accusatorio allo stesso tempo, cullata da quelle braccia che un tempo significavano famiglia. E quando il pianto sembrò attenuarsi, lei alzò lo sguardo verso quell’uomo che non aveva proferito parola così come promesso. E… occhi negli occhi… si ritrovarono travolti da un bacio che forse mai avevano donato l’uno all’altra nei vent’anni precedenti. Un bacio in crescendo che ben presto di trasformò in altro. Camilla si mise a cavalcioni su Renzo e come se non ci fosse un domani si spogliò e spogliò lui.

“Amore…Cami…” riuscì a dire solo questo Renzo, preso di sorpresa. Non si aspettava una reazione del genere. Ma non voleva nemmeno perdere l’occasione di ricostruire la sua vita con Camilla. In fondo era ancora sua moglie davanti la legge. Eh già! Perché nell’anno quasi trascorso tra le trasferte di Renzo e gli impegni con la nipotina, la separazione era stata rimandata un’ennesima volta.

Passarono la notte insieme, spostandosi in camera da letto, senza quasi nemmeno rendersene conto. E la mattina seguente…

“Ma…dove sono…che ore sono…” si chiese Camilla girandosi nel letto con la voce assonnata e con un mal di testa da record. “E…che ci faccio nuda qui?” saltando quasi dalla sorpresa di ritrovarsi nuda nel suo letto senza ricordarsi come era arrivata fin lì. Poi sentendo dei rumori in cucina, si alzò di corsa, indossò la vestaglia, e andò a vedere pensando che fosse Livietta.

“Renzo?!” pronunciò quel nome meravigliata.
“ah…ti sei svegliata finalmente!”
“Oh mamma mia!!!” facendo finalmente mente locale su quanto accaduto una volta avvistata davanti a sé quella bottiglia di vermouth e i suoi vestiti in giro per il salotto. “E’ successo per davvero?!” spalancando gli occhi e rimanendo a bocca aperta “Senti Renzo… dobbiamo parlarne…” avvicinandosi ancora sottoshock al tavolo della cucina.
“Tranquilla! Che c’è da spiegare!?” avvicinandosi a lei con in mano la tazza del caffè “E’ stato tutto inaspettato, bello, sorprendente allo stesso tempo” con un sorriso a trentasei denti sul volto.
“…” silenzio dall’altra parte della casa.

Peccato che nessuno dei due, presi entrambi dalla notte appena trascorsa, si fosse accorto nel frattempo che qualcuno era entrato in casa ed aveva assistito al dialogo mattutino.

“Ma bene! Complimenti!!!” spuntando dal corridoio applaudendo a rallentatore. “Auguri alla ritrovata famiglia Baudino-Ferrero!!! Congratulazioni!!!”
“Gaetano!?” quasi in coro, entrambi increduli.
“Che ci fai qui? E come sei entrato? Hai scassinato di nuovo come un ladro?” chiese di botto Camilla, stringendosi meglio la vestaglia addosso.
“Eh no, sbagliato cara Camilla! La sorpresa dovevo farla a te, ed invece a quanto vedo…la sorpresa l’hai fatta a me…” fulminandola con lo sguardo.
“Io cosa? Non devo darti nessuna spiegazione! Piuttosto tu non dovresti essere altrove?” rispondendo con lo stesso sguardo. “La sorpresa? Aspetta un attimo… di che sorpresa stai parlando?” chiese rendendosi conto solo dopo di quell’affermazione.
“Lascia perdere! Non ha alcun senso oramai…tolgo il disturbo…riprendete pure la vostra conversazione” guardandola deluso, si voltò verso la porta, lasciò le chiavi sul mobiletto e uscì fuori, sbattendo la stessa alle sue spalle.

Renzo in tutto questo frangente restò lì, immobile e quasi sotto shock. Non riusciva a capire nulla di quanto successo. La sera prima Camilla era stata di nuovo sua, come mai prima d’ora e stamattina si ritrova il rivale di sempre che torna da lei così su due piedi, fa un’apparizione da nomination all’oscar e scompare di nuovo.

“Renzo tu che ne sai di questa storia?” chiese Camilla riprendendosi da quello stato di caos mentale.
“Io? Meno di te! Ora che è tornato però…”
“Però?”
“Dico…dopo stanotte...”
“Stanotte cosa Renzo? Non penserai mica che torni da te? Mi dispiace dirlo ma ero in preda al vermouth e…ho fatto una cazzata…. scusami… e poi tu dovresti sapere bene che effetti collaterali può avere l’alcool sulle donne in crisi… perdonami…”
“Già chi meglio di me… che… che aspetti allora?” indicando con la mano la porta d’ingresso.
“Eh?” non riuscendo ad interpretare quel gesto.
“Come eh? Camì sveglia! Si vede lontano un miglio che lo ami… lo ami ancora!” tossendo quasi a soffocarsi su quella frase “Corri no? Non è ancora finita tra voi, altrimenti non sarebbe stato qui prima! Corri, su!” sorridendole a stento e porgendole la sua giacca per coprirsi vista la temperatura mattutina di febbraio.
“io…io non posso…lui…” scuotendo la testa incredula ancora una volta all’ennesima assurda scena che si stava verificando davanti a sé.
“Non puoi? Tu devi!!!” prendendola dalle braccia, infilandole la giacca e accompagnandola all’entrata. Le aprì la porta, le fece fare un passo fuori e poi lui le chiuse la porta alle spalle, rimanendo dentro. Quel botto la ridestò da quello stato di stordimento e cominciò a correre giù per le scale, urlando il suo nome.

“Gaetano! Gaetano! Aspetta per favore! Gaetano!” scendendo tre piani di scale scalza più veloce di Speedy Gonzales.
Giunta quasi al portone del condominio riuscì a raggiungerlo. Era lì. Appoggiato al muro, in attesa che fuori smettesse di piovigginare.
“Gae…. Eccoti…” col fiatone e il cuore a mille “Possiamo parlare?” chiese cercando di ricomporsi.
“Parlare? Di cosa dovremmo parlare? È tardi ormai!” con le braccia intrecciate e strette intorno a sé come a farsi scudo ed un piede appoggiato al muro del palazzo.
“Perché sei qui? Perché ora? Ieri sera tu…”
Non riuscì nemmeno a finire la frase “Ieri sera cosa? Io, Giada e la proposta di matrimonio? È questo che ti turba? Era tutta una messa in scena! Peccato che il finale doveva essere diverso! Che stupido sono stato!” dicendolo quasi tra sé e sé.
“…” silenzio, riflettendo su quel nome e il termine matrimonio. E poi “Come scusa? Messa in scena? Spiegati meglio!” avvicinandosi a lui mettendosi in direzione del suo sguardo “Quindi?”
“Io che devo dare spiegazioni a te? Veramente sarebbe il contrario non credi? È passato quasi un anno e non ti sei fatta sentire. Perché Camilla? Allora non sono stato davvero nulla per te!? Ho aspettato tutto questo tempo, ti ho dato tutto questo tempo affinché tu potessi fare chiarezza su di te, su di me, su di noi. Ed invece… hai fatto chiarezza nel verso sbagliato, purtroppo per me…”
“…non è vero…sei stato il mio tutto, il mio centro, la mia stabilità, la mia ancora di salvezza dei miei momenti più difficili…e non ho saputo essere lo stesso per te…” replicò con un nodo alla gola che le impediva quasi di continuare. E quelle stesse lacrime della sera precedente stavano per riaffiorare nei suoi occhi. “Ho passato tutti questi mesi a rimandare il confronto con me stessa, perché sarebbe stato duro, difficile da affrontare, e non ero sicura di riuscire ad uscirne illesa…tu eri lontano da me, a Sondrio, mentre qui c’era sempre Livietta, la piccola, la scuola e rimandare è sempre stata la via più facile da seguire…ma poi…ieri sera il colpo di grazia… vederti lì, con quella donna, ha scatenato tutto quello che in questi mesi era custodito dentro me e sono corsa via...mi sono persa girovagando senza meta per le vie di Torino fino a ritrovarmi quasi senza sapere come, sotto casa. Sono salita, ho preso la foto di noi due, il nostro vermouth, e ho cominciato a brindare alla mia incapacità di comunicare. Capisci? Una professoressa che non sa comunicare! Già… nel far comprendere i sentimenti altrui sono brava, ma con i miei… sono sempre stata un disastro…” un fiume in piena era diventata.

Si era già allontanata da lui e anche a piedi scalzi e sul terreno bagnato si era diretta nel giardino del condominio per prendere quell’aria fresca che riusciva a darle in un certo senso quella lucidità necessaria per riuscire a continuare il racconto. E Gaetano l’aveva seguita in totale silenzio sedendosi insieme a lei su una delle tante panchine del complesso. “Io… io ti ho sempre amato e… ti amo da morire ancora adesso… nonostante ieri sera…” guardandolo dapprima negli occhi per un istante e poi abbassando lo sguardo sul finale.
“Ieri sera…” sospirò lui incredulo. “Sai cos’è successo ieri sera? “ domanda retorica “Io e Giada non ci dobbiamo sposare. Lei è una carissima amica e collega di Sondrio. Era stato tutto organizzato. Qualche settimana fa, parlando con Livietta, abbiamo organizzato la serata. Lei mi aveva detto che ti aveva vista spesso prendere in mano la foto di noi due e ti perdevi poi per interminabili momenti nei tuoi pensieri. Ma quando arrivava qualcuno in stanza tu riponevi il tutto ed era sempre come prima, come se nulla fosse successo. Rimandando di fatto come tu mi hai appena confermato di prendere qualsiasi decisione riguardasse noi. E lei più volte ha assistito a questa scena. Per cui mi ha convinto a riprovarci di nuovo. Sapeva benissimo che stavo lontano da te solo perché tu l’avevi chiesto davanti a quella macchinetta e non perché non ti amassi. Però ci voleva qualcosa che ti smuovesse a tal punto da farti impazzire e finalmente farti trovare quella forza per correre da me… ed invece… sei corsa dalla parte opposta…” scuotendo la testa non credendo ancora a quello che aveva visto qualche minuto prima.
“Non è come sembra! Ti posso spiegare!” si affrettò a precisare.
“Che c’è da spiegare eh? Livietta mi aveva ridato le chiavi di casa tua per farti una sorpresa stamattina, certa che ieri sera avresti finalmente affrontato e sconfitto le tue paure e pronta oggi a vivere in pieno la tua vita… ed invece non ha fatto i conti con Renzo…”
“Non credo che lui lo sapesse…ieri sera era davvero preoccupato per me quando mi ha trovata seduta a terra, semi ubriaca ed in lacrime… mi voleva solo consolare… e…”
“Il paladino delle donne ubriache è diventato!!! Che ironia non trovi? Prima Carmen e la grappa aromatica e adesso tu e il vermouth!... Assurdo! Risparmiami i particolari quantomeno…” alzandosi irato dalla panchina.

Camilla con un gesto rapido gli prende una mano, alzandosi di scatto dietro di lui. “Ascoltami ti prego… Con Renzo è stato un errore… uno sfogo… c’era lui è vero… ma volevo te.. voglio te… ti amo…” sussurrando e quasi singhiozzando.
“…” stavolta fu il turno di Gaetano di rimanere in silenzio.
“Perdonami se puoi… Hai aspettato tanto per me… Adesso sarò ad attendere te…” si spostò davanti a lui. Lo guardò dritto negli occhi, con un carico di amore e sincerità come nei loro primi momenti insieme. Posò le sue labbra leggere su quelle dell’uomo quasi fosse una piuma. Lasciò la sua mano e si incamminò verso il portone di casa. Adesso toccava al vicequestore fare chiarezza dentro sé.

La pioggia riprese a scendere leggera su Torino. E Gaetano era rimasto lì immobile, in giardino sotto quella pioggia fredda di metà febbraio. Chissà se fosse riuscita a lavare quelle ferite dal cuore di Gaetano e a riempirlo di nuova luce e nuova forza per correre dalla sua prof che finalmente le aveva confessato il suo amore.

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Insomma eccoci arrivati alla fine.
Che dire: ai posteri l'ardua sentenza, e la giusta fine per quei due.
Se vi va di lasciare una recensione può farmi un immenso piacere.
Alla prossima. 

 
   
 
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