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Autore: Endorphin_94    09/05/2016    6 recensioni
“Avanti,” sussurrò quando finalmente riuscì a scacciare dalla testa sia i ricordi che una buona fetta di ansia e fu abbastanza soddisfatta dell’immagine che lo specchio le restituiva. “Hai salvato Tokyo dagli alieni che eri ancora alle medie, ora puoi benissimo affrontare una cena con Shirogane.”
Seconda classificata al contest "All the songs make sense" indetto da Hypnotic Poison sul forum di efp
http://www.freeforumzone.com/d/11255124/All-the-songs-make-sense-Tokyo-Mew-Mew-contest/discussione.aspx
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Say Something

 
Nick su efp: Endorphin_94
Nick sul forum: Laura.Ros
Personaggi: Ryo/Ichigo
Storia partecipante al contest “All the songs make sense” indetto da Hypnotic Poison sul forum di efp 
http://www.freeforumzone.com/d/11255124/All-the-songs-make-sense-Tokyo-Mew-Mew-contest/discussione.aspx
Prompt 3: “This is never gonna go our way, if I’m gonna have to guess what’s on your mind. Say something, say something, something like you love me.” (Mumford & Sons – Believe)
 
 

 
   Ichigo si avvolse un grande asciugamano rosa intorno al petto e un altro più piccolo sulla testa, cercando di scorgere nello specchio appannato se avesse lasciato fuori qualche ciocca.
   “Ti passo a prendere alle 7. Non fare tardi come tuo solito.”
   Glielo aveva detto voltandole le spalle e incrociando le braccia dietro la testa, come spesso faceva. Le aveva dato un vero appuntamento così, come se niente fosse. Ichigo non era nemmeno sicura del momento esatto in cui fosse uscito l’argomento cena. Forse era stato quando Ryo aveva scherzato sul fatto che, da cliente, avrebbe potuto essere lei a prendersela con i camerieri, invece che il contrario, come succedeva al Caffè. Ichigo aveva ridacchiato con lui alla proposta, che aveva tutta l’aria di essere una battuta ed era stata chiamata bruscamente da tre signore sedute accanto alla finestra, impazienti di ricevere i loro cheesecake e se ne era dimenticata. Ma alla fine del turno, Ryo l’aveva invitata a cena per davvero. In quel modo. Assurdo. Un fulmine a ciel sereno, poi. Un appuntamento con Ryo Shirogane. Perché quello era un appuntamento, giusto? Ichigo sospirò uscendo dal bagno in una nuvola di vapore.
   Nel tragitto dall’ex quartier generale della squadra Mew Mew a casa sua aveva avuto le farfalle nello stomaco e la testa leggera, non riusciva nemmeno a pensare ad un motivo per cui stava così o a ragionare su quanto era appena successo. Shirogane. Sul serio. Non era un sogno, il messaggio “Scendi tra 10 minuti – Ryo” che appariva sullo schermo del suo cellulare, sembrava del tutto reale.
   Ichigo si asciugò i capelli, quindi restò a fissare la trousse senza avere idea di se e come truccarsi, mancava poco e si sentiva completamente bloccata. Sarebbe stato un appuntamento romantico? Il pensiero le sembrò così irreale che lo accantonò subito, ripiegando su qualcosa di più pratico. L'avrebbe portata in un ristorante? Uno di lusso? Shirogane doveva essere parecchio ricco e l’idea mandò Ichigo ancora più nel panico. Lei non era fatta per le cene formali, era goffa e impacciata e perennemente in imbarazzo quando si trattava di situazioni serie. Di cosa avrebbero parlato? E se fosse rimasta a corto di argomenti? No, non sarebbe successo, erano anni ormai che loro due parlavano ogni giorno al turno, potevano farlo anche a cena. Il problema era che lei non era più stata ad una cena con un ragazzo, dopo Masaya. Sospirò al pensiero, si sentiva così inesperta sull’argomento appuntamenti o ragazzi. Alla fine, tutto quello che sapeva si riferiva a quella storia di anni prima, così semplice e bella. Così infantile e troppo legata all’avventura che lei e Masaya avevano vissuto, per durare a lungo una volta finita.
   “Avanti,” sussurrò quando finalmente riuscì a scacciare dalla testa sia i ricordi che una buona fetta di ansia e fu abbastanza soddisfatta dell’immagine che lo specchio le restituiva. “Hai salvato Tokyo dagli alieni che eri ancora alle medie, ora puoi benissimo affrontare una cena con Shirogane.” Scrollò la testa, fece un respiro profondo, strinse tra le dita la pochette abbinata alle scarpe di vernice – entrambe regali di Minto – e scese nell’ingresso di casa sua, intravedendo già dalla finestra della sala da pranzo la macchina sportiva di Ryo parcheggiata nel viale.
 
  
*
 
 
   “Allora??”
   Purin si era lanciata addosso ad Ichigo appena l’aveva vista varcare la soglia del Caffè per il turno della domenica pomeriggio e dirigersi in spogliatoio con un leggero sorriso in volto.
   “Allora che?” rispose l'altra con qualche secondo di troppo di ritardo.
   “Beh, noi ci chiedevamo... com’è andata ieri sera?” intervenne Retasu accanto alla biondina, poco insistente, ma visibilmente curiosa.
   “Ah sì,” rispose Ichigo, infilandosi l’uniforme. “Bene...” concluse sorridendo distrattamente. Retasu rise sincera e mentre Purin insisteva per avere altri dettagli, entrò anche Minto, posando su una sedia la propria costosa borsa.
   “Siamo radiose stamattina, Momomiya?”
   Ichigo arrossì violentemente. “Non sono affari tuoi!”
   “Non essere sempre così scortese, non è di classe,” la punzecchiò Minto armeggiando con le scarpe dell’uniforme. “Piuttosto racconta,” soggiunse con un’occhiata obliqua.
   “E va bene,” sbuffò Ichigo. “Siamo andati in un ristorante molto bello, l’Astice Blu... O qualcosa del genere.”
   “Sarà l’Ostrica Blu,” la corresse Minto, confermando l’ipotesi che, se lo conosceva lei, quel ristorante era davvero di lusso.
   “Abbiamo mangiato e poi abbiamo camminato un po’ in un parco.”
   “Com’è romantico il nostro capo!” esclamò Purin sognante con i pugni sotto il mento e sbattendo le ciglia a Retasu, che scoppiò a ridere.
   “Smettetela!” disse Ichigo arrossendo, ma ridacchiando a sua volta. Si sentiva bene. Dopo tanto tempo sentiva che le cose stavano andando per il verso giusto e quello era un passo in una nuova bellissima direzione. E le farfalle nello stomaco non accennavano ad andarsene.
 
 
 
*
 
 
   “Sono fiero di te, Ryo,” sorrise Kei mentre sfornava il pan di Spagna per il pomeriggio. La domenica iniziava sempre in sordina al caffè Mew Mew, poi sul tardi, i clienti si riversavano nel locale, quindi era meglio essere forniti.
   “Ah, piantala...” fece il biondo.
   “Mi associo ad Akasaka, non ci speravamo più,” disse Zakuro appoggiata al bancone della cucina. “Quanto ti devo?” chiese poi al cuoco, che scoppiò a ridere. “Mi basta l’aver vinto sul tuo irriducibile pessimismo, Fujiwara-san” rispose facendole l'occhiolino.
   “Siete gentili a fare queste cose alle mie spalle,” disse Ryo sarcastico incrociando le braccia, ma in fondo non era arrabbiato, per niente. L’appuntamento della sera prima era stato un po’ imbarazzante all’inizio, ma aveva finito per essere un vero successo, soprattutto appena Ichigo si era sciolta un po’ e aveva iniziato a sorridere. Sì, decisamente, il sorriso della ragazza era stato la parte migliore, pensò socchiudendo gli occhi.
   “Direi che lo abbiamo perso,” disse Kei a Zakuro accennando allo sguardo di Ryo e facendo spuntare alla modella un raro sorriso divertito.
   “Uscirete di nuovo?” chiese lei.
   “Come mai ti interessa? Hai un’altra scommessa da perdere?” rispose Ryo ridacchiando e rubando un biscotto da un vassoio.
   “È bello vederti così,” disse Kei visibilmente felice. “È raro.”
   “Yeah, it's been a while…” disse piano il biondo, avviandosi verso la sala.
   “Apro il locale,” soggiunse Zakuro seguendolo fuori.
 
 
*
 
 
   “Tempismo perfetto,” sussurrò Keiichiro sarcastico, posando sul tavolo della stanza di Ryo la lettera dall’aria ufficiale che aveva appena letto. I raggi del sole del lunedì pomeriggio entravano pigramente dalle tende semichiuse. Il biondo era seduto al computer, intento freneticamente ad archiviare e criptare giga e giga di file di ricerche.
   “Avrei dovuto aspettarmelo,” fece Ryo di rimando, senza smettere di lavorare. Concentrato sul PC e con la fronte aggrottata, somigliava molto al se stesso di sei anni prima, decisamente non più a quello del giorno prima.
   “Cosa hai intenzione di fare?” chiese Kei serio.
   Ryo non rispose subito, interruppe un attimo il lavoro e prese una sorsata del caffè nero che l'amico gli aveva portato in stanza. “Sai bene cosa dobbiamo fare, lo avevamo previsto.”
Kei lanciò un’occhiata ai processi in corso sul monitor e alzò un sopracciglio. “Intendi davvero quel protocollo? Ne sei sicuro?”
   “Non sei d'accordo?”
   “Certo, la situazione non è da sottovalutare, ma mi sembra troppo presto per...”
   “Per cosa? Per preoccuparsi della sicurezza delle ragazze?”
   “No certo, quella viene prima di tutto, solo che... Andiamo, Ryo, sono solo voci in rete.”
   “E la lettera dell’agenzia investigativa. A me sembra abbastanza.”
   Kei sospirò. Ryo non avrebbe cambiato idea e probabilmente non aveva torto, anche se avesse continuato a discutere con lui. Al pasticcere piaceva la vita che lui, Ryo e le ex Mew Mew conducevano dalla fine delle battaglie con gli alieni e gli sarebbe dispiaciuto molto dovervi rinunciare. Era un debole a pensarla così? Ryo invece sembrava così fermo nella propria decisione, chissà come faceva.
   “La rete ha visto una crescita esponenziale in vastità e potere solo negli ultimi anni, Kei, lo vedi bene. Funziona così oggi, è automatico, qualunque notizia, qualsiasi fatto, fa il giro del mondo, non è più possibile passare inosservati come siamo riusciti sei anni fa,” disse Ryo riprendendo a scorrere pagine sul computer.
   Aprì l’ennesima pagina web: conteneva un video amatoriale a pessima definizione che mostrava l’attacco luminoso di Mew Ichigo – e la stessa Mew gatto – colpire di striscio quella che sembrava una pianta grassa di cinque metri, che si muoveva sulle proprie radici a gran velocità. I due scienziati passarono velocemente in rassegna le molte righe di commenti e teorie che accompagnavano il video: qualcuno sosteneva che fosse falso e che il tutto fosse una bufala, un altro parlava di nuove trovate pubblicitarie dell’industria dello spettacolo o del circo. Un commento molto seguito esponeva una articolata teoria, secondo cui il governo stesse facendo segrete ricerche genetiche su piante e animali allo scopo di seminare il panico di proposito per avere poi più potere sui cittadini. Quando Ryo aprì un collegamento ad un altro sito, impallidì. Foto poco definite, ma comunque più chiare del video, di tutte e cinque le Mew Mew occupavano la parte alta della pagina, sopra a resoconti degli avvistamenti del gruppo e soprattutto... minacce. Tra chi diceva che le ragazze erano un esperimento sfuggito di mano e chi diceva che erano aliene venute a portare caos e distruzione, tutti sembravano d'accordo sul fatto che la verità dovesse venire a galla. Le stavano cercando, avevano tantissime informazioni, le incolpavano di ogni sorta di problema della città e c'era perfino chi offriva ricompense in denaro per chi ne avesse presa una. Ryo era inorridito, non si aspettava di certo che un gruppo di persone fosse così determinato e organizzato contro di loro. Chiuse le pagina e strinse il bordo del tavolo tra le dita.
   “Vorrei solo trovare la falla nel nostro sistema... Devo capire dove ho sbagliato!” sbatté con forza il palmo sul legno facendo cadere la tazza, che Kei con prontezza prese al volo.
   “Non è stato un tuo errore, Ryo, lo hai detto tu stesso: internet è così...” tentò il moro misurando le parole.
   “Ma avremmo dovuto essere più prudenti, mantenere meglio la copertura... Accertarci di non essere visti,” rispose l’altro massaggiandosi le tempie.
   “Abbiamo salvato il mondo, Ryo...”
   “Già e nessuno sembra ricordarselo!” sbottò il giovane scienziato alzando la voce forse più di quanto avrebbe voluto.
   Dopo trenta secondi buoni di silenzio, Ryo sospirò e riprese a lavorare al computer. Kei si voltò per uscire dalla stanza, fermandosi sulla porta, incerto se aggiungere altro o no. Che poteva sempre contare su di lui, che lo avrebbe sempre appoggiato, che avrebbe fatto qualunque cosa per le ragazze a cui era tanto affezionato, Ryo già lo sapeva, ma c'era qualcos’altro che preoccupava il pasticcere.
   “È successo proprio mentre...” iniziò incerto. “Voglio dire, tu e Ichigo... Vuoi davvero andare fino in fondo con il protocollo anche se-”
   “So bene cosa prevede il protocollo di emergenza-65, Kei, l'ho scritto io.”
   Keiichiro non perdeva mai la pazienza, soprattutto con il suo migliore amico, ma il tono di Ryo riuscì a far vacillare perfino la calma che lo contraddistingueva. Aprì la porta e senza voltarsi disse: “Immagino che non scenderai. Alla squadra posso dirlo io, ma sappi che non si accontenteranno. Soprattutto Ichigo.”
 
 
*
 
 
   “C'è qualcosa che non va, Minto, ne sono sicura,” Ichigo si sedette sul bordo del tavolino del salone del Caffè al quale era seduta la sua amica e studiò con circospezione la figura di Keiichiro che stava salendo le scale in direzione – suppose – della stanza di Ryo. Il biondo non era ancora sceso da lì quel pomeriggio e ormai il turno volgeva al termine. Non era dai lui, anche se era un tipo di poche parole, era sempre lì, alla cassa o in cucina, o a volte perfino a servire... A guardare lei. A ridere, punzecchiarsi, prendersi in giro, litigare! Perfino litigare con Ryo le era mancato. La sua assenza pesava, soprattutto dopo la loro uscita di due giorni prima e Ichigo stava seriamente iniziando ad andare in paranoia, non sapeva più cosa pensare.
   “Rilassati Ichigo, versati una tazza di té,” le rispose Minto calma.
   “E se avesse cambiato idea?” continuò la rossa senza ascoltarla.
   “Rispetto a cosa, esattamente?” chiese l’altra con un sorrisetto. Ichigo le aveva parlato della cena, ma non sapeva se lei e Ryo avessero effettivamente deciso di stare insieme e fremeva dalla voglia di scoprire ogni dettaglio.
   Ichigo ignorò la domanda. “È stato qualcosa che ho detto? Forse ho sbagliato vestito! Forse non gli piaccio...”
   Minto posò la tazzina sul piatto e sospirò posata. “Sei sempre uguale, Momomiya, bisogna sempre spiegarti tutto.”
   Ichigo parve riscuotersi dai suoi pensieri e squadrò torva l’amica, ma la lasciò continuare.
   “Shirogane è cotto di te, lo è sempre stato,” disse Minto alzandosi.
   “S-sempre?”
   “Esatto, solo tu non te ne sei mai accorta. Mi sorprende che ci abbia messo tutto questo tempo a chiederti di uscire, è da quando hai chiuso con Aoyama-san che aspettavamo che si facesse avanti.”
   “Frena un attimo, come sarebbe ci aspettavamo?? Siete tutti lì attenti a cosa facciamo noi?”
   “Rilassati,” la interruppe Minto andando verso la cucina. “Se smetti di pensare cose assurde e cerchi di capire un po’ quel povero ragazzo, andrà tutto bene.”
   Ichigo stava per chiedere a Minto altre spiegazioni, quando una coppia di clienti la chiamò dal tavolo e dovette rimandare, ma rimuginò su quei pensieri fino alla fine del turno.
 
 
*
 
 
   “CHE COSA HAI DETTO?” strillò Purin alzandosi in pieni e sbattendo i palmi sul tavolo.
   “Mi dispiace, Purin, ma è necessario,” cercò di minimizzare Keiichiro.
   “Sono certa che non chiudereste il Caffè così di punto in bianco se non lo fosse,” fece Zakuro. “Però dovreste darci una spiegazione.”
   “Esatto, Onee-sama!” le fece eco Minto.
   “Non potete farlo!” riprese Purin sull’orlo della disperazione. “Io ho bisogno di lavorare! E poi questo posto è come una seconda casa per noi!”
   “Ragazze, non vi agitate, potrebbe essere solo una soluzione temporanea...”
   Ichigo era rimasta stranamente in silenzio. In circostanze normali sarebbe stata ad indignarsi accanto a Purin, eppure una bruttissima sensazione come di un macigno sullo stomaco la aveva bloccata completamente. Allora c'era davvero qualcosa di grave che preoccupava Ryo e Kei. Soprattuto il fatto che Kei stesse tentando di spiegare la situazione a tutte loro, mentre Ryo stava in disparte appoggiato al muro evitando di incrociare gli occhi con chiunque, la inquietava molto. Almeno era uscito dalla sua stanza.
   “E... E voi?” chiese timidamente Retasu. “Voglio dire, Shirogane, tu vivi qui no? Rimarrete e userete ancora il laboratorio?”
   Kei non rispose, ma lanciò un’occhiata a Ryo, che lo vide e sbuffò staccandosi dal muro. Il biondo si avvicinò a uno dei frigo e ne estrasse una bibita.
   “Allora?” chiese Minto irritata guardando alternativamente l’uno e l’altro.
   “Kei andrà ad Osaka, io a New York,” rispose il biondo lanciando la lattina vuota nel cestino.
   Minto, Retasu e Purin spalancarono occhi e bocca incredule, Zakuro abbassò lo sguardo e Kei sospirò piano.
   Ichigo non disse nulla, ma si alzò dalla sedia con tanto impeto che la fece cadere a terra e uscì a grandi passi dal locale. Nella cucina calò il silenzio. Le ragazze erano impietrite, Kei quindi si alzò piano per raccogliere da terra la sedia di Ichigo, restando poi in piedi appoggiato ad essa. Ryo sembrava esausto, si passò una mano tra i capelli continuando imperterrito a fissare il pavimento.
   “Shirogane,” fece Zakuro gelida nella sua direzione. “Muoviti.”
 
 
*
 
 
   Ichigo trattenendo le lacrime era arrivata al proprio motorino parcheggiato alla siepe che circondava l’edificio e stava cercando nervosamente nella borsa la chiave, che non ne voleva sapere di venire fuori. Ryo la raggiunse velocemente e finalmente si decise a parlarle.
   “Ichigo... Ichigo, fermati, dai... Ascoltami...”
   “NO!” gli gridò lei fissandolo di colpo negli occhi, tremando dalla rabbia e dal pianto imminente. “Adesso mi ascolti tu, hai capito?”
   “Ichigo...”
   “Come ti permetti di comportarti così? Mi hai illuso che ti importasse qualcosa e invece sei il solito menefreghista pieno di sé!” le parole le uscirono prima che potesse soppesarle.
   “Ma certo che mi importa!” si difese Ryo.
   “E allora perché te ne vai? E perché non mi hai detto nulla?!”
   “Senti, è necessario per tenervi al sicuro!”
   “Al sicuro da cosa, Ryo?!”
   Il ragazzo aprì la bocca, ma si bloccò. Non poteva parlarle delle foto, i video e i messaggi terribili che c'erano in rete, né del fatto che lei e le altre rischiavano di essere prese di mira da chissà quali fanatici. Ne sarebbe rimasta sconvolta, era una che si impressionava facilmente. Nemmeno poteva dirle che c'erano agenzie investigative nazionali che stavano tenendo d'occhio lui e Kei, quella era una situazione che avrebbe gestito da solo. Andandosene da lì, per cominciare.
   “Allora?” disse Ichigo spazientita.
   “Non puoi semplicemente fidarti e fare come ti dico? Vi manderemo istruzioni su...”
   La ragazza ricacciò indietro le lacrime e sentì invece la rabbia salire al posto loro. “Ah, giusto. Sono troppo stupida per capire. Chissà quali cose complicate dovrai fare a New York, di certo dirmele sarebbe solo una perdita di tempo.”
   “Non è assolutamente così, Ichigo, non ho mai detto né pensato che tu sia stupida.”
   “La sai un’altra cosa che non hai mai detto?” replicò lei, ormai decisa a dirgli tutto ciò che le frullava per la testa. “Che ti piacevo anche quando combattevamo gli alieni! Hai fatto passare anni e non mi hai mai detto niente!
   “Cosa c’entra questo, ora l’ho fatto! Ti ho fatto capire cosa voglio ora!”
   “Già, per poi ignorarmi tutto oggi e decidere di andartene senza neanche dirmi un motivo.” Ichigo infilò di nuovo la mano nella borsa e finalmente trovò la chiave dello scooter, aprì il sottosella e tirò fuori il casco. Quindi si voltò verso Ryo che era immobile con lo sguardo puntato sulla sua ruota anteriore senza davvero vederla.
   “Dì qualcosa almeno.”
Non poteva. Sapere la avrebbe messa in pericolo e Dio solo sapeva quanto lui avesse sempre voluto proteggerla da ogni cosa. Lei avrebbe di certo detto che sapeva difendersi da sola, ma ora non era più una combattente e solo lui, tramite i suoi contatti e mezzi in America avrebbe potuto cancellare tutte le tracce del progetto Mew e proteggere l’identità di Ichigo e delle altre. Ma era necessario che lui e Kei sparissero per un po’.
   “Tu sarai al sicuro qui, a scuola, a casa, mi terrò in contatto...”
   “Kami-sama, davvero non hai altro da dire?” disse Ichigo indignata. Scosse la testa, quindi si infilò il casco rosa, girò la chiave e partì senza più voltarsi a guardarlo. E fu un errore perché non lo avrebbe più rivisto.
   Ryo seguì con lo sguardo la scia di fumo allontanarsi lungo il viale.
   “I love you,” sussurrò cercando senza successo di allentare il nodo alla gola.
 
 
*
 
 
   Il viaggio nella fiammante auto sportiva di Ryo fu silenzioso e un po’ imbarazzante. Ichigo si tormentava nervosamente le cuticole con le unghie, era improvvisamente sicura di stare malissimo con l’acconciatura che si era tanto impegnata a farsi e aveva già individuato due filetti che sporgevano da una delle cuciture del suo vestito color vinaccia. Lanciò un’occhiata veloce a Ryo sul sedile accanto e arrossì violentemente nel trovarlo a sua volta con lo sguardo rivolto a lei. Il ragazzo sorrise e riprese a guardare la strada.
   “Stai molto bene,” disse dopo qualche secondo.
   “G-grazie,” rispose Ichigo senza guardarlo, sentendosi completamente avvampare dentro.
   “Rilassati.”
   Ichigo sbirciò di nuovo il volto sereno di Ryo e sentì un po’ della tensione allentarsi. Sembrava proprio il solito Ryo Shirogane di sempre, silenzioso, con la situazione in mano, anche se stavano davvero andando ad un appuntamento.
   “È facile per te,” disse piano.
   “No, per niente,” rispose semplicemente lui. Ichigo lo squadrò sorpresa, ma prima che potesse chiedergli spiegazioni, Ryo svoltò in un vicolo che portava al parcheggio privato del ristorante che aveva scelto. Il pensiero della cena ripiombò pesantemente nella testa – e sullo stomaco - di Ichigo.
   Spenta la macchina, Ryo scese e venne ad aprire la portiera dal lato della ragazza, porgendole perfino la mano per aiutarla a scendere e si avviarono verso L’Ostrica Blu.
 
   Il tavolo vicino alla vetrata era decorato in modo semplice ed elegante con al centro un piccolo acquario tondo con dei coralli colorati, che ad Ichigo piacque moltissimo. Una volta che i due furono seduti – con evidente imbarazzo nell’incrociare gli sguardi - il cameriere del ristorante ruppe la tensione portando due calici di vino bianco e un piatto di ostriche come antipasto.
   “Ehm... Io queste non le ho mai mangiate... Come devo fare?” chiese Ichigo squadrando il mollusco dall’aria viscida in uno dei gusci aperti davanti a sé.
   “Davvero no?” chiese Shirogane stupito. “Dai, è semplice, ti insegno io.” Prese un guscio tra due dita e senza fare rumore o sporcarsi, ne succhiò il contenuto in un colpo solo. Allo sguardo eloquente di Ichigo ridacchiò e aggiunse: “Oppure la puoi anche prendere con la forchetta.”
   Da lì la serata fu decisamente meno tesa: più Ichigo si sentiva a suo agio, parlava e sorrideva, più Ryo si lasciava trascinare dalla sua allegria contagiosa e rimaneva sempre più rapito da lei, dai suoi gesti, le espressioni del suo viso, il modo di parlare, la bellezza meno infantile di un tempo, ma comunque fresca e genuina.
    Riuscirono a ridere e raccontarsi le cose come se fossero in un giorno di lavoro come gli altri, se non che in modo ricorrente Ichigo arrossiva pesantemente sotto lo sguardo magnetico di Ryo. Quello che non sapeva era che, pur non arrossendo come lei, a lui i suoi occhi scuri facevano lo stesso effetto.
   Finita la sostanziosa cena, il ragazzo portò Ichigo a piedi verso un piccolo parco con un bel laghetto, che alla luce dei lampioni, pareva splendere.
   “Siamo già stati qui,” disse Ryo dopo un po’ guardando l’acqua calma. Ichigo rimase perplessa un attimo, poi riportò alla mente la forma della staccionata che circondava lo stagno, la panchina poco lontano, gli alberi.
   “È... Eravamo... Eri in forma di quel gatto grigio, ma non sapevo fossi tu,” rise Ichigo al ricordo di anni prima. Quanto sembrava lontano. “Ti ho impedito di andartene e ti sei dovuto trasformare davanti a me.”
   “Già, mi hai rovinato la copertura,” soggiunse Ryo tirando un sassolino nel laghetto. Sospirò, quindi riprese: “Ti avrei difesa contro ogni cosa. Volevo essere io a proteggerti era... frustrante non poterlo fare.”
   Ichigo lo ascoltò senza capire come mai le dicesse così. “Ma alla fine ci siete sempre stati, tu e Kei...”
   Ryo si voltò e le prese una mano fra le sue. “Sei rimasta sempre la stessa, Ichigo.”
   Senza staccare gli occhi dai suoi la vide arrossire. Era bellissima quando arrossiva. Le sfiorò la guancia con le dita e piano si chinò legando le sue labbra morbide alle proprie.
   Uno strano calore e una forte luce lo indussero ad aprire gli occhi e in quell’istante Ichigo svanì tra le sue braccia. Il panico iniziale fu presto sostituito da una sonora risata.
   “Non credevo che questo fosse ancora possibile.”
   “Meeeeooooww!!” miagolò indignata Ichigo, trasformata nella gattina nera, come non era più successo da anni. Nemmeno quando era stata con Masaya.
   “Se non stai calma ti lascio in quello stato e me ne vado,” ridacchiò Ryo. Quindi si accertò che nessuno fosse nei paraggi e si concentrò per assumere la forma di Aruto, come tante volte aveva fatto per tenere d'occhio Ichigo.
   “Sei un bastardo!” gli soffiò lei sotto i baffi appena lo ritrovò alla propria altezza.
   “Eri meglio quando non capivo i miagolii, sai? E poi ti ho detto che non sapevo potesse succedere ancora.”
   “Torniamo normali, per favore?”
   “Non vedi proprio l’ora di baciarmi di nuovo, vedo.”
   Ichigo era sicura di essere arrossita, ma si chiese se come gatto fosse davvero possibile.
   “Non ti va un giretto così prima? Ogni tanto io lo faccio, non è così male,” propose Ryo-Aruto.
   “Uff... Va bene. Ma sappi che sono molto arrabbiata con te per questo scherzetto.”
   Ryo ridacchiò. Zampettando accanto a Ichigo non poté fare a meno di sentirsi per la prima volta da quando aveva memoria, finalmente sereno e forse davvero felice. Se era finalmente arrivato il loro momento, sentiva che niente avrebbe più potuto mettersi fra lui e Ichigo, niente sarebbe più andato storto.
 
 
 

 
 

NdA

Bhuaaaaaaaaaaaaa T_______T
Stupidi gatti, vi odio! Perché non comunicate, perché!!?? Perché Ichigo non capisce una ceppa? Perché Ryo fa tutto da solo??? Non ce la faccio...
Per delle note serie andate sulla mia pagina fb https://www.facebook.com/Endorphin94efp/ dove ho postato uno spiegone
Buona fortuna per il contest a tutte le partecipanti, vi invito a leggere tutte le storie che di certo meritano :) 
   
 
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