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Autore: CalimeNilie    12/05/2016    2 recensioni
"Che poi, Gabriel lo sapeva, l’ha saputo fin dal principio che sarebbe finita così, ma scoprire di avere ragione, e in più scoprirlo in questo modo fa un po’ schifo e lo fa sentire come se avesse perso una qualche occasione, qua e là lungo il percorso, ma è chiaro che non l’ha fatto, perché non ha mai avuto una vera e propria possibilità.
E, tutto ben considerato, non ha neanche bene idea di come sarebbe conveniente sentirsi in questo momento."
[Sabriel, AU, angst a palate, flusso di coscienza che neanche Joyce]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Disclaimer: I personaggi sventuratamente non mi appartengono e non scrivo a fini di lucro.
Note: La mia prima Sabriel – che pubblico, almeno. Volevo sperimentare un flusso di coscienza, ma effettivamente non ho idea di come sia venuto.



 

It is (not) alright

Sam è il migliore amico di Gabriel. Gabriel è il migliore amico di Sam. E questo è meraviglioso, va benissimo, del resto le persone lo fanno in continuazione da sempre: essere amici e poi deludersi ripetutamente l’un l’altro, per poi passarci sopra, ma dire passarci sopra è sbagliato, Gabriel lo sa, perché rimarrà sempre una qualche minuscola traccia di rimorso e accuse non espresse ad alta voce, come un granello di sabbia nel meccanismo di un orologio, e prima o poi qualcosa si fermerà, da qualche parte, e tutto il sistema andrà in pezzi. Ma, per il momento, va bene così.
Così, almeno, l’ha sempre pensata Gabriel, ma non ha mai dato veramente peso alla cosa, e continua a non farlo, finché non capisce di esserci finito dritto in mezzo, per di più con quella che sembra una cotta colossale e il cervello sulla via del delirio e il cuore prossimo a spezzarsi, di tenerezza o delusione, perché è ovvio che Sam sia il suo migliore amico, e solo quello, e non sarà mai nulla di più. Che poi, Gabriel lo sapeva, l’ha saputo fin dal principio che sarebbe finita così, ma scoprire di avere ragione, e in più scoprirlo in questo modo fa un po’ schifo e lo fa sentire come se avesse perso una qualche occasione, qua e là lungo il percorso, ma è chiaro che non l’ha fatto, perché non ha mai avuto una vera e propria possibilità.
E, tutto ben considerato, non ha neanche bene idea di come sarebbe conveniente sentirsi in questo momento.
E visto che è un pessimista di quelli del terzo tipo o giù di lì, la specie peggiore, quelli che, mentre dentro marciscono, ad alta voce continuano a proclamare che va tutto bene, che staranno bene, e via dicendo, tutte quelle boiate di cui non riescono a convincersi neanche dopo essersele ripetuti un milione di volte, visto che è uno di quei pessimisti lì, Gabriel decide di stare male, tanto per essere tranquilli, e affoga il suo dolore in un pezzo di cioccolato, che sgranocchia nel silenzio un po’ teso dell’auto di Sam. E va tutto bene.
Cioè, magari non adesso, ecco: in questo momento, come situazione fa un po’ schifo, senza nemmeno provare a parlare di quella sensazione fastidiosa che lo attanaglia, come un nodo alla bocca dello stomaco. Adesso fa schifo, insomma, ma forse, tra un po’ di tempo, diciamo qualche settimana, o qualche mese, tutto andrà meglio. E forse in un po’ di anni si sarà dimenticato di Sam. Passerà il tempo e quel dolore si farà più piccolo, continuerà ad impallidire, giorno per giorno, finché lui non smetterà di pensare a quel dolore, poi un giorno si sveglierà e si accorgerà che ha smesso di pensare a Sam in quel modo. E poi si dimenticherà di Sam. Perché è così che succede: la gente non fa altro che questo: dimenticarsi.
Il suo piano non sarà una meraviglia, d’accordo, ma Gabriel è convinto che possa funzionare. È così che si fa: si attende che il tempo passi e scorra sopra alla propria vita, portando con sé ogni rimpianto, ogni dolore, ogni rimorso, tutto. È quello che fa il tempo: un lavoro di cesello, un’opera di finitura minuziosa, ma incostante. Una mano ossequiosa e insofferente, il tempo.
Così tace, Gabriel, mentre Sam lo scruta con quei suoi grandi occhi chiari e sinceri, occhi gentili, che ha imparato ad amare. Manda giù un grumo di saliva grosso quanto un pugno e si rifiuta di collaborare.  Non sceglierà l’anello di fidanzamento per Jessica.
Che poi, lui è sempre stato più che ben disposto nei confronti della ragazza, anche se lei è la ragazza del suo migliore amico e, beh, il suo migliore amico è il ragazzo di cui è innamorato alla follia. Però non si è mai lamentato, per l’amor di Dio, lui non si lamenta mai, casomai subisce passivamente gli eventi, accetta le conseguenze delle sue azioni e, se proprio non può più fare altrimenti, fugge i problemi. È una vita che è abituato a farlo.
Ma questa volta è più complicato, e non sa neanche lui come mai, non riesce proprio a spiegarsi perché, ma è complicato e non riesce a trovare una soluzione, se non ricacciare dritto in gola, e poi giù nello stomaco, quel desiderio immenso di prendere il primo anello di nozze che gli capita sotto mano, inginocchiarsi davanti a Sam e chiedergli la mano. E lo farebbe anche, se non sapesse già che Sam riderebbe, divertito, prenderebbe la sua dichiarazione d’amore come uno scherzo e quella risata che Gabriel ama tanto ferirebbe come mille stilettate dritte al cuore. Ma ancora, anche se Sam lo ferisse, anche se lo lasciasse dolorante e morente in mezzo alla corrente della vita, Gabriel non se la sentirebbe di incolparlo.
Stupido amore. Forse è questo – forse l’ha detto, forse. Amore.
È questo che prova? Amore? Amore, amore, amore, amore. Perché suona così male, sulle sue labbra? Amore. Fa rima con cuore. Con fiore. Eppure la prima rima che Gabriel trova è: dolore.
È complicato, ecco, l’amore. Adesso Gabriel se ne rende conto. Eppure non può veramente fare qualcosa, perché è questo che fanno le persone, quando amano: rimangono in silenzio, annuiscono, sorridono, arrossiscono tra sé. Poi, più tardi, quando non hanno più sotto gli occhi l’oggetto del proprio amore, si maledicono della propria codardia, eppure se ne fanno una ragione, come è giusto che sia, e ingoiano il rancore. È così che si fa.
Questa volta Gabriel non fuggirà, di fronte al dolore. Ingoierà e sorriderà.
Tutto bene?, chiede Sam, continuando a guardarlo, perplesso dal suo silenzio. Gabriel posa sul bancone della gioielleria l’anello che teneva in mano, finemente lavorato a filigrana.
Tutto bene, risponde, sorridendo.
Ha tutta una vita davanti, per maledirsi, ha tutto il tempo che gli serve per lavare dalle proprie spalle i rimpianti, e andare avanti. Dopo un po’ di tempo, ne è sicuro, andrebbe meglio.
Per cui, va tutto bene. Tutto davvero bene.



 

 


– Se non mi siete morti nel tragitto, complimenti!  –
Okay, non so cosa ho fatto. Avevo voglia di scrivere una Sabriel, ma voleva essere una cosa carina e coccolosa. Non ho idea da dove sia saltato fuori tutto ciò.
Comunque. Questa roba non è betata – e si vede – perché la mia beta non shippa la Sabriel, quindi okay. Tocca che vi affidiate alla mia sommaria correzione. Spero che almeno non ci siano orrori ortografici/di sintassi o roba così.
E nulla, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se vi fa schifo.

   
 
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