Capitolo 7
Quando
la trasformazione fini, con essa
scomparve anche tutto il dolore. Il mio corpo stranamente non era
esausto ma al
contrario riposato e in forza. Durante quel procedimento avevo perso la
cognizione del tempo. con quelle torture avevo l’impressione
che fossero
passati anni, se non decenni. Ma poteva benissimo essere trascorso solo
un paio
di giorni. Quando apri gli occhi, riuscì a vedere solo
alcuni spirali di luce.
Quelli che riuscivano a passare tra le fessure delle ditte di Aqua.
Ci misi qualche
secondo per abituare la mia vista a quella flebile luce. Quello che
vidi, mi
lascio sorpreso. Il corpo di Aqua, era diventato interamente di pietra.
Tra le
zampe in cui ero rinchiuso si era formata una bolla d’aria,
riempita per metta
d’acqua. Io stavo galleggiando sull’acqua, e quando
mi alzai in piedi, e tocai
il fondo della bolla, scoppio sommergendomi d’acqua.
Nuotai e mi
cercai
un spiraglio trai i suoi artigli. Con gran fatica riuscì a
uscire dal interno
delle sue zampe. Prima di risalire in superfice, mi voltai e guardai il
suo
corpo. Era diventato tutto di pietra, e le ali erano spianate,
coprivano quasi
tutto il fondale del lago. La osservai per qualche altro secondo, per
poi
voltarmi e risalire.
Quando emersi la
luce del solo mi abbaglio. Mi ci vogliono diversi minuti per
abituarmici e riuscire
a guardarmi in giro. La prima cosa che notai erano le foglie verdi e i
germogli
sui alberi. Non riuscivo a credere che ero rimasto sott’acqua
per quasi nove mesi
interi senza mangiare o respirare. Mi girava ancora la testa, era
qualcosa che
non riuscivo nemmeno a comprendere come fosse possibile.
Abbassai subito
la
testa per guardare la mia ferita sul petto per vedere se era guarita.
La ferita
si era rimarginata alla perfezione. Era rimasta solo una cicatrice nera
a forma
di sole, con un cerchio perfettamente rotondo al centro e delle saette
di
bruciature intorno. Una copia esatta della cicatrice cera anche sulla
mia
schiena, nel punto d’uscita. Esaminandomi meglio notai che
avevo persino
guadagnato un paio di centimetri in altezza, adesso arrivavo quasi a un
metro e
settantacinque. Mi sentivo più forte e l’acqua del
lago in qualche modo mi
stava attraendo e mi dava un senso di tranquillità.
Per cera
qualcosa
che non andava, sentivo come un enorme vuoto dentro di me. Provai a
trasformarmi e ad assumere la mia forma selvaggia, e fu allora che
scopri
quello che mi mancava. Non riuscivo più a trasformarmi.
Tutto quello che cambio
nel mio corpo erano i miei sensi, gli artigli e le mie zanne, per il
resto ero
un semplice uomo. Mi prese il panico, e persino una tristezza senza
fine. Una
parte del mio essere era stato cancellato, e sostituito con una parte
draconica. Andai vicino al lago per vedere quale altro cambiamento
avevo
ricevuto nel diventare un deva.
Quando
mi ci specchiai nel lago vidi che i
miei occhi non erano più rossi, ma erano dello stesso colore
di Aqua di un
azzurro limpido e con sfumature fredde. Per un momento
impallidì e mi feci
sopraffare delle emozioni. Questa mia tensione fece trasformare i miei
occhi in
quelli di un Lycan, con le pupille sottile e una vista molto acuta. Ma
la cosa
più importante, erano di nuovo rossi. Quel colore a me
nostalgico, odiato ma
allo stesso tempo che avevo imparato ad apprezzato.
Questo mi
tranquillizzai tornarono normali e azzurri. Anche le mie orecchie
cambiarono un
po’, erano a punta, simili a quelle delle ninfe, cosi buffe
da farmi sorridere.
Feci diversi respiri per trovare la mia calma interiore, e con essa
arrivo
anche il suono del mio stomaco che brontolava per la fame. Quella
situazione mi
faceva quasi ridere, con tutto quello che avevo passato, il mio corpo
desiderava
solo il cibo.
Stavo per
addentrarmi nella foresta, quando le mie amiche ninfe arrivarono. La
Driade
aveva tra le braccia della frutta, mentre le altre avevano diversi
oggetti
nelle mani. La Driade mi fece segno di sedermi e mi passo la frutta per
potermi
sfamarmi. Fu allora che provai una piccola fitta di dolore sulla
schiena. Girai
la testa per provare a vederne la causa. Non ci riuscì molto
bene, e l’unica
cosa che vidi fu solo un pezzo di tatuaggio di un’ala.
Mi
alzai in piedi e andai vicino al lago per
guardare il riflesso della mia schiena. Rimasi senza parole quando vidi
il
ritratto identico del corpo di Aqua tatuato sulla mia schiena. Il
disegno era
perfetto in ogni minimo dettaglio, con la sola differenza che era senza
cicatrici e ferite. Mentre osservavo il tatuaggio, mi pare di vederlo
mentre
spostava un’ala. Nel primo momento, pensai di essermelo
immaginato, ma poi il
drago sulla schiena si sposto su una spala, per poi uscire dal mio
corpo.
Al inizio il
tatuaggio si trasformo in acqua, per poi assumere un corpo reale uguale
al
drago che si trovava in fondo al lago. Era uguale in ogni minimo
dettaglio, con
la sola differenza che aveva le dimensioni del tatuaggio, non
più grande della
mia schiena.
·
Vedo
che ripore le mie ultime speranze in te,
non e stato del tutto uno sbaglio. Mi disse Aqua, nel suo nuovo e
piccolo
corpo.
·
Sei
proprio tu Aqua? Che cosa ti e successo? Li
chiesi io sbigottito.
·
Ormai
questa e la forma che posso assumere, ti
ricordo che il mio vecchio corpo e in fondo a questo lago, e adesso io
vivo in
te.
·
Che
cosa faremo adesso? Le chiesi io mentre mi
sedevo e ripresi a mangiare la frutta, con le ninfe che ci guardavano e
Aqua
che volava intorno a noi.
·
Questo
dipende tutto da te, ma se vuoi un
suggerimento ti direi che potremo cominciare a farti usare i miei
poteri. O
forse sarebbe meglio dire i nostri poteri.
·
A
già mi hai accennato che sarei diventato un
Deva. Visto che sei un drago d’acqua, i miei nuovi poteri
dovrebbero avere a
che fare con questo elemento.
·
Proprio
cosi Keiran, adesso dovresti avere un
certo controllo sull’acqua, ma ti servirà un
po’ di tempo per poter attingere
ad esso e controllarlo.
·
E
da dove cominciamo? Le chiesi io quasi
impaziente.
·
Vai
piano ragazzo, non essere così impaziente.
Dobbiamo fare prima un'altra cosa.
·
E
sarebbe?
·
Limitare
il tuo potere, e sigillarne una parte.
Non fare quella faccia, pensi di riuscire a controllare un potere che
prima era
nel corpo di un drago? Guardati
in giro
ragazzo, quel lago l’ho creato mentre dormivo, senza nemmeno
rendermi conto.
Pensi che il tuo corpo appena trasformato, sia in grado di gestire
tutto quel
potere? Dovrai prenderne il controllo un pezzo alla volta. Dovremo
essere
pazienti e stare molto attenti. Se lasciamo il tuo potere come adesso,
e tu lo
usassi interamente, potresti benissimo morire. O anche peggio perdere
un
braccio o una gamba nel tentativo. Ti ricordo che adesso vivo anche io
nel tuo
corpo, e ci tengo che tu rimanga in vita, e possibilmente in salute.
Fu allora che la
Naiade fece un tuffo nel lago. Mi alzai in piedi e andai a guardare.
Vedere una
ninfa nel suo ambiente era sempre uno spettacolo. La vidi andare verso
le
mascelle del drago, e stacco un suo canino. Era una zanna lunga quanto
il mio
braccio, e di un azzurro chiaro quasi bianco trasparente. La vidi
risalire con
quella lunga zanna ed uscire dall’acqua in modo elegante.
La ammirai per
qualche istante prima di ricordarmi che non lontano da lì si
doveva trovare la
mia tribù. Così mi addentrai nella foresta,
lasciando le ninfe a fare quello
che avevano cominciato a costruire. Sorpassando la nebbia arrivai nei
pressi
del villaggio per vedere l’orrore che ci aveva colpiti. Tutto
era rimasto come
mi ricordavo in quella notte. Persino i corpi dei miei genitori erano
nello
stesso posto dove li avevo visto morire.
Se non fosse
stato
per gli oggetti che portavano con loro, avrei potuto anche non
distinguerli
dagli altri visto le loro condizioni. Ormai il loro corpi, cosi come
quasi
tutti gli altri della mia tribù, erano in uno strato
avanzato di putrefazione,
e molti cadaveri erano stati sbranati e mangiati dagli animali. Trovai
resti di
persone, portati dagli animali persino fuori dai confini del villaggio.
L’odore
che si percepiva li era nauseabondo, e il mio olfatto sviluppato non
aiutava
molto a star meglio.
Presi quello che
rimaneva di mia madre e la portai vicino al corpo di mio padre. Poi mi
lasciai
cadere in ginocchio, e per la prima volta da quella tragedia piansi. Un
pianto
pieno di tristezza, rammarico e di impotenza. Odiavo chi aveva fatto
quel
macello, ma allo stesso tempo odiavo me stesso per non aver potuto fare
niente
di più, o per non essere morto con loro.
Diedi sfogo a
tutte
le mie lacrime e frustrazioni, finché il mio cuore non si
alleggerì e la mia
mente non si calmo. Dovevo cominciare a dare una degna sepoltura ai
miei
genitori, e a tutta la mia gente. Con gran fatica mi alzai e cominciai
il
lavoro che dovevo fare.
Cominciai a
entrare in ogni casa della tribù e portare fuori tutto
quello che si poteva
bruciare, tavoli sedie e altri mobili. E allo stesso tempo cercavo cose
che mi
sarebbero potuto servire, come vestiti soldi e mappe. Fu un lavoro
enorme
ammucchiare abbastanza legna da cremare più di duecento
Lycan. Ci missi quasi
una settimana a sistemare la legna ed i cadaveri al centro del
villaggio.
Basto una
piccola
fiamma, per dare fuoco a tutto e far riposare i corpi della mia gente.
Rimasi
li a guardare e a mostrare rispetto per tutti quei guerrieri e persone
valorose
che erano morte combattendo. E solo quando le fiamme diventarono
deboli, mi
avviai verso casa mia. Mi rimaneva solo un ultimo funerale da fare, il
più
doloroso di tutti, quello dei miei genitori.
Avevo posto
quello
che rimaneva dei miei cari genitori nel loro letto, e stavo facendo gli
ultimi
preparativi per il loro funerale. Dal loro armadio presi i vestiti che
mi
potevano stare, come gli stivali di mio padre, visto che il resto era
troppo
grande per me.
Prima
di uscire sfilai a mia madre il suo
bracciale. Era un regalo di mio padre per lei quando io ero nato. Sul
bracciale
era ricucito in maniera sublime un maestoso lupo scarlatto. Un simbolo
di
quello che lui credeva che io sarei diventato. Lo indossai sul polso
sinistro
come un ricordo dei miei genitori prima di uscire da casa mia.
Una volta fuori,
diedi fuoco a tutta la casa e rimasi li a piangere e a temprare il mio
cuore,
con la speranza che nel mio futuro avrei presso solo decisioni per le
quali
loro potessero essere orgogliosi. Fu un supplizio guardare la mia casa
andare a
fuoco, e con essa tutto quello che io amavo al mondo. Ma mi feci forza
e rimasi
immobili finche ultima striscia di fumo non svani.
Mi ero preparato
qualche sacca da viaggio con le cose che avevo trovato nel villaggio.
Erano
piene di vestiti che mi stavano su misura, qualche cappotto e stivali.
Avevo
trovato anche due sacchetti di monete. Su uno sacchetto cera il simbolo
degli
umani e sul l’altro quello dei deva. Fui fortunato a trovare
anche diverse
mappe che conducevano a diverse città nei pressi della
nostra foresta.
Una volta che
fini
tutto, missi le sacche sulla schiena e mi lasciai il mio villaggio alle
spalle
e tornai al lago. Questa volta fu facile da trovare forse
perché era Aqua a
condurmici. Per tutto il tempo che eravamo rimasti al villaggio era
rimasta in
silenzio, lasciandomi a piangere i miei cari in pace. E per questo li
fui
enormemente grato.
Nel tempo che ho
trascorso nel mio villaggio, le ninfe avevano lavorato duramente su
richiesta
di Aqua. Non sapeva di cosa si trattava, ma l’avrei scoperto
molto presto.
Quando tornai al lago, le trovai tutte e cinque che aspettavano il mio
ritorno.
Avevano qualcosa da farmi vedere, cosi posai le sacche e le raggiunsi.
La prima
a parlare fu Aqua, che usci dal mio corpo e si posso sulla spala della
Driade.
·
In
nostra assenza ho chiesto alle tue amiche,
di usare le loro capacita per creare dei oggetti da usare come
catalizzatore
per limitare per il momento i nostri poteri. Spero che ti piacciono. Mi
disse
lei.
La Naiade da
dietro la schiena tiro fuori un
fodero nero, di circa quaranta centimetri. Il fodero era attaccato in
orizzontale a una cintura dello stesso colore, per poter essere legato
alla vita.
All’estremità del fodero usciva il manico di
un’arma, con un bellissimo pomo a
a forma di testa di drago. Il pomo era molto piccolo e discreto, per
non essere
d’intreccio. Era fatto di un metallo a me sconosciuto, e gli
occhi del drago
erano di zaffiro blu.
Il manico era
bianco, un bianco puro come la prima neve dell’inverno. Era
fatto di un unico
pezzo di corno di cervo, e rivestito da una tela di ragno bianchissima.
Era
curvato in modo appena percepibile, e al centro di esso cera un pezzo
rivestito
di un metallo nero. Lo stesso metallo cera alla base del manico, dove
la lama
era incastonata.
Con il consenso
di
Aqua provai a sfoderare l’arma, questa usci solo per un
centimetro per poi
bloccarsi. Ci provai ancora diverse volte, ma la lama non voleva ancora
uscire.
A quel punto alzai lo sguardo e guardai le ninfe incuriosito.
·
Come
mai non vuole saperne di uscire? Chiesi
io, a quel punto.
·
E
un sistema a doppio incastro, pensato apposta
per te che non usi armi. Poi ti spiegheremo meglio. Per sfoderarla devi
estrare
fino a che non si blocca, per poi rinfoderare e solo allora estrare di
nuovo.
Provaci su. Mi disse lei.
Come mi aveva
appena indicato, segui le sue istruzione, e finalmente
riuscì a sfoderarla. Era
una daga bellissima, la lama era lunga circa quaranta centimetri e
larga sei,
sottile e il colore azzurro li permetteva di essere quasi trasparente.
Le
estremità erano incurvate alle punte, dando alla lama una
forma leggermente ad
“S”. Sul dorso della lama cerano due piccole
sporgenze a punta con al loro
interno una goccia d’acqua. Una delle estremità
della lama era collegato al
manico grazie ad un’elsa di metallo nero, che segue la
curvatura della lama per
circa otto centimetri.
Tenerla in mano,
mi dava una sensazione intimidatoria e di pericolo, ma anche di potere.
La
driade mi venne vicino, e mi mise una mano su quella con cui tenevo la
daga. Il
fascino che mi mostrava in quel momento mi svuoto del tutto il
cervello, e non
riuscivo a pensare a quello che stava facendo.
Porto la lama
sul
palmo della mia mano sinistra, e con un movimento brusco mi taglio. Il
dolore
mi riporto alla realtà e cercai di togliermi alla sua presa.
Ma lei insistete
per non muovermi. Stava facendo colare il mio sangue sulla lama,
finché non la
ricopri del tutto. Poi ne verso alcune gocce anche sul fodero. Quando
fini di
ricoprire la daga con il mio sangue, la Oreade mi si avvicino.
Porto la sua
mano
sotto la mia insanguinante e la apri. Nel palmo della mano cera un
grosso
orecchino a forma di orecchio. Intanto che si dipingeva del mio sangue,
osservai alcuni particolari. Per prima cosa era fatto interamente
d’ambra. E
guardandolo meglio si notava benissimo che erano cinque orecchini
distinti.
Erano rotondi e con una larghezza di circa due centimetri, e ognuno si
incastonava nel altro dandoli la forma esatta del mio orecchio.
Quando sia la
daga
che gli orecchini furono totalmente coperti di sangue, successe
qualcosa di
molto strano. All’improvviso mi senti molto debole, tanto da
farmi cadere in
ginocchio. Sia la lama, il fodero e gli orecchini assorbirono al loro
interno
il mio sangue. Su tutti e tre gli oggetti comparve la stessa frase
scritta con
il sangue, in una lingua e con caratteri mai visti prima. Sulla lama la
scritta
era ben visibile, e andava dall’elsa fino quasi alla punta
della lama. Sul
fodero la scritta era in cerchio, mentre sui orecchini la frase era
minuscola e
si poteva leggere solo quando essi erano uniti.
Passarono
diversi
minuti finché io non mi ripresi e ritrovai le forze. Ma
intanto che mi
riprendevo le mie amiche ninfe stavano finendo gli orecchini. Ognuna di
esse si
punse un dito e verso una goccia di sangue su un orecchino.
Il sangue della
Naiade, fece cambiare il colore dell’orecchino in un azzurro
acqua, e al suo
interno si vedeva comparire un bellissimo corallo arcobaleno. Quello
della
Oreade, li diede un colore rossastro scuro, e dentro l’ambra
si vedeva
innalzare una montagna in ogni suo minimo dettaglio, aveva persino la
neve
sulla punta. La Lemoniade trasformo l’orecchino da giallo in
un verde chiaro, e
al suo interno si vedeva crescere un quadrifoglio. Con il sangue della
Agrostine, il colore dell’ambra non cambio per niente, rimase
giallo, ma dentro
l’orecchino stava crescendo un campo di erba e di fiori
selvatici. Per l’ultima
era rimasta la Driade. Il suo orecchino assunse le tonalità
di un verde scuro,
come le foglie dei alberi, e dentro di esso si vedeva crescere un
albero.
I cinque
orecchini
visti insieme, facevano uno strano effetto. Guardandoli si poteva
intravedere
tutto quello che la natura poteva contenere. Una ad una mi venne
vicina, e mi
bucarono l’orecchio sinistro e incastonarono i loro
rispettivi orecchini.
Quando finirono, andai vicino al lago e mi rispecchiai per vederli.
Uniti
insieme gli orecchini mi ricoprivano alla perfezione
l’orecchio, erano fatti su
misura e a quanto pare non si potevano più togliere.
·
Adesso
se non e troppo disturbo per voi, potrei
avere qualche spiegazione su quello che avete fatto? Chiesi io mentre
mi
avvicinavo a loro.
·
Ti
avevo già avvertito che avremo provato a
sigillare parte dei nostri poteri. Stai tranquillo sono tutti sigilli
temporanei. Mi disse Aqua.
·
Potresti
spiegarti meglio? Prima ho avuto un
mancamento. E per via dei sigilli che si sono attivati? Chiesi io.
·
Proprio
così. Il primo e sulla daga. Quando e
infoderata il tuo potere e al minimo, in questo modo potrai cominciare
ad
imparare a gestire il nostro potere. Quando la estrai, avrai accesso a
un
potere simile a quello di un deva. Visto che tu non sai come usare
un’arma,
abbiamo fatto in modo che il fodero fosse a doppio incastro. In questo
modo non
servirà tenere la daga in mano per attingere al potere. I
sigilli nei orecchini
sono un po diverso. I dei primi quattro, dentro di loro hanno sigillato
un ramo
del potere dell’acqua. Mentre il quinto, ha il resto del mio
potere, quello che
sommato al tuo sprigiona il vero potere di un drago. Il primo sigillo
nell’orecchino azzurro e già sciolto, e ti
dà il controllo sull’acqua liquida.
Quando maturerai nel controllo del potere, e il tuo corpo
comincerà a
supportare lo stress e la fatica, anche gli altri sigilli si
scioglieranno.
·
Va
bene, ho più o meno capito quello che avete
fatto. Adesso da dove inizio con gli allenamenti? Le chiesi.
·
Vedo
che sei ben motivato, mi piace. Penso che
dovremo cominciare con la meditazione. Dovrai immergerti dentro la
nostra
essenza e trovare la fonte del nostro potere e attingerci. Solo quando
questo
esercizio ti risulterà facile potremo cominciare con la
pratica.