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Autore: violet_harmon    13/05/2016    0 recensioni
Madison ha appena perso il suo migliore amico Ben e ha deciso di smettere di parlare, i genitori intimoriti dai comportamenti della figlia decideranno di mandarla in analisi, ma solo la lettera che Ben aveva scritto a Madison prima di togliersi la vita risolverà la faccenda.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si vive in un film.

Non è che non si possa fare, ma la tua vita deve fare davvero schifo per spingerti a smettere di viverla.

 

Quando Ben si è tolto la vita io non stavo facendo nulla di divertente o di noioso, me ne stavo nel mio giardino a guardare l’albero che mio padre ha piantato l’anno prima, e stavo constatando che un albero ci mette un’infinità di tempo a crescere e un’infinità di tempo a morire, che poi io non l’ho mai visto un albero morire.

 

Mia madre è arrivata in giardino con una strana espressione sul viso, e sussurrando mi ha detto che Ben si era tolto la vita, i genitori lo avevano trovato poche ore prima.

 

Io e Ben ci siamo conosciuti alle elementari, la nostra amicizia si basava sulla collaborazione, io lo aiutavo con le ragazze e lui mi aiutava in matematica, era un rapporto equo senza alcun tipo di fisicità; siamo andati a scuola insieme fino alle superiori, ma poi lui si è ammalato e quindi penso che sia per questo che abbia deciso di togliersi la vita.

Quando dicevo che la vita di una persona deve fare davvero schifo prima che la suddetta persona decida di togliersela, credevo fermamente in quello che dicevo, chi tenta il suicidio per attirare l’attenzione dovrebbe rimanere vivo per sempre e non riuscire mai a morire; comunque penso che la malattia renda una vita schifosa abbastanza, specialmente se ti impedisce di fare tutte quelle cose che piacciono ai ragazzini della nostra età e che piacevano a me e a Ben, non avevamo molte pretese, ci accontentavamo.

 

Stavo dicendo che , quando mia madre è arrivata in giardino non sapevo esattamente che cosa fare, non me la sentivo di piangere ma era quello che avrei dovuto fare, avrei voluto ridere ma sarebbe stata la cosa più sbagliata del mondo, quindi me ne stetti zitta e non dissi nulla, non dissi nulla per 2 settimane, tanto che i miei genitori decisero di mandarmi da uno psicologo, secondo loro io non avevo somatizzato “ la cosa”.

 

Quello che mi faceva andare in bestia era quando le persone chiamavano il suicidio di Ben “ la cosa”, avrei tanto voluto che portassero più rispetto per quello che aveva fatto, Ben non era pazzo, era malato e voleva vivere in un film e lasciar perdere la sua vita per un po’, poi magari sarebbe tornato.

 

Comunque , il primo giorno che andai dallo psicologo le cose andarono lisce come l’olio, lui parlava e io ascoltavo, cercavo di capire quello che mi diceva ma in realtà non mi stava aiutando , ma io non potevo dirglielo perché non potevo parlare. Vi state domandando perché? È semplice, non avevo ancora scelto che tipo di reazione avrei avuto quindi me ne stavo zitta altrimenti sarei scoppiata a piangere o a ridere e non ero del tutto sicura che sarei riuscita a smettere.

 

 

Lunedì

 

Mia madre mi aveva detto che per la settimana successiva non sarei andata a scuola, dovevo finire il percorso con il dottor Warren , così avrei ricominciato a parlare e sarei potuta tornare a scuola e essere normale come tutti gli altri.

 

A me non piace fare colazione, ma il dottor Warren ha detto che la colazione è il pasto più importante e che va fatto anche se non mi va, questo ovviamente io lo sapevo da anni e anche i miei genitori lo hanno sempre saputo ma il fatto che io non facessi colazione non li aveva mai preoccupati, invece ora solo perché lo aveva detto il dottor Warren, era diventata una faccenda importante.

 

Mi sedetti al tavolo della cucina, mia madre mi passò una tazza di latte con dei cereali dentro, guardai la tazza, c’era qualcosa che non andava e allora scavai nella mia mente per capire che cosa fosse,  e di colpo EUREKA !

Non potevo mangiare una tazza di latte e cereali se non ero stata io a mettere i cereali nella tazza, andiamo queste sono le basi.

Tutte le pubblicità ci dicono che la parte più divertente della colazione è mettere i cereali dentro la tazza, per poi mangiarli ancora croccanti e la mia realtà non era come la pubblicità, i cereali erano stati messi nella tazza minimo 5 minuti prima e ora avevano una consistenza collosa , rivoltante.

 

Ovviamente non potevo dire a mia madre che aveva miseramente fallito il suo primo approccio con la colazione, si sarebbe sentita a terra, non volevo aggravare la situazione, già credeva che il mio mutismo dipendesse da lei.

 

Anche questo mi dava leggermente sui nervi, il fatto che i genitori ( parlo di quelli in generale ma specialmente dei miei in questa situazione ) cerchino sempre di accollarsi le pene dei figli o di darsi la colpa per il loro dolore ; i miei genitori pensavano che la mia situazione dipendesse da loro, da qualche loro strano comportamento che avevano adottato nel corso del tempo e che mi aveva fatto maturare un’ansia recondita dentro e che il suicidio del mio amico fosse stata solo la miccia che aveva fatto scoppiare quel barile di tritolo che mi portavo dentro.

 

Quante parole e metafore sprecate per far capire una cosa così semplice, il mio amico di una vita si era ucciso e non mi aveva lasciato neanche un biglietto, fine.

 

Dopo la coraggiosa colazione andai in camera mia a leggere qualcosa, sarei dovuta andare dal dottor Warren alle 9 ed erano ancora le 7.30, mia madre mi aveva fatto svegliare presto perché effettivamente non sapeva né quanto tempo ci avrebbe messo per prepararmi la colazione né quanto ce ne avrei messo io per mangiarla, dovevamo coordinarci meglio.

 

Quando arrivai nello studio del dottor Warren potei subito entrare per la mia seduta.

Il dottor Warren era simpatico, stava davvero cercando di aiutarmi ma neanche lui aveva capito quello che avevo e io me ne ero accorta bene, solo che non potevo parlare per dirlo a qualcuno.

 

Appena la seduta iniziò lui sfilò dalla sua giacca una lettera, sopra la busta c’era scritto il mio nome, e quella era decisamente la scrittura di Ben.

 

< Allora Madison, questa lettera te l’ha scritta Ben, prima di fare quello che ha fatto. I genitori di Ben me l’hanno portata questa mattina, non si erano accorti di questa lettera prima di allora. Ora, quello che voglio che tu faccia è molto semplice, durante questa settimana cercheremo di lavorare sul tuo mutismo e se questa situazione non migliorerà allora non potrai leggere la lettera, se invece farai dei progressi allora sarà tutta tua >

 

vi ricordate quando vi ho detto che il dottor Warren è una persona simpatica ? mi sbagliavo, è un sadico.

Se mia madre avesse saputo quello che stava facendo gli avrebbe fatto causa, magari non volevo arrivare a tanto ma se non avessi potuto dire a mia madre quello che stava facendo allora glielo avrei scritto e poi mi sarei goduta la scena di lei che da di matto e della lettera che  vola magicamente nelle mie mani.

 

Forse così si sarebbe risolto tutto.

 

Ma ovviamente non successe nulla di tutto ciò, non me la sentivo ancora di parlare e questo non mi avrebbe di certo fatto scoprire che cosa fosse scritto in quella lettera.

 

Quando tornai a casa ero curiosa, la curiosità mi stava corrodendo da dentro, la sentivo masticare ogni pezzettino del mio corpo e la sentivo ridere di me; non avevo fatto scenate quando Ben era morto e non ero andata a casa sua ad odorare le sua magliette o a fare tutte quelle cose strane che fanno vedere nei film, tipo indossare i suoi vestiti o ascoltare la sua musica, la musica che ascoltava Ben mi faceva schifo e mi avrebbe fatto schifo anche ora che era morto, avrei solo voluto sapere che cosa voleva dirmi prima di morire, come si fosse giustificato per avermi lasciato qui da sola in balia di genitori apprensivi e psicologi.

 

Quella sera a cena mia madre tirò fuori l’argomento “ lettera”

 

< come è andata oggi dal dottor Warren ? >

 

la guardai per cercare di capire se stesse scherzando , mio padre le lanciò un’occhiataccia .

 

< ah giusto, alle volte mi dimentico che hai deciso di non parlare più >

< non è stata una sua decisione – disse mio padre  - è sicuramente mutismo post traumatico >

 

quasi mi divertiva vederli teorizzare su cose che neanche loro capivano e che avevano solo letto su internet o che avevano sentito da alcuni medici che ne capivano ancora di meno.

 

Mia madre fece un lungo respiro e continuò a parlare

 

< ho saputo che questa mattina il dottor Warren ti ha messo al corrente della lettera >

 

Annuì, non parlavo ma qualche volta comunicavo con i gesti

 

< mi dispiace che ti abbia detto che non potrai leggerla fino a quando non migliorerai ma il dottor Warren ha detto che questa situazione in cui ti ha messa potrebbe essere l’unica soluzione al tuo problema, lui ha cercato di aiutarti ma ha detto che è giunta l’ora in cui devi aiutarti da sola . hai capito Madison ? >

 

Feci di nuovo di si con la testa.

 

Erano le 21.15 quando mi misi sotto le coperte e ovviamente come ogni sera sentì i miei genitori litigare al piano di sotto, litigavano sempre da quando avevo smesso di parlare, litigavano perché avevano punti di vista differenti sul mio mutismo, mia madre diceva che ero partita di zucca e mio padre che ero rimasta traumatizzata, ma effettivamente non c’era molta differenza.

 

Martedì

Quella mattina non sarei dovuta andare dal dottor Warren, la madre di sua moglie  stava poco bene e così lui e la sua famiglia erano dovuti partire quella mattina presto.

 

Mia madre mi fece trovare la colazione pronta ma poi dovette andare a lavoro, ma mi promise che sarebbe tornata presto, non che mi importasse più di tanto.

 

Dopo pochi istanti che mia madre uscì di casa mi resi conto che quella era la prima volta che i miei genitori mi avessero lasciata da sola dalla morte di Ben, era una strana sensazione.

 

 

Dopo aver buttato la colazione nel lavandino andai in camera mia e iniziai a fissare la mia libreria.

 

E in quel momento successe una cosa strana, premetto che non  sono una persona che piange spesso o che si commuove ma in quel preciso momento una piccola e sottile lacrime mi scivolò sulla guancia e subito un ricordo mi assalì e fagocitò l’immagine della libreria che avevo davanti per sostituirla con un salotto, era il salotto di Ben.

Lui si teneva la testa fra le mani e piangeva io gli stavo dando delle pacche sulla schiena, la sua ragazza dell’epoca lo aveva lasciato e lui non sapeva che cosa fare , mi stava dicendo “ è tutto finito Madison, ora nulla avrà più senso , vorrei solo non aver fatto lo stupido errore di innamorarmi follemente di una creatura così strana com’era lei , come farà il mio povero cuore a sopportare la sua vista ogni giorno” .

 

Ben era un attore nato capace di colorare la vita di tutti coloro che gli stavano intorno, ma attenendoci ai fatti recenti probabilmente non era altrettanto bravo con la sua di vita.

 

Ad un certo punto l’immagine che avevo nitida davanti agli occhi fino a pochissimi istanti prima di colpo sparì senza lasciare traccia.

 

Feci un  respiro profondo , mi vestì e uscì per fare una passeggiata.

Anche stando all’aria aperta mi era impossibile non pensare a quella lettera, mi stavo costruendo mille ipotesi, avevo anche iniziato a prendere in considerazione il fatto che Ben non fosse morto davvero ma che in realtà fosse scappato e nella lettera mi stava dando le sue coordinate, ma ovviamente non era così perché sia i suoi genitori che mia madre che il dottor Warren avevano letto la lettera e Ben a questo punto sarebbe accanto a  me a passeggiare.

 

Una cosa che subito mi fece ribollire il sangue nelle vene era il fatto che tutti avessero letto la mia lettera, quella che il mio amico suicida mi aveva scritto prima di togliersi la vita nessuno avrebbe avuto mai il diritto di leggerla, e invece ora quelle parole erano stampante nella mente di tutti tranne che nella mia.

 

Quando tornai a casa trovai mio padre seduto in salotto a guardare la televisione.

 

< sei tornata , spero che tu sia tutta intera>

 

feci di si con la testa

 

< bene, credo che noi due dovremmo parlare >

 

mi sedetti davanti a lui con le orecchie ben aperte

 

< quando abbiamo saputo di Ben i suoi genitori ci hanno portato subito la lettera, quella lettera noi l’abbiamo sempre avuta e se devo essere sincero io ho letto quella lettera ma posso assicurarti che nessun altro l’ha fatto, solo io.

Io e tua madre abbiamo comunque deciso che non ti avrebbe fatto bene leggerla se prima non avessi avuto una mente forte e capace di affrontare una cosa del genere, ecco perché ti abbiamo messo al corrente della lettera solo ora ed ecco perché ti abbiamo mandata dal dottor Warren, ovviamente anche per la storia del mutismo >

 

Non sapevo esattamente che cosa fare, mio padre non mi aveva detto nulla di eclatante tranne  per il fatto che la lettera era in loro possesso da molto più tempo che io potessi immaginare, ma il mio sconforto e la mia rabbia non ero capace ad esprimerle con le espressioni e non potevo usare la voce, ecco perché mi limitai ad andare in camera mia senza dire una parola.

 

Mi sedetti sul letto, non riuscivo a respirare, non controllavo il tremito del mio corpo, avevo perso il controllo, sentivo la disperazione e la rabbia che stavano crescendo dentro di me, sentivo un peso enorme schiacciarmi le costole,  caddi per terra.

 

Quando mi risvegliai ero in ospedale, mia madre e mio padre stavano parlando con un medico proprio fuori la porta della stanza dove mi avevano ricoverata, poi si accorsero che mi ero svegliata ed entrarono , con un sorriso a 32 denti stampato in faccia.

 

< ciao tesoro >

 

mia madre mi accarezzò i capelli

 

< come ti senti ? >

< meglio >

 

lei spalancò gli occhi che subito le si bagnarono di lacrime, non disse nulla e mi strinse ancora più forte, mio padre fece lo stesso.

 

Mercoledì

 

Quello che successe in ospedale non fu divertente o interessante, i miei genitori dissero al dottor Warren che la sua terapia era stata miracolosa e che a lui dovevano tutto, lui ovviamente sorrideva e si crogiolava in quei complimenti, ma sapeva quasi più di me che la sua stupida terapia non c’entrava nulla, che ero stata io a decidere di parlare che mi ero curata da sola e che era solo un ciarlatano.

 

Quando tornammo a casa tirai un sospirò di sollievo, non mi erano mai piaciuti gli ospedali, mi attaccavano addosso un senso di morte.

 

< vuoi mangiare qualcosa tesoro ?>

< no grazie, penso che andrò in camera mia, ma prima vorrei avere quella lettera >

 

mia madre si bloccò di colpo e guardò mio padre come se non sapesse che cosa fare, allora lui si avvicinò a me .

odiavo quando facevano così, quando si passavano la patata bollente, insomma ero loro figlia non dovevano aver paura di rispondermi.

< credo che sia meglio recuperare le forze prima, hai tutto il tempo di leggere quella lettera non trovi ? >

< Ben ha scritto quella lettera per me, prima di uccidersi. Magari voleva che io la leggessi subito, magari doveva dirmi qualcosa d’importante ; ma ovviamente non serve che io ti dica questo vero papà ? tu lo sai che cosa doveva dirmi Ben >

 

mia madre gli lanciò un’occhiata furibonda , a quel punto andò nel suo studio e tornò con la lettera in mano.

 

Dopo aver disfatto la borsa che avevo in ospedale mi sedetti sul letto e rimasi a fissare quella lettera per un’ora intera, avevo paura di sapere, volevo farlo ma avevo paura.

Paradossalmente l’unica persona che mi avrebbe fatto sentire meglio in questo momento era la stessa persona che aveva scritto la lettera.

 

“ Cara Madison, mi dispiace non averti reso partecipe dei miei piani, probabilmente avresti voluto sapere che cosa avrei voluto fare ma mi avresti fermato, o avresti provato e avresti reso tutto più difficile.

Non ho deciso di lasciare questo mondo perché sono depresso o perché la mia vita non mi piaccia, anzi posso dire che è quasi il contrario ; mi piace la mia vita, mi piace quello o

che succede in essa ogni giorno, la gente si stufa della quotidianità, invece a me piace la mia.

Ho preso questa decisione perché ho paura di quello che potrà accadere, di quello che potrà diventare la mia vita, di quello che potrò diventare io, ho paura di perdere il controllo e di ritrovarmi in balia degli eventi , depresso, infelice , insoddisfatto e troppo codardo per farla finita; visto che il coraggio per porre fine a tutta l’ho trovato adesso, ho deciso di sfruttarlo , ecco perché fermo tutto prima che sia troppo tardi.”

 

Feci scivolare la lettera dalle mie mani fino al pavimento, chiusi gli occhi e presi un respiro.

  
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