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Autore: Meneldil    13/05/2016    1 recensioni
Schizzi. Rapide, istintive annotazioni delle idee e delle emozioni di ogni artista che si rispetti: vivo, morto o parzialmente deceduto. Kieren non fa eccezione, perché quando ha una matita, una penna, un carboncino tra le mani, la sua mente vaga e finalmente può esprimersi senza timori, si sente un po' più libera, più felice, quasi viva.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Amy Dyer, Kieren Walker, Simon Monroe
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi del racconto non mi appartengono e la storia è stata scritta senza scopo di lucro.

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Mi rigiro la matita fra le dita. Un'estremità è rosicchiata. Strano, non lo avevo mai fatto prima …non da vivo. Tratto sempre con cura il materiale da disegno, con una sorta d'affetto. Ai tempi della scuola mi dava noia vedere i compagni mordicchiare la propria cancelleria, mi sembrava un gesto rozzo… infantile. Invece adesso mi sono ritrovato involontariamente a fare la stessa cosa.

Mi sento nervoso, ma in una maniera strana, che non riesco ad identificare. Non è proprio nervosismo, è più… angoscia. No, neppure quella, questo è qualcosa di nuovo, l'angoscia l'ho già provata, decisamente, anche più di quanto non avrei voluto. Paura? Forse paura, ma di cosa? Sono morto dentro, nell'anima, poi mi sono tagliato le vene e, come se non bastasse, al di là di ogni possibile previsione, sono riusciti ad uccidermi di nuovo. Di cosa posso avere paura ormai? Rabbia! Sì, probabilmente una sorta di rabbia. Non un'ira bruciante, né una furia violenta, nulla di tutto ciò. Assomiglia più ad un fastidio, una leggera ma diffusa esasperazione. Non posso dire che l'atteggiamento della gente nei confronti di noi… sì insomma, nei nostri confronti, non abbia fatto passi avanti. Almeno non ci sparano più a vista. Ma a volte gli sguardi diffidenti, che silenziosamente ti urlano dietro: “mostro” o “carogna”, o addirittura gli insulti diretti, vanno oltre il sopportabile. Si accumulano. Fanno male. E poi adesso c'è quella leggera sfumatura d'invidia. Sì, decisamente invidia. Perché loro escono senza fondotinta o lenti a contatto. Perché loro si accettano per quello che sono. Perché loro riescono a guardarsi allo specchio.

Dannazione, queste maledette lenti fanno davvero male, ricominciare a toglierle la notte non è stato sufficiente. Perché gli occhi stanno iniziando a lacrimarmi? Non dovrebbero farlo! Prima di tutto non dovrebbero nemmeno infiammarsi, sono morti! La destra nel reggere il lapis incerto fra le mie labbra trema leggermente, ma in modo persistente. Basta, sto mordendo la matita di nuovo. Devo smettere. Lo smalto sull'estremità ormai è completamente consumato. La scritta si legge appena.

2H. La mina è troppo dura, non è buona per il mio stile di disegno. Forse però per quegli occhi di ghiaccio, per quel viso cereo… Forse andrà bene lo stesso.

Non so perché abbia scelto proprio adesso di ricominciare a disegnare, dopo tutto questo tempo. È successo, a volte, da quando sono tornato, che, guardando un viso noto, la mente iniziasse a immaginare di ricalcarne i lineamenti e le ombreggiature. Ma niente di più. Oggi invece ecco la decisione, quasi inconsapevole, di fare spazio sulla scrivania. La prima matita trovata fra le mani. Un foglio bianco davanti. Incerto, quasi che fosse la prima volta. E in un certo senso lo è, la prima dopo la resurrezione. Cerco di capire cosa voglia realmente ottenere con questo ritratto, di solito non disegno senza motivo, forse è proprio schiarirmi le idee ciò di cui ho bisogno. Avere un foglio o una tela fra le mani mi ha sempre aiutato a riflettere.

Non saprei dire cosa, in un unico incontro, mi abbia colpito di quel tipo, ma magari con calma capirò anche questo. Chiudo gli occhi, inspiro, ripenso ai suoi tratti. Il ricordo appare nitido, ma allo stesso tempo confuso. Traccio le proporzioni del volto, ma mi sfugge qualcosa. La mano scorre in rapidi tratti sulla pagina, ritrovando pian piano l'originaria scioltezza. Immagino le rughe d'espressione, ma ho l'impressione di non comprenderne il significato. Intanto però il suono familiare, tenue e frammentato della grafite sulla carta riempie la stanza e mi rilassa. Visualizzo quel suo sguardo distante, mi torna in mente la recente conversazione al cimitero. Il suo atteggiamento da discepolo e predicatore rivoluzionario mi ha infastidito, non capisco cosa credano di ottenere mettendo certe idee in testa alla gente. Certo, sono d'accordo con i loro princìpi, ma dare alle persone altri motivi per ritenerci diversi e pericolosi avrà esattamente il risultato opposto a quello che vogliamo ottenere! In un istintivo gesto di stizza traccio il profilo delle labbra in modo troppo marcato, forse anche lievemente sbilenco. Non lo correggo, ormai l'intero ritratto è un accozzamento di emozioni contrastanti. Poi però appare il ricordo del buio nel suo sguardo, mentre recitava quei pochi versi di una poesia. Sono sicuro che quel dolore non potesse appartenere alla stessa persona che parlava di redenzione e libertà dei non morti. Ho la sensazione di non aver capito nulla di lui.

Poso il lapis, riguardo il risultato dello schizzo. Le linee approssimative definiscono un espressione lievemente più accigliata di come l'avevo immaginata. La bocca è leggermente imbronciata. Lo sguardo interrogativo sembra riflettere le mie mille domande inespresse. Nel complesso non è male, potrebbe venirne fuori un bel disegno, ma ha qualcosa che mi inquieta. Chi sei Simon? Cosa nascondi dietro quegli occhi di vetro? Mi appoggio allo schienale della sedia stiracchiandomi, più per istinto che per vera e propria necessità. Mi succedeva così spesso di passare ore chino sulla scrivania o su un cavalletto che, anche solo per abitudine, riesco a percepire il ricordo delle gambe intorpidite per la prolungata immobilità, quasi come se lo stessi provando davvero. Era tanto che non mi sentivo così vicino alla sensazione di essere vivo.

Lo sguardo cade sull'orologio. È Tardi, ho perso completamente la cognizione del tempo. Finirò dopo il turno di lavoro. Faccio scivolare distrattamente il foglio nel primo cassetto della scrivania mentre con l'altra mano afferro le chiavi del pub. L'unica cosa che mi spinge a tornare in quel posto è la consapevolezza che presto sarò a miglia di distanza da qui, senza più attorno membri della HVF con il loro malcelato astio.

Ancora un altro giorno, Kieren, solo un altro giorno…

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Meneldil

   
 
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