Un, due,
tre… Sorpresa!
Piccola cosina a
cui pensavo da tempo, dedicata alla
fantastica Audrey. (My dear,
meriteresti decisamente di meglio rispetto a questa cosa, ma porta
pazienza:
questo passa il convento. Spero non faccia troppa pena.)
E’
semplicemente un’accozzaglia di fluff e problemi di
autostima. Non c’è una trama e probabilmente sono
andata tranquillamente e
beatamente OOC. Abbiate pietà di me. Ah, dimenticavo, prima
fanfic su Daiya!
Dopo aver abbassato decisamente le vostre aspettative, vi lascio alla lettura, ringraziando chiunque arriverà alla fine o/e lascerà un commento a questa povera autrice spiantata.
A presto,
Notturno
(in attesa del cambio di nick in Clizia Pendragon ;))
DARCI UN TAGLIO
«Sei
sicuro? Non si torna
indietro.», chiese la donna abbozzando un sorriso.
Haruichi
annuì appena, deglutendo
e chiudendo gli occhi.
La
forbice fece un rumore sottile
e lo specchio gli restituì l’immagine di un nuovo
sé.
•
Haruichi
aveva appena varcato la
soglia della porta quando gli occhi di Sawamura diventarono rotondi
come due
palline da baseball mentre la sua bocca assumeva la forma di una
“o” perfetta.
Il ragazzo più basso rimase per un momento così,
immobile; gli sembrava quasi
di poter toccare lo stupore che emanava dal corpo dell’amico.
«O
mio Dio,
Harucchi!»
Haruichi
strizzò forte gli occhi
e incassò la testa fra le spalle,
infastidito dall’urlo che, ne era certo, gli aveva appena
perforato
i timpani. Chissà perché ma se l’era
aspettata, una reazione del genere, dal
suo amico, anche se, in tutta onestà, dubitava che un nuovo
taglio di capelli
fosse un evento così straordinario; conosceva ormai il
livello di volume che poteva
raggiungere la voce di un Sawamura Eijun sorpreso. Quello che non aveva
preventivato era che la scenata in questione sarebbe avvenuta nella
stanza
comune del Seido. Gremita. Haruichi
riusciva a percepire gli occhi di tutti i membri della prima squadra
puntati
addosso e pregò di non essere diventato rosso come un
pomodoro, sebbene
sentisse già le punte delle orecchie bollenti.
Gli
ci volle un attimo per
trovare il coraggio di socchiudere le palpebre quel tanto che bastava
per
vedere Eijun, circondato dal resto della squadra, continuare a fissarlo
come
se, di punto in bianco, gli fosse spuntata una seconda testa che,
dall’espressione vagamente indignata del ragazzo, doveva
essere decisamente
brutta.
«Harucchi!
Come hai potuto?!»,
gridò il lanciatore dimenando le braccia come un ossesso e
assomigliando sempre
più a un polipo gigante in preda a una crisi di nervi.
«Come hai potuto
tagliarti i capelli?!», domandò con tono
accusatorio, puntandogli contro un
indice inquisitore. «Harucchi, sei entrato nella fase della
ribellione?! Da t-»
Qualsiasi
cosa Eijun stesse per
aggiungere terminò in un piagnucolio grazie a Kuramochi che
gli assestò un
colpo–degno di un maestro, avrebbe osato dire- sulla
collottola.
«E
smettila, Bakamura! Così ci
farai diventare tutti sordi!», sbraitò Kuramochi,
non preoccupandosi
minimamente di star facendo concorrenza
a Sawamura nel tono di voce.
«Ma…
Ma Cheeta-senpai!», protestò
Sawamura strofinandosi, risentito, la parte lesa. Lo sguardo truce che
ebbe in
risposta dall’altro fu più che sufficiente a farlo
tacere istantaneamente ma
non bastò a impedirgli di continuare a guardare come uno
stoccafisso appena
pescato l’amico. Haruichi era in grado di distinguere le
piccole rotelle girare
all’impazzata dentro la testa del lanciatore nel disperato
tentativo di mettere
assieme i pezzi di qualcosa, anche se quel qualcosa, lì per
lì, gli sfuggiva.
Eijun, nella sua sbalorditiva semplicità, era spesso un
mistero.
Haruichi
sospirò sollevato;
odiava essere al centro dell’attenzione ma il peggio sembrava
essere passato.
Almeno era questo ciò che aveva pensato finché
non aveva scorto Haruno avanzare
dal fondo della stanza con gli occhi brillanti.
«Kominato-kun,
stai davvero
benissimo con questo taglio!», gli disse la ragazza con un
sorriso a trentadue
denti e delle morbide fossette sulle guance. Inconsciamente il ragazzo
prese
tra le dita una ciocca di capelli rosa e la arrotolò attorno
all’indice,
smozzicando un ringraziamento sussurrato.
Un
mormorio di assenso percorse
la stanza. Persino Zono – cosa che l’aveva preso in
contropiede- emise un
mugugno d’approvazione prima di asserire che quel taglio gli
sembrava più
pratico. «Almeno così siamo sicuri che ci vede
davvero…» era stato il bisbiglio,
non così discreto da non essere captato da Haruichi, rivolto
a Shirasu.
«Secondo
me, era carino anche
prima», disse una voce con
tranquillità.
Improvvisamente
il brusio
generale si spense e prese il suo posto un silenzio talmente assoluto
che ad
Haruichi sembrò quasi di poter sentire scricchiolare i
muscoli e le giunture
quando tutte le teste si voltarono a fissare chi aveva parlato.
Tuttavia Furuya
non sembrava per nulla toccato dalla situazione; anzi, si poteva
benissimo
affermare che non avesse fatto una piega, il suo volto inespressivo e
rilassato
come se avesse detto la cosa più banale del mondo. A volte
Haruichi invidiava questa
capacità –o forse beata ignoranza?- del ragazzo,
specialmente quando era lui a
sentirsi andare a fuoco per l’imbarazzo. Sentiva il pavimento
vacillare sotto
di sé e, pieno di speranza,
abbassò
lo sguardo per controllare se non si stesse per aprire una qualche
voragine
pronta ad inghiottirlo. Ma no, nessuna voragine in vista. In compenso
Haruichi
trovò molto interessante il motivo delle fughe delle
mattonelle e perciò fu costretto
a tenere lo sguardo incollato
a terra. Non lo faceva perché, senza la sua lunga frangia,
non poteva più
nascondere il viso dietro una cortina di capelli. No, assolutamente.
Immerso
in quella insostenibile
quiete forzata Haruichi fu davvero tentato di girare i tacchi e
andarsene in
qualche posto, possibilmente molto lontano. Il silenzio era soffocante
come una
maglia di lana in un giorno d’agosto e lui non sapeva cosa
fare. Forse, se
avesse…
«Ommioddio,
Harucchi, tu hai due
occhi!», strepitò di punto in bianco
Sawamura facendo sobbalzare tutti e spostando l’attenzione su
di sé. Eijun, a
quel punto, si guardò attorno confuso. Probabilmente era
convinto di aver fatto
una grande scoperta. «Che avete? Perché mi state
fissando tutti? Con tutti quei
capelli se ne vedeva solo uno ogni tanto!»
Haruichi lo
squadrò sbalordito e senza parole.
Non sapeva cosa pensare, davvero; e così ci
rinunciò.
«Non
l’hai detto veramente»,
sbottò Miyuki incredulo, il divertimento sul punto di
esplodere nella sua
fastidiosa risata ad ogni sillaba scandita , «nemmeno tu puoi
essere così
scemo, Bakamura!»
Tutti
scoppiarono a ridere
fragorosamente e Haruichi fece giusto in tempo a intravvedere
l’occhiolino di
Miyuki al suo indirizzo prima che il capitano fosse arpionato per la
maglia senza
tante cerimonie da un Sawamura decisamente irritato, tra gli strepiti
di tutti.
Nessuno sembra ricordarsi di quello che era accaduto qualche minuto
prima e il
giovane battitore ne approfittò per scivolare via
indisturbato.
Era
in debito con Miyuki e la
cosa non gli piaceva nemmeno un po’ ma almeno aveva evitato
una morte lenta e
dolorosa per l’imbarazzo.
•
«Dovresti tagliarteli, sai?»
Ryousuke era seduto di fronte a lui al tavolo della
mensa. Era uno
degli ultimi giorni in cui avrebbero potuto mangiare assieme alla mensa
del Seido;
il momento del diploma si avvicinava sempre di più.
Haruichi alzò gli occhi dal piatto e gli
lanciò uno sguardo
interrogativo.
«Che cosa, onii-san?»
Suo fratello inclinò leggermente la
testa di lato, studiandolo
attentamente. Haruichi si dimenò impercettibilmente sotto
quello sguardo
penetrante, a disagio.
«I capelli.»
«Ma a me
piacciono…», disse Haruichi, confuso. Che cosa
c’entravano i
suoi capelli?
L’altro sbuffò appena ma
continuò il pasto in silenzio. Non aggiunse
altro finché non si fu alzato, il vassoio vuoto
già in mano e le spalle rivolte
al fratello minore.
«Le scuse non ti porteranno da nessuna
parte. Non puoi continuare a
nasconderti... E’ ora di darci un taglio, in tutti i
sensi», sussurrò criptico
mentre già si avviava a riporre i piatti e le posate.
•
Niente
era mai sembrato ad
Haruichi più gradito che sedersi all’aria fresca
sulla vecchia panchina
scrostata vicino ai distributori automatici. Rovesciò la
testa indietro,
sentendo scivolare via i capelli dalla fronte e un sospiro dalla sua
bocca.
Furuya
lo trovava carino. E lo aveva detto
davanti a tutti
con molta nonchalance. Al solo ricordo poteva sentire le guance
diventare calde
come dopo un intero allenamento e non riusciva a impedire che le sue
labbra si
arcuassero all’insù. Doveva avere
un’espressione da ebete ma non gli importava
granché; nonostante l’imbarazzo era
così dannatamente felice, anche se non
sapeva ancora che cosa intendesse dire l’altro con quelle
parole. Non osava
sperare che Furuya provasse per lui quel genere
di sentimenti. Sarebbe stato troppo bello.
Un
rumore di passi farsi man mano
più vicino a lui interruppe il flusso dei suoi pensieri e
poco dopo l’alta
figura di Furuya fece capolino dall’angolo
dell’edificio adiacente. Senza
esitazione il lanciatore si sedette accanto a lui, le lunghe gambe ben
piantate
a terra e lo sguardo fisso davanti a sé. Haruichi
scattò sull’attenti, la
schiena rigida e le mani appiccicaticce per il sudore. Si chiese se per
caso
l’altro sentisse quanto forte gli stesse battendo il cuore;
lui non riusciva a
sentire altro che quel rimbombare sordo e veloce.
Rimasero
così per un tempo
indefinito, con i gomiti che si sfioravano appena. Haruchi, ogni tanto,
si
azzardava a lanciare qualche occhiata furtiva accanto a sé,
per poi riabbassare
subito gli occhi. Quanto gli mancava in quel momento la sua lunga
frangia! Non
aveva più nulla dietro cui nascondere le sue iridi cremisi.
Tuttavia ben presto
il tarlo della curiosità ebbe la meglio sulle incertezze e,
mentre si torceva
una ciocca di capelli tra le dita sottili, il ragazzo prese un respiro
profondo
per farsi coraggio. Doveva sapere. Voleva
sapere come stavano le cose tra di loro; era inutile arrovellarsi in
ragionamenti quando la sola risposta veritiera gli era vicina, giusto a
portata
di mano.
«Furuya-kun,
che…», iniziò e
ringraziò il cielo che la sua voce non avesse tremato con
aveva fatto il suo
cuore di fronte allo sguardo così intenso e fisso che
l’altro gli aveva
rivolto. «Che cosa intendevi dire prima?»
Le
sopracciglia del lanciatore si
aggrottarono in un’espressione accigliata.
«Di
cosa stai parlando?»
Haruichi
tossicchiò e a mezza
voce mormorò: «Prima hai detto che…
Sì, be’, che sono c-carino…»
A
quelle parole Furuya inclinò
appena la testa come avrebbe fatto un cucciolo gigante di fronte a un
atteggiamento strano e inspiegabile del suo padrone. «Che sei
carino.»
Haruichi
spalancò gli occhi e,
con le guance in fiamme, capì di essere appena diventato una
fragola. «Lo pensi
davvero?», disse sottovoce come per non farsi udire
dall’altro.
Furuya
lo guardò negli occhi
senza battere ciglio e annuì risoluto, nessuna barriera di
sottili fili rosa ad
interporsi fra loro. Haruichi non poteva sottrarsi. Ormai non poteva
evitare
più lo sguardo dell’altro e, sebbene fosse
difficile da sostenere, fu in quel
modo che si accorse di qualcosa che fino ad allora gli era sfuggito:
non c’era
un’ombra di dubbio negli occhi blu di Furuya; erano talmente
limpidi da
potercisi specchiare dentro ma allo stesso tempo trasmettevano un
calore
confortante a dispetto della loro tonalità fredda. Poteva
leggerci a chiare
lettere l’affetto. E Haruichi, in quell’istante,
con il fiato bloccato in gola
e le vertigini, credette per la prima volta nella
possibilità di poter essere
ricambiato.
Gli
ultimi residui di insicurezza
si dissolsero quando le labbra un po’ screpolate di Furuya
gli accarezzarono la
guancia e poi si mossero vicino all’orecchio per soffiargli
un «mi piaci» con
voce dolce.
Ad
Haruichi non restò altro da
fare che sciogliersi in un sorriso e gettargli le braccia al collo.
•
Finalmente
aveva capito cosa
aveva voluto dirgli suo fratello quella sera: le cose che lui
considerava come
difese – la sua frangia che non permetteva a nessuno di
guardarlo negli occhi,
l’ombra di suo fratello in cui cercava inconsapevolmente
protezione - erano in
realtà solo ostacoli alla sua felicità.
Quella
sera, di ritorno
dall’allenamento pomeridiano, Haruichi digitò in
fretta un messaggio per
Ryousuke prima di correre a fare il bagno e a cenare. Furuya lo stava
aspettando fuori dalla porta.
Ci ho dato un taglio. Grazie.